Bloodborne è, ad oggi, uno dei videogiochi From Software più amati in assoluto. Un souls-like in grado di offrire un approccio punitivo, ma allo stesso tempo con qualche innovazione all’interno delle meccaniche di gioco che lo trasformano in una sorta di evoluzione del genere stesso.
Le strade di Yharnam (città all’interno della quale è ambientata la storia) hanno già fatto breccia nel cuore dei giocatori da tavolo con un card game di Eric Lang pubblicato nel 2016, e successivamente anche in Italia grazie ad Asmodee. Una nuova esperienza ci attende invece con Bloodborne: The Board Game, ideato ancora una volta da Eric M. Lang, questa volta in collaborazione con Michael Shinall. Gli abbiamo dato un’occhiata ravvicinata proprio alla scorsa PLAY…
Per stessa ammissione di Lang, che ci ha mostrato durante PLAY una demo piuttosto fugace ma pregna di concetti e informazioni, il gioco punta a ricreare lo stesso senso di “piacevole frustrazione” del videogioco; una frustrazione tipica dei giochi From Software, che punta a stimolare il giocare a morire per imparare, migliorarsi e gestire al meglio ogni scontro, con tonnellate e tonnellate di uccisioni del proprio personaggio.
Per ricreare questa filosofia, il gioco ci mette davanti ad una serie di campagne (tre quelle nella scatola base) che ci porteranno ad esplorare le strade della città, sconfiggere mob da non sottovalutare, affrontare temibili boss fight e, ovviamente, completare obiettivi primari e secondari.
Proprio la struttura che è stata costruita attorno al gameplay – di quest’ultimo ve ne parliamo tra poche righe – è l’elemento che ci ha colpito maggiormente durante la dimostrazione. Bloodborne può essere affrontato unicamente come campagna (no scenari singoli!), scelta fatta per rendere piuttosto efficace il loop che il giocatore vivrà con estrema costanza nell’esperienza: morire, tornare all’Hunter’s Dream per potenziarsi di volta in volta, e affrontare nuovamente al meglio la sfida che lo ha ucciso.
Come spesso accade nei titoli From, Software anche qui la storia e la lore saranno, inizialmente, delle immagini piuttosto annebbiate e oscure, ma completando missioni primarie e secondarie si potrà accedere ad una serie di piccoli bivi che muteranno in parte il corso degli eventi e ci faranno comprendere meglio vari elementi dell’universo in cui ci muoviamo.
Il sistema di crescita, entrando più nel dettaglio, è legato sostanzialmente a una meccanica di deckbuilding. Tutti i giocatori coinvolti nella partita (da uno a quattro) partono con un mazzo di carte prestabilito, una miniatura e una scheda personaggi con un potere unico; ad ogni turno, in senso orario, ogni giocatore pesca tre carte e le consuma per svolgere azioni generiche (la carta scelta si consuma in una pila degli scarti) oppure azioni specifiche che innescano anche eventuali bonus presenti sulla carta stessa, come ad esempio l’attacco.
Parte importante per la realizzazione delle missioni è sicuramente l’esplorazione. Si parte tutti da un’unica sezione della mappa scoperta e, attraverso l’azione di movimento, potremo muoverci in direzioni che faranno apparire nuove tile e quindi nuovi sentieri percorribili. Ogni volta che andremo ad esplorare una nuova sezione potremo imbatterci in nuovi spawn point – utili in caso di morte-, ma soprattutto in nemici. Ed è qui che arriva il bello.
I cattivi – rappresentati da miniature come sempre piuttosto fedeli, in termini qualitativi, agli standard di CMON e al design dei nemici visti nel videogioco – sono soggetti da temere, che una volta rivelati, ci daranno parecchio filo da torcere. Il combattimento con queste minacce è diceless (esattamente come tutto il resto del gioco).
Riprendendo il concetto espresso qualche riga qui sopra, le sopracitate carte ci permetteranno di attivare delle particolare mosse di attacco, spendendo l’adeguato numero di carte nei relativi slot della nostra plancia giocatore. A differenza di altri titoli del genere, in Bloodborne il combattimento non avviene contemporaneamente, ma l’iniziativa di attacco viene determinata dalla quantità di velocità di cui gode un personaggio (quella del mostro è determinata dalla relativa carta, mentre quella del cacciatore dal tipo di mossa scelta e da eventuali bonus presenti sulle carte giocate per attivare quella mossa). Un sistema che richiede quindi un minimo di strategia e pianificazione, necessario per intuire quando è il momento corretto per attaccare per uccidere così il nemico prima che possa rispondere al nostro attacco. Nemico che tra l’altro, per rendere ancora il tutto più imprevedibile, gode di tre differenti tipologie di attacco, pescate casualmente da una mano di carte dedicate proprio ai cattivi.
Uccidendo i nemici guadagneremo marchi che dovremo spendere all’interno dell’Hunter’s Dream per potenziare il nostro mazzo, e per farlo dovremo muoverci all’interno del sogno di nostra spontanea volontà perché, a differenza del videogioco, se si muore per colpa di qualcuno, tutta l’esperienza guadagnata fino a quel momento (carte del mazzo escluse) viene persa definitivamente; inoltre, giusto per rendere il tutto ancora più “pepato”, ogni volta che ci troveremo nel sogno del cacciatore (di nostra spontanea volontà per potenziarci, oppure perché siamo stati uccisi), un particolare tracciato della plancia verrà abbassato di volta in volta. Tracciato che sarà l’indicatore di fine partita per il fallimento (arrivati in fondo, ha vinto il gioco!) ma anche il deus ex machina di una serie di eventi piuttosto fastidiosi che si scateneranno sulle nostre sezioni, ogni volta che determinate icone sul tracciato verranno raggiunte.
Questo è tutto quello che abbiamo scoperto dalla prova piuttosto fugace che Lang ha imbastito per noi. Sarà interessante capire come verrà gestita la componente cooperativa all’interno del gioco, così come il bilanciamento della difficoltà.
In attesa di scoprire queste risposte, vi ricordiamo che Bloodborne: The Board Game arriverà presto su Kickstarter (salvo imprevisti il 23 Aprile), mentre al momento non è ancora stata ufficializzata una versione in lingua italiana. Ma, data la fama del videogame anche in terra nostrana, è facile immaginare che potremo contare anche su questa.