Difficilmente un titolo sarebbe potuto risultare più azzeccato quando proprio da una proposta di Andrea Angiolino gli organizzatori di Play non solo hanno deciso di realizzare una mostra dedicata allo sviluppo del gioco a partire dall’ideazione fino alla definitiva messa in opera, ma hanno anche stabilito che soggetto di tale mostra sarebbe stato proprio il co-autore di Wings of War.
Così, intrappolato dalla propria idea, non ci è stato difficile fermare Andrea Angiolino per qualche domanda riguardo l’accaduto:
Come hai preso la notizia di un evento in tuo onore? Come autore ancora in attività, non hai avuto la sensazione di una mostra con un tono precocemente commemorativo?
Devo dire, assolutamente no. Da questo punto di vista mi ha più stupito ricevere a sorpresa, nel 2004, il primo Best of Show alla carriera che Lucca Games abbia mai assegnato; dopo vent’anni che facevo giochi, è vero, ma spero con molti altri anni di attività ancora da venire. Del resto, siamo davanti a un evento assolutamente normale: così come si fanno mostre di pittori, autori di fumetti, fotografi, designer e altri artisti e di professonisti, tutti in piena attività e spero anche in buona salute, in una manifestazione di giochi è ovvio che si dedichino ad autori del settore. Ultimamente ho esposto i miei giochi a Firenze, a Cordova (accanto ad altre due rassegne dedicate rispettivamente ai giochi di Knizia e a quelli di Jens-Peter Schielmann) e anche a Lucca: non c’è celebrazione, ma uno sguardo sui meccanismi di ideazione e sulle tecniche realizzative. Di questo ho parlato con gli organizzatori di Play e a loro è sembrato naturale ospitarli anche a Modena, tra l’altro nello spazio dei ‘Giochi con l’autore’, in cui incontriamo aspiranti game designer e diamo loro consigli.
Da dove deriva la scelta di mostrare un “dietro le quinte” dei tuoi giochi?
Alcuni dei miei giochi hanno avuto una buona diffusione, altri possono essere curiosi per qualche loro aspetto particolare: gli enti che li hanno commissionati, le circostanze in cui sono stati pubblicati, le licenze a cui sono legati, le piccole peculiarità che hanno (ci sono per esempio il primo libro-gioco a bivi italiano e l’unico al mondo per bambini che non sanno leggere). Però non credo di aver mai fatto un gioco “mitico”. Nemmeno il recente “Wings of War”, con tutto il successo che ha avuto, le varie traduzioni ufficiali, le varianti create dai giocatori in tutto il mondo, di per sé è poi così interessante se viene rinchiuso in una vetrina. Allora ho pensato di proporre i giochi mostrandoli non solo come prodotti pubblicati ma anche come progetti in divenire, attraverso tutti i loro prototipi e bozzetti, o almeno quelli che sono riuscito a mettere assieme. In fondo, è in quelli che si sostanzia il lavoro creativo e anche artigianale dell’autore. […]
Hai scelto di mostrare o non mostrare qualche titolo in particolare?
Non ci sono giochi di cui mi vergogno. Anche quando il mio lavoro non è stato guidato da un’ispirazione ma da richieste specifiche di committenti, e dunque quando sono stato solo un artigiano ludico con un compito da portare a termine, credo di aver fatto onestamente il mio mestiere e aver realizzato cose più che dignitose. Anzi, talvolta i vincoli ricevuti sono stati di particolare stimolo per trovare nuove meccaniche e nuove soluzioni. […] se non ci trovate La battaglia dei Cinque Eserciti o El Juego de Los Animales, Quorum o Dinoland, ammesso che li conosciate, il motivo è semplice… non ho più i prototipi da mettere in vetrina.
C’è un autore del quale saresti curioso di vedere una mostra ideata alla medesima maniera?
Veramente di tanti. Sia italiani, come il duo Maggi-Nepitello che ha una vasta gamma di giochi di vario genere e spessore al proprio attivo, sia di stranieri come il versatile Bruno Faidutti, inclusi queli che hanno scelto di vivere nel nostro paese come Neuwahl e Randolph. Un po’ per vedere le modifiche, le cancellature, le evoluzioni dei loro giochi. E un po’ anche per confrontarmi sul livello di rifinitura dei prototipi che mandano in giro: ci sono opinioni diverse su quale sia l’approccio migliore. C’è chi sostiene che essendo gli editori persone intelligenti, che badano alla sostanza senza fermarsi alle apparenze, è inutile rifinire troppo i propri prototipi. Di opinione opposta altri, tra cui appunto Alex Randolph che diceva che comunque tanto vale fare bella impressione e pare creasse prototipi bellissimi da vedere. Penso che una mostra di giochi come i suoi sarebbe davvero una gioia per gli occhi e per la mente. Come vedrei con grande curiosità una mostra dedicata a qualche grande autore tedesco: con la libertà nella trasformazione di temi e ambientazioni che si prendono i loro editori, o anche loro stessi da un’edizione all’altra, credo che si vedrebbero belle sorprese e si imparerebbero interessanti lezioni.
Incuriositi dalle parole di Angiolino abbiamo indagato anche tra le fila degli organizzatori della mostra, trovando le risposte di Andrea “Liga” Ligabue che oltre a confermarci quanto già detto dall’autore ce ne ha spiegato la scelta: “Angiolino ha ricevuto il PLDA e il Best of Show alla carriera … ci sembrava un buon punto di partenza.” aggiungendo con onestà che “il fatto che la proposta fosse venuta proprio da lui ne ha avvalorato la candidatura ideale”.
Per darci un’idea della collocazione di tale mostra Liga ci illustra inoltre il posizionamento delle due vetrine dedicatele all’interno dell’area dei Creatori di Divertimento, area già ricca di interessanti eventi, “non ultima la conferenza di Knizia“.
L’ultima risposta che possiamo scucire al buon Liga riguarda l’eventuale seguito di questo tipo di manifestazione di stima nei confronti di autori eventualmente anche stranieri, ed a tale quesito emerge chiaramente l’iniziativa del nostro interlocutore riguardo la mostra, poiché nonostante questa non fosse stata preventivata nell’organizzazione iniziale, egli è riuscito a portare PLAY con il giusto entusiasmo alla realizzazione di un evento che “potrebbe essere davvero l’inizio di una serie di mostre dedicate ad autori … nel qual caso senz’altro cercheremo di coinvolgere anche autori stranieri, come abbiamo fatto con il gioco di PLAY e Wallace”.
Ascoltate le parole dei protagonisti non ci resta che invitarvi a godere dello spazio dedicato al gioco dal punto di vista del giocatore, perché ogni giocatore si è chiesto almeno una volta come avvenisse la realizzazione di un progetto ludico, e la maggior parte degli stessi giocatori ha interesse a capire bene come realizzarne uno da troppo tempo chiuso nell’ultimo cassetto in mancanza di una veste grafica, di una scatola, di una presentazione internazionale o semplicemente dell’ultima idea…