In un lontano futuro, il pianeta Terra è ormai al collasso. L’ingente sovrappopolazione ha costretto le civiltà progredite a cercar fortuna nello spazio profondo, esplorando le sue vastità e colonizzando ulteriori pianeti con un particolare occhio all’ambiente cercando di minimizzare l’inquinamento.
In questo scenario, condito con una spruzzatina stilistica che richiama la science fiction pulp degli anni ’50 (piuttosto pretestuosa a dir la verità), si cala Solarius Mission, la nuova fatica di Mike Keller e Andreas Odendahl – il duo autoriale che ha firmato La Granja – edita ovviamente da Spielworxx.
Nel gioco, da 2 a 4 giocatori muoveranno le fila di ipotetici paesi altamente sviluppati, alle prese con lo sviluppo di tecnologie, i viaggi spaziali e la colonizzazione di nuovi pianeti.
Pronti dunque a inforcare delle sgargianti tute spaziali? Seguiteci nell’anteprima che vi stiamo per offrire.
Durante la partita i giocatori useranno dei dadi per compiere le loro azioni la cui efficacia dipenderà dai risultati degli stessi e dagli avanzamenti tecnologici che avranno raggiunto. Inoltre tutti si dovranno preoccupare di spostare la loro astronave su una mappa spaziale allo scopo di depositare i loro segnalini in punti strategici.
Andiamo però con ordine, vista la ricchezza di materiali e di concetti da introdurre.
I due cardini del gioco sono rappresentati dall’area di gioco e dalle plance dei giocatori. La prima rappresenta un’ideale porzione di spazio e risulta dalla composizione di 7 tasselli esagonali sui quali vengono distribuiti i pianeti da scoprire e colonizzare (ve ne sono di 4 colori differenti in numero variabile a seconda del numero di partecipanti). La seconda, in sostanza, raccoglie tutte le informazioni necessarie a caratterizzare lo stato di avanzamento dei singoli giocatori.
La parte principale di quest’ultima è rappresentata da 4 tracciati sui quali mettere gli altrettanti dadi tecnologia del colore corrispondente, in dotazione a ogni giocatore. Ciascun dado potrà sia essere evoluto (e quindi girato su una faccia a valore superiore, ad esempio da 1 a 2), che spostato sulle posizioni più avanzate del suo indicatore. Un valore alto del dado garantisce un maggior quantitativo di punti da spendere durante il turno per l’azione di quel tipo, mentre muovere lo stesso nelle aree più avanzate dei tracciati, permette di avere a disposizione più spazi per l’accumulo di risorse di quel tipo.
Come dovrebbe essere chiaro, quindi, a ogni colore (nero, giallo, turchese e marrone) rappresenta sia la risorsa omocromatica, sia un determinato tipo di azione, ovvero – rispettivamente – accumulare carburante, accumulare denaro, evolvere dadi e spostare dadi.
Prima di iniziare, a ogni giocatore viene data una carta che ne definisce la condizione di partenza: in pratica tutti potranno evolvere un dado e spostarne un altro e tutti partiranno con un paio di carte progresso in mano (le vedremo in seguito).
La partita è costituita da 4 turni, ciascuno inaugurato dall’attivazione di un nuovo hub commerciale (che vedremo più in là) in una posizione specifica sulla mappa (l’ordine di attivazione è casuale a ogni partita) e formato da altrettanti round.
All’inizio, il primo giocatore pesca 4 dadi azione da un sacchetto, li tira e li dispone sul ponte.
I dadi azione sono lo strumento tramite il quale i giocatori potranno agire, scegliendoli ed eseguendo le azioni corrispondenti. Anche questi, infatti, sono non a caso colorati esattamente come i dadi tecnologia e, ovviamente, ne mutuano il tipo di azione che si potrà compiere. Le facce di questi dadi determinano il numero di punti azione disponibili (da 1 a 3) oppure raffigurano una stella, garantendo in tal caso un quantitativo di punti azione pari al valore del corrispondente dado tecnologia.
Il ponte è invece una piccola plancetta a parte, suddivisa in sezioni e dotata di un inserto rotante. La posizione di un dado azione ne determina il malus o il bonus (in carburante o soldi) in caso venga scelto. All’inizio, i dadi dal risultato più alto sono messi nella posizione più svantaggiata (quella corrispondente al -1), che poi, mediante rotazione dell’inserto, diverrà appannaggio di tutti quelli a venire. In questo modo, col passare dei turni, i dadi lasciati indietro saranno sempre più appetibili (arrivando ad avere un bonus fino a +3).
Per agire dunque, un giocatore sceglie uno dei dadi azione disponibili e lo pone sulla propria plancia, usando i punti indicati per eseguire le azioni corrispondenti o accumulare un pari numero di risorse. Qualora fosse necessario, tutti possono anche acquistare punti aggiuntivi al prezzo di 2 SpazioDollari (così si chiama la moneta del gioco) ciascuno. Una volta per turno è inoltre possibile piazzare il dado scelto nello spazio di trasformazione – che permetterà di considerarlo di un colore a piacere – oppure di metterlo nello spazio di ricerca, che garantirà al giocatore di poter giocare una carta progresso nella sua mano o di pescarne una nuova dal mazzo. Attenzione però, queste due alternative, per quanto allettanti, implicheranno anche l’accumulo di cubetti di contaminazione spaziale (in eccesso, questi daranno dei malus di punteggio a fine partita) per il giocatore che ne farà uso.
Eseguite le azioni (o l’accumulo di risorse), i giocatori possono poi optare per un’altra tra le azioni supplementari. Queste possono essere: aumentare le marce delle proprie astronavi (al costo di 3 carburanti ciascuna), pescare o giocare carte progresso, oppure effettuare un volo spaziale.
E’ necessario ora fare un inciso sulle carte progresso: queste possono essere giocate alternativamente come uno sviluppo (che sostanzialmente garantisce nuovi spazi per sfruttare le azioni con qualche bonus a corredo), oppure come una missione (in genere pagare una certa combinazione di risorse nei pressi di un hub commerciale) che, una volta eseguita, farà guadagnare dei punti vittoria.
Veniamo dunque alla descrizione dei viaggi spaziali. Scegliendo questa azione opzionale, il giocatore si può spostare sulla mappa di tanti spazi quante sono le marce che possiede (eventualmente sacrificandone una per usufruire del teletrasporto tramite i portali presenti sulla mappa). Alla fine del movimento, nel caso sia arrivato su un pianeta, può decidere di esplorarlo in primis (e quindi voltarlo sulla faccia con le informazioni necessarie per la colonizzazione) e poi, eventualmente di colonizzarlo. In questa seconda casistica, il giocatore prende il pianeta per sé e piazza al suo posto sulla mappa una colonia del proprio colore. Colonizzare un pianeta garantisce punti vittoria, ma implica di dover soddisfare delle condizioni non necessariamente nel preciso attimo dell’appropriazione del pianeta, ma anche in seguito, in qualunque momento della partita .
Se il viaggio termina su una casella vuota, il giocatore – pagandone il relativo costo in risorse indicato sula plancia personale – può costruire una delle 4 stazioni spaziali i cui effetti sono descritti dalle relative carte in dotazione. Generalmente queste assicurano effetti immediati (come la ricezione di una risorsa qualsiasi) e altri permanenti (per esempio nuovi spazi per ospitare cubi contaminazione spaziale).
Qualora l’astronave invece concluda il suo cammino in uno spazio vuoto in prossimità di un hub commerciale, il giocatore può scegliere di completare una missione depositando in quella casella il relativo indicatore e ricevendo eventuali bonus (dipendenti dalle specifiche condizioni relative sia alla missione, sia all’hub commerciale).
Infine, in qualunque posto termini l’astronave (ma nel limite di uno per tassello di tabellone), si potrà sempre scegliere di costruire un avamposto, in grado di elargire bonus al proprietario.
Concluse le azioni opzionali, il giocatore ruota di un passo il ponte, estrae un nuovo dado azione, lo tira e lo pone nello spazio corrispondente al malus di -1, per poi passare il turno e il sacchetto alla sua sinistra.
Al termine del 4 round, i dadi usati sino a quel momento vengono presi dalle plance dei giocatori e rimessi nel sacchetto per l’inizio di un nuovo turno, mentre alla fine del 4 turno la partita ha termine e i passa al calcolo del punteggio.
I punti sono garantiti dai pianeti colonizzati, con particolari bonus in caso i concluda un set di tutti e 4 i colori, dalle stazioni spaziali costruite oltre la prima, dalle missioni completate, dai dadi tecnologia evoluti oltre il valore 4 e spostati oltre il terzo passo sul relativo tracciato, dai residui di carburante e denaro e dal numero di segnalini del proprio colore (missioni, avamposti, stazioni spaziali e colonie) posti entro il range di spostamento dell’astronave. Si subiscono inoltre malus dai pianeti non colonizzati, dalle missioni non completate e dai cubetti di contaminazione spaziale accumulati, in eccesso rispetto agli spazi disponibili (tra plancia e carte stazione spaziale).
Ci sarebbe molto altro da dire per una descrizione totalmente esaustiva del regolamento (che è comunque disponibile per i più avventurosi), tuttavia reputiamo quanto descritto sufficiente per trasmettere la sensazione di gioco. Da quanto si può evincere Solarius Mission si configura come un titolo denso e di altissimo spessore strategico, che molto deve, per stessa ammissione degli autori, a lavori precedenti quali Roll Through the Ages, La Granja, Ora et Labora e Quarriors.
A livello di meccaniche potremmo dire di essere di fronte quasi a un feticcio per gli appassionati di genere, tuttavia la scorrevolezza andrà verificata alla prova dei fatti per capire se tutte queste componenti siano integrate con fluidità, oppure se generino appesantimenti esagerati.
Quanto all’ambientazione infine, abbiamo purtroppo il sospetto che – grafica a parte – di sci-fi pulp ci sia ben poco, data la totale assenza sia di combattimenti, sia di aspetti anche solo minimamente “weird”.
Se le problematiche ipotizzate non vi preoccupano e siete invogliati all’acquisto, vi consigliamo di farlo già da ora sul sito della Spielworxx, dato che – come successo per La Granja – le tirature non saranno così ingenti e dunque non è detto che questa scatola riuscirà ad arrivare in quel di Essen Spiel 2016 se non a chi l’ha preordinata.
Noi, in ogni caso, una speranza di poterlo provare ce la riserveremo sempre.