Ci andiamo a bere una birra e a mangiare qualche sottaceto Al Drago Verde? Si tratta di un genere di invito che nessun Hobbit degno di questo nome si sognerebbe mai di rifiutare. E tra un sorso di birra e un cetriolino si possono raccontare storie e aneddoti di viaggi e peripezie dentro e fuori la Contea. Ma chi sarà il più bravo a narrare la propria (dis)avventura?
Con Hobbit Tales, nuovo gioco di carte e narrazione ambientato nella Terra di Mezzo di Tolkien edito dalla Cubicle 7 e realizzato dalla coppia Marco Maggi e Francesco Nepitello, sarà possibile scoprire chi sia il migliore tessitore di storie hobbit della compagnia.
Uscito con l’inizio del 2014 (dopo parecchi rimandi) in lingua inglese, Hobbit Tales vanterà anche una localizzazione in lingua italiana a cura di Giochi Uniti (come è avvenuto per il gioco di ruolo L’unico Anello, dello stesso editore). Il caso ha voluto che in quel di Norimberga incontrassimo la famosa coppia di autori, ovviamente muniti del gioco fresco di stampa. Potevamo lasciarci scappare l’occasione di dargli un’occhiata ravvicinata?
Con la recente uscita nelle sale cinematografiche del secondo capitolo del film de Lo Hobbit, la casa editrice inglese torna a sfruttare l’importante licenza basata sui lavori di Tolkien dopo la pubblicazione, relativamente recente, del gioco di ruolo L’Unico Anello, sempre della coppia Maggi Nepitello … non a caso, Hobbit Tales prevede anche un utilizzo in combinazione proprio con quest’ultimo gdr.
Ma andiamo, come al solito, con ordine e vediamo l’architettura di Hobbit Tales.
In Hobbit Tales i giocatori (da 2 a 5) impersonano il ruolo di panciuti Hobbit seduti attorno a un tavolo della locanda Al Drago Verde nella Contea. Quando si parla di mezz’uomini l’associazione di idee immediata è per il cibo, la birra e le storie ben narrate. Ora, per i primi due (il cibo e la birra) bisogna arrangiarsi a casa (la confezione non contiene alcolici né cibarie), mentre per le storie, si può rimediare con Hobbit Tales. Lo scopo del gioco, infatti, è quello di narrare delle belle (e brevi) avventure ambientate nella Terra di Mezzo, utilizzando delle carte speciali (Carte Avventura – Adventure Card) che forniscono la traccia del racconto. Poiché nessuna storia è degna di tale nome se non c’è un po’ di pepe (non pensate male, eh!?), gli altri giocatori possono intervenire durante la narrazione, giocando delle Carte Pericolo (Hazard Card), che introducono elementi di “disturbo” e rendono la storia più movimentata e interessante, fino alla sua conclusione.
I contenuti della confezione di Hobbit Tales comprendono due mazzi di carte. Uno delle “Avventure”, utilizzato dal narratore di turno, e uno dei “Pericoli” a disposizione degli altri giocatori per intervenire durante il racconto della storia con mostri, sortilegi e trappole di ogni tipo. Non mancano dei tasselli per tenere traccia dei punti, un tabellone dove posizionare le carte durante il gioco e un dado a 12 facce per stabilire se i pericoli messi in gioco si devono considerare nella storia oppure no.
Per i più curiosi si può vedere questo video su Youtube realizzato dalla Cubicle 7 con l’unboxing di Hobbit Tales (12 minuti di video, di cui 2’:30” solo per aprire la confezione: siete avvertiti…). Oppure potete accontentarvi delle fotografie che abbiamo scattato durante la partita di prova.
Ogni giocatore, sulla base di una mano di Carte Avventura improvvisa un racconto, ponendole sul tabellone al centro del tavolo con cinque caselle. A ogni carta giocata, il narratore di turno deve confezionare un breve capitolo della storia ispirato dal testo e dalle immagini della carta stessa. Il racconto, nei limiti del possibile, dovrà avere una sua coerenza, difatti prima di iniziare il proprio turno il narratore piazza un’ulteriore carta fuori dal tabellone dei cinque spazi: quello sarà il finale della storia, il narratore non dovrà dimenticarlo poiché la sua avventura dovrà in qualche modo volgere a questo epilogo.
Durante il gioco, i partecipanti conquistano gettoni che valgono punti vittoria a fine partita (Cheer Token): sia quando narrano, sia quando giocano le Carte Pericolo. I gettoni non vengono scelti, ma pescati a caso da un contenitore opaco. Ogni tassello possiede un valore variabile: da un minimo di 1 a un massimo di 3. Il gioco termina quando tutti i partecipanti hanno avuto modo di raccontare la loro storia. A questo punto viene effettuato il conteggio dei gettoni collezionati durante la partita e chi ne ha raccolti di più è dichiarato vincitore.
Il motore del gioco è rappresentato dalle Carte Avventura che rappresentano il principale mezzo del narratore per creare la propria storia. Ma come è fatta una Carta Avventura di Hobbit Tales? Ogni carta ha quattro elementi: un titolo, un breve testo tratto dai romanzi e dai racconti del professore di Oxford, alcune icone (classificate in terreno e speciali) e un’illustrazione.
Le icone vengono sfruttate dagli altri giocatori per mettere sul tavolo le proprie Carte Pericolo. In estrema sintesi, si può giocare una Carta Pericolo e intervenire nella storia solo se tutte le icone terreno presenti sulla Carta Pericolo che si vuole giocare sono presenti nelle ultime due Carte Avventura sul tabellone.
L’obiettivo della Carte Pericolo, però, non è solo quello di rendere difficile la vita del narratore ma anche quella di contribuire a rendere la storia interessante. La Carta Pericolo ha bisogno anche di un altro requisito per essere giocata : un tiro del dado. Ogni carta, infatti, possiede un “Valore Minaccia”: se può essere messa in gioco grazie alla corrispondenza delle icone terreno, occorre anche che si ottenga con un tiro del d12 un valore pari o superiore a quello stampigliato sulla carta.
È il giocatore che ha messa sul tavolo con successo la Carta Pericolo a introdurre l’insidia con un breve intermezzo, lasciando poi al narratore di turno il compito di proseguire la storia (“Perché non dici anche che durante la festa di compleanno di Belladonna facesti arrabbiare quello stregone di Umbar? Non ricordi il malocchio che ti scagliò contro, quando gli versasti sulla tunica il tuo grog?”). Se il valore da superare con il dado non viene raggiunto, il narratore può comunque sfruttare l’interruzione appena giocata come ulteriore spunto per arricchire la sua storia (“…ti ricordi male amico mio, è vero c’era lo stregone ma non era con me che era arrabbiato…”), ma il tutto dovrà essere sempre coerente con la sua Carta Avventura.
Le Carte Pericolo giocate con successo fanno guadagnare punti al “disturbatore” e non al narratore di turno, che non potrà utilizzare la Carta Avventura sulla quale è stata giocata l’insidia nel suo punteggio di fine racconto. Questo non vuol dire che il giocatore di turno non possa riempire tutti gli slot, se rimane senza carte in mano a forza di interruzioni potrà provare la strada dell’improvvisazione: pesca una carta dal mazzo e la gioca proseguendo il suo racconto (che rischia cosi di essere sempre meno credibile ma probabilmente più divertente), ma se viene “interrotto con successo” anche mentre improvvisa, ormai la storia non potrà più essere completata e il narratore dovrà rassegnarsi a conteggiare solo le carte che è riuscito a piazzare.
Le Carte Avventure possono presentare anche delle icone speciali che, per esempio, consentono agli altri giocatori di pescare delle Carte Pericolo addizionali o di poter mettere in gioco un’insidia senza dover tentare il tiro di dado.
Insomma, è risultato chiaro che lo spirito del gioco non è solo quello di creare imbarazzo e difficoltà al narratore, ma anche quello di rendere coinvolgente il turno (anche quando non è il proprio) con inaspettate svolte del racconto. E a supporto di questo c’è il fatto che i gettoni con i punti vittoria vengono pescati anche dai giocatori che hanno messo in gioco con successo le proprie Carte Pericolo.
Al termine della narrazione, il giocatore di turno pesca un numero di gettoni vittoria pari al numero delle Carte Avventura giocate, escludendo quelle su cui è stata giocata con successo una Carta Pericolo. Quando un giocatore (sia il narratore di turno che un altro partecipante) pesca un gettone vittoria, deve decidere cosa farne: conservarlo coperto o utilizzarlo per “pagare un giro di birra”. Nel primo caso, conserva i gettoni nascosti (noi li abbiamo posizionati sotto l’apposito sottobicchiere hobbit), nel secondo caso li pone davanti a sé, a faccia in giù ma visibili agli altri partecipanti, che cosi sanno quanti (non quali) gettoni sono stati investiti. Al termine della partita, tutti i giocatori conteranno i punti sulla base di quelli tenuti nascosti agli altri e otterranno un possibile bonus basato sui gettoni utilizzati per pagare le “libagioni” della compagnia di Hobbit.
Il regolamento di Hobbit Tales, che può essere scaricato in versione PDF dal sito della Cubicle 7, è di ben 16 pagine, ma niente paura! In realtà oltre la metà del libretto contiene un esempio di gioco esteso e molto utile per comprendere bene le meccaniche e la filosofia del gioco e una sezione con dei suggerimenti per integrare il tutto nelle partite al gioco di ruolo de L’Unico Anello.
Per certi versi, Hobbit Tales ricorda il conosciutissimo Once Upon a Time della Atlas Games (o se preferite C’era una volta della Raven), anche se le differenze si fanno sentire. Prima di tutto l’ambientazione: non un generico setting favolistico, ma il mondo fantastico e complesso creato da Tolkien. La conoscenza dell’universo tolkeniano farà sicuramente comodo a chi vuole costruire racconti coerenti con la storyline della Terra di Mezzo, ma onestamente le carte sono sufficientemente ricche di dettagli da fornire parecchi spunti anche a chi non ha mai letto le avventure di Bilbo o Frodo.
Un’altra differenza da evidenziare tra i due prodotti è la dinamica della narrazione. Mentre in Once Upon a Time il narratore cambia di continuo, mano a mano che i giocatori mettono sul tavolo le carte, in Hobbit Tales questo non avviene. Il giocatore che inizia la storia è anche quello che la conclude e che deve gestire gli ostacoli giocati dagli altri partecipanti. Di fatto, complice anche la durata limitata , i partecipanti sono veramente interessati a sapere come andrà a finire la storia del narratore e soprattutto se andrà realmente a quagliare con il finale scelto a inizio turno.
E infine c’è, per l’appunto, il fattore velocità: il fatto che gli slot da riempire siano solo cinque, che sia possibile giocare una sola carta Pericolo su uno slot e che per allungare il brodo il narratore possa solo scommettere sull’improvvisazione, fanno si che un racconto non superi mai i 10 minuti.
Nella prima prova su strada della nostra redazione a Norimberga, Hobbit Tales si è rivelato particolarmente divertente. Sicuramente averlo provato con gli autori ha reso le storie parecchio piacevoli da ascoltare, ma anche senza tali illustri narratori possiamo ben dire che in Hobbit Tales è più forte la componente storytelling che quella del party-game.
A questo punto teniamo sott’occhio i prossimi annunci di Giochi Uniti per sapere quando giungerà nei negozi l’edizione italiana di Hobbit Tales.