giovedì 19 Dicembre 2024

Primi passi nella Storia (parte 6 – La Prima guerra mondiale)

Con il periodo napoleonico e le guerre dell’Ottocento ormai alle spalle, cominciamo davvero ad avvicinarci ai cosiddetti giorni nostri e a quella che in effetti possiamo definire la “guerra moderna”. L’ombra di Bonaparte, però, continuerà ad accompagnare a lungo non solo i nostri primi passi nel gioco di simulazione, ma anche le riflessioni degli stessi protagonisti degli eventi nei quali stiamo per essere coinvolti, portandoci in piena Grande Guerra.

Per molto tempo, infatti, gli strateghi e gli alti comandi di tutta Europa rimasero come affascinati dal modello classico della battaglia napoleonica: un confronto tutto sommato lineare, con formazioni rigide e ben ordinate che si posizionano una di fronte all’altra, in una lunga serie di complicate manovre culminanti regolarmente con un bell’assalto frontale, magari accompagnato da un nutrito bombardamento preliminare di artiglieria.
E tanto convincente rimase quest’immagine di ciò che sarebbe continuata a essere una battaglia, che qualsiasi esperienza successiva come i sanguinosi scontri della Guerra di secessione americana, le logoranti battaglie delle campagne coloniali o le stragi insensate della Guerra di Crimea venne o sminuita o ritenuta conseguenza della particolarità specifica di quei conflitti, ritenuti troppo “esotici”…
Da queste premesse teoriche si mossero nell’agosto 1914 gli alti comandi degli eserciti europei, determinati a provare le loro ragioni sul campo del primo grande conflitto continentale da decenni a quella parte, scoppiato dopo l’uccisione dell’Arciduca Francesco Ferdinando d’Austria a Sarajevo: la Prima guerra mondiale. Inutile a dirsi, il risultato fu un vero disastro.
Linee su linee di uomini avanzarono a passo di marcia in terreno aperto, solo per essere falciati da proiettili esplosivi, fucili a ripetizione a lunga gittata e da una nuova diabolica invenzione: la mitragliatrice. La stessa cavalleria, un tempo arma nobile per eccellenza e capace da sola di determinare l’esito di intere battaglie, si scoprì obsoleta praticamente nel giro di poche settimane, del tutto disarmata contro il potere di fuoco della fanteria schierata sulla difensiva. Solo l’artiglieria diede prova della sua rinnovata importanza, portando a termine quel processo iniziato con Napoleone che l’avrebbe portata a diventare la “regina della battaglia”.
Il paradosso fu che, proprio nei teatri più “convenzionali” come il confine tra Francia, Belgio e Germania lo scontro entrò in una terribile fase di stallo, con gli eserciti che progressivamente rinunciarono a manovre e strategie raffinate, chiudendosi in una snervante guerra di trincea.
Solo nei teatri operativi più remoti e davvero esotici, come le regioni dell’Europa dell’Est o l’area mediorientale, il conflitto continuava ad avere caratteristiche di movimento.
Disperati, i comandanti di tutte le nazioni coinvolte si lanciarono alla ricerca di armi in grado di spezzare questo equilibrio, escogitando innovative tattiche d’assalto e spesso chiedendo aiuto alla scienza e alla tecnologia. Furono dunque sviluppati veri prodigi come aerei da combattimento, veicoli corazzati, sommergibili e dirigibili a lungo raggio… oltre a letali marchingegni di morte come i gas venefici o i lanciafiamme.
Il conflitto impegnò ben presto ogni settore della società, e con l’inizio della guerra totale tutti si ritrovarono coinvolti nello sforzo bellico, in un modo o nell’altro. Alla fine, la contesa fu vinta non da chi aveva messo in campo le strategie migliori ma da chi era riuscito a impegnare un maggior numero di risorse prima dell’avversario, determinandone il crollo economico e demografico. La forza bruta aveva avuto la meglio in un conflitto di cui era ormai quasi impossibile ricordare le cause, come anche dimenticarne gli orrori.
L’ottimismo della fine del diciannovesimo secolo era stato spazzato via, con intere generazioni quasi del tutto sterminate: il mondo sopravvissuto alla guerra e che vide la luce alla fine del 1918 era ormai irrimediabilmente e drammaticamente diverso… e i giochi che seguono ci aiuteranno a comprendere come sia stato possibile e come sia avvenuto tutto ciò.

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Europe in Turmoil (Compass Games)
Proprio delle cause di questo vero e proprio cataclisma storico ci parla il gioco di Kris Van Beurden, che ha riscosso un grande successo tra le uscite nel settore storico del 2018. La premessa è tanto semplice quanto ben pensata: ripartire da 1989 (GMT Games), a sua volta variante del classico Twilight Struggle, e spostare lo scontro politico-economico-militare alla fine del diciannovesimo secolo. A fronteggiarsi, stavolta, saranno le due grandi correnti storiche del riformismo e dell’autoritarismo, declinate nelle loro varie componenti, che si contenderanno uno per uno tutti i principali centri di potere delle varie regioni europee come gli intellettuali dissidenti russi, il clero francese o gli industriali tedeschi. La cronaca di quei cruciali decenni si dipanerà ovviamente tramite le più tradizionali carte che riportano punti operazioni ed eventi speciali, con la caratteristica meccanica dell’associazione dell’evento a una delle due fazioni e la sua conseguente attivazione anche qualora la carta sia comunque stata giocata dall’avversario. Tutto ciò mantiene intatto il drammatico dinamismo del sistema originale, con i giocatori impegnati in una continua e assillante gestione di crisi che scoppiano su più fronti, spesso contemporaneamente. Bisognerà però procedere con estrema cautela, perché di scontro in scontro la tensione internazionale finirà con l’aumentare fino a raggiungere livelli preoccupanti… livelli superati i quali potrà effettivamente scoppiare la guerra aperta, ponendo immediatamente fine alla partita con tutte le sue terribili conseguenze.
Riuscirete a contenere (o a sfruttare) le conseguenze dello scandalo Dreyfuss che coinvolse la più alta gerarchia dell’esercito francese? Saprete gestire le rivalità derivanti dalle rispettive espansioni coloniali? E convincerete lo zar di tutte le Russie a stringere alleanza con gli altri due grandi imperatori di Austria e Germania, oppure l’ultimo dei Romanov finirà con l’avvicinarsi alle potenze liberali di Francia e Inghilterra?
Anno dopo anno, i due contendenti dovranno impegnarsi in un continuo confronto sul filo del rasoio, sfruttando le numerose opportunità che si produrranno durante la partita per accumulare punti ottenendo la supremazia nelle grandi regioni del teatro europeo, nonché per posizionarsi in maniera adeguata in vista del tragico finale. A quel punto, quando la parola passerà alle armi, bisognerà cercare di sfruttare l’imprevedibilità e la devastante potenza del conflitto per “pareggiare i conti”… o magari riuscire a evitarlo consolidando la propria egemonia culturale in un mondo in qualche maniera ancora complessivamente pacifico.
Pochi giochi come EiT sono riusciti a rappresentare in maniera così approfondita e coinvolgente il delicatissimo gioco di alleanze e controalleanze, le sfide continue per aumentare la propria influenza in un’area strategica, la concitazione della corsa agli armamenti navali tra le grandi potenze che contrassegnò il periodo. La successione di fatti e personaggi che compaiono sul tavolo turno dopo turno (abilmente suddivisi a livello tematico tra le tre grandi “epoche” della monarchia britannica moderna: l’era vittoriana, l’era edoardiana e l’era georgiana) è poi un ottimo incoraggiamento allo studio del periodo storico e alla comprensione di come i suoi intricati sviluppi abbiano determinato gli eventi successivi, le cui conseguenze in buona parte condizionano molti aspetti della nostra cronaca internazionale attuale.
Una simulazione politico-militare completa ma anche molto divertente, dunque, con regole assolutamente alla portata di tutti e dalla durata ragionevole (all’incirca 3 ore a partita), con bei componenti arricchiti dall’elegante stile dell’epoca e soprattutto di facile reperibilità, essendo stato pubblicato davvero di recente da una delle principali e meglio distribuite case del settore. Siamo davanti a una preziosa opportunità per esplorare più da vicino un periodo fondamentale per la storia moderna, raramente trattato con tanta attenzione ed efficacia.

Let’s War! (WBS)
Dai salotti intellettuali e dalle sedi diplomatiche di mezza Europa, nel 1914 il conflitto si sposterà sui campi, nelle foreste, sopra le onde dei mari e perfino tra le nuvole dei cieli di tutto il mondo. Cambierà il suo volto, e dai forbiti duelli di parole si passerà ai bombardamenti incrociati di artiglieria, alle spietate raffiche delle mitragliatrici, al filo spinato, alle trincee, alle concentrazioni di gas venefici e al tanto terribile e soffocante fango.
Arriviamo alla Grande Guerra.
Il primo gioco che ce la fa affrontare da vicino è forse il più singolare di questa nostra rassegna, e in effetti nemmeno del tutto una vera e propria simulazione. Let’s War!, della italiana WBS, è infatti un gioco interamente di carte, senza le classiche mappe e pedine che ci aspetteremmo da un wargame degno di questo nome. Eppure, il suo oggetto è proprio la guerra, rappresentata in tutte le sue complessità da guerra totale, che coinvolge le nazioni in tutti i loro aspetti economici, politici e sociali. Le meccaniche sono davvero semplici, per certi versi reminiscenti del classico gioco casual alla Bang!, con tanto di attacchi e difese trasversali, armamenti da tirar fuori a sorpresa, “punti salute” da recuperare e personaggi speciali da sfruttare per ottenere quel poco di vantaggio in più che ci permetta di vincere la partita. La differenza, però, è che tutti questi aspetti si sposano incredibilmente bene con il contenuto storico del gioco, espresso con insospettabile profondità grazie a buone dosi di dettaglio simulativo. Tanto che una partita a Let’s War! può avere un elevato valore didattico per tutti, giocatori e non, wargamer o appassionati ludici in genere.
Questo perché il gioco non si limita a includere tra le sue carte grandi comandanti, equipaggiamenti di importanza cruciale, politici influenti o accenni a singoli episodi del conflitto, ma riesce a metterli insieme in maniera molto efficace, creando plausibili rappresentazioni delle dinamiche storiche. Ad esempio, il gioco da un lato differenzia bene il piano tattico delle singole operazioni rispetto a quello economico-industriale che sforna anno dopo anno armamenti sempre più letali, come anche il livello politico che deve mantenersi in grado di sostenere un conflitto sempre più costoso in termini di risorse umane e materiali. Ciò che colpisce, però, è quanto intensamente questi singoli aspetti interagiscano tra di loro: un rovescio militare può minare irrimediabilmente la stabilità di una nazione, la supremazia sui mari può mettere economicamente in ginocchio un avversario, la ricerca tecnologica può trasformare eleganti ma inutili formazioni di cavalleria in inarrestabili ondate di veicoli corazzati, un’abile operazione di controspionaggio può mantenere in gioco un personaggio influente (sempre che non si arrivi alla data della sua effettiva scomparsa, raggiunta la quale certi equilibri potrebbero mutare radicalmente, generalmente nel momento meno opportuno).
Descritto così, Let’s War! potrebbe sembrare un gioco di carte affascinante, relativamente semplice, ma dalle meccaniche piuttosto prevedibili. Ciò che però lo rende davvero diverso rispetto ad altre offerte analoghe è la qualità delle interazioni che si creeranno tra i giocatori, al punto che è quasi un peccato giocarlo in pochi: una volta provato con più partecipanti, capirete bene perché gli autori lo hanno definito un “party game a tema storico”! Le numerose asimmetrie tra le nazioni non creano forti squilibri, ma anzi rendono più diversificati i comportamenti di gioco, mentre gli stessi schieramenti non sono mai del tutto definiti considerando la posizione (tanto per cambiare) ambigua dell’Italia, inizialmente in bilico tra le due alleanze. Altro punto di forza è che anche nella sua configurazione massima, ossia sette giocatori, Let’s War! rimane un gioco dal ritmo serrato e dalla durata assolutamente gestibile, raramente superiore alle due ore.
Naturalmente qui si parla di un titolo più prettamente “giocoso” che simulativo, con aspetti che ben si comprendono dal punto di vista ludico ma che storicamente potrebbero lasciare un po’ perplessi, come la suddivisione un po’ artificiosa dell’aspetto militare in singole “armi” definite in maniera arbitraria (che cosa dovrebbe rappresentare esattamente una “sconfitta” dell’artiglieria o della cavalleria?). Il titolo, però, resta assolutamente godibile per tutti e in grado di mettere attorno allo stesso tavolo sia veterani del wargame che fanatici degli eurogames, fornendo ai primi un po’ di svago spensierato ma sempre stimolante e incoraggiando i più intraprendenti tra i secondi a provare altri regolamenti dal contenuto simulativo più pronunciato. Quel che è sicuro è che giocandolo ci si diverte davvero tanto e si impara davvero qualcosa di nuovo su questo tragico ma determinante conflitto della storia umana.

Quartermaster General: 1914 (Plastic Soldier Company)
Procedendo nel nostro cammino, ci ritroviamo sempre più immersi nel combattimento e con il prossimo gioco le schermaglie politiche o i sotterfugi diplomatici lasceranno il passo alla cara, vecchia strategia bellica propriamente detta… anche se interpretata in maniera molto moderna e sfaccettata perché, pur trovandoci finalmente di fronte al classico gioco con mappa e pedine, l’elemento variabile rappresentato dalle carte rimane ancora predominante. Questo è un po’ il concetto di base da cui parte Quartermaster General: 1914, offrire ai giocatori un wargame certo ancora leggero, ma incentrato sulle grandi decisioni militari che vi porteranno a scegliere dove e quando scatenare la vostra prossima offensiva, sfruttando le opportunità create dagli errori del nemico o creando le vostre attraverso un’accorta pianificazione, sempre attenti alle brutte sorprese che i vostri avversari potrebbero farvi in ogni momento.
Questo perché, oltre ad alcuni bonus specifici in termini di reclutamento o di azioni speciali, le carte corrispondono ai settori nei quali potete eseguire le vostre avanzate, mentre mettendole da parte (ossia, rinunciando al loro utilizzo offensivo) le stesse carte vi garantiranno adeguati sostegni difensivi in caso di attacco nemico. Ciò crea un processo di selezione continuo, imponendo ai giocatori scelte molto difficili a ogni turno, mettendoli di fronte al rischio di immobilizzare per troppo tempo un intero fronte oppure di ritrovarsi improvvisamente sbilanciati e incapaci di rispondere a un attacco a sorpresa in un’area rimasta poco protetta. La tensione nel flusso di gioco è ulteriormente aumentata dalla forte asimmetria nei mazzi corrispondenti alle diverse nazioni, come tra le risorse materiali ed umane a loro disposizione. Sarà dunque necessario pensare bene alle proprie mosse con parecchi turni di anticipo, raggiungendo un buon equilibrio tra attacco e difesa, un punto di mezzo non facile da mantenere quando saranno gli avversari a sferrare i loro attacchi… esponendosi però a propria volta!
Come è facile intuire, per quanto QMG: 1914 voglia essere se non proprio una simulazione di alto livello quanto meno un wargame dotato di ragionevole dettaglio, la vicinanza delle sue meccaniche rispetto a sistemi che potremmo definire più euro introduce aspetti di bilanciamento interno molto marcati, evitando al contempo eccessive rigidità. Anche se la pianificazione deve essere molto accorta e seguire quanto più possibile piani a lungo termine, la suddivisione dei momenti in cui vengono conteggiati i rispettivi punteggi e la natura delle meccaniche degli scontri diretti lasciano sempre aperta la strada a repentini capovolgimenti nelle fortune delle diverse nazioni coinvolte. Ciò rispetta in effetti quel che accadde nella realtà storica quando da una serie di situazioni di stallo si passò improvvisamente a un collasso generalizzato, che travolse le potenze centrali nel giro di pochi mesi dopo la loro ultima, fallimentare offensiva lanciata nella primavera del 1918.
La componentistica è senz’altro notevole, frutto dell’esperienza della casa produttrice Plastic Soldier Company specializzata in miniature, unita a un’ottima grafica tanto semplice e funzionale quanto immediatamente riconoscibile. Anche per questo, considerata la qualità dei materiali, è un po’ un peccato dover riferire che alcune copie della prima stampa sono state purtroppo confezionate con qualche carta duplicata o mancante, e talvolta con una distribuzione non corretta dei diversi componenti del gioco: il consiglio è di verificare tali quantità con il regolamento che fortunatamente le riporta per esteso, e nel caso ci si trovi di fronte a un esemplare sfortunato chiedere le necessarie integrazioni al produttore, che le invierà in breve tempo (esperienza personale!).
Il titolo si presta dunque molto bene per dinamiche interne e per impatto visivo a un pubblico di curiosi del gioco storico non troppo complesso, con un regolamento molto agile e partite che non superano le 2 ore anche al primo approccio con il sistema. La bassa difficoltà delle regole, la vicinanza con altre tipologie di giochi e il fatto che sia stato concepito per più giocatori (fino a 5) lo rendono un ottimo “primo passo”, ancora una volta sia adatto ai principianti che ricco di spunti di interesse anche per quei veterani alla ricerca di qualcosa di diverso dal solito. Da segnalare che il gioco fa parte di una serie iniziata con un titolo sulla Seconda guerra mondiale (recentemente localizzato in italiano da Ghenos Games) e comprendente regolamenti analoghi ambientati durante la Guerra del Peloponneso e nel conflitto politico-militare della Guerra fredda.

Great War Commander (Hexasim)
Caos, tensione, velocità, imprevisto, coraggio. Ma soprattutto caos.
Ecco cos’è uno scontro a fuoco nell’epoca moderna, quella “guerra tra piccole unità” (small units warfare) che tanta parte occupa nei manuali militari e che ritroviamo spesso raffigurata nella massa di film e serie televisive dedicate a questo o a quel conflitto degli ultimi cent’anni o giù di lì. Anche in tanti giochi di simulazione, ovviamente, nei quali il genere tattico la fa assolutamente da padrone, scontando però le conseguenze di un difetto di base del wargame tradizionale: un eccessivo senso del controllo, che proprio a livelli così ridotti di dimensione delle azioni tende a creare distorsioni eccessive.
Da queste considerazioni deve essere partito il geniale e purtroppo prematuramente scomparso Chad Jensen che, reinterpretando un classico della simulazione “alternativa” come Up Front, ha voluto creare un sistema su mappa con tanto di tradizionalissime pedine ed esagoni, ma dominato dalle carte e dalla generale sensazione di “caos solo in apparenza sotto controllo” a esse correlato. Sono proprio le carte a determinare in maniera tanto efficace quanto spietata quali ordini si possono impartire ai propri uomini e il loro esito, la successione di una lunga serie di eventi e imprevisti, lo stesso scorrere del tempo, sottraendo tutti questi aspetti al controllo diretto dei giocatori. Il risultato è stato Combat Commander (GMT Games), un sistema estremamente dinamico e imprevedibile ambientato nella Seconda guerra mondiale che ha generato una vera e propria valanga di titoli successivi, moduli di espansione, tornei improvvisati e ufficiali, sistemi di campagna… insomma, uno tra i regolamenti tattici più apprezzati dagli appassionati e allo stesso tempo fortemente attrattivo anche per i non amanti di esagoni e compagnia.
Fin da subito CC si è dimostrato molto aperto a varianti di diverso tipo, soprattutto in altre ambientazioni storiche (e non solo). In uno di questi casi, gli autori della casa editrice francese Hexasim hanno avuto forse l’intuizione migliore, trasportando l’azione tra le trincee del Fronte Occidentale del primo conflitto mondiale, fino a quel momento trattato quasi esclusivamente da giochi di piccole dimensioni come Trenches of Valor (Victory Point Games) o sistemi più complessi come Red Poppies Campaigns (Compass Games). Nasce così Great War Commander, che fin da subito offre ai giocatori una visione tutt’altro che statica della guerra di trincea, con fulminee azioni di infiltrazione, epici scontri ravvicinati, devastanti bombardamenti di artiglieria e letali attacchi con gas venefici. I diversi scenari, tutti estremamente rigiocabili grazie all’imprevedibilità degli eventi a sorpresa che possono scatenarsi a ogni giro di carta, vanno dalle prime e semplici azioni del 1914, quasi un retaggio degli scontri in campo aperto delle epoche precedenti, alle terribili battaglie di posizione della metà della guerra, fino ai movimentatissimi confronti tra truppe ed equipaggiamenti speciali della fine del conflitto.
In effetti, l’evoluzione tecnologica è una delle particolarità principali di GWC (perfino nelle divise, visto che delle stesse pedine sono presenti versioni con uniformi differenti!), assieme a un’ampia gamma dei più disparati equipaggiamenti che, con vari livelli di efficienza e affidabilità, furono freneticamente sperimentati in quegli anni. Diverse tipologie di bombardamento, osservatori di artiglieria, comunicazioni telefoniche, uso dei gas, mitragliamento al suolo da parte degli aerei, evoluzione delle catene di comando e degli ordini di formazione… tutti aspetti ben rappresentati da questo valido sistema, assieme a qualcosa che era assente dallo stesso Combat Commander: i veicoli da combattimento, potenzialmente determinanti e dal grande impatto psicologico sulle truppe avversarie, ma non così efficaci e decisamente poco affidabili.
La sequenza di gioco molto intuitiva supporta agevolmente gli infiniti capovolgimenti delle rispettive fortune, tenendo relativamente bassa la complessità e imponendo l’adozione di tattiche flessibili, capaci di adattarsi ai tanti imprevisti che vi troverete a dover affrontare. Tra ostacoli insidiosi che compaiono dietro ogni buca, cecchini che mettono fuori combattimento i vostri ufficiali, armi che si inceppano nel momento decisivo e rinforzi che compaiono senza preavviso, la Prima guerra mondiale vi sembrerà molto più movimentata di quanto potete aver mai immaginato! Soprattutto, vi sarà possibile apprezzare l’effetto di tutte queste innovazioni tattiche in un gioco fortemente narrativo ed evocativo, con un altissimo senso di immedesimazione e di originalità rispetto alle altre offerte più tradizionali. La durata contenuta (un’ora, un’ora e mezza per scenario), il buon bilanciamento generale e l’immediatezza delle meccaniche rendono tra l’altro GWC un ottimo titolo con cui organizzare tornei sia in occasioni pubbliche che a casa vostra con piccoli gruppi di amici.
L’ottima resa dei componenti visivi, del resto prevedibile in un gioco proveniente dalla grande scuola grafica francese, e l’agevole reperibilità fanno di GWC uno dei titoli con il miglior equilibrio tra resa storica e accessibilità generale. Nella scatola base è possibile trovare scenari, carte e pedine per gli eserciti francese, tedesco e americano, mentre è da pochi mesi uscita l’espansione contenente le forze britanniche. Le prossime uscite aggiungeranno le truppe russe e quelle austro-ungariche impegnate sul fronte orientale… nonché, si spera, anche quelle turche per i movimentati scenari mediorientali alla Lawrence d’Arabia e, ovviamente, quelle italiane per la guerra di montagna e le grandi battaglie sulla linea del Piave!

Wings of Glory (Ares Games)
E se dal fango delle trincee, come fa il soldato interpretato dal grande George Peppard all’inizio della Caduta delle Aquile, volessimo sollevare lo sguardo verso le nuvole, attraversate dai primi apparecchi volanti da combattimento della storia, pilotati da quelli che all’epoca venivano definiti i “cavalieri del cielo”? Allora ci imbatteremmo nel principe dei giochi di simulazione storici davvero per tutti, un sistema capace di far giocare assieme l’appassionato studioso di storia aeronautica e il bambino di otto anni incantato da quei bellissimi biplani tutti colorati: in breve, Wings of Glory. Diretto discendente del quasi omonimo Wings of War (Nexus), al punto che i due regolamenti e i loro pezzi sono praticamente sovrapponibili e integrabili.
WoG è arricchito di un notevole aspetto modellistico grazie agli splendidi esemplari predipinti degli apparecchi, forniti già con le livree e le insegne dei grandi assi del passato, rifinendo alcune meccaniche originali in un unico regolamento integrato, che mette un po’ di ordine nelle varie espansioni uscite anno dopo anno.
Ma cos’è che fa di WoG un gioco così speciale e così amato da tanti appassionati in tutto il mondo? La sua “complessità nascosta”. L’approccio seguito dal suo autore, Andrea Angiolino, è letteralmente molto semplice: tutto il dettaglio storico e le regole che lo concernono sono gestite in autonomia da elementi “autonomi” del sistema, che non richiedono la memorizzazione o l’intervento attivo da parte del giocatore. Tanto per dare un’idea, gli apparecchi sono estremamente caratterizzati e diversi tra di loro, con velocità, capacità di salita, manovrabilità e peculiarità del motore rappresentati con maniacale precisione… ma non da una regoletta speciale o da una tabella a parte, bensì dalla stessa composizione del mazzo di carte tra le quali scegliere in segreto le manovre per il turno. È così possibile per l'autore del gioco simulare correttamente la tendenza dei motori rotativi dei triplani Fokker a virare meglio in una direzione anziché nell’altra, semplicemente includendo più carte manovra verso quel lato e quindi “suggerendo” al suo pilota di pianificare di conseguenza le sue mosse. E questo è solo un primo esempio, al quale potremmo aggiungere la diversa estensione degli archi di tiro segnati sulle basette dei modellini, la diversa lunghezza delle frecce delle carte manovra che rappresentano le variazioni di velocità, il fatto che alcuni mazzi contengono manovre di inversione immediata (il classico “giro della morte”, in gergo la “virata alla Immelman”), le differenti capacità offensive di aerei armati con una o due mitragliatrici sincronizzate o meno conllal rotazione dell’elica… e così via.
L’intero regolamento è in effetti organizzato in maniera molto graduale su più livelli di complessità, anche se già al livello basico ritroviamo elementi di dettaglio storico notevoli e interessanti, ai quali possono accompagnarsi regole opzionali come tallonamento e gestione delle quote. Al centro di tutto troviamo la pianificazione segreta di tre manovre in successione, che saranno eseguite una alla volta in simultanea spostando il modellino sulla base delle frecce riportate sulle carte; i tre spostamenti sono poi intervallati da altrettante fasi di tiro in cui le distanze sono verificate usando un semplice righello speciale. Sistemi intuitivi e immediati come questi rendono del tutto obsolete griglie e liste di modificatori tipici dei giochi aeronautici del passato (peraltro esplicitamente citati come ispirazione per il sistema) e mantengono il regolamento uno dei più innovativi del settore, anche a decenni di distanza dalla sua prima apparizione.
Con queste premesse è dunque davvero possibile insegnare i rudimenti del volo simulato in pochi minuti a chiunque, indipendentemente dalla sua esperienza ludica pregressa, mettendolo subito ai comandi di un aereo impegnato in uno dei diversi scenari previsti. Questi vanno dai semplici combattimenti alle missioni di ricognizione, fino al bombardamento e abbattimento dei palloni aerostatici di osservazione con ardite manovre a base di razzi e proiettili incendiari). Tutti scenari che possono coinvolgere tanti giocatori, come le partite organizzate in varie convention in tutto il mondo che hanno visto coinvolte contemporaneamente decine e talvolta centinaia di persone! Il gioco è inoltre ben supportato da una grande quantità di risorse disponibili in rete su siti e forum specializzati, come il Wings of Glory Aerodrome dal quale è possibile scaricare diversi documenti che aiutano a creare scontri storicamente plausibili tra apparecchi omogenei e suddivisi per anno e teatro operativo.
Il risultato è un gioco immediato e molto modulare, capace di farvi apprezzare anche le più sottili sfumature degli albori della guerra aerea nonché il coraggio dei suoi protagonisti, lasciandovi a bocca aperta di fronte alla bellezza dei modelli che volteggiano sopra gli splendidi tappeti di gioco in neoprene che rappresentano campi, città, coste marittime e linee del fronte.
Un sistema davvero unico, che ha dato vita ad altri titoli analoghi ambientati nell’età delle navi a vela (Sails of Glory), nella Seconda guerra mondiale (Wings of Glory WWII) ma anche in ambientazioni steampunk (Tripods & Triplanes) e fantascientifiche (Battlestar Galactica: Starship Battles). Ciascuno di questi titoli ha le sue peculiarità dettate dalle esigenze simulative delle rispettive ambientazioni, ma tutti rispondono alla filosofia vincente della “complessità nascosta”. Anche se, ammettiamolo, niente può essere paragonato alla soddisfazione di dire anche noi almeno una volta: “Un giorno ti avrò, maledetto Barone Rosso!”.

Menzione speciale: World War One (Decision Games) e Paths of Glory (GMT Games)
Prima di lasciare questo terribile ma affascinante ed epico conflitto che è la Grande Guerra, non possiamo fare a meno di citare anche se in maniera davvero sbrigativa due grandi giochi che, pur non essendo certo per principianti, devono essere considerati dei fondamentali punti di riferimento. Senza almeno un accenno a questi due titoli, nessuna lista di simulazioni della Prima guerra mondiale potrebbe mai dirsi completa.
Il primo è World War One, grande classico SPI degli anni Settanta ovviamente a firma Jim Dunnigan (con successivi interventi di Joe Miranda), recentemente rieditato in una versione corretta ed estesa dalla solita Decision Games, per una volta davvero in stato di grazia.
Quel che rende davvero speciale un sistema a prima vista non dissimile da tanti wargames a esagoni tradizionali è il sistema di allocazione delle perdite: anziché ritirarsi, i giocatori possono scegliere di “assorbire” i danni semplicemente sacrificando punti dal proprio potenziale umano e demografico. Una meccanica semplice e impietosa, una rappresentazione puntuale della terribile realtà di questo grande conflitto: non vince chi concepisce le manovre più astute, ma chi avrà ancora un ultimo soldato da mandare al macello sulla linea del fronte. Uno dei tanti esempi di come la vecchia scuola del wargame design amasse risolvere problemi complessi con regole semplici, evitando inutili complicazioni e creando modelli storici comprensibili al grande pubblico cui erano destinati.
Il secondo, e non poteva essere altrimenti, è un vero monumento ludico: Paths of Glory (GMT Games). Creazione del controverso ma abilissimo autore Ted S. Raicer, PoG parte dai capisaldi dei classici card-driven games che uniscono mappe e pedine a carte comprensive di eventi non puramente militari… e lo rovescia del tutto, utilizzando le carte per creare a una simulazione bellica talvolta complessa ma assolutamente di primo livello. Grazie a questo regolamento rivivrete in prima persona dinamiche profonde come la progressiva escalation del conflitto, la tenuta politica ed economica delle nazioni coinvolte, le continue e frustranti offensive della guerra di attrito, il flusso dei rinforzi, il complesso gioco di alleanze e tradimenti. Certo, con i suoi vari dettagli ed eccezioni il sistema perde molto rispetto all’immediatezza dei classici CDG (e per questo non lo trovate inserito nella lista assieme agli altri “primi passi”), ma una volta presa un po’ di dimestichezza con la simulazione storica e se siete interessati anche lontanamente a una rappresentazione strategica del conflitto, non potete fare a meno di provare almeno una volta questo titolo e i suoi tanti derivati, come Illusions of Glory sui fronti italiano ed orientale e Pursuit of Glory sul Medio Oriente.

11 novembre 1918, ore 11 di notte.
L’armistizio, finalmente! La più grande e devastante guerra dell’umanità, cominciata con i colpi di pistola del nazionalista serbo Gavrilo Princip contro l’erede al trono di Austria-Ungheria, era terminata. Nel corso di quattro, terribili anni, equilibri plurisecolari erano stati del tutto stravolti: la Belle Époque della fine del secolo era stata spazzata via assieme a tutto il suo ingenuo ottimismo, quattro grandi Imperi (Austria, Germania, Turchia, Russia) non esistevano più, la cartina geografica del Medio Oriente e del Centro Europa era stata totalmente ridisegnata, il vecchio continente aveva iniziato il suo inarrestabile declino lasciando sempre più agli Stati Uniti la fiaccola del potere globale, la nobiltà e l’alta borghesia si ritrovavano assediate da masse sociali mobilitate per il conflitto e ora desiderose di un proprio riscatto politico, una rivoluzione stava facendo a pezzi quel che restava del dominio zarista in una sanguinosa guerra civile che avrebbe minacciato di diffondersi anche ad altre nazioni, la promiscuità e l’allentamento delle misure di igiene avevano lasciato campo libero a una delle peggiori pandemie influenzali della storia e soprattutto, intere generazioni erano state gettate in un immenso tritacarne uscendone decimate, martoriate e traumatizzate.
È una cosa che si dice alla fine di ogni guerra, ma davvero il mondo del 1918 non era più lo stesso del 1914.
Ci sarebbero voluti ancora degli anni solo per arrivare a una pace vagamente stabile, inseguendo la “Grande Illusione” che la Grande Guerra, per quanto terribile e cruenta, sarebbe stata l’ultima guerra dell’umanità. Invece, la pace siglata a Versailles del 1919 creò più problemi di quanti ne risolse, umiliando la Germania e creando le condizioni assieme alla successiva crisi economica del 1929 per la salita al potere di partiti politici estremisti, che le leadership delle nazioni democratiche non seppero comprendere né contenere.
Germania, Italia, Giappone, Spagna e altri Stati si ritrovarono alla mercé di dittatori e regimi totalitari; la neonata Unione Sovietica soffriva nella morsa dello stalinismo; Francia e Inghilterra scendevano a mille compromessi pur di mantenere i loro agonizzanti imperi coloniali e gli Stati Uniti si chiudevano in un miope isolazionismo. Già dopo soli vent’anni, poco più che un battito di ciglia in termini storici, era chiaro a tutti che gli equilibri del potere erano ormai troppo fragili e che, nonostante tutti gli sforzi, la tragedia del conflitto globale si sarebbe ripetuta: allora si comprese che la Grande Guerra non era stata altro che la Prima guerra mondiale e che ben presto se ne sarebbe combattuta una Seconda, ancor più cruenta e terribile.
La incontreremo presto, nella prossima puntata dei nostri Primi Passi nella Storia.

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