Dopo aver attraversato turno dopo turno il periodo antico e quindi il Medioevo, continuiamo questa nostra guida introduttiva ai giochi storici. Immaginate ora di andare in guerra, ma immaginate anche di essere una persona importante, con buone disponibilità economiche. Quindi scenderete in campo dotati del migliore equipaggiamento disponibile: una cotta di maglia o magari anche una bella corazza a piastre con tanto di elmo, una lancia e una spada di pregiata fattura, un solido scudo e – ovviamente! – almeno un paio di cavalli da guerra. Il tutto decorato dallo stemma della vostra famiglia, temuto e rispettato da generazioni.
Arriva il giorno della battaglia, vi ritrovate fianco a fianco a tanti vostri pari in una bella schiera di cavalleria. Ecco, il segnale!
Abbassate le lance, afferrate le redini, e via di speroni! Siete lanciati alla carica, pronti a travolgere chiunque si pari sul vostro cammino, sicuri che nulla potrà mai fermarv… e dalle linee nemiche ecco arrivare prima come dei rombi di tuono e poi una fitta pioggia di palle di metallo sbucate chissà da dove, che si abbatte su di voi, falcia i vostri compagni e infine vi colpisce perforando senza troppa difficoltà la vostra costosa armatura. Anche il cavallo è stato colpito, precipitate rovinosamente a terra… e l’ultima immagine che vedete – che onta! – è quella di uno zotico soldato di fanteria con in mano uno strano aggeggio fatto a forma di tubo, ancora fumante, che si para davanti a voi.
Tutto ciò perché siete entrati nel Cinquecento e nel Seicento. È quello che gli anglosassoni definiscono Renaissance, estendendo un po’ il concetto di Rinascimento (che in Italia è cominciato un po’ prima… se non altro perché l’abbiamo inventato noi!). Un’epoca in cui la guerra cambia, perché la fanteria ritrova nuove difese nelle formazioni in ordine chiuso, nelle lunghe picche rispolverate dai tempi delle falangi di Alessandro, nonché ovviamente nella nuova, grande scoperta: la polvere nera.
Queste tre grandi rivoluzioni belliche, ciascuna a suo modo e in egual misura, mutano radicalmente il volto della battaglia. Gli eserciti si ingrandiscono e diventano più stabili, si moltiplicano i contingenti mercenari costituiti da combattenti specializzati e non da semplici leve feudali o cittadine, la cavalleria non domina più gli scontri e, non più limitata quasi esclusivamente al semplice scontro frontale, la tattica militare riscopre l’arte della manovra, dell’addestramento formale delle truppe, della gestione accorta delle proprie risorse logistiche.
È un modo di guerreggiare più complesso, ma affascinante, un periodo di passaggio in cui frammenti dell’antichità riemergono per convivere con anticipazioni della modernità successiva. Ugualmente affascinanti sono i giochi di simulazione che rievocano tali scontri: vediamone alcuni, capaci di introdurvi a un periodo forse poco frequentato nel campo del wargame, ma davvero ricco di sorprese.
Serie Crossbows and Cannon, Royalists and Roundheads (3W)
Ci sono molti autori di wargame che meriterebbero una fama maggiore di quella che in effetti hanno, sia per i loro meriti che per la semplice quantità di titoli che hanno sfornato nel corso degli anni. Uno di questi è senz’altro Rob Markham che forse non ha mai brillato per particolare originalità di stile ma che, simile al mediano di una squadra di calcio, ha sempre fatto il suo onesto lavoro producendo numerosi giochi e sistemi che ancora oggi risultano validi e godibili.
Tra le sue creazioni, spiccano senz’altro le grandi serie da lui realizzate per la 3W ededicate al Medioevo (Age of Chivalry, The Black Prince, Henry V, Crusades I e II) ma anche, per l’appunto, alle guerre del Cinquecento (Crossbows and Cannon I e II) e alla Guerra civile inglese del 1642-1651 (Royalists and Roundheads I, II e III).
Tutti questi titoli si basano su di un sistema sostanzialmente identico, a sua volta diretta evoluzione dei classici regolamenti SPI. Una macchina ben rodata, dunque, alla quale Markham ha aggiunto un elaborato sistema di comando che ben riflette le difficoltà di coordinare masse di quelle dimensioni in contesti tanto caotici. All’inizio del turno, infatti, i giocatori piazzano un segnalino ordini accanto ai propri leader, e questi ne eseguiranno le direttive con le rispettive formazioni per tutto il turno o finché non si riuscirà a fargli pervenire altre disposizioni superando un apposito test. Avremo dunque i classici ordini di Attacco, Difesa, Ritirata o altro che intere parti del nostro esercito cercheranno di mettere in atto… che ci piaccia o meno! Saremo così costretti a fare i conti con una sorta di “deriva inerziale” del nostro esercito, evitando piani troppo complessi e contrordini troppo ravvicinati. A questo si uniranno le regole speciali che tengono conto delle caratteristiche molto diversificate delle truppe a nostra disposizione (schermagliatori, artiglieria, balestrieri a cavallo, stradiotti…), oltre a una sequenza dinamica del turno che vede diverse possibilità di reazione del nemico anche durante le nostre mosse. Da segnalare soprattutto la regola opzionale che rappresenta uno dei primi esempi di attivazione casuale di tipo chit pull, con la pesca alla cieca dei segnalini delle singole formazioni che aggiunge ulteriore imprevedibilità e rende i giochi ottimi anche per il solitario.
La grande diffusione di questo sistema, semplice e relativamente veloce ma anche ben dettagliato, lo ha lasciato nei cuori di molti appassionati, tanto che sul solito BoardGameGeek e nei forum di ConsimWorld è possibile trovare diversi link a regolamenti unificati per tutti i titoli. Si tratta di giochi forse un po’ in là con gli anni e con una grafica certo scarna per gli standard odierni, ma ottimi per avvicinarsi al periodo, con un elevato numero di scenari e tra l’altro in molti casi facilmente reperibili sul mercato dell’usato.
Serie Pike & Shot (Decision Games)
Quando nel settore del wargame si fa il nome della Decision Games, le reazioni sono sempre contrastanti. Da un lato si alzano gli occhi al cielo perché in diversi casi le sue produzioni sono risultate piuttosto carenti, sia in termini di componentistica che – fatto ancor più grave – di regole e bilanciamento dei sistemi. Dall’altro, però, quando la DG pubblica qualcosa di davvero valido o riesce a rimodernare con successo uno dei tantissimi titoli del vecchio catalogo SPI del quale detiene i diritti… allora capisci che è un bene avere un soggetto come questo nel settore.
In nessun punto della sua produzione questo fenomeno appare con altrettanta evidenza che nei cosiddetti folio games: giochi dalle dimensioni e dal costo molto contenuti, a scenario singolo, confezionati in bustine ziplock e cartelline all’interno delle quali troviamo la mappa, un foglio di pedine e poche pagine di regole. Con serie e regolamenti dedicati che vanno dall’antichità alle guerre moderne, passando ovviamente per il periodo napoleonico e la Seconda guerra mondiale, non potevano certo mancare titoli ambientati nei secoli di cui stiamo parlando, il XVI e il XVII. Per nostra fortuna, sono tra i titoli migliori di tutta la raccolta.
Due sono i giochi che ci interessano in questa sede, Pavia e Breitenfeld, basati sul sistema denominato senza troppa fantasia Pike & Shot. Anche in questo caso si tratta di rielaborazioni di classiche proposte SPI, riviste sia nella grafica che nella gestione delle procedure.
In ogni folio troveremo, come di consueto, un regolamento di base standard e un inserto con le regole speciali del singolo titolo. Si tratta in entrambi i casi di fascicoletti da poche facciate, nelle quali ritroviamo distillata tutta l’elegante semplicità della simulazione classica: tabelle differenziali per i combattimenti, orientamenti delle unità, movimenti su griglia esagonata e vari effetti del terreno, bonus all’efficienza delle truppe garantiti dalla presenza dei comandanti di settore.
Naturalmente gli aspetti più interessanti vengono proprio dalle peculiarità delle singole battaglie. In Pavia: Climax of the Italian Wars vedremo l’interazione tra i diversi tipi di truppe, l’impatto dei grandi trinceramenti presenti sul campo, il predominio della cavalleria corazzata francese minato dagli archibugieri spagnoli e dai picchieri svizzeri e lanzichenecchi; in Breitenfeld: Enter the Lion of the North i grandi tercios di fanteria imperiali dovranno vedersela con gli agili reggimenti svedesi supportati dai loro cannoni leggeri, l’artiglieria potrà essere catturata e riutilizzata subito contro il nemico, la potente cavalleria svedese dovrà lanciarsi in cariche disperate per difendere il fianco di Gustavo Adolfo lasciato scoperto dagli inaffidabili sassoni.
Insomma, di emozioni ce ne sono davvero tante in queste sottili cartelline, poco più grandi di un foglio A4, e speriamo di vederne di nuove in un prossimo futuro. Estremamente facili da trovare sia nei negozi fisici specializzati che sui siti dei principali venditori online, con un prezzo inferiore alla ventina di euro, capaci di ricostruire una grande battaglia con una sola mappa e sessioni che non superano le 2-3 ore al massimo, assolvono alla perfezione il fondamentale compito di accompagnare i neofiti nelle loro prime esplorazioni della simulazione storica.
Permettetemi di concludere con una breve nota personale: assieme a Napoleon’s Last Battles, la versione SPI di Breitenfeld è stato uno dei wargame che ho giocato di più nella mia adolescenza, tanto da ricordare ormai a memoria ogni elemento di quello scenario… ed è bello ritrovare dopo tanti anni un caro vecchio amico, che si mantiene ancora giovane e in perfetta salute, pronto a divertire e appassionare una nuova generazione di giocatori.
Arquebus (GMT Games)
Lo abbiamo detto, i sistemi di gioco degli anni Settanta e Ottanta hanno rappresentato delle pietre miliari per il wargame. Molti autori della nostra generazione non hanno esitato a trarne ispirazione (quasi sempre citandoli doverosamente in chiusura dei loro manuali), ma perfino un veterano come il recentemente scomparso Richard Berg doveva averli bene in mente quando ha scritto i regolamenti della sua serie Men of Iron.
L’ultimo titolo della raccolta, Arquebus, ci porta dritti nel Cinquecento, nelle Guerre d’Italia tra francesi e spagnoli, così determinanti (e disastrose) per la nostra storia nazionale e purtroppo quasi sconosciute. Con scenari classici già simulati da altri titoli come Fornovo, Pavia, Ravenna, Bicocca e altri meno conosciuti come Marignano, Agnadello e Ceresole, Arquebus racchiude nelle sue tante mappe di varie dimensioni una panoramica pressoché completa di questo lungo e cruento conflitto che ha insanguinato per decenni la nostra penisola.
La caratteristica principale del sistema sta nell’attivazione delle unità. Anche qui come nei giochi di Markham avremo delle formazioni singole, che cercheremo di muovere una dietro l’altra. “Cercheremo”, perché dopo averne attivata una, fare lo stesso con quella successiva richiederà un tiro di comando via via sempre più difficile; in più il nostro avversario potrà tentare a sua volta un altro tiro per interrompere la nostra sequenza e far partire la propria. Quel che ne risulta è una dinamica di mossa e contromossa molto serrata, del tutto imprevedibile e capace di generare repentini cambi di fronte, ottima anche per il gioco in solitario: sono i pregi del momentum, il mantenimento dell’iniziativa che già aveva dato ottima prova di sé nel sistema antico Simple Great Battles of History.
Ancora, la grande diversità tra i vari tipi di truppe che affollano questo periodo di transizione si sposa alla perfezione con la Weapons System Matrix che fornisce modificatori positivi e negativi sulla base degli incroci tra le varie specializzazioni (picche, cavalleria, schermagliatori, ecc.). Il regolamento prevede anche procedure apposite per la gestione di cariche e controcariche, per il fuoco di reazione difensivo, per la difesa delle salmerie.
Nel complesso il giudizio su Arquebus non può dunque essere che positivo, anche se qualche criticità rimane. Alcuni tipi di truppe si basano su ricostruzioni controverse delle tattiche del periodo (Davvero c’erano tanti uomini armati solo di scudo e spada? E quegli archibugieri a cavallo non smonteranno e rimonteranno dai loro animali un po’ troppo facilmente nel corso della battaglia?), mentre certe regole speciali paiono interessanti sulla carta ma forse un po’ eccessive nella loro applicazione concreta (il vecchio vizio di Berg e del suo amato chrome: non è un po’ troppo costringere le unità di picchieri mercenari svizzeri a testare la propria permanenza sul campo in attesa della paga ad ogni singolo scontro in cui sono coinvolti?). Tuttavia, la quantità di contenuti e la resa dinamica delle battaglie tramite il momentum fanno di Arquebus un titolo irrinunciabile per un vero appassionato del periodo. L’unico dubbio per il neofita è rappresentato dalla complessità del sistema, forse un po’ più elevata rispetto a quella delle altre proposte. Non è nulla di insuperabile, comunque, basta un po’ di attenzione e magari l’accortezza di applicare solo gli aspetti fondamentali del regolamento nelle prime partite. Si tratta a ogni modo di un titolo di prestigio, da avere nella propria collezione e da piazzare sul tavolo non appena si avrà l’occasione di dedicare qualche ora alla propria passione per il wargame storico.
Serie Horse and Musket (Hollandspiele)
Tutte quelle che abbiamo incontrato finora sono proposte costituite o da scenari singoli o da regolamenti sui quali si innestano i “moduli” di una battaglia specifica. La serie Horse and Musket (Hollandspiele) vuole invece essere qualcosa di molto diverso: un sistema universale per ricostruire le più svariate battaglie dai primi del Seicento fino a tutto il Settecento, e anche oltre. In questo regolamento, infatti, segnalini sui quali sono indicate solo tipologie generiche di unità (fanteria, guardia, cavalleria leggera e pesante, artiglieri…) si muovono in base a un mix di procedure standard e regole speciali del singolo scenario riportate su di un apposito mazzo di carte riassuntive.
Le radici del regolamento risalgono a For Honor and Glory (Worthington), un wargame sulla poco conosciuta Guerra del 1812 tra Stati Uniti e Regno Unito. Per simulare le battaglie terrestri del conflitto, il gioco usava un sistema molto semplice basato sugli action points: all’inizio di ogni turno si tira un dado e questo determina il numero di punti azione di cui si dispone per attivare solo alcune delle unità presenti in campo prima di dover passare l’iniziativa all’avversario. Il sistema, essenziale e allo stesso tempo interessante dal punto di vista della simulazione, riscosse un immediato successo e convinse la Worthington a creare una fortunata serie di wargame a bassa complessità, denominata Hold the Line. In tale contesto fu realizzato anche un titolo dedicato alle battaglie di Federico il Grande di Prussia: Frederick’s War.
Il suo autore, Sean Chick, ha in seguito rielaborato tali meccaniche, arricchendole con numerose regole che simulano le più disparate peculiarità tattiche. Il risultato è stato proprio Horse and Musket che la poliedrica casa statunitense Hollandspiele ha subito adottato come il proprio light wargame di punta, con uscite periodiche di espansioni con altri scenari corredati di regole specifiche.
L’impressione di massima che si ha leggendone i vari manuali è dunque quella di un’elevata modularità: esiste un impianto di base sul quale si innestano regole caratterizzanti dei singoli periodi. Ciò garantisce da un lato un’elevata accessibilità del sistema (basta imparare le poche pagine generali, memorizzando di volta in volta solo le regole speciali che ci servono) e dall’altro gli permette di adattare la simulazione ai periodi più diversi. In più, l’autore si è specializzato nella ricostruzione di battaglie davvero poco conosciute, talvolta perfino esotiche in quanto a eserciti coinvolti dai mamelucchi fino ai ribelli giacobiti scozzesi, stimolando in maniera molto abile la curiosità dei giocatori. Questi, a loro volta, entrando nel “mondo” di Horse and Musket possono scoprire scontri sempre nuovi, sfruttando la rigiocabilità fornita dal sistema dei punti azione e la semplicità delle procedure di combattimento: in genere basta tirare tre dadi da 10 cercando di ottenere un determinato risultato, modificati sulla base delle variabili classiche come la quantità di perdite ricevute o i terreni su cui si svolge lo scontro.
Uniamo al tutto una miriade di regole aggiuntive e opzionali che tengono conto delle caratteristiche nazionali, delle dimensioni della battaglia, delle formazioni, delle singole tattiche utilizzate, delle unità speciali… insomma, è evidente che ci troviamo di fronte a un sistema davvero completo, facilmente avvicinabile anche dai neofiti e dalle potenzialità molto elevate. E non siamo i soli a dirlo, visto il grande successo ottenuto.
L’unico ostacolo per noi europei potrebbe essere rappresentato dalla disponibilità del gioco. Hollandspiele è una piccola ditta che stampa on demand e i costi di distribuzione al di fuori degli USA alzano di molto il prezzo delle sue scatole. Vi è certo l’alternativa di acquistare il gioco in versione print and play sulla piattaforma Wargame Vault, ma l’elevato numero di segnalini da ritagliare potrebbe scoraggiare anche i più determinati. L’unica cosa che si può dire a questo riguardo è che il costo può risultare poco esaltante, ma una volta pagato questo è un gioco che per qualità, facilità d’uso, durata contenuta e rigiocabilità vale ogni singolo euro che vi avremo speso: se avete modo di provarlo da un amico o in qualche evento, fatelo e capirete cosa intendo… se vi piace, non lo abbandonerete facilmente!
Sekigahara (GMT Games)
Ci sono giochi difficili. Ci sono giochi facili. Ci sono giochi belli e, sì, ci sono anche giochi brutti. E poi ci sono giochi, semplicemente, eleganti. Sekigahara: The Unification of Japan è uno di questi.
L’ambientazione, come è facile intuire dal nome, ci porta in Giappone, per la precisione nell’epoca del Sengoku Jidai, l’Epoca del Paese in Guerra, la cruenta serie di conflitti tra i signori feudali nipponici per ottenere il titolo di Shogun e dominare la nazione. Il 21 Ottobre 1600, il più grande e abile di questi condottieri, Tokugawa Shingen, si scontrò presso il villaggio di Sekigahara con le truppe del rivale Ishida Mitsunari a seguito di una fulminea campagna militare durata solo sette settimane. La battaglia prese subito una piega molto strana ma perfettamente in linea con quanto era successo negli anni precedenti: interi clan si rifiutarono di combattere, altri addirittura cambiarono schieramento nel bel mezzo della battaglia. L’esito della lotta si risolse quando Tokugawa, spazientito, cominciò a prendere a cannonate uno dei suoi stessi alleati, per ricordargli che non avrebbe esitato di fronte a nulla pur di costringerlo a tenere fede agli impegni presi. La prova di forza funzionò, le truppe del riottoso subalterno si lanciarono alla carica e la guerra ebbe termine, regalando al Giappone 250 anni di pace ininterrotta.
Ma il gioco di cui stiamo parlando non si limita a una sola battaglia, perché il suo oggetto sono proprio quelle sette frenetiche settimane di manovre, marce forzate, trattative politiche, complotti, assedi di castelli che ospitano eredi al trono e anche qualche ninja assassino qua e là. E lo fa reinventando le classiche dinamiche da block game (un genere di cui abbiamo già parlato diffusamente) grazie all’utilizzo di un mazzo di carte speciali: solo se avremo quelle corrispondenti ai vari clan che compongono l’armata coinvolta nella seconda battaglia potremo “convincerli” (magari non a cannonate…) a impegnarsi. Ciò significa che, sulla splendida mappa basata sullo stile delle stampe dell’epoca, anche le pile di blocchetti più alte possono rivelarsi del tutto inutili e sciogliersi come neve al sole se non avremo saputo preparare adeguatamente la nostra mano di carte (un sistema per molti versi paragonabile a quello di Friedrich e Maria, due giochi che incontreremo più in là in questa serie di articoli). Viceversa, piccoli contingenti affidabili, adeguatamente supportati e magari che sappiano combinare le tradizionali cariche di cavalleria con i più moderni archibugi importati dall’Europa si riveleranno formazioni temibili, in grado di seminare il terrore da una provincia all’altra.
Ma con quali componenti Sekigahara ci riporta nel Giappone di quello che anche per il paese del Sol Levante sarebbe diventato il Rinascimento! Della mappa abbiamo già accennato, rimangono da citare le carte arricchite dai bellissimi emblemi dei vari clan nipponici e soprattutto i blocchetti di legno, dipinti in nero e oro. Il tutto, unito alle meccaniche semplici ma profonde, ci farà subito sentire nei panni di un daimyo alle prese con una grave decisione militare. Si tratta insomma di un gioco che, una volta piazzato sul tavolo, attirerà subito la vostra attenzione e che non sfigurerebbe nella scenografia di un film storico di Kurosawa come Ran o Kagemusha.
L’estremo interesse della situazione, con eserciti forti ma dispersi su tutto il territorio, difficoltà di arruolamento di nuove truppe, una campagna militare sostanzialmente improvvisata, con fronti diversificati e obiettivi piazzati ai due estremi della mappa, fa il resto e produce un gioco dalle dinamiche essenziali, dalla durata assolutamente accettabile (una serata sarà più che sufficiente per decidere quale dinastia governerà il Giappone per i prossimi due secoli e mezzo) e con una grande rigiocabilità garantita dalla combinazione tra manovra dei blocchetti e disponibilità delle carte necessarie per farli combattere.
Sekigahara è un gioco davvero diverso dal solito, all’apparenza molto semplice con le sue sole sei pagine di regole, ma ricco di contenuti e scelte strategiche da esplorare partita dopo partita.
E con quest’ultima escursione nel Giappone feudale si conclude la rassegna di cinque wargame che vi permetteranno da subito di esplorare questa incredibile epoca di transizione, il Rinascimento, in tutta la sua bellezza ma anche in tutta la sua crudeltà. Abbiamo visto il tramonto delle piccole realtà cittadine travolte dalle nuove realtà nazionali, il declino militare e sociale della cavalleria di fronte alla massa dei fanti armati di picche e archibugi, il rifiorire di tattiche elaborate e accorgimenti tecnologici di grande impatto… ma non ci fermiamo certo qui.
Nella prossima puntata, lasciati da parte mantelli e gorgiere, indosseremo le parrucche incipriate e i colletti di pizzo per ritrovarci nell’Età dei Lumi, quel Settecento in cui la stessa arte della guerra volle farsi più ordinata, precisa e cadenzata ma certo non meno violenta. Raddrizzate i vostri cappelli a tricorno e inastate le baionette sui vostri moschetti: entreremo nell’Era della Ragione.