domenica 24 Novembre 2024

Dojo Kun

Se ne è cominciato a parlare molto da questa estate, da che era ancora un prototipo. Durante le fasi di avvicinamento alla scorsa edizione di Essen spiel, eravamo riusciti a farvene una succosa anteprima. Nella cornice di Lucca Games 2015, lo abbiamo presentato nel boardgame studio, ma ora, dopo essere riusciti a giocarlo come si deve, è arrivato il momento di recensirlo. Indossate quindi i vostri kimono e annodate le vostre cinture nere, è il momento di entrare nel ring di Dojo Kun, il titolo di Roberto Pestrin, edito da Yemaya e distribuito in Italia da Asterion/Asmodée.

  • Titolo: Dojo Kun
  • Autori: Roberto Pestrin
  • Editore: Yemaia
  • Genere: Piazzamento lavoratori, Gestione dadi
  • Numero Giocatori: 1 – 4
  • Durata: 60-90 minuti
  • Dipendenza dalla lingua: nessuna
  • Illustratori: Antonio de Luca, Simone Delladio

Signore e signori, benvenuti alGrande Torneo Tenkaichi (cronista – Dragon Ball Z)
La scatola di Dojo Kun mostra un aspetto elegante pur nella sua corposità e robustezza. Il suo cartone è resistente e la sensazione che offre al tatto è piacevole. L’illustrazione di copertina, realizzata dall’esordiente Antonio de Luca, crea infine il giusto colpo d’occhio e risulta perfettamente adatta a quello che andremo poi a trovare all’interno.
Sollevato il coperchio, vediamo subito vari regolamenti in più lingue (italiano, inglese, francese e tedesco) e al di sotto di questi le varie plance di gioco. Quattro sono quelle destinate ai giocatori, mentre le altre quattro costituiranno l’area centrale di gioco. In particolare, queste ultime sono le aree delle attività dei maestri, quelle degli allievi, il tabellone del torneo e la plancia del combattimento.
Ancora al di sotto troviamo svariati fogli di cartone fustellato con un quantitativo sterminato di segnalini, tra punti prestigio, ki, tecniche segrete, ferite, attrezzature di allenamento, livelli di esperienza, combattenti, mosse e chi più ne ha più ne metta.
Ma non è finita qui! Insieme a tutto questo troviamo ulteriori tessere che fungeranno da espansioni per i dojo dei vari giocatori (due per ciascuno), 21 pedine di legno (20 suddivise nei quattro colori dei giocatori -sulle quali attaccare i relativi adesivi – e una gialla da usare come segnaturno) e, soprattutto, le carte. Queste sono di due dimensioni diverse: le più grandi raffigurano gli allievi (4 senpai, 12 per la prima stagione e altrettanti per la seconda), mentre le più piccole comprendono 7 allievi del dojo del teschio, 6 mosse speciali, 6 avventure, 8 carte pronostico e infine 4 carte aiuto.
Tutte le illustrazioni sono state eseguite da Simone Delladio – che ha avuto modo di firmare già varie versioni di Anno Domini – tradendo uno stile molto pulito (quasi zen) e ben calato nell’ambientazione, pur non rinunciando all’ironia nella rappresentazione dei personaggi e non lesinando nelle citazioni. Anche dal punto di vista realizzativo, infine, tutti i materiali sono sufficientemente resistenti per l’uso che se ne fa in gioco.

  

Uomo che prende mosca con bacchetta, può fare qualunque cosa (Maestro Miyagi – Karate Kid II)
Abbiamo già esaminato approfonditamente nella nostra anteprima il regolamento di Dojo Kun e, oltretutto, questo è anche disponibile in rete in libera consultazione, dunque, una nuova disamina completa sarebbe ridondante e andrebbe oltre gli scopi della recensione che state leggendo, pertanto in questa sede ci limiteremo a tracciarne i punti salienti.
Dojo Kun è un titolo da 1 a 4 giocatori nel quale ognuno veste i panni di un maestro di arti marziali che dovrà espandere il proprio dojo, allenare i propri allievi e assoldarne di nuovi, allo scopo di ottenere i migliori piazzamenti possibili durante i tornei di arti marziali. Le vittorie nei combattimenti dei propri allievi, unite alla fama e alla ricchezza del dojo di appartenenza, decreteranno chi sarà il migliore tra i sensei.
Ogni giocatore, scelto un maestro, partirà con un solo allievo di partenza (il senpai, o allievo anziano). La partita è suddivisa di due stagioni: la stagione del loto bianco e quella del loto nero e ciascuna di esse è costituita da quattro turni dei quali i primi tre sono di preludio e l’ultimo è quello in cui si svolge il torneo.
Durante il preludio, dunque, a turno ognuno al tavolo piazzerà una delle pedine a sua disposizione (il sensei, il senpai e tutti gli allievi che assolderà durante la partita) sulle azioni disponibili sulle plance centrali o sul proprio dojo. Alcune di queste sono specifiche per il sensei e/o il senpai, altre invece sono sfruttabili solo con un allievo (compreso quello anziano). Gli allievi possono allenarsi al dojo e ottenere così avanzamenti di livello in alcune delle proprie abilità; aiutare al villaggio, guadagnando punti ki e punti prestigio; andare alle cascate mistiche, ottenendo punti ki; far visita ai maestri yang (per ottenere tecniche segrete) e yin (per rimodulare i loro livelli di esperienza nelle tecniche di combattimento). Sempre gli allievi possono inoltre essere mandati all’avventura (purché il loro dan – ovvero la somma dei loro livelli di esperienza – glielo consenta) per ottenere delle ghiotte ricompense, oppure possono imparare delle mosse speciali (al costo di punti ki e/o livelli di esperienza) che saranno molto utili durante i tornei, oppure ancora possono essere adoperati per conquistare il gettone primo giocatore e una tessera prenotazione disponibile (ne vedremo l’utilità quando parleremo del torneo).
Per quanto riguarda i maestri, essi possono acquisire nuove attrezzature di allenamento per il dojo (questa azione, e solo questa, può essere svolta anche usando il senpai), espanderlo con nuovi spazi per allievi e attrezzi, oppure ancora scritturare nuovi allievi. Inoltre essi possono accelerare l’allenamento dei propri apprendisti consentendo, a quelli rimasti a esercitarsi, di effettuare una seconda azione nelle plance centrali, ma solo quando tutti avranno esaurito il loro turno di posizionamento. Questo è importante perché, tranne poche eccezioni, le azioni sono tutte esclusive, il che vuol dire che possono essere usate da un solo giocatore per ogni fase.

 


Esauriti i turni di preludio, si passa al torneo. Ognuno potrà presentare fino a 2 lottatori e gli eventuali posti vacanti verranno riempiti dagli allievi del dojo del teschio. Gli abbinamenti sono effettuati piazzando innanzitutto i primi quattro combattenti sulle posizioni iniziali del tabellone, estratti a sorte da un gruppo all’interno del quale ognuno inserisce uno dei suoi pupilli. Le restanti caselle sono riempite con un secondo giro di sorteggio ma prima, ai giocatori che hanno preso per loro una tessera prenotazione, viene data la possibilità di scegliere la posizione che reputano più vantaggiosa per il loro secondo lottatore.
E’ il momento di menare le mani. Ogni atleta avrà la possibilità di tirare tanti dadi di vario colore quanti sono i livelli di esperienza delle proprie discipline, per poi successivamente riportare il numero di mosse (colpi, parate, salti, prese e ki) ottenute sulla tabella di combattimento. A queste si potranno poi aggiungere le eventuali tecniche segrete e le ulteriori migliorie ottenute dalle mosse speciali (qualora se ne riescano a soddisfare le condizioni di attivazione). Per verificare l’esito dello scontro, si procede a una serie di annullamenti di mosse seguendo lo schema riportato sulla relativa plancia secondo il quale i salti di un combattente annullano le prese dell’altro; le prese annullano le parate e le parate annullano i colpi. Il contendente che sarà rimasto con il maggior numero di colpi sarà il vincitore. In caso di parità, dovrà essere effettuato un nuovo round, ma gli atleti, dato lo sforzo profuso, subiranno entrambi una ferita, il che vuol dire che saranno costretti a tirare un dado di meno a loro scelta.
I giocatori non coinvolti nel combattimento potranno scommettere su chi secondo loro sarà il vincitore dello stesso e, nel caso di pronostico azzeccato, guadagnare un punto prestigio.
Gli scontri con gli atleti del dojo del teschio si svolgono nello stesso modo, dato che la carta relativa al lottatore è esplicativa di tutto il necessario alla gestione della tenzone. Nel caso in cui, invece, a scontrarsi siano due atleti dello stesso dojo, il proprietario sceglierà il vincitore ma gli altri, senza scommettere, guadagneranno automaticamente un punto prestigio. Se a trovarsi di fronte siano infine due atleti del dojo del teschio, passerà automaticamente quello col numero più basso e non accadrà null’altro.
Alla fine del torneo, i rispettivi giocatori guadagneranno i punti prestigio relativi al piazzamento conquistato e, alla fine del secondo torneo, questi punti, sommati a quelli precedentemente conquistati e a tutti quelli derivanti da atleti, attrezzature, mosse speciali ed estensioni del dojo decreteranno così il vincitore.

  

Senza presunzione, questa è la mia spada migliore. Se nel tuo viaggio dovessi incontrare Dio, lo trapasserai (Hattori Hanzo – Kill Bill vol. 1)
Posso tranquillamente asserire che una partita a Dojo Kun non dovrebbe assolutamente mancare nel curriculum di un gamer che si rispetti. Vi garantisco infatti che l’esperienza che ne deriva sia decisamente sorprendente e costituisce la prova provata che dalla combinazione adeguata di elementi da un certo punto di vista classici e consolidati, possa emergere anche un qualcosa di completamente nuovo, almeno a mio avviso. Ma andiamo con ordine.
Il manuale, almeno a una prima lettura, potrebbe inizialmente scoraggiare; infatti, nonostante ci sia una sorta di bussola che tenta di guidare il lettore alle prime armi, l’ho comunque trovato abbastanza ostico e sono riuscito a padroneggiarlo per bene solo dopo averlo letto varie volte.
Il colpo d’occhio iniziale dei materiali di gioco, per certi versi, va nella stessa direzione del regolamento e può ingenerare un po’ di spaesamento, data la densità della simbologia e la quantità di segnalini e token, piccoli e in alcuni casi sovrabbondanti (avrei preferito, almeno per il punteggio, un classico tracciato).
Se però vi fidate un po’ del mio punto di vista e riuscite a superare questo piccolo scalino, vi assicuro che, una volta presa confidenza, vi accorgerete che siete davanti a un titolo con una compattezza e un’organicità notevoli. Ogni tassello “magicamente” va al suo posto e vi sembrerà di conoscerlo da sempre.
Con un abile lavoro di affinamento, Roberto Pestrin è riuscito a coniugare una meccanica di piazzamento lavoratori – una delle più classiche per giunta – con un divertente scontro a suon di dadi, senza per questo sacrificare gli sforzi di ottimizzazione dei giocatori, sull’altare dell’alea. Infatti, investire bene nel miglioramento degli atleti, porterà immancabilmente a risultati soddisfacenti.
Ma non è solo nel torneo che ci si diverte, anzi! Anche durante le fasi di preludio, ogni azione genera “fomento” ludico e rimane  sempre chiara la percezione della crescita dei propri lottatori. Tuttavia non bisogna prendere sottogamba le proprie scelte, dato che la coperta rimane costantemente corta: inizialmente ci sono poche azioni da poter fare (data la scarsità di lavoratori iniziali) e così tante scelte, tutte ghiotte, mentre andando avanti, con l’aumento dei lottatori a disposizione, subentra l’affollamento dello stesso (considerato che la stragrande maggioranza delle azioni sono esclusive). Pertanto ho avuto, durante le varie partite giocate, la sensazione fissa di non aver la possibilità di compiere tutte le azioni necessarie, è quindi risultato sempre difficile percorrere una sola strada per la vittoria. Meglio quindi cercare di agire sempre a 360 gradi, sia dal punto di vista dell’avanzamento degli atleti, sia da quello del miglioramento del proprio dojo.
Da quanto detto sinora, quindi, si evince come l’interazione (diretta e indiretta) sia una componente fondamentale che accompagna lungo tutto lo scorrere della partita , anche nelle fasi di combattimento, il meccanismo della scommessa lo trovo veramente pregevole, sia perché mantiene alta la partecipazione di tutti, sia perché permette di ottenere punti preziosi. Infatti le partite (se equilibrate in termini di esperienza pregressa) si vincono con distacchi minimi e quindi, anche un singolo punto potrebbe fare la differenza.
Tutte le configurazioni di gioco le ho trovate funzionali in egual maniera anche se, la partita in singolo l’ho trovata un po’ meno coinvolgente (d’altronde in un gioco di scontri, me lo sarei aspettato), ma la trovo comunque un buon modo per prendere dimestichezza e per “allenare” le proprie strategie.
Ultimo aspetto, ma non per importanza, è l’ambientazione che trovo resa veramente bene, anche grazie alla pioggia di citazioni dal mondo dei film, delle saghe e dei giochi di lotta che allieteranno ogni secondo di partita a tutti quelli che sono anche soltanto un minimo appassionati, ingenerando coinvolgimento al tavolo e simpatici aneddoti post-partita. Questo aspetto, reputo sia veramente marcato e, in effetti, devo dire che in merito mi sarei aspettato un quantitativo maggiore di carte, pertanto mi si consenta di sperare almeno in un’espansione.
In definitiva Dojo Kun è un gioco che diverte moltissimo, estremamente ambientato e piacevole da giocare. A dispetto di una iniziale farraginosità nella comprensione e della ridondanza di alcuni materiali di gioco, si rivela in realtà scorrevole e dai tempi contenuti (difficilmente si superano i 90’ di gioco). L’interazione e il coinvolgimento generati, consentono a questo titolo di minimizzare i tempi morti o comunque di non sentirli pesanti, lasciando comunque nei giocatori degli importanti strascichi di entusiasmo anche alla fine della partita. La longevità sul medio periodo è buona anche se, alla lunga, secondo me non si potrà prescindere da nuove carte, non fosse altro che per rievocare altri miti del mondo fighting.

Pro
Meccaniche di gioco scorrevoli e fluide
Altamente divertente e coinvolgente
Ambientazione resa perfettamente

Contro
Regolamento inizialmente ostico
Materiali a volte ridondanti
Le carte alla lunga tendono a essere poche

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