Quinta puntata delle nostre impressioni di gioco da PLAY 2017! Anche in questo episodio andiamo sicuramente a provare le più recenti novità editoriali, ma anche un gioco di ruolo in pieno finanziamento su Kickstarter e un prototipo in fase produttiva. Eccovi quindi le prime impressioni di:
– Adrenalina
– Journey to Ragnarok
– Level9
– Nova Aetas
– Symphony
Adrenalina (editore: Cranio)
Impressioni di gioco di: Marco Signore
Aspettative iniziali: 3 di 5 (gioco di maggioranze che simula uno shoot ‘em up… uhmmm)
Magnetismo del tavolo: 4 di 5 (miniature, carte, mappe, niente dadi)
Rapidità di comprensione: 4 di 5 (regole base semplici, ben dimostrato)
All'atto pratico: 3 di 5 (è un po’ lento pur offrendo diverse possibili strategie)
Retrogusto: 3 di 5 (certamente un’ottima idea ben implementata, ma lontana dai miei gusti ludici)
I videogiochi in soggettiva in cui spari a chiunque si muova sono sempre molto seguiti, e Adrenaline è un tentativo di replicare uno di questi sparatutto multiplayer sul tavolo da gioco. I componenti sono molto belli e l’interazione è assoluta. Nella partita che ho giocato mi sono trovato ultimo di turno, ed ho subito un attacco sin da prima di poter giocare; tuttavia sono riuscito a sfruttare alla grande il fatto che gli altri tre giocatori hanno pensato a risolvere le loro “rivalità” quasi dimenticando la mia presenza, ed il fatto di aver trovato un’arma che poteva sparare attraverso i muri mi ha permesso di dire la mia durante ogni scontro, e guadagnare parecchi punti; questo perché il combattimento è una questione di strette maggioranze: non importa chi uccide un avversario, conta molto di più chi l’ha colpito più volte, ed il laser in mio possesso faceva la differenza. Però ho trovato la totale mancanza di casualità nello scontro un grosso difetto del gioco, ovviamente dalla mia prospettiva. Adrenalina è sicuramente piacevole e giocato con il gruppo giusto è divertente, ma il nuovo approccio costituisce anche un limite ai miei occhi e alla fine si tratta di piazzare segnalini sulle schede degli avversari, dato che i colpi vanno sempre a segno, mentre i personaggi differiscono solo nell’estetica e nel colore, senza avere alcuna abilità speciale o differenze sostanziali che potrebbero rendere il gioco “asimmetrico” (ed, a mio giudizio, più interessante). Insomma, carino ma poco probabile come aggiunta alla mia collezione.
Journey to Ragnarok (editore: Need Games)
Impressioni di gioco di: Eugenio Lauro
Aspettative iniziali: 4 di 5 (prototipo in lancio su Kickstarter di cui si sapeva poco ma che si presentava bene)
Magnetismo del tavolo: 5 di 5 (attualmente, lo stato dell’arte di una demo gdr da festival)
Rapidità di comprensione: 3 di 5 (offre una certa complessità figlia di D&D5 su cui si basa)
All'atto pratico: 4 di 5 (sessione coinvolgente, pienamente calata nell’atmosfera norrena)
Retrogusto: 5 di 5 (un lavoro così minuzioso che quasi dispiace non sia un gioco dedicato)
Journey to Ragnarok è un progetto italiano che si presenta in questi giorni al pubblico internazionale con una campagna bilingue su kickstarter. Basato sulla SRD della quinta edizione di D&D. Tecnicamente Journey To Ragnarok è un modulo avventura (dal primo al quindicesimo livello) con espansioni di regolamento per giocare secondo i canoni della mitologia norrena ma in realtà è così denso di contenuti da rappresentare quasi un prodotto a sé stante. Al tavolo, quello che è sembrato subito evidente è la cura con cui è stata preparata la demo e il prodotto in generale e allo stato attuale, non fatico a definire l’esperienza vissuta a Modena come lo stato dell’arte di una demo da fiera: prenotazione anticipata, puntualità svizzera, cartella stampa per gli operatori di settore, gadget per i partecipanti, handout a tema, sessione tarata sulle limitazioni di un festival, focalizzazione sulle peculiarità del sistema. Il gioco ovviamente, mostra che nel motore ha la 5a edizione e quindi, ne eredita pregi e difetti ma la carrozzeria “scandinava” è ben diversa, ha una personalità sufficientemente forte da travalicare i confini delle meccaniche e imporsi nel gioco. Brilla particolarmente la ricerca filologica che sta alla base dell’ambientazione, tutta l’ampia mitologia nordica è stata vagliata e inserita, sia negli aspetti più noti che in quelli meno conosciuti al largo pubblico. Le novità meccaniche mi sono parse azzeccate, prima su tutte l’utilizzo dei clan, eredità diretta delle fazioni del gioco organizzato, così come la nuova tradizione magica, i nuovi archetipi che si aggiungono a quelli classici e l’utilizzo di strumenti fisici dedicati come le rune per la divinazione. L’escamotage per rendere il prodotto giocabile con personaggi di qualsi provenienza, rende questo titolo perfettamente allineato alle produzioni di terze parti che affollano il panorama ruolistico di D&D ma sicuramente, alzano di una tacca l’asticella della qualità media, anche grazie a una direzione artistica particolarmente ispirata (Art of Guardino). Alzandomi dal tavolo con una certa soddisfazione infatti, ho ricavato l’idea che questo progetto possa rappresentare un passo importante nell’attestazione internazionale della qualità nostrana. In senso generale, Journey To Ragnarok penso potrà rappresentare un’ottima distrazione per chi vuole cambiare il flavour delle tipiche sessioni high fantasy di D&D con un tocco di rude valore vichingo.
Level 9 (editore: Dv Giochi)
Impressioni di gioco di: Enrico Procacci
Aspettative iniziali: 2 di 5 (puoi anche non conoscerlo, ma…)
Magnetismo del tavolo: 4 di 5 (…basta uno sguardo per volerci giocare!)
Rapidità di comprensione: 5 di 5 (regolamento letto in autonomia)
All'atto pratico: 4 di 5 (aspettative mantenute!)
Retrogusto: 4 di 5 (sold-out! Altrimenti l’avrei preso)
Era veramente impossibile oltrepassare questi tavoli pieni di pezzi di ogni forma e colore senza almeno soffermarsi un attimo. E così, mentre attendevamo il termine della partita precedente, abbiamo letto in un minuto il manuale. Si hanno a disposizione dieci tessere che rappresentano dei numeri; queste tessere sono composte da un certo numero di quadratini disposti in forme che, durante il gioco, vi renderanno propensi all’imprecazione creativa. Uno dei giocatori estrae il numero che tutti dovranno posizionare; ognuno ne riceve una copia e lo posiziona nella propria area. Lo scopo è creare più livelli sovrapposti: al termine della partita, i punti vengono assegnati moltiplicando il numero della tessera per il livello in cui è stata posta (tenendo conto che si parte dal livello zero). Per posizionare una tessera è però necessario che essa poggi completamente su almeno altre due senza lasciare alcuno spazio vuoto sottostante. Immediato, ma niente affatto banale.
Il gioco può ricordare Ubongo, ma la mancanza di uno schema prefissato lo fa percepire come maggiormente creativo. Con il tempo si dovrà anche giungere a capire le strategie migliori: ad esempio, quando puntare all’allargamento della base e quando alla creazione di nuovi livelli.
Colore, tasselli, divertimento: magari non sarà stato comprato da tutti, ma difficilmente ho visto qualcuno allontanarsi da questo tavolo senza almeno un po’ di sorriso.
Nova Aetas (editore: Cosmic Games)
Impressioni di gioco di: Marco Signore
Aspettative iniziali: 4 di 5 (avevo notato il Kickstarter… troppo tardi)
Magnetismo del tavolo: 4 di 5 (edifici 3d in cartoncino e bellissime miniature)
Rapidità di comprensione: 4 di 5 (Simboli intuitivi e regole ben strutturate, anche se numerose)
All'atto pratico: 4 di 5 (validissimo skirmish fantasy storico)
Retrogusto: 5 di 5 (è entrato direttamente in wishlist)
Lo skirmish cooperativo, come il dungeon crawler, sta da qualche anno diventando un tipo di gioco che va per la maggiore, e quindi sono stato certamente contento di poter provare Nova Aetas, un titolo ambientato in un'Italia rinascimentale fantasy, in cui ogni giocatore (è possibile giocare da 1 a 4) controlla un personaggio a scelta tra un combattente, una ladra, un novizio e una incantatrice, per cercare di compiere diverse missioni (il gioco ne conta più di 30) concatenate in una campagna. Va detto che già nel 2014 abbiamo potuto assistere a una presentazione in anteprima del gioco, precedente ai primi tentativi di finanziamento. Qui a PLAY abbiamo potuto toccare con mano il risultato del lavoro di Ludus Magnus Studio e dare un’occhiata a i componenti ufficiali del gioco, tra cui le belle miniature.
In Nova Aetas, la vittoria o la sconfitta in una missione portano a strade differenti e la maggior parte delle missioni è a tempo. Inoltre, il sistema di attivazione di eroi e nemici è gestito da un quadrante di orologio, con un meccanismo assai intrigante che nel contempo scandisce il timing della missione. La scatola base include 3 fazioni nemiche: il papato, la repubblica di Venezia e una fazione fantasy con centauri e satiri, ma esiste già un'espansione ambientata nel Vesuvio con tanto di ciclopi e con una nuova classe di eroe adoperabile. Il sistema di gioco è semplice e pur non andando a cercare chissà quali innovazioni, riesce a restituire ambientazione e coinvolgimento. Le miniature, infine, sono veramente molto ben realizzate e piene di dettagli apprezzabili a maggior ragione da chi ama dipingere. Nova Aetas esce in inglese tra circa un mese, e poco dopo sarà disponibile anche in italiano. La partita dimostrativa, una missione semplice, è stata sufficiente a far volare questo titolo direttamente nella mia wishlist.
Symphony (editore: Doppio Gioco)
Impressioni di gioco di: Marco Signore
Aspettative iniziali: 1 di 5 (è un prototipo quindi non sapevo che ci fosse)
Magnetismo del tavolo: 4 di 5 (orchestra e pentagramma, tanti segnalini e tanti dischetti lignei)
Rapidità di comprensione: 3 di 5 (molte regole, richiede un paio di partite per capirlo bene)
All'atto pratico: 4 di 5 (una partita secondo me non basta a comprenderne la profondità)
Retrogusto: 3 di 5 (un german con una bella ambientazione, ma non fa per me)
Io non sono certamente un giocatore german, e quindi questo Symphony, di prossima uscita, non è certo il mio “piatto preferito”, ma devo dire che l’aspetto e le meccaniche mi hanno intrigato; inoltre è uno dei pochi giochi di questo genere in cui l’ambientazione si sente – essendo essa stessa, tutto sommato, astratta: stiamo infatti parlando di musica, che è forse uno dei più begli esempi di un fenomeno matematico in grado di creare impressioni e sensazioni che di matematico non hanno assolutamente niente. In Symphony i giocatori devono prima creare un’orchestra e poi farla suonare su uno spartito: infatti il gioco si svolge su due tabelloni e in due parti. La prima è la costruzione dell’orchestra, che ci permette di posizionare i vari strumenti nelle varie sezioni: ogni strumento suonerà delle note che poi verranno posizionate sul secondo tabellone (che rappresenta una partitura musicale) durante la seconda parte del gioco. Le regole non sono poche ma dopo la prima partita sono piuttosto chiare e anche se ho (ovviamente) perso nella mia demo, devo dire che sono rimasto impressionato per diverse ragioni. Symphony è quello che si definisce un german, ma l’astrazione dell’ambientazione lo rende paradossalmente ambientato, mentre le possibilità tattiche per fare punti sono – come è usuale in questo genere – sufficienti a creare alcune strategie differenti per cercare di vincere. Quello che è certo, a mio giudizio, è che però una partita è insufficiente a capire le potenzialità del gioco (che è scritto da un musicista, da quanto mi ha detto il dimostratore, e si vede…), che ha alcuni tocchi di originalità anche se in un genere che davvero non riesce ad attirarmi. In conclusione, probabilmente lo rigiocherei se me ne capitasse l’occasione, anche perché la durata di una partita è piuttosto contenuta per un gioco di questa complessità.