Oggi è l’ultimo giorno di Lucca Comics & Games, purtroppo funestato dalla pioggia. Questo in realtà ci spinge ancor di più a vivere le nostre ore al sicuro tra i tavoli demo. Sono ancora tantissime le novità editoriali che vogliamo raccontarvi nelle nostre Impressioni di gioco, quindi aspettatevene di nuove anche nei giorni succesivi al festival.
Oggi vi parliamo di:
– Creepy Falls
– La colonna di fuoco
– Michele Strogoff
– Rajas of the Ganjes
– Welcome back to the Dungeon
Creepy Falls (editore: uPlay.it)
Impressioni di gioco di: Lorenzo Calvi
Aspettative iniziali: 3 di 5 (una bella plancia e un tema interessante)
Magnetismo del tavolo: 3 di 5 (componenti poste in maniera caotica )
Rapidità di comprensione: 3 di 5 (non difficile, ma disordinato)
All'atto pratico: 2 di 5 (abbiamo giocato solo un paio di turni)
Retrogusto: 3 di 5 (l’ho trovato troppo confusionario )
Il primo film “Hotel Transilvania” mi era piaciuto parecchio, quindi l’idea di una specie di resort gestito da Vampiri m’intrigava non poco. Arrivati al tavolo abbiamo trovato una gran bella plancia di gioco, con tutte le componenti messe in disordine: ho quindi avuto grosse difficoltà a distinguere la risorsa sangue da quella medaglione, quella anima da quella corpo… gran belle illustrazioni che, purtroppo, fanno un poco a cazzotti con la funzionalità. Ad ogni modo s’inizia: ognuno sceglie quale forma avrà il proprio vampiro per quel turno e inizia a piazzare i suoi ghoul nelle diverse locazioni. Le locazioni forniscono risorse o permettono di acquistare lavoratori secondo il principio della maggioranza, per cui chi mette più lavoratori potrà scegliere per primo. I lavoratori rappresentano un twist interessante, infatti non sono tutti uguali: abbiamo i ghoul come base, ma potremmo acquistare mummie, in grado di inserirsi in una locazione in cui abbiamo già dei lavoratori, oppure il mostro di Frankenstein, che vale come due lavoratori, o le streghe, i lupi mannari e altri ancora. Personalmente però ho trovato difficoltà nel capire a cosa servissero le diverse risorse (oltre a distinguerle!) e ad associarle alle diverse locazioni. Non è di aiuto il fatto che c’è una fase di mercato extra dopo il piazzamento dove si spendono le risorse, ma c’è solo una tabella riassuntiva del mercato, che i giocatori devono passarsi. E’ possibile che, avendolo provato al termine di una lunga giornata, fossi io a non avere la necessaria lucidità, ma anche le scelte applicate per la componentistica non mi hanno aiutato granchè . Personalmente non mi ha convinto, magari lo riproverò, ma per questo giro passo.
La colonna di fuoco (editore: Giochi Uniti)
Impressioni di gioco di: Enrico Procacci
Aspettative iniziali: 5 di 5 (i precedenti giochi della serie sono tra i miei preferiti)
Magnetismo del tavolo: 3 di 5 (un tabellone, una manciata di segnalini, e quattro mazzetti di carte)
Rapidità di comprensione: 4 di 5 (semplicissimo, ma attenti a non sbagliare l’ordine dei vari effetti)
All'atto pratico: 4 di 5 (durante la partita sono state subito evidenti le scelte difficili su cui si basa il gioco)
Retrogusto: 3 di 5 (un feeling non spiacevole, ma me lo aspettavo più immediato)
“Mondo senza fine” e “I pilastri della terra” sono un ottimo biglietto da visita per il terzo gioco della serie ispirata ai libri di Ken Follett e ci siamo seduti per provarlo con una certa aspettativa. Pochi minuti di spiegazione, qualche battuta, ed eravamo pronti a partire. A ogni turno le scelte da operare sono poche e immediate: dobbiamo usare un dado colorato per prendere un personaggio del colore corrispondente, per poi avanzare su un tracciato circolare usando il colore di uno dei dadi rimastici. I personaggi rimarranno in nostro possesso per un numero di turni limitato, dunque avere un certo ricambio potrebbe essere essenziale per non rimanere poi con delle scelte troppo limitate. Ci si aggiunga che l’appartenenza alle due fazioni del gioco, cattolici o protestanti, può cambiare in continuazione, e avremo un’idea delle scelte che saremo chiamati a fare. La demo è stata limitata alla metà dei punti vittoria normalmente necessari a terminare la partita, anche se l’impressione è stata che mancassero in realtà ben pochi turni al termine. Capire la strategia da seguire non è stato immediato, e non mi stupirebbe vedere alcune partite già segnate dalle mosse effettuate nei primissimi turni.
Ho davvero bisogno di almeno un’altra sessione, possibilmente intera, prima di capire con certezza quanto il gioco sia nelle mie corde, ma, fosse anche solo per la grande fiducia ottenuta dai precedenti titoli della serie, non escludo l’acquisto già durante il festival.
Michele Strogoff (editore: Devir)
Impressioni di gioco di: Marco Signore
Aspettative iniziali: 3 di 5 (Ammetto che temevo un astrattone)
Magnetismo del tavolo: 3 di 5 (plancia non troppo grande, carte ben illustrate)
Rapidità di comprensione: 4 di 5 (ben spiegato e molto intuitivo, pochi e chiari simboli)
All'atto pratico: 5 di 5 (Un turno e mi ha catturato)
Retrogusto: 5 di 5 (Non sembrava il mio genere, ora è nella wishlist)
In Michele Strogoff dovremo seguire le orme dell’omonimo eroe di Verne, cercando di eliminare la minaccia dei Tartari e del loro malvagio capo Ogareff. Per farlo, affronteremo un periglioso viaggio nelle terre russe, numerose difficoltà e nemici, evitando le orde tartare e cercando di arrivare al confronto finale con Ogareff, usando carte in diversi modi e con diversi esiti. Il gioco non è strettamente cooperativo, perché ha un solo vincitore, ma se le orde tartare raggiungono Mosca, tutti perdono. Devo dire che nonostante all’inizio mi sembrasse un astratto, già dal primo turno il gioco mi ha coinvolto. Abbiamo sofferto, gioito e trattenuto il fiato durante il pericoloso tragitto, ma alla fine della nostra partita i Tartari erano comunque alle porte di Mosca: siamo stati troppo lenti e Ogareff era troppo potente. Ho tentato invano di sfidarlo in un ultimo disperato gesto, ma mentre cadevo sotto i colpi del nemico ho potuto vedere l’orda che attaccava la città: avevamo fallito. Michele Strogoff coinvolge tanto nonostante i meccanismi siano chiaramente astratti, ma ben combinati per creare una divertente miscela che tiene incollati sulla sedia i giocatori fino alla fine. Decisamente un grande titolo, inaspettato e molto gradito, finito istantaneamente nella mia lista dei desideri di Lucca.
Rajas of the Ganges (editore: dvGiochi)
Impressioni di gioco di: Lorenzo Calvi
Aspettative iniziali: 4 di 5 (I miei colleghi erano ansiosi di provarlo)
Magnetismo del tavolo: 5 di 5 (Plancia grande e colorata, tanti dadi, bei componenti)
Rapidità di comprensione: 4 di 5 (dimostratore molto bravo, regolamento semplice)
All'atto pratico: 5 di 5 (abbiamo preso il via immediatamente)
Retrogusto: 5 di 5 (acquisto sicuro)
Dopo tre giorni di festival non eravamo ancora riusciti a provare Rajas of the Ganges che, nonostante i tre tavoli demo, era sempre pieno! Oggi ci siamo decisi e, prima dell’apertura, eravamo già al tavolo pronti alla pugna! Dopo una spiegazione di nemmeno dieci minuti, siamo pronti ad iniziare. Rajas of Ganges è un piazzamento lavoratori puro: metti il lavoratore nella casella, esegui l’azione, prendi le risorse, le spendi e così via. Le risorse sono in realtà dadi colorati che lanci ogni volta che li ottieni e che spendi per definire i vari effetti, come il numero di caselle che potrà muovere la tua nave sul Gange, o il valore degli edifici che costruisci nel tuo regno. Due le track su cui i giocatori pongono i loro marcatori: quella del denaro e quella del prestigio. Entrambe partono dallo stesso punto, ma una corre in senso antiorario sul bordo della coloratissima plancia, mentre l’altra in senso orario. Quando i due marcatori di un giocatore si incontrano, questi vince immediatamente la partita! Dopo circa un’oretta di gioco abbiamo dovuto lasciare il tavolo, ma la partita sarebbe probabilmente finita nel turno successivo, dieci minuti a voler essere molto generosi. Alla fine della demo sono rimasto molto soddisfatto: grazie alle molte opzioni a disposizioni non mi sono mai trovato senza nulla da fare, l’attesa molto breve tra un turno e l’altro e la durata contenuta mi hanno tenuto sempre avvinto, insomma promosso a pieni voti.
Welcome Back to the Dungeon (editore: Mancalamaro)
Impressioni di gioco di: Marco Signore
Aspettative iniziali: 2 di 5 (non ho apprezzato il predecessore)
Magnetismo del tavolo: 3 di 5 (gioco di carte con belle illustrazioni)
Rapidità di comprensione: 4 di 5 (ben spiegato, regole comprensibili)
All'atto pratico: 4 di 5 (Interessante misto di bluff e push your luck)
Retrogusto: 3 di 5 (resta fuori dai miei radar, ma è un miglioramento rispetto al primo)
Non avevo apprezzato il primo Welcome to the Dungeon, e mi sono avvicinato al suo successore con un po’ di esitazione. Tuttavia, le regole stavolta mi sono state spiegate meglio (all’epoca mi furono illustrate da un francese che non parlava benissimo l’inglese), e devo ammettere che pur non esaltandomi, capisco dove questo gioco vuole arrivare. Dopo aver deciso di comune accordo un personaggio tra i quattro della scatola, ciascun giocatore può giocare una carta segretamente per porre un mostro sul percorso dell’eroe, o scartare un equipaggiamento per evitare di farlo. Il gioco è abbastanza serrato, in ogni turno dovevo capire se aggiungere quella creatura avrebbe comportato la sconfitta dell’eroe o meno, ma passare significava permettere al mio avversario di entrare nel dungeon e rischiare di vincere. Non posso non ammettere che il gioco non sia esattamente il mio “piece of cake”, ma riconosco che i piccoli ma significativi cambiamenti apportati a questa seconda puntata la rendono più interessante ai miei occhi. Magari con qualche altra partita potrei apprezzarlo di più, ma per ora non resto del tutto convinto.