martedì 5 Novembre 2024

L’ululato del Coyote… Press! – Intervista a Davide Losito

Per seguire le tracce dei Coyote Press abbiamo scelto come guida Davide Losito, da noi intervistato nel suo triplice ruolo di italico game designer, instancabile evangelist associativo e figura di spicco di questa particolarissima realtà editoriale.

Davide ha una storia ludica lunga, che risale ai primi esordi del GdR new wave in Italia. Si è impegnato in associazioni locali e nazionali (tra cui il noto Flying Circus), è stato cofondatore del gruppo NuTS (caratterizzato dalla missione di essere playtester GdR), è l’autore di “Elar” (apprezzato GdR italiano di ambientazione steampunk) ed è oggi anche consigliere e tesoriere di Coyote Press. Incarico impegnativo ma sicuramente di non eccessivo prestigio economico visto che Coyote Press è forse una delle realtà editoriali italiane più orientata al proselitismo ludico-culturale, anche a scapito del business vero e proprio!

Gioconomicon: Ciao Davide! Innanzitutto, grazie per questa intervista!
A due anni e mezzo dalla nascita di Coyote Press, quali considerazioni puoi trarre da questa esperienza?
Davide Losito: Ciao Riccardo, grazie a te e complimenti per l’ottimo sito: la nuova versione di Gioconomicon è molto moderna e leggibile… e te lo dico da professionista del web!
Dopo due anni di lavoro ludico con Coyote, direi che sono molto contento di avere preso la decisione di farne parte e di avere collaborato con tutte le realtà italiane del GdR – editori, organizzatori di eventi e soprattutto appassionati – nell’ottica di supportare e divulgare il gioco in ogni sua forma: dall’aspetto più tecnico editoriale a quello sociale e aggregativo, che di fatto è una mia e una nostra priorità.

GN: Come si integra la vostra attività di casa editrice con quella di associazione culturale?
DL: Ne è direttamente subordinata. Coyote Press è in primo luogo un’associazione culturale per la divulgazione del gioco intelligente e sfrutta l’editoria come uno dei canali di divulgazione del gioco di ruolo… e non, dato che abbiamo prodotto anche un gioco di carte (non collezionabili) e abbiamo in cantiere dei giochi da tavolo.
Rispetto ad altri siamo molto più presenti sul territorio e partecipiamo a tutte le Convention e fiere che riusciamo, a volte anche a discapito della visibilità commerciale, ma preferiamo lavorare “sulla base” piuttosto che presentarci come concorrente di mostri sacri del calibro di Stratelibri o Asterion.

GN:  Quali previsioni ti senti di fare sul futuro del GdR in Italia? Pensi che il gioco di ruolo new wave  possa donare una seconda giovinezza a un settore che sembra soffrire di una certa contrazione?
DL: Decisamente sì. I giochi new wave sono in grado di venire incontro a specifiche richieste di gioco proprio perché tendono a “focalizzarsi” e quindi a essere tematici o comunque meno dispersivi.
Il fatto che questo tipo di approccio sia vincente lo si vede dal successo che negli stati uniti stanno avendo i giochi basati sul sistema Fate, come Dresden Files, che è un gioco new wave, ma di ampio respiro, in grado di soddisfare anche i tradizionalisti.
Credo che il tipo di esperienza normalmente associata ai giochi che fanno riferimento al classicismo di D&D sia ormai appannaggio dei MMORPG e dei videogiochi in generale, specialmente con le nuove tecnologie di comunicazione che permettono partite in rete anche con le console.
Il GdR dovrebbe di conseguenza proporsi come “alternativa” totale, ossia fornire un tipo di esperienza ludica alternativa.
 
GN:  Tra gli editori italiani di GdR new wave voi siete gli unici ad aver pubblicato titoli di autori italiani… e tutti gli altri vostri titoli sono di origine inglese.  Come spieghi questa vostra vocazione “europeista”?
DL: La scelta di concentrarsi sui giochi inglesi deriva da due fattori. Il primo è storico: Coyote Press ha iniziato la sua attività traducendo e pubblicando Covenant, che è un gioco britannico. Di conseguenza Matt (l’autore) ha iniziato una sorta di passaparola, quindi il nostro nome si è diffuso nell’ambiente del Collective Endevour (il forum a cui fanno capo gli autori inglesi), rendendo le comunicazioni più facili in quella direzione.
Il secondo è il frutto di una scelta editoriale precisa, ossia evitare a ogni costo qualsiasi scontro diretto con Janus e Narrattiva, che invece si erano subito diretti verso gli autori statunitensi. Farsi la guerra a colpi di percentuali sui diritti d’autore sembrava stupido (e costoso…) e dato che ci sono giochi stupendi anche in Europa, la scelta è parsa subito ideale.
 I giochi italiani attualmente pubblicati da Coyote Press invece sono i “nostri”, ossia scritti da me e da Iacopo Frigerio (con l’aiuto prezioso di Alessandro Temporiti e altri). La nostra attenzione verso i giochi prodotti in Italia fa parte degli interessi associativi e uno dei punti fermi della nostra presenza sul territorio è quello di fornire “playtest” a chi sta scrivendo un gioco di ruolo in Italia. Sappiamo per esperienza diretta che trovare persone disposte a provare giochi in via di sviluppo è forse l’aspetto più difficile nella produzione di un GdR.
Per questo ci rendiamo sempre disponibili a fornire il nostro supporto e la nostra esperienza in materia. Siamo in contatto con un paio di persone che stanno lavorando bene e può essere che a breve ci sia un terzo titolo italiano nel nostro catalogo.

GN:  Ancora sul vostro catalogo… a chi sono maggiormente indirizzati i vostri giochi? Innocenti neofiti o giocatori incalliti annoiati dai sistemi tradizionali?
DL: Sinceramente? Non mi sono mai posto questo problema. L’esperienza fatta nel Flying Circus ci ha insegnato che non esiste un vero target per il Gioco di Ruolo. Esistono target per il “GdR tipo D&D”, per il “GdR horror”… insomma, mi sono fatto l’idea che non sia l’attività del GdR in sé a dover trovare acquirenti, ma il singolo gioco.
I nostri sono giochi che piacciono ad entrambe le categorie che hai definito. Sappiamo che ci sono persone che hanno iniziato a giocare di ruolo perché hanno provato un nostro gioco o uno di quelli di Janus e Narrattiva; e parlo sia di persone che non conoscevano i GdR, sia di persone che hanno sempre evitato il GdR.

GN:  La vostra politica dei prezzi sembra molto attenta al loro contenimento, pur offrendo prodotti di notevole qualità. Si tratta di una scelta precisa? E da cosa è dettata, considerando il fatto che per un piccolo editore non deve essere una scelta facile da sostenere?
DL: È una scelta precisa. Noi siamo un’associazione culturale e la nostra finalità è la diffusione del gioco intelligente. Crediamo molto nel fatto che il prezzo sia un fattore importante nella diffusione di un’attività così specifica. Mi ricordo che vent’anni fa, quando ho iniziato a giocare di ruolo, se i manuali fossero costati anche il 20% in meno, li avrei comprati tutti.
Mi immagino che anche ora, soprattutto nella fase di crisi in cui siamo tutti, avere prezzi più bassi può fare la differenza per chi acquista. Considerato anche l’enorme numero di pubblicazioni che mettiamo in campo tutti in un anno, tenere prezzi contenuti è anche il nostro modo per venire incontro agli appassionati e ai collezionisti.
Oltre a questo, crediamo che attualmente il GdR viva sugli eventi come InternosCon, EtrusCON, GnoccoCon e ArCONate, che sono le convention nazionali specificatamente dedicate al GdR. Poter partecipare a questi eventi è importante, quindi se rinunciando a 5 euro di guadagno su un libro, riesco ad avere 3 o 4 giocatori in più nel circo delle convention, ho raggiunto uno degli scopi associativi.

GN:  Come autore e come editore italiano… quanto pensi che la nostra scena sia debitrice (se non addirittura subalterna) alla scena new wave estera, soprattutto americana?
DL: Risposta difficile perché usi un termine controverso. Tecnicamente parlando, se si accetta la definizione di “new wave” che ha dato il vostro Hasimir, anche On Stage! è un new wave. E On Stage! è uscito prima che The Forge si sviluppasse, quindi la “nostra” scena (o meglio: la scena nostrana…) sarebbe parallela. Se oltre a On Stage! prendiamo in considerazione anche tutta una serie di sperimentazioni italiane degli anni 90 che non hanno mai raggiunto “l’onore editoriale”, il panorama diventa ancora più complesso.
Se invece per new wave si intende un’approssimazione di terminologia che identifica tutti i giochi che sono stati influenzati da The Forge e dalle teorie di Edwards, Baker e Czege, allora la risposta è diametralmente opposta e siamo interamente debitori del loro lavoro, delle loro teorie e dei loro sforzi.
Non è un caso che molti esponenti e appassionati di GdR “moderni” italiani siano fortemente polemici con il termine new wave.

GN:  Perché, secondo te, noi italiani preferiamo lavorare su scenari e ambientazioni perlo più vicini all’immaginario fantasy americano, lasciando che siano gli autori americani a fare man bassa della nostra storia europea e, in particolare, italiana?
DL: Credo sia una concausa di fattori. Da un lato gli italiani sono sempre stati esterofili, dall’altro siamo bombardati di fiction americana da decenni e quindi i “modelli” che si fissano nell’immaginario delle persone sono quelli.
Altro fattore è il concetto dell’esotico. Per un americano, il nostro risorgimento è “esotico”. Per noi è “il programma di storia della quarta superiore”.
Oltretutto, a parte poche mosche bianche, la fiction e la produzione letteraria e televisiva italiana sa essere davvero squallida. Se devo produrre un setting alternativo per Esoterroristi, mi ispirerò a programmi di successo come CSI o a… RIS?
Personalmente sto lavorando a un nuovo gioco ispirato all’Orlando Furioso e il manuale conterrà consigli e istruzioni per ambientare le partite durante le Crociate, oppure durante i fatti narrati da Dumas nel ciclo dei Moschettieri.

GN:  Di “Elar”, uno dei vostri due titoli italiani, si dice spesso che è un bel gioco ma richiede una esperienza di un certo respiro per dare il meglio di sé. Come mai questa scelta quando i titoli one shot sembrano essere più graditi dal pubblico?
DL: Per andare controtendenza!
Battute a parte, Elar è un gioco che vuole riproporre il suo “color” anche nelle regole e anche nel manuale stesso. Dato che parla di un mondo fermo ad un’epoca vittoriana steampunk, anche certe procedure di gioco sono state calibrate per essere… una sorta di “orologio”. Anche la scelta di usare le carte è dettata dal fatto che in una ipotetica sala da te vittoriana, nessuno si sarebbe messo a far rotolare dadi rumorosi su tavolini in stile liberty.
A questo si aggiunge la mia personale ricerca, e il tentativo di tradurre in procedure di gioco alcune caratteristiche narratologiche ben precise. Il sistema dietro a Elar nasce come strumento per la narrazione condivisa, quindi deve poter dare a ogni giocatore, in ogni momento, la capacità e la possibilità di inserire contributi di gioco che siano proficui per tutti, per gli altri giocatori e per la storia stessa.
Per “proficuo” intendo qualcosa che è contemporaneamente bello da vedere e soprattutto utilizzabile all’interno dello stesso sistema che l’ha prodotto.
La cosa che lascia più perplessi all’inizio è la presenza delle due fasi alternate, il Framing e il Paragrafo, con i due rispettivi sistemi di gestione dei contributi di gioco.
Nello specifico il Framing risulta poco immediato perché i giocatori pensano di dover “lottare” per imporre i loro “Frammenti Narrativi”, mentre invece questa meccanica serve solo a distribuire i contributi e creare una rete di spunti, alcuni dei quali andranno sulle schede dei personaggi e altri rimarranno sulla scheda della storia, ma nessuno andrà perduto.
Di fatto è un’evoluzione delle fasi di pitch che si trovano in giochi come Avventure in Prima Serata, Covenant, Hot War, Solar System. Invece di lasciare che tutti aggiungano contributi che poi magari rischiano di non essere mai presi in considerazione, in Elar ogni contributo trova un posto e quindi un utilizzo.
Io credo anche che il gioco di ruolo, in quanto attività “esplorativa” e creativa, viva anche del piacere di scoprire nuove possibilità di gioco da uno stesso regolamento e quindi una certa curva di apprendimento può, secondo me, aumentare la longevità di un gioco.
Chiaramente Elar non è pensato specificatamente per le one shot, sebbene sia perfettamente in grado di supportare partite che si chiudano in una sera, ma vuole essere un gioco di media durata, che porti i giocatori a sviluppare le tematiche scelte per i personaggi e per il loro “Racconto”, attraverso l’uso di procedure che consentono di aprire parentesi dedicate a uno o all’altro protagonista, senza compromettere l’attenzione e il divertimento degli altri giocatori e soprattutto, senza lasciarli “in pausa”.

GN:  Ci puoi anticipare qualche vostra prossima novità editoriale?
DL: Hot War. Doveva uscire per Play, questo marzo, ma ci teniamo troppo per permetterci anche errori minimi, quindi abbiamo rimandato e sarà ufficialmente presentato a Lucca 2011.
È uno dei miei giochi preferiti, sia per il setting, sia per il sistema. Ambientato in un mondo alternativo al nostro, dove la crisi della Baia dei Porci a Cuba, nel 1963, esplode e fa iniziare il terzo conflitto mondiale.
In questo mondo però, la corsa agli armamenti non ha interessato soltanto la tecnologia nucleare, ma si è interessata anche di scienze occulte ed esperimenti al limite del magico. Nel mondo di Hot War, gli scienziati nazisti della seconda guerra mondiale hanno fatto esperimenti che andavano ben oltre le leggi della fisica e la guerra fredda ha visto le superpotenze lottare in silenzio per accaparrarsi scienziati e progetti di questa che viene chiamata Tecnologia Deviata.
Esploso il terzo conflitto mondiale, qualcuno ha pensato bene di utilizzare questa tecnologia nello scenario bellico, dando il via a una catena di eventi che porterà l’Inghilterra a bombardare il suo stesso territorio con le testate nucleari nel tentativo di fermare le creature immonde che la stanno attaccando.
Il gioco ha inizio nell’inverno del 1963, dopo il bombardamento e dopo l’invasione di Londra da parte dell’esercito Sovietico, giunto fino alle porte della capitale grazie a sistemi di trasporto basati sulla loro versione della Tecnologia Deviata.
Durante le partite di Hot War i giocatori interpreteranno gli agenti di un corpo speciale, lo Special Situation Group, che si sta impegnando a ripulire Londra dagli avanzi della guerra. L’SSG è un corpo speciale partecipato da più enti governativi e non-governativi, quindi carico di tensioni e di scontri interiori.
I giocatori esploreranno le relazioni che si creano nella squadra, durante le missioni, mettendo in contrasto gli Obiettivi Nascosti di ognuno e le varie priorità che emergeranno dal gioco stesso.
È un gioco molto intenso che propone scenari simili alla famosa serie TV “Fringe”.

GN:  La presenza sul web di Coyote Press è in questo momento un poco di basso profilo. Una necessità o solo una congiuntura temporanea?
DL: Una necessità derivante da una congiuntura temporanea. Le cose stanno cambiando e stiamo per mettere online la nuova versione del sito, che sarà aggiornata e fornirà contenuti a supporto dei nostri giocatori. Non abbandoneremo però il blog, che sarà il nostro canale di comunicazione principale.
Avendo scelto di essere molto presenti sul territorio, purtroppo ci rimane poco tempo per la comunicazione via web, fatta eccezione la partecipazione ai forum, che però vedo più come estensione dell’attività “da convention”, che una vera e propria presenza “online”.

GN:  Ci sarà una nuova edizione di ArCONate? Questi eventi quanto influiscono sulla diffusione dei vostri giochi?
DL: Sì, sempre a dicembre, intorno al ponte dell’Immacolata. L’ultima edizione dell’ArCONate è stata un successo e contiamo di migliorare ancora, anche perché è il solo evento milanese di questo tipo, dove si possono provare e far provare giochi di ruolo in un ambiente molto attento e ricettivo alle novità.
Sicuramente sono eventi che contribuiscono alla diffusione dei nostri giochi, sia direttamente, sia indirettamente perché capita che le persone che partecipano poi si appassionino a uno o all’altro gioco e poi organizzino demo e partite in altri eventi vicini a casa.
È successo sia con Elar, sia con Ravendeath, l’altro gioco italiano di Coyote, incentrato sulle storie di vendetta come Kill Bill o il Corvo.

Si conclude così questa lunga chiacchierata con Davide Losito, che ringraziamo per la disponibilità facendogli tre volte auguri: come game designer, come editore e, soprattutto, come divulgatore del gioco intelligente!

Le foto degli eventi sono di Giulia Barbano e Niccolò "Domon" Ricchio.

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