Dopo averne parlato a lungo,osservando i primi prototipi e incontrando i designer e gli artisti coinvolti, siamo finalmente riusciti a toccare con mano Kingsport Festival, l'ultima fatica di Andrea Chiarvesio e Gianluca Santopietro che proprio in questi giorni sta raggiungendo i negozi nella sua edizione italiana targata Giochi Uniti. Il gioco inoltre arriva giusto in tempo per Lucca Comics & Games 2014, dove rappresenterà uno dei titoli di punta dell’editore per l’imminente manifestazione.
Abbiamo avuto occasione di giocare una partita con l’edizione nostrana, prima di metterci in viaggio per raggiungere il festival lucchese. Un incontro breve insomma, ma quanto basta per raccontarvi come è andata la nostra prima esperienza negli insoliti panni degli adoratori degli indicibili orrori lovecraftiani…
Aperta la scatola, Kingsport Festival si presenta in tutto il suo malsano splendore. Le componenti di gioco sono estremamente curate, dal manuale alla plancia fino alle carte è stato fatto uno sforzo veramente notevole per rendere le cupe atmosfere descritte dal solitario di Providence. Partiamo dal manuale: dopo aver superato la copertina con il volto mostruoso di Dagon, padre degli Abitatori del Profondo, troviamo un testo coinvolgente che si articola in due livelli di lettura.
Il primo livello sono ovviamente le regole, scritte al centro del manuale: sono chiare e ogni passo importante è seguito da un esempio. Lo stile è interessante, infatti il testo delle regole è scritto in caratteri normali, gli esempi in corsivo blu e le note sulle regole in grassetto rosso. A nostro avviso però, ben più interessante è il secondo livello, ovvero le note di ambientazione. Su ogni pagina, sul lato esterno, c'è una colonna dedicata a descrivere il mondo oscuro e i suoi abitanti, nello specifico gli investigatori e i tomi di magie occulte. Dato che gli investigatori di cui si narra la storia sono personaggi tratti dai racconti di Lovecraft, risultano tratteggiati con molta cura: questi studiosi dei miti, questi artisti deliranti, questi uomini che hanno affrontato orrori cosmici e ne sono usciti infranti ma con la volontà di continuare a combattere il male che minaccia tutta l'umanità. Dopo aver conosciuto gli investigatori il manuale ci racconta le genesi dei tomi da cui noi (i cultisti) trarremo i nostri incantesimi, ritroviamo quindi il famoso Necronomicon scritto dall'arabo pazzo Abdul Alhazred assieme agli altri libri pieni di blasfemie e orrori impronunciabili.
Chiuso il manuale andiamo a guardare le tessere che rappresentano i Grandi Antichi, le creature extraterresti che, nel corso del gioco, tenteremo di invocare per ottenerne i doni oscuri. Di nuovo qui siamo colpiti dall'aspetto visivo e dalla cura per l'atmosfera. Il fronte della carta presenta una raffigurazione della divinità e le statistiche di gioco necessarie, mentre il retro riporta il nome con una descrizione più approfondita del mito che la circonda. Messe da parte le divinità troviamo nelle varie carte di gioco la stessa cura, con una descrizione dell'effetto e, quasi sempre, un estratto dai racconti di Lovecraft.
Ultima nota sulle illustrazioni, ma non certo la meno importante, la plancia di gioco. Questi rappresenta Kingsport, con in evidenza i luoghi essenziali in cui propagare il nostro culto. Ogni luogo è rappresentato sulla plancia con una bella immagine evocativa, con le icone che descrivono le risorse necessarie a far “attecchire” il culto e la ricompensa in punti vittoria che si ottengono una volta raggiunto l’obiettivo. I luoghi hanno anche degli effetti speciali, che sono riportati su tasselli a parte. Questi hanno su un lato l'immagine dell'edificio, e sull'altro la descrizione dell'effetto.
Il comparto visivo del gioco ci appare quindi veramente notevole, le illustrazioni sono tutte di alto livello e gli approfondimenti di ambientazione sono piacevoli da leggere e non appesantiscono durante la partita.
Proprio a causa di questa ricerca dell'eccellenza però ci sono alcuni aspetti che, in un contesto di minore qualità, sarebbero forse passati in secondo piano mentre qui risaltano. Ad esempio le carte delle divinità riportano sul fronte, in testo bianco su fondo scuro, il nome dell'illustratore e il numero progressivo della carta. Queste informazioni non servono al gioco e rischiano di impattare negativamente sull'atmosfera.
Allo stesso modo, sempre i tasselli delle divinità, sul fronte non riportano il nome della stessa. Le illustrazioni sono molto belle e caratteristiche ma, a meno che il giocatore non sia veramente fanatico del genere, è difficile riconoscere a colpo d'occhio le divinità, tant'è che durante la nostra partita tendevamo a dire "influenzo l'11" piuttosto che "influenzo Dagon". Le locazioni soffrono di un problema similare, il lato con l'illustrazione presenta il nome dell'autore e il numero di serie, mentre le informazioni utili al gioco sono sul lato di testo. Ponendo i tasselli sulle relative locazioni si nascondono le illustrazioni, rendendo in parte vano l'averle realizzate e, come detto, è un peccato proprio per l'eccellenza delle stesse.
Veniamo ai meccanismi di gioco. Dopo aver scelto il proprio colore, la partita inizia con i giocatori che collocano i propri marcatori nella locazione centrale, la Dimora. Si giocano dodici turni, ogni turno è diviso in sei fasi:
1) Gerarchia: si lanciano i dadi, chi ottiene il punteggio più basso è il primo giocatore.
2) Invocazione: i giocatori, a turno, piazzano i loro dadi sulle divinità, il valore della somma dei dadi deve corrispondere alla posizione della divinità. Notare che il Faraone Nero accetta qualsiasi valore, anche da diversi giocatori!
3) Concessione: le divinità ricompensano i giocatori che le hanno invocate con risorse, magia, incantesimi o punti vittoria, spesso pretendendo in cambio la Sanità mentale dei cultisti!
4) Propagazione: i giocatori possono spendere le risorse (Male, Morte e Distruzione) per propagare il proprio culto nelle varie locazioni di Kingsport, queste hanno un'abilità speciale e, di solito, una ricompensa in punti vittoria.
5) Incursione: in alcuni turni, dipendenti dallo scenario, gli investigatori si fanno vivi per cercare di fermare l'opera dei cultisti. I cultisti possono usare gli incantesimi e i bonus dei luoghi che controllano per fermare questi stolti. Se i cultisti riescono a fermare gli investigatori ottengono una ricompensa, mentre quanti hanno fallito dovranno cedere risorse, punti vittoria, o peggio ancora le locazioni guadagnate.
6) Tempo: si sposta l'indicatore dei turni.
La sfida tra i cultisti consiste quindi nel saper piazzare intelligentemente i risultati dei propri dadi sulle divinità in grado di soddisfare i proprio intenti, ma anche nell’investire le risorse ottenute scegliendo la locazione giusta al momento giusto, sempre tenendo d’occhio l’operato degli avversari e senza dimenticare le eventuali condizioni dettate dallo scenario.
Dopo dodici turni la partita finisce, e chi ha ottenuto il maggior numero di punti vittoria, banalmente, è il vincitore. Notare che, se lo scenario lo prevede, può esserci in gioco una carta Festival, che introduce una ricompensa in punti vittoria dipendente da fattori casuali, rendendo quindi più imprevedibile il finale.
Vediamo quindi quali sono le nostre impressioni a caldo dopo questa prima passeggiata tra le nebbiose vie di Kingsport. A causa del nostro background di giocatori è stato inevitabile per noi paragonare questo titolo al famosissimo Kingsburg, con cui Kingsport Festival condivide (oltre che uno dei designer) la meccanica principale, ovvero il lancio dei dadi per ottenere risorse. L'impressione è che Kingsburg sia stato sicuramente una fonte di ispirazione, ma il risultato finale è ben diverso. Il gioco infatti ha una sua precisa identità, dove ci sono delle innegabili similitudini c'è anche un distinto feeling e un diverso livello di complessità, probabilmente non tanta da farne un gioco solo per hard gamer ma che sicuramente lo distanzia dal quell’esperienza gateway che può essere Kingsburg. La scelta di introdurre incantesimi e il fatto che le divinità difficilmente regalino qualcosa ma piuttosto si fanno "pagare" in Sanità mentale, aggiungono un ulteriore livello di immersione e di scelte critiche con cui fare i conti. Altra grossa differenza è rappresentata dalla plancia con i luoghi (e i relativi effetti): in Kinsburg ognuno aveva la sua plancetta, qui invece è comune, con un diverso sviluppo in base alle locazioni in cui si vuole propagare il proprio culto. Anche lo svolgimento della partita, nello specifico la divisione delle fasi, ha avuto una netta evoluzione, il sistema proposto in Kingsport è ben più chiaro e facile da gestire.
Altro elemento che differenzia parecchio questo gioco dal suo progenitore medievale è dato dalla presenza degli scenari, grazie ai quali si ottiene un'esperienza diversa ogni partita. Insomma, per quanto fossimo assolutamente consci del legame tra Kingsport Festival e Kinsburg, ci abbiamo messo pochissimo a dimenticarlo e a calarci nei panni di famelici cultisti a caccia di potere.
Infine, un’osservazione a parte la merita un'altro aspetto del gioco che probabilmente non abbiamo compreso appieno, ovvero la modularità dei componenti. Le tessere degli Antichi Dei sono separate dalla plancia principale, le locazioni hanno gli effetti speciali scritti su tasselli separati… Tutto questo suggerisce la possibilità di set alternativi, di locazioni con diversi effetti, o altre Divinità dall'enorme Pantheon Lovecraftiano. Peccato però che nel gioco base tutto questo non venga sfruttato granché, rimanendo relegato a un "sistemate le tessere come meglio si adattano al vostro tavolo" che lascia piuttosto delusi.
Sicuramente, in occasione di Lucca Comics & Games chiederemo maggiori lumi alla squadra di Sir Chester Cobblepot. Inoltre vi segnaliamo che proprio a Lucca, come di consueto in occasione die lanci dei prodotti, verrà regalata a chi acquisto il gioco la carta promo "Il Terribile Vecchio".
Ma per un’analisi ben più approfondita su Kingsport Festival e per conoscere le risposte ai nostri primi dubbi, dovrete attendere l’esito dei nostri prossimi test e la conseguente recensione!
Ammesso che abbiate il coraggio di leggerla…