venerdì 22 Novembre 2024

2000-2010 – I giochi più rappresentativi del decennio (secondo DonDiego)

 

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Quando il caporedattore mi ha chiesto se avessi avuto intenzione di scrivere un articolo riguardo i giochi del decennio gli ho risposto "per carità, cosa dovrebbe essere, la fiera della banalità?". Poi ho provato a stilare per conto mio una lista dei dieci giochi più importanti, per un motivo o per l'altro, di questi primi dieci anni del 2000; e ho capito quanto non fosse poi così banale stabilire quali fossero i più determinanti, i più belli, quelli recepiti dal pubblico nel miglior modo, e quali mi avessero colpito maggiormente. Così sono arrivato ad una meno ortodossa lista dei 21 giochi rappresentanti, per un motivo o per l'altro, le sopra citate categorie.

Eccoli così i 21 giochi che (a parer mio) si sono rivelati i più notevoli del primo decennio del 2000:


 

1  +++ Carcassonne
2  +++ Wings of War
3  +++ Munchkin
4  +++ DreamBlade
5  +++ Trono di Spade: il gioco di carte
6  +++ Trono di Spade
7  +++ Twilight Imperium III
8  +++ Nexus Ops
9  +++ I Pilastri della Terra
10 +++ Princes of Renaissance
11 +++ Age of Steam
12 +++ Through the Ages
13 +++ 7 Wonders
14 +++ Agricola
15 +++ Dominion
16 +++ Last Night on Earth
17 +++ Puertorico
18 +++ Dungeoneer
19 +++ Citadels
20 +++ Caylus
21 +++ Space Alert

In rigoroso ordine sparso ho inserito anche giochi di carte ormai assunti a prodotti "da tavolo", giochi più o meno collezionabili e addirittura giochi usciti dalla linea produttiva; ciò nonostante mancano dalla lista una serie di titoli di spicco che non vi hanno trovato posto perché meno rappresentanti di altri il proprio genere, perché non avrei saputo come motivarli a rappresentanti, o semplicemente perché non mi piacciono (chi stesse pensando a Dixit… ha compreso esattamente lo spirito).
 

Ma prima che maligniate sulla severità del mio giudizio porto la vostra attenzione al primo nome della lista: Carcassonne, che nonostante apprezzi come un Natale senza regali, ha meritato il suo posto per l'enorme grado di diffusione raggiunto, anche grazie ad un elemento che apprezzo molto: l'immediatezza. Aprite la scatolina, giù una tessera, giù un omino e via così; questo ha portato Carcassonne non solo ad avere una quantità di espansioni da fare invidia a Magic, ma persino a vedersi pubblicato in versione videoludica.
Quasi stesso discorso per Wing of War, che gode anche di merito qualitativo: oltre ad essere uno dei maggiori rappresentanti dell'opera ludica italiana di successo infatti, ha saputo unire un sistema intuitivo ad un'ambientazione di ampio richiamo, così da coinvolgere il più largo margine di utenti, come hanno dimostrato le numerose sessioni da record di partecipazione nelle varie fiere internazionali.

Ormai dedito all'attività in tre dimensioni, considerabile quasi da wargame, WoW nasceva come gioco di carte, ed essendo in tema di carte e numerose espansioni come non citare l'emorragico Munchkin?

Il fumetto più giocato dai geek di tutto il mondo è l'opera emblematica del SJ pensiero, con questo infatti Steve Jackson ha "dato ai giocatori quello che i giocatori volevano"; che potrebbe anche essere apprezzabile considerando l'abilità e lo spirito del fumettista Kovalic, idolo di ogni buon nerd, ma che ora si sta trasformando in una tortura da inferno dantesco, con un ingozzamento forzoso di espansioni, varianti, oggettistica e merchandising vario.
Rifacendomi ad un grande autore dissi che "Munchkin è per il mondo dei giochi quello che la Nona di Beethoven è per il mondo dei giochi". Ne sono ancora convinto, ma non può mancare.

Da un eccesso emblematico al suo opposto passo da Munchkin a DremBlade, il gioco de "gli scacchi di Magic" della Wizards of the Coast, che ha rappresentato l'ultimo grande fallimento del gioco collezionabile, dopo la caduta di Mage Knight, altro tridimensionale che ha subito l'evidente difficoltà di quel genere di mercato. DreamBlade, prodotto di oggettiva alta qualità, ha goduto di un nucleo di giocatori estremamente appassionati (anche in Italia) come del supporto di una grande casa che è tuttora l'unica in grado di tenere in piedi, senza le difficoltà delle poche altre, un gioco collezionabile. Evidentemente però tra l'usura del pubblico acquirente e l'effettivo costo del collezionare e mantenere miniature DreamBlade è crollato su sé stesso con epica eco.
 

 

A recepire il messaggio, forte e chiaro, è stata la Fantasy Flight, che con un ben puntato colpo di reni ha trovato lo slancio per uscire dalle sabbie mobili dei giochi collezionabili, trasformando i propri morenti prodotti del genere in una nuova forma: il gioco di carte "vivente". La prima crisalide a trasformarsi e prendere il volo è stata il Trono di Spade: il gioco di carte, già rappresentato da un regolamento estremamente severo, questo prodotto era uno dei primi a rischiare il tracollo, e la geniale intuizione di rendere collezionabili interi set di carte, piuttosto che casuali pacchetti, ha dato nuova linfa non solo al Trono di Spade ma ad una intera linea di prodotti a tema di grandi titoli.

Senza smentire poi la fiducia sui marchi di successo la Fantasy Flight ha puntato forte sul Trono di Spade, la cui storia sarà ancora lunga a dimenticarsi, facendone un gioco che per gli strateghi ha senza dubbio soppiantato il classico Risiko: un gioco tanto di guerra quanto di strategia con quel pizzico di bluff e fortuna tale da mettere d'accordo giocatori europei e americani, tendenzialmente opposti nel gusto (leggi "stile eurogame VS ameritrash").

Altro titolo della stessa casa in grado di ottenere lo stesso risultato è il colossal Twilight Imperium III, uno di quei giochi che fanno del proprio punto di forza il desiderio piuttosto che il giocare, data la sua mole mastodontica, in termini fisici e non. Una partita completa e corretta a TI III è il sogno proibito di ogni vero giocatore, in particolare di quelli che passano ore studiandosi diagrammi di sviluppo tecnologico fantasticando su strategie fantascientifiche al pari dell'ambientazione stessa; sfortunatamente questo spesso rimane un sogno, ma l'impronta nell'olimpo dei giochi è, forse per questo, ancor più profonda.

 

Palliativi a tale insoddisfazione se ne sono cercati, ma tra quelli che ci si sono avvicinati, cercando di estrarre un segmento di gioco da quell'epopea ludica, solo un paio sono degni di nota: Galctic Emperor e Nexus Ops. Ed è il secondo quello che ha trovato posto nella mia classifica, poiché maggiormente sintetizza il concetto stringendolo in un'esperienza tanto breve quanto divertente, certo rinunciando a tanti aspetti di sviluppo della partita, ma restituendo un grande risultato. Sfortunatamente Nexus Ops è anche rappresentante dei giochi senza presente, ormai fuori produzione e trovabile solo a prezzi che quasi quasi costano meno un paio di giorni di ferie ed un Twilight Imperium III.

Dello stesso presente vive (o meglio non vive) Princes of Renaissance, uno dei più "tosti" giochi alla tedesca, inevitabile opera di Martin Wallce, l'autore dei giochi così meccanicamente calibrati da non necessitare una grafica, come andare in giro su di una ferrari senza carrozzeria. Estremamente "europeo" Prince of Renaissance contiene tutti gli elementi tipici del gioco alla tedesca (in primis le ormai desuete se non detestate aste), mettendo alla prova i giocatori più accaniti, e che sembra urlare "novellini alla larga". Una colonna d'Eracle del viaggio ludico che potrebbe a breve trovare nuova vita in una ristampa.

Problemi di stampe e ristampe invece non ne ha un altro prodotto di Wallace, Age of Steam, che conteso fra due case editrici si trova ad oggi edito in due versioni pressoché identiche: Steam e Age of Steam. Massimo rappresentante del genere "Pick and Delivery", questo titolo si presenta "naked" esattamente come gli altri lavori di Wallace, e come quelli sembra rivolgersi esclusivamente ad un pubblico di "giocatori adulti"; ma a differenza di gran parte degli altri lavori, questo, con i suoi trenini e le sue tratte su mappe di tutto il mondo, è riuiscito a far breccia nelle ludoteche dei giocatori comuni, rivelandosi alla portata di un tenore di gioco accessibile.

Mantenendo il genere, ma invertendo i fattori, si ottiene il risultato mostrato da I Pilastri della Terra, grafica sublime e gioco tanto in stile europeo quanto "morbido". Un'opera che indica con quale cura si inizino a trattare i prodotti ludici legati a titoli di successo provenienti da altri mondi editoriali, approcciando possibili nuovi giocatori senza mancare di rispetto al  gioco stesso ed ai suoi amanti, stampe e ristampe di meritato successo.

 Altro titolo che non ha avuto limiti nelle ristampe, dalle quali ha tratto invece un grande giovamento, è il gioco di civilizzazione Through the Ages, partito in sordina con troppi difetti si è poi andato regolarizzando fino a diventare il più giocato del genere, nonostante una grafica degna dei giochi di Wallace ed un regolamento digeribile quanto un peperone ripieno di cipolle.

Avrei sì potuto mettere in lista il più emblematico Civilization, ma di questo la prima edizione è decisamente fuori concorso (1980), mentre la prima edizione Sid Meier (2002) si è rivelata un discreto flop, più papabile nella sua ultima forma (2010) ispirata alla versione "light" del videogioco Civilization Revolution, ma non ancora valutabile, sebbene esteticamente all'altezza delle altre produzioni Fantasy Flight.

Nel tema "civilizzazione e civiltà" rientra anche il prodotto più rappresentativo dell'anno che salutiamo, 7 Wonders. Il gioco che ha catturato al primo approccio migliaia di giocatori (anche a gruppi di 7 contemporaneamente) in tutte le fiere di questo periodo, grazie al suo meccanismo "furbetto" (un semplice draft) accostato ad una sensazione di sviluppo e sfruttamento delle risorse che ammicca ai fratelli maggiori giochi di gestione, avvicinando i novelli e soddisfacendo i vecchi giocatori.

Più o meno lo stesso effetto che ebbe il ben più complesso Agricola, in circolazione da soli tre anni ma già considerato un grande classico, con i suoi animaletti accattivanti, la sua ambientazione dal fascino atavico e la sua complessa semplicità, Agricola è una buona compagna (anche per discutibili solitari) alla quale si è alzata l'unica critica di una scarsa interattività diretta (di qui ai solitari di cui sopra), come fosse poco, ma evidentemente troppo non è, e Agricola rimane un classico al quale si tende ad assuefarsi molto rapidamente .

E proprio l'assuefazione e scarsa interattività sono gli estremi concetti chiave di un moderno capostipite: parlo di Dominion, un gioco di carte ormai considerato da tavolo a tutti gli effetti (probabilmente più per le dimensioni della scatola che per altro), che ha rapito quasi con l'inganno i giocatori, sfruttando un sistema di costituzione del mazzo da gioco che per altri giochi era solo un metodo per dividersi le carte, e che qui è stato trasformato nel gioco stesso. Quasi attività autistica Dominion è stato tanto giocato quanto criticato, e la sua semplicità e il suo successo di fatto hanno avuto come conseguenza la proliferazione di una quantità di figli e figliastri del modello, qualcuno più riuscito (Ascension), qualcuno meno (Thunder Stone).

E riusciti o meno sono i giochi che puntano tutto su di una ambientazione di grandissimo richiamo, ad esempio quella dell'epidemia Zombie, dalla quale gli appassionati si aspettano sempre qualcosa di più dei risultati ottenuti, o per lo meno così era prima che fosse edito Last Night on Earth: The Zombie Game che, come dice l'esplicativo titolo, è "il" gioco di zombie. Liberamente ispirato alle più classiche scene dei b-movie zombie-horror, il gioco è stato senza dubbio il più riusito del suo genere, rivelandosi ai massimi non solo delle possibilità meccaniche, ma anche dell'aspetto componentistico, immancabile nella ludoteca di un appassionato.

Immancabile come il classico dei classici dei giochi che hanno determinato il genere "alla tedesca", ormai eurogame: Puertorico, il gioco che ha stabilito uno standard tanto di meccanismi in particolare quanto di qualità in generale, calzante nell'ambientazione, scorrevole nello sviluppo, teso poco più di quanto basti e di grande soddisfazione finale.

 


 

E leggendomi ho quasi l'impressione di scrivere di Puertorico ma riferendomi all'ingiustamente sottostimato Dungeoneer, probabilmente uno dei migliori dungeon crawling (alla Heroquest per intenderci). Forse perché composto praticamente da sole carte, forse perché arricchito di un regolamento scritto da soli piedi sinistri, e necessitante di un paio di piccoli accorgimenti; ma il sistema geniale che permette di giocare un gioco del genere senza sacrificare un giocatore a master senza ricorrere alla collaborazione vale il posto nella lista.

 

Di sole carte e nella lista c'è rimasto poi Citadels, tutt'altro che sottostimato; uno dei giochi che quasi certamente troverete nella ludoteca di ogni giocatore, anche se ormai sempre meno giocato (trovasi in 7 Wonders e Dominion i responsabili) rimane una sponda sicura per i giocatori amanti del bluff e del "ti ho fregato".

 

 

Elementi diametralmente opposti a quelli emergenti nel marmoreo Caylus, un gioco possibilmente zavorrato dalla propria complicatezza, un gioco davvero riservato ad un pubblico di giocatori… di Caylus. Trovare un giocatore di Caylus è un po' come il ricercare una commessa esperta di 18 anni, ma al costo di qualche cocente sconfitta e diverse ore di gioco dedicate praticamente all'apprendimento, questo può essere uno dei giochi più soddisfacenti del lotto per un giocatore duro e puro, soprattutto in considerazione dell'"innovazione" inserita dall'autore: il gioco infatti si sviluppa con nuove azioni generate dalle costruzioni stesse dei giocatori, un livello di spessore extra che ha provato ad inserire anche Rosenberg in Le Havre, ottenendo però un risultato davvero eccessivamente complesso e complicato, quasi ingestibile.


Ingestibile come appare il tempo nell'unico gioco collaborativo degno di nota (considerando i collaborativi per lo più come solitari di gruppo, in cui per rispetto dell'altro si finisce per compiere mosse sconvenienti, complicandosi il gioco per non complicarsi la vita), Space Alert, che inserisce un elemento che sarebbe fondamentale in ogni singolo gioco creato dall'uomo: il limite di tempo.

La collaborazione infatti subisce i ritmi di una traccia audio, al che si rende necessario che ognuno svolga il proprio ruolo senza che gli altri abbiano la possibilità d'imporsi su ogni decisione, un piccolo passo avanti per trovare un valore ai giochi di collaborazione.

Dunque così finisce il primo decennio del 2000, e così finisce la mia lista, questo piccolo percorso a grandi passi che ha saltato molti nomi per non perdersi e giungere in tempo per presentarsi al 2011; con un occhio sempre più critico ma anche sempre pronto a stupirsi per quanto di nuovo il genio ludico sarà pronto ad offrirci.

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