Ne abbiamo sbirciato qualcosina alla Play del 2013, quando il gioco è stato presentato alla Stratelibri dagli autori, abbiamo assistito all’interesse suscitato a Norimberga ad inizio 2014, ma è all’ultima edizione di PLAY che abbiamo finalmente approfondito Kingsport Festival, grazie ad una lunga intervista realizzata con la Sir Chester Cobblepot. Approfittando dell’occasione della creazione della pagina ufficiale dedicata al gioco sul sito Stratelibri, avvenuta in questi giorni, eccoci a parlare di tutte le anteprime che ci sono state svelate nell’incontro di inizio aprile.
Come molti di voi avranno già letto Kingsport Festival nasce da una collaborazione tra Andrea Chiarvesio e Gianluca Santopietro. L’idea base (nata quasi per caso, come riportato in un precedente articolo) è quella di rivisitare radicalmente le logiche dell’ormai classico Kingsburg, creandone un gioco del tutto nuovo ambientato nell’atmosfera del racconto lovecraftiano “The Festival”.
Siamo nella città di Kingsport, all’approssimarsi del “Giorno di Yule”, una festa che coincide con il più conosciuto Natale, ma che in realtà affonda le proprie radici in un’epoca molto più antica dei tempi di Betlemme. Un’epoca in cui divinità, ormai dimenticate, erano una realtà sulla terra. E’ proprio a queste divinità che faranno appello i giocatori, nei panni di cultisti, per ottenerne il favore e riuscire a vincere la partita, prendendo il controllo della città di Kingsport.
Per descrivere il gioco siamo partiti dal tabellone, realizzato con la collaborazione di Alan D’Amico, che stravolge ciò che ci si potrebbe aspettare conoscendo Kingsburg. Non vi è infatti un elenco di “divinità” da cui ottenere favori in base al lancio dei dadi, ma rappresenta una mappa della città. In Kingsport Festival i giocatori non avranno ciascuno una propria scheda dove costruire, ma lavoreranno tutti su un tabellone condiviso in cui collaboreranno alla conquista della città da parte del culto edificio per edificio.
Insieme a questa evoluzione sparisce anche il modello di costruzione che abbiamo conosciuto con Kingsburg. Niente più schemi lineari dove gli edifici, partendo da piccole costruzioni, diventano grandi castelli o cattedrali. In Kingsport Festival si parte dal centro del tabellone (la “dimora”, casa dei cultisti), da qui i giocatori dovranno propagare il culto in maniera radiale per tutta la città, con una difficoltà crescente in base alla distanza degli edifici dal punto di partenza. Naturalmente, la disposizione degli edifici non è casuale, osservando bene il tabellone si noterà infatti come questa costruisce un pentacolo: Il segno degli antichi.
Ogni edificio ha un proprio “costo” in risorse per essere controllato dal culto, un numero di punti vittoria che andranno a chi riuscirà a conquistarlo e delle caratteristiche specifiche che non sono scritte sul tabellone ma poste su apposite tessere (ciò garantisce un tabellone privo di testi e la possibilità di espandibilità cambiando le tessere e conferendo nuovi poteri agli edifici). Ovviamente le risorse a cui i cultisti potranno fare appello per la diffusione del culto non sono le solite pietra, legno, oro… Ma male, morte e distruzione, i tre simboli della magia nera diffusi nell’immaginario collettivo.
Il motore del gioco rimane l’utilizzo dei risultati ottenuti con il lancio di dadi. Per guadagnare le risorse i giocatori, dopo aver lanciato i dadi, potranno posizionarli sui grandi antichi, ciascuno raffigurato da una tessera decorata dalle splendide illustrazioni di Maichol Quinto. Oltre ai disegni ed ai poteri in risorse ed abilità speciali che le divinità conferiscono, ogni tessera ha anche un lato B, arricchito da testi realizzati da Alessandro Forlani e dalla spiegazione delle caratteristiche di gioco (evitando così di legarsi solo alla simbologia del lato A). Queste tessere saranno staccate dal tabellone e potranno esservi poste attorno, di fianco o impilate, a discrezione dei giocatori.
Un’altra grande innovazione di Kingsport Festival rispetto al suo predecessore è la presenza di dodici scenari diversi (che potranno essere arricchiti da espansioni o da carte promozionali) in cui i giocatori si potranno confrontare. Una volta scelto uno scenario da giocare ad inizio partita questo porterà nuove regole e modalità di gioco, in modo da rendere le partite molto diverse tra di loro sia in termini di gameplay che di atmosfera.
Nelle illustrazioni e nei testi il vero lavoro di raffinamento svolto dalla Sir Chester Cobblepot che promette di portare sulle nostre tavole non solo un gioco che reinventa il già celebre Kingsburg, ma un’atmosfera molto vicina a quelle ricercate da Lovecraft nei suoi romanzi, a differenza di quanto fatto fino ad ora nelle più blasonate trasposizioni ludiche (tra cui spiccano ovviamente quelle della Fantasy Flight Games).
Da un lato i testi, di profonda ispirazione lovecraftiana (ed in alcuni casi direttamente estratti dal racconto The Festival e lasciati in lingua originale), dall’altro le immagini, che spesso non mostrano l’orrore nella sua concretezza, come siamo abituati a vedere nei titoli più noti di questo genere, ma che ne danno solo l’impressione, lo lasciano trasparire. Riprendendo così lo stile delle descrizioni del solitario di Providence sempre un po’ vaghe ed intente a delegare al lettore il compito di costruire nella propria testa un’immagine completa di terrori indicibili.
Qui l’ottimo lavoro realizzato da Alan D’Amico, definito erroneamente fino ad oggi come un “artista buono”, che per la prima volta si è confrontato con il tema dell’Horror. Il suo ruolo è stato quello di tradurre in immagini l’ambientazione rendendo Kingsport un posto reale. Il lavoro è partito naturalmente dal racconto The Festival, passandolo allo scandaglio ed identificando tutti gli accenni alle descrizioni di luoghi ed ambienti. Alan ci ha raccontato come anche solo il singolo aggettivo utilizzato nel testo sia stato preso come spunto nel momento di realizzare le illustrazioni. Dall’analisi del racconto, l’artista è passato alla ricostruzione storica del periodo, ricercando foto e documenti che identificassero luoghi ed edifici del New England anni ’20 somiglianti o comunque di ispirazione rispetto a quanto descritto nei racconti.
Ogni disegno parte dal punto di vista del visitatore che in The Festival arriva a Kingsport. Un piccolo porto di pescatori, una cittadina tranquilla dalla facciata perfetta ma che, fin dall’inizio, lascia trasparire nelle sue descrizioni qualcosa di più oscuro che si cela sotto la maschera. Un’oscurità graduale, più labile negli edifici all’interno del tabellone, ma sempre più avvolgente andando verso l’esterno, in direzione degli edifici più difficili da conquistare ma anche in grado di garantire più punti vittoria.
Probabilmente potremo avventurarci nei meandri di Kingsport durante la prossima Lucca Comics & Games, l'edizione italiana sarà pubblicata da Giochi Uniti. Nel frattempo la Stratelibri sta già avviando la campagna di promozione legata al titolo che vede coinvolti molti attori internazionali tra cui il gigante Kosmos per la Germania, ma sicuramente non la Fantasy Flight, che probabilmente preferisce rimanere fedele alla sua linea editoriale "ammazza il grande antico a fucilate".
In attesa di avere il gioco tra le mani per altri succulenti dettagli ringraziamo, come sempre, la Sir Chester Cobblepot per la disponibilità dimostrata e gli auguriamo di replicare con questo nuovo titolo il successo ottenuto dal loro cavallo di battaglia: Letters From Whitechapel!
Le immagini utilizzate in questo articolo e altre ancora sono disponibili nella nostra galleria fotografica dedicata.