Temevamo di rimanere delusi dall’incontro dal vivo con Ron Edwards, il guru di The Forge e uno dei teorici più lucidi e trascinanti della nuova ondata dei GDR indie… ma non è stato così! A InterNosCon Ron risulta esattamente come ce lo aspettavamo, forse di più. Appassionato, generoso e disponibile ma anche logorroico e dispersivo, sebbene le sue digressioni presentino sempre interessanti spunti di riflessione e stimolo. Abbiamo subito capito che intervistarlo non sarebbe stato facile, nel senso che l’elementare regola “domanda-risposta” con lui non funziona! Ci siamo quindi fatti in parte trainare dalla sua parlantina, in parte abbiamo cercato di ricondurlo nell’alveo prestabilito… e alla fine è venuta fuori un’intervista di oltre un’ora (che vi consigliamo di sentire in audio da qui!) in cui si parla di lui, del suo lavoro autoriale, della sua funzione di mentore di The Forge, e riceviamo anche qualche anticipazione interessante sui suoi prossimi progetti… digressioni permettendo!
Con Ron ci siamo inseguiti a InterNosCon per due giorni, e alla fine è stato solo a mezzanotte del sabato che siamo riusciti a iniziare l’intervista, strappandolo ai suoi molteplici impegni di conferenziere-gueststar-gamedesigner-dispensatorediconsigli-eccetera! L’ora tarda, oltre a giustificare la mia voce impastata da rocker, spiega anche un certo appannamento nella solita verve umoristica del nostro. Iniziamo infatti con una domanda per partire in leggerezza (“quale motivazione spinge uno stimato professore di biologia verso il mondo del GDR? Arrotondare lo stipendio?) alla quale inaspettatamente Ron risponde invece con molta serietà: ha iniziato a giocare di ruolo molto presto e già nel corso dei suoi studi universitari il suo lavoro di riflessione su questo mondo era partito; per questo afferma con orgoglio di essere semmai “un giocatore che è diventato un professore”!
Anche il suo approccio alle scienze biologiche è debitore di questa impostazione, essendo basato su un sistematico “abbattimento dei confini” tra le diverse discipline allo scopo di analizzare i suoi interessi scientifici sotto tutti i punti di vista (nella tipica visione a 360 gradi del role gamer).
E passiamo alla sua carriera di innovatore nel mondo dei GDR, che scopriamo essere iniziata con un insuccesso autoriale! Infatti, fu proprio dopo che un suo modulo per Cyberpunk venne rifiutato dalla Talsorian, che Ron iniziò a riflettere sul fatto che i vincoli tipici di ogni casa editrice (preservare il proprio parco autori, pianificare le uscite e le serie narrative, gestire budget limitati, ecc.) non potevano offrire lo spazio ad accogliere quella spinta creativa di una comunità di giocatori che generava quantità sempre più sterminate di contribuiti. A questa riflessione si aggiunsero anche le numerose testimonianze di amici e conoscenti che operavano come freelance nel settore del fumetto e che conducevano tutte alla stessa conclusione: qualsiasi editore, che fosse mainstream o indipendente, non faceva altro che proporre e far accettare contrati capestro!
Fu così che, nel momento in cui ebbe tra le mani la versione definitiva di Sorcerer, il suo primo gioco, Ron capì che la sola strada possibile era diventare editore di sé stesso. Per fare questo non poteva che lavorare con la distribuzione digitale e ciò rese la scelta del canale Internet quasi naturale.
Sorcerer fu anche l’occasione per creare intorno a questo gioco una comunità online, dove Ron condivideva scelte e idee con altri appassionati che alla fine coagulò intorno al progetto The Forge.
Le aspettative intorno a The Forge erano inizialmente piuttosto limitate.
Lo stesso Ron si aspettava un seguito che non avrebbe superato il centinaio di persone, dato che il taglio particolare dei contributi, pensava, non avrebbe interessato altro che quei pochi maggiormente attenti agli aspetti autoriali del GDR.
Anche le aspettative di vendita di “The Sorcerer” di Ron erano piuttosto modeste… avrebbe considerato già un enorme successo la vendita delle circa seicento copie stampate!
Il primo a stupirsi del successo fu quindi proprio Ron, che confessa di aver controllato ben poco della crescita di The Forge.
Le dimensioni del fenomeno gli divennero più chiare durante l’edizione 2002 della GenCon quando, preso un piccolo stand per il secondo anno, si trovò letteralmente assediato da un numero impressionante di lettori di The Forge, che seguivano, con inaspettato interesse, quanto lui e gli altri autori si scambiavano attraverso il forum.
Fu questo il momento in cui sentì il bisogno di prendere il controllo, con il chiaro obiettivo di indirizzare le discussioni, canalizzare le spinte e valorizzare i contributi in modo da innalzare sempre più il livello del dibattito e migliorare la qualità complessiva dei contenuti.
Una scelta operata con molta lucidità che passò attraverso la definizione (e l’imposizione) di standard di dialogo che fossero in grado di elevare realmente il livello delle riflessioni e delle analisi operate sul forum. Fu questo che rese Ron la guida indiscussa di The Forge.
Rispetto alla tipologia di GDR trattata su The Forge, Ron ne contesta la definizione di “nuova tendenza”, anzi precisa che secondo lui questi giochi si rifanno molto di più ai giochi di ruolo delle origini (quelli dei primi anni settanta) di quanto non facciano titoli considerati “tradizionali” come Shadowrun o Dragonlance.
Ma tutto questo interesse, per lui non è affatto un segnale dell’affacciarsi di una nuova età dell’oro per il gioco di ruolo, di un nuovo periodo in cui nuove orde di giovani si dedicheranno perdutamente a questa forma di intrattenimento!
Niente di tutto ciò… anzi sottolinea che il pubblico interessato a questi titoli è composto in gran parte da giocatori confermati, rimasti affascinati dalle opportunità offerte da questa nuova tipologia di GDR, di cui probabilmente sentivano la mancanza sia a livello intellettuale che esperienziale. Un’altra parte di questo pubblico è formata da coloro che sono “socialmente attratti” dalla pratica di gioco messa in atto da altri giocatori ma che si limita ad assistere, trovando troppo impegnativo partecipare direttamente alle sessioni. È in particolare verso questa seconda fascia di pubblico che Ron afferma di voler concentrare la sua attenzione.
Nel corso di questi anni Ron, insieme a tutta The Forge, ha contribuito alla definizione di molti dei pilastri teorici e pratici su cui si basano le fondamenta del GDR di questi ultimi anni: la centralità del sistema delle regole, il ridimensionamento del ruolo del Master, la rapidità d’uso di un gioco, l’abbassamento delle soglie di accesso, sono solo alcuni esempi di questo tipo di contributi. Rispetto a tutto ciò Ron ci tiene comunque a precisare che i risultati conseguiti dal GDR indie sono il frutto del contributo suo e di molti altri autori. E spiega questo fenomeno rivoluzionario cosi…
Lui ritiene che si debba partire dalla considerazione realistica che l’industria ludica non ha praticamente fatto ricco nessuno (a parte rarissimi casi). Accettato ciò, non rimane che considerare tutto questo semplicemente come un ”hobby market”, e prenderlo per quello che è: un settore creativo in cui si opera per pura passione e in cui proprio per questa autonomia ci si può permettere di proporre idee realmente innovative. Nel suo caso, poi, ci confida che anche nel suo contesto familiare tutto ciò è possibile perché la pratica del gioco viene vissuta dalla sua famiglia come una delle rare occasioni in cui riesce a restare in casa, con la moglie e le sue tre bambine.
Questo può suonare paradossale a molti, ma va considerato che, oltre che per la sua attività di professore universitario, Ron è spesso in giro anche per il suo costante impegno con diversi gruppi di attivisti politici.
Questa impegno sociale si riflette in un’altra interessante caratteristica del lavoro autoriale di Ron: la scelta di temi, che pongono questioni spesso molto crude e realistiche.
È così, per esempio, nella serie Story Now, una (prevista) pentalogia di cui i primi due titoli (già usciti o quasi!) trattano uno storie di spie e trame nella Berlino della guerra fredda (Spione) e l’altro il dramma della guerra vissuto dalla popolazione civile sotto i bombardamenti di Beirut (Shahida). Ma anche su questi temi Ron è molto chiaro e disincantato: prima di qualsiasi impegno civile, la sua ispirazione parte dal gioco e solo dopo, su questo, si costruisce un discorso o una teoria… non esiste nessuna “preparazione a tavolino”.
E mentre Shahida è ancora in playtesting (a InterNosCon è stata distribuita una limitatissima versione ashcan) abbiamo chiesto a Ron di anticiparci i temi del terzo titolo della serie.
Otteniamo così una risposta possibilista su un periodo storico che lo appassiona particolarmente: la rivolta statunitense degli anni settanta, che lui considera l’unico e solo momento rivoluzionario americano dell’epoca moderna! In questo periodo dovrebbe anche coinvolgere l’intervento dei cubani in America latina e i loro rapporti con l’Africa.
Ma sui suoi piani futuri Ron non è così sicuro. Ci racconta che nel 2006 era ormai convinto di aver concluso la sua spinta creativa, e invece si è trovato a scrivere ancora con passione e originalità.
Arrivando al punto che nel periodo in cui avrebbe dovuto concludere Shahida ha invece iniziato a lavorare su tre nuovi sistemi di gioco diversi, e si è dedicato alla scrittura di una serie di articoli anche molto discussi, come il pezzo in cui propugna la necessità di “andare nudi” a giocare di ruolo, sia in termini letterali che metaforici, considerando importantissima la pratica di affrontare il gioco in maniera scevra da ogni preconcetto personale o ideologico.
Rispetto al contesto attuale, Ron si dichiara convinto che ormai il GDR indie non è più il fenomeno sotterraneo di un tempo: la sua stessa diffusione nei negozi specializzati ne comprova lo sdoganamento verso il pubblico dei giocatori (pur rimanendo ovviamente in un settore di nicchia).
Lo stesso The Forge ha perso il suo ruolo di “faro nella notte”, ormai affiancato da una vasta serie di esperienze locali assimilabili (per l’Italia, Ron cita il forum di Gente Che Gioca).
Per questo, proprio su The Forge è stata recentemente lanciata l’iniziativa “Winter is coming!” che ha portato alla chiusura di parte degli accessi al sito in modo da far entrare nuovi contribuiti e nuove spinte allo scopo di rivoluzionare i flussi creativi del forum, diventati ormai un po’ stagnanti.
Rispetto all’introduzione di nuovi giocatori al GDR indie, il consiglio di Ron agli “esperti” è di rispettare lo stile naturale dei nuovi venuti e di introdurli attraverso alcuni dei titoli che meglio possono essere apprezzati per la semplicità e la solidità dei loro sistemi, come è il caso di “Avventure in prima serata” o “La mia vita col padrone” o meglio ancora “Kagematsu” per il suo approccio al gioco soprattutto attraverso l’attività pratica.
La speranza di Ron (che è anche una esortazione!) è che ci siano presto titoli di autori italiani da poter consigliare… e su questo si dichiara particolarmente confidente, anche alla luce di quello che ha potuto verificare personalmente!
L’ultima domanda riguarda il potenziale ruolo del GDR nel miglioramento del giocatore come persona. Ron dice di sentirsi lui stesso, in parte, rappresentante di quella schiera di autori che disegnano giochi di ruolo con intento anche pedagogico.
Ma come per gli strumenti musicali, che possono migliorare le persone solo in funzione dall’uso che ne viene fatto, anche i giochi di ruolo non possono che essere strumenti, primariamente concepiti per offrire divertimento e contribuire alla gioia di vivere delle persone.
Rispetto al fatto che la pratica di un gioco possa migliorare le persone, la considerazione ultima di Ron è, comunque, “io spero che la risposta sia sì!”
La traduzione dell’audio intervista (disponibile qui) è di Andrea Vigiak.