Di Hyperborea, il nuovo titolo di civilizzazione, esplorazione e conquista della coppia Andrea Chiarvesio e Pierluca Zizzi, se ne sente dire ormai da parecchio tempo.
Già due anni fa, durante l’edizione 2011 di Lucca Comics & Games se ne parlò ufficialmente, mentre alla Play dell’anno seguente ne provammo una versione prototipale che oggi possiamo tranquillamente definire come una “alfa”. Ora, con gli ultimi accordi internazionali siglati da Asterion Press durante l’appena terminata fiera di Norimberga, il progetto Hyperborea è giunto alla sua dirittura d’arrivo.
La sua nuova versione, che abbiamo avuto occasione di provare recentemente, testimonia ormai la maturità di questo titolo, caratterizzato da elementi di semplicità ed eleganza coniugati con uno sviluppo progressivo dell’articolazione nel corso della partita. Se a ciò aggiungete una forte attenzione alla coerenza tra ambientazione e meccaniche di gioco ottenete il giusto mix che rappresenta un po’ il marchio di fabbrica della “premiata ditta Chiarvesio-Zizzi”. Senza naturalmente voler sottacere il contributo dello studio Yemaia, che ha affiancato i due game designer nella messa a punto del gioco in questo lungo lasso di tempo.
Hyperborea è un mondo dalla storia travagliata! L’antica civiltà che lo dominava, altamente tecnologizzata, potente e dedita alle arti magiche è scomparsa da lungo tempo. I posteri degli antichi superstiti, ormai regrediti all’età del ferro e rozzamente organizzati in piccole tribù, vivono nei territori esterni all’area centrale del pianeta, quella che originariamente era occupata dalla civiltà scomparsa. Un giorno l’enorme campo di forza che continuava a proteggere quest’area da qualsiasi intrusione si interrompe (forse qualcuno si è dimenticato di pagare la bolletta della luce?) e così a ogni tribù si apre letteralmente un “mondo nuovo”, da esplorare e conquistare. Ovviamente ognuno si trova anche a contendere agli avversari le ricchezze e le conoscenze derivanti dai manufatti e dalle antiche città della civiltà scomparsa.
Il setup si rivela da subito interessante. La mappa di gioco si compone all’inizio della partita partendo da una tessera esagonale centrale (ne esistono diverse da cui pescare), intorno alla quale si dispongono sei esagoni di territorio, anche questi da pescare da un mazzetto di tessere ben più ampio. È evidente che in questo modo si è inteso offrire la possibilità di generare a ogni partita territori sempre nuovi da esplorare.
Sopra agli esagoni, dove indicato, si piazzano coperti i segnalini rovine da esplorare, insieme ad alcuni “guardiani” indigeni rimasi a sorvegliare i siti di quest’area centrale.
Quindi si pescano otto carte tecnologie avanzate da appositi mazzetti e le si piazzano scoperte intorno alla mappa.
Ogni giocatore (da 2 fino a 6) parte con una dotazione base di cristalli,uno per tipo (sono in tutto sei) più un paio di cristalli bonus a scelta. Inoltre riceve alcuni omini di popolazione e una plancia personale per l’attivazione e la gestione delle azioni.
I cristalli sono alla base della meccanica portante del gioco: combinandoli tra loro in maniera diversa si possono ottenere effetti, e quindi tecnologie avanzate, diversi.
Sopra la plancia, oltre ai riquadri delle sei tecnologie base (che vedremo più avanti) è presente una tabella di produzione delle sei tipologie di cristalli. Tra le tecnologie che si possono attivare, alcune fanno salire i livelli di produzione dei vari cristalli permettendo così di ottenerne unità aggiuntive, una quando si raggiungono i 4 punti produzione, o due se si pazienta fino al sesto.
A inizio partita, il giocatore riceve anche il territorio della sua tribù, una tessera composta da tre esagoni che dovrà essere disposta adiacente alla mappa dell’area centrale precedentemente formata.
Queste tessere territorio hanno una faccia neutra che le rende tutte uguali e l’altra che invece riporta poteri propri della tribù di appartenenza: si tratta di una ulteriore variante per il gioco avanzato, che aggiunge elementi di caratterizzazione alle diverse strategie da perseguire.
Nel prototipo provato, i cristalli erano rappresentati da cubetti colorati: rosso per la forza militare, verde per il movimento, giallo per l’oro, rosa per la crescita della popolazione, arancio per le competenze tecnologiche e blu per il sapere. Esistono anche dei cubetti grigi, che rappresentano le tasse (e altri impedimenti burocratici) di cui parleremo più avanti.
I cubetti della dotazione iniziale vengono messi nel sacchetto personale di ogni giocatore da dove, all’inizio del primo turno, ne deve estrarre tre. In funzione dei colori estratti, il giocatore potrà scegliere dove disporli sulla plancia personale, in modo da creare (subito o nei turni successivi) la coppia (o il tris) di cristalli nella combinazione necessaria ad attivare la tecnologia scelta.
E veniamo alle tecnologie base, che come si vede dalla plancia sono sei. Ognuna presenta due combinazioni di cristalli, la prima delle quali è più semplice da ottenere ma meno potente.
L’attacco militare permette di scegliere tra un attacco o una doppia difesa, oppure con la combinazione più potente di muoversi e attaccare.
Il movimento permette di usare 2 punti movimento oppure un punto movimento e ricevere un nuovo omino di popolazione. Il movimento dipende dal tipo di esagono: in pianura e deserto costa 1 punto, in collina e foresta ne costa 2.
La Popolazione fornisce un omino in più e una difesa oppure un omino e un attacco.
L’Economia permette di ottenere un punto vittoria dallo sviluppo del commercio oppure, oltre a ciò, di un ottenere un punto vittoria.
La Produzione consente di aumentare di un punto produzione su due cristalli diversi oppure di aumentare di due punti la produzione di uno stesso tipo di cristallo.
La Scienza infine permette di acquisire una delle carte tecnologie avanzate disponibili (che si affiancherà alle sei offerte dalla plancia, estendendo le opportunità di combinazioni dei cristalli) oppure scegliere una carta tecnologia e fare ottenere un punto vittoria.
Ogni volta che si prende una nuova carta tecnologia, si aggiunge un cubetto grigio (le tasse) alla propria dotazione. Questi cubetti sono inutili e servono solo ad “appesantire” la pesca dal sacchetto. Per essere più precisi, i cubetti grigi in alcuni casi possono avere una funzione ma solo con determinate carte tecnologia, ammesso che queste vengano estratte e siano poi scelte dal giocatore nel corso della partita.
Durante il suo turno di gioco, il giocatore deve posizionare tutti i cristalli estratti sulle caselle tecnologie e poi può usare, se vuole e nell’ordine che preferisce, le tecnologie attivate dal completamento delle combinazioni richieste (quindi per esempio, può muovere e attaccare oppure generare un omino, muovere e poi muovere di nuovo e attaccare).
Al termine del turno, prima di passare la mano, il giocatore pesca tre nuovi cubetti per il turno successivo.
Ogni tecnologia della plancia che viene eseguita (sia essa la sua versione base o quella avanzata) viene “bloccata” e non può essere replicata fino all’azzeramento della plancia.
Questo avviene quando il sacchetto del giocatore non ha più cristalli da pescare. A quel punto si prenderanno tutti i cubetti e si inseriranno dentro il sacchetto per la pesca del prossimo turno.
È evidente che lo scopo di ogni giocatore è esplorare i territori, entrare nelle rovine per raccogliere reliquie e tecnologie (che daranno punti e cristalli) o conquistare le città per guadagnare i bonus indicati (punti vittoria, avanzamenti dei cristalli, ecc.). Questo aspetto permette di intervenire sulla casualità delle estrazioni, introducendo anche elementi di interazione con gli altri giocatori cui contendere i territori.
I combattimenti usano semplicemente i punti attacco di ogni contendente per infliggere danni all’avversario (o difesa per proteggersi dagli stessi) in base alle azioni scelte e alle truppe presenti. Ogni truppa nemica sconfitta genererà punti per il vincitore, offrendo così un altro ottimo motivo per non tirarsi indietro quando c’è da menar le mani.
Ma per evitare che ci si coalizzi contro un unico giocatore, i punti per i nemici sconfitti valgono solo se si hanno unità di tutti gli avversari. Inoltre per non far eliminare alcun giocatore, una prudente regola prevede che, in caso di sconfitta di chi è rimasto con solo tre truppe in gioco, l’unità perdente non possa essere catturata ma debba tornare nella capitale di partenza del giocatore sconfitto.
Il gioco termina quando un giocatore ha piazzato tutte le sue miniature sul tabellone o ha preso cinque carte tecnologie aggiuntive. Si procede quindi con il calcolo dei punteggi, che vengono definiti dalla sommatoria di una serie di parametri (punti acquisiti, cristalli, carte tecnologie, nemici uccisi, ecc.).
Dopo tutto questo tempo, Hyperborea sembra ormai aver trovato la sua configurazione finale.
Il gioco risulta semplice da spiegare e comprendere, offrendo un approccio rapido che però sviluppa tutta la sua profondità nello svolgersi della partita, grazie al sistema di approfondimento successivo dato dalle carte tecnologie e dai diversi bonus.
Le numerose variazioni introdotte grazie alle tessere alternative di territorio e al ricco mazzo di carte tecnologie lo rendono potenzialmente assai longevo mentre le molte possibilità strategiche (dovute all’opportunità di investire su tipi diversi di cristalli e, conseguentemente, di tecnologie) lo prospettano come un titolo destinato a dare filo da torcere anche ai più esperti.
Al bel sistema di scelta e personalizzazione del proprio set di cubetti colorati che, originale e interessante, offre un buon margine di controllo sulla casualità dell’estrazione dal sacchetto, si aggiungono alcune piccole accortezze che rendono il design del gioco decisamente elegante; per esempio, il fatto di estrarre i tre cubetti dal sacchetto alla fine del proprio turno (e non all’inizio del successivo) consente ai giocatori di pianificare le proprie scelte durante il gioco degli avversari riducendo così notevolmente il rischio di tempi morti.
Da precisare, infine, che il lavoro dei graphic designer sta introducendo elementi di ulteriore interesse a questo titolo, come una forma della mappa decisamente insolita che sostituisce gli esagoni usati nel prototipo con delle sagome esteticamente originali ma al contempo assai funzionali alle esigenze di modularità del gioco stesso (spiacenti, ma non ci è stato permesso di fare foto al riguardo!).
Per farvi un'idea dello stile grafico, potete dare un'occhiata ai primi artwork del gioco che sono stati resi disponibili sulla pagina facebook inaugurata pochi giorni fa.
Il consiglio è quindi quello di continuare a tenere sotto controllo questo titolo made in Asterion e pazientare ancora un po’ di mesi, considerando che l’annuncio per la sua uscita sul mercato internazionale fa riferimento alla prossima GenCon 2014.
Abbiamo proprio la sensazione che ne varrà la pena!
ndr: le foto utilizzate per questo articolo risalgono alla prima edizione degli Asterion Gaming Days e sono disponibili in altra risoluzione in questa galleria fotografica.