giovedì 19 Dicembre 2024

La vita è un gioco! Le straordinarie avventure di Ian Livingstone

Il nome di Ian Livingstone risuona tra gloria e devozione nel mondo dei giocatori di ruolo, e non soltanto: inventore dei libri game insieme a Steve Jackson, ha anche fondato il brand Games Workshop. È stato pertanto un onore, anzi un privilegio, poter ascoltare la storia che il buon Ian ci ha voluto raccontare nello spazio incontri del Bit District di Lucca Comics & Games, disturbato dalle prove dei concerti nell’area cosplay, ma forse reso più “intimo” dalla particolare sala che lo ospitava, dove si respirava aria da castello fantasy.

Livingstone ha deciso di darci una serie di immagini, istantanee della sua lunga e fruttuosa vita ludica, e qualche simpatico aneddoto. Correva il 1975 quando lui e Steve Jackson, appassionati di boardgame, decisero di fondare la Games Workshop a Londra. Erano tempi eroici, come dice lo stesso Ian, tempi in cui la passione costituiva la maggior spinta per gli aficionados ludici. Livingstone e Jackson pubblicavano all’epoca la fanzine Owl and Weasel, in cui si parlava del mondo dei giochi, che proprio allora compiva i primi passi della trionfale marcia che lo ha portato al successo attuale, e vennero a sapere di un nuovo, innovativo gioco pubblicato da un certo Gary Gygax negli Stati Uniti, chiamato Dungeons & Dragons.

Ne acquistarono una copia, se ne innamorarono, e ne comprarono altre 6 copie, al che Gygax propose loro di diventare i distributori per l’Europa. E così, le due aziende all’epoca ancora poco più che neonate, TSR e GW, iniziarono a collaborare dai loro minuscoli uffici fatti in casa. Anzi, Jackson e Livingstone si videro costretti a vivere in un furgone, avendo a stento i soldi per pagare la piccolissima sede della Games Workshop; sembrerebbe pesante passare tre mesi a vivere in un autoveicolo, ma Ian ricorda quel periodo con nostalgia ed entusiasmo. Era anche il tempo del primo viaggio in U.S.A., a incontrare di persona Gygax e gli altri esponenti del nuovo corso ludico, il gioco di ruolo; così Ian e compagni presero un volo per il Wisconsin, dove parteciparono alla locale convention (incontrando pure miss Wisconsin 1976), e finalmente due anni dopo la Games Workshop riuscì ad aprire il suo primo negozio fisico (aprile 1978). Fu allora che  pubblicarono il primo numero di White Dwarf, e di lì a poco si ideò anche il logo che tuttora rende famosa la GW.

Fu in quegli anni che Jackson e Livingstone iniziarono a pensare a un modo per giocare ai gdr senza un master, anzi… creando un libro che facesse da master. Era la nascita dei libri-game, mentre la GW iniziava a diventare grande, tanto che arrivò quella che potremmo definire una proposta da leggenda: Gary Gygax propone la fusione tra TSR e Games Workshop! Pensate per un momento a come sarebbe cambiato il mondo ludico se quei due colossi si fossero fusi all’inizio degli anni ‘80… ma Ian aveva uno spirito fortemente indipendente, e quindi questo epocale evento non ebbe mai luogo. Anzi, la GW perse anche la distribuzione di D&D, ma due dei nuovi acquisti dell’azienda (Rick Priestley e Brian Ansell), elaborarono un sistema di gioco alternativo, che sfociò poi in Warhammer Fantasy Battles prima, e nell’omonimo gioco di ruolo poi.

Era anche il periodo dei primi Games Day e nel 1980, proprio durante uno di questi eventi, Livingstone avvicinò la rappresentante della Penguin Books, convincendola a stampare i primi libri-game. Giunge così sugli scaffali Warlock of the Firetop Mountains, e tutta la serie Fighting Fantasy. Il successo fu incredibile, vendendo circa 20 milioni di copie dei libri, che vantanoo anche una storia interessante riguardo le copertine: alcuni editori mantenevano quelle originali, altri le cambiavano (a questo punto Ian ci mostra la copertina di Deathtrap Dungeon in giapponese… davvero del tutto differente!); a proposito dell’artwork, vale la pena  menzionare il fatto che l’autore di buona parte delle illustrazioni e copertine di Fighting Fantasy è stato un certo Ian McCaig, che anni dopo creò il concept di un certo Darth Maul (si noterà la somiglianza tra l’assassino Sith e il protagonista della serie Fighting Fantasy, in effetti). Ma non è tutto oro quello che luccica, come ogni dungeoneer sa fin troppo bene;  con il successo arrivò anche la tempesta. Durante gli anni ‘80, una parte dei media decise di muovere guerra ai giochi di ruolo e ai libri-game, spinta e finanziata da estremisti religiosi (e sicuramente da squilibrati), e il lavoro di Livingstone non fece eccezione: tra i movimenti anti-gdr, ci fu chi attaccò specificatamente i libri-game, durante un’intervista radiofonica una donna dichiarò di aver imparato a volare leggendo proprio questi volumi. Ma nonostante le petizioni inviate agli editori per cancellare i libri, la serie Fighting Fantasy festeggiò il suo ventesimo compleanno nel 2002 e il 35° nel 2017, mentre la Scholastic, un editore che si occupa anche di libri educativi, chiese la possibilità di ristampare la serie per rivolgersi anche al pubblico scolastico.

Ian Livingstone accetta, e per l’occasione delle nuove ristampe decide di scrivere anche un nuovo volume, The Port Of Peril (uscito a maggio scorso in Italia col titolo de Il Porto della Morte nella nuova ristampa della serie curata dalla Salani); ma c’è di più: Fighting Fantasy non è solo libri-game, perché inizia a sviluppare una sua serie di miniature, e a cercare il contatto con altri media, per cui i libri escono in formato elettronico come app sui dispositivi mobili, e quest’anno ha fatto la sua comparsa su Nintendo Switch la trasposizione videoludica di The Warlock of the Firetop Mountain, il primo e più famoso dei titoli della serie. Per l’occasione, Ian ci ricorda che il 31 agosto del 2019 a Londra ci sarà la XXXVII edizione del Fighting Fantasy Fest. E tutto questo, dice Livingstone, è accaduto grazie alla straordinaria intuizione di Gary Gygax.

Ma Livingstone non è solo libri-game, per usare un linguaggio da pubblicità. Infatti, a questo punto della conferenza, il nostro eroe ci mostra un video con una serie di notissimi videogiochi, partendo da Pong e passando per Space Invaders, fino a personaggi recenti altrettanto famosi come Sonic, per finire con Lara Croft. Già, perché sin da quando creò Eureka! (1984), Livingstone si dedicò anche ai videogame, prima con la Domark e in seguito con la Eidos; ed è proprio con quest’ultima casa che nasce l’amata archeologa sterminatrice di specie protette (come l’ha definita Ian in conferenza). Il personaggio di Lara, continua Livingstone, è nato con aspetto e concept abbastanza differenti da quel che poi è diventata, da un’idea del disegnatore Toby Gard. All’inizio nessuno si sarebbe aspettato il successo mediatico di cui ha in seguito goduto la Croft, tanto che è stata utilizzata persino per spot pubblicitari di colossi come la Lucozade, la SEAT, e addirittura la VISA (sì, quella delle carte di credito), fino ad arrivare ai film e ai reboot dei videogiochi (con tanto di polemiche del pubblico per il cambiamento d’aspetto del personaggio). Ma Livingstone ama fare tante cose, e non fermarsi mai, e così nel 2013 lascia la Eidos. E ora è il momento della rinascita dei suoi libri-game, e considerata l’energia di questo personaggio, chissà quali e quante cose ci riserva ancora per il futuro…

C’è spazio anche per le domande del pubblico (poche per via dei limiti di orario). Così veniamo a sapere che Ian ha ricoperto anche la carica di presidente nella Eidos, ma nonostante questo impegno non ha mai smesso di occuparsi anche dello sviluppo dei giochi. Doveva essere sicuro che venissero sempre curate con la giusta attenzione quelle che per lui sono le tre colonne portanti di un videogioco: il gameplay, il gameplay, e il gameplay. Grafica, sonoro, etc., sono importanti ma secondarie, perché se il gioco è ingiocabile può apparire anche bellissimo ma non funzionerà mai bene come prodotto ludico. A proposito di Lara Croft, gli viene chiesto se la scelta di un personaggio femminile fosse stata pianificata, ma Livingstone risponde che non lo era per nulla: fu un’idea di Toby Gard – aggiungendo che Tomb Raider fu uno dei primissimi giochi in 3D. Né si sbilancia quando gli viene chiesto quale dei suoi media gli dà più soddisfazioni. “Sarebbe come scegliere il mio figlio preferito”, risponde, “sono tutti bellissimi; ma se proprio dovessi scegliere, forse andrei sui libri-game”. E, a proposito dei fallimenti, ci lascia una perla di saggezza: “il successo viene dal fallimento: devi sbagliare, se vuoi vincere. Ma se devi fallire, cerca di farlo rapidamente e imparare dagli errori”.
Infine, una domanda forse attesa da tutti: i videogame sono forse i successori dei libri-game? “I videogiochi sarebbero nati comunque, con o senza i libri-game”, risponde Ian; ma comunque assistere al ritorno in pompa magna dei libri-gioco è una cosa che gli lascia tanta soddisfazione.

E così Ian livingstone si congeda da noi in questa giornata piovosa per recarsi a un altro Q&A in compagnia dell'illustre collega Andrea Angiolino, ma lasciandomi prima un autografo su uno dei suoi libri-game più belli. Incontri magnifici, per un nerd, questi; incontri che davvero si possono fare solo qui a Lucca Comics & Games.

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