giovedì 26 Dicembre 2024

Interessarsi d’interazione

Sempre più spesso, parlando con altri giocatori, noto come il punto di vista che abbiamo sui giochi sia spesso diverso, probabilmente perché l’analisi che si fa di qualcosa che si usa è diversa da quella che si fa quando la stessa cosa la vuoi “costruire”.

Sebbene il primo modo di vedere le cose sia sicuramente importante, credo che essere fruitore di qualcosa ti metta in una posizione diversa rispetto a quella dell’artefice. E questo esula dalla semplice esperienza o anche dall’aver letto articoli o pubblicazioni… è proprio una questione di prospettive!

E una delle cose con cui si devono fare maggiormente i conti, sia “lato designer” che “lato giocatore”, e che spesso porta a discussioni e diatribe, è l’interazione.

Questo perché si tratta di un elemento quasi imprescindibile dall’attività ludica, caratterizzato però dal fatto che molto frequentemente ognuno ne ha un’idea diversa dagli altri, probabilmente perché ogni giocatore (che ovviamente non è tenuto a leggere articoli di game design) calibra la propria definizione di interazione come gli viene naturale, modellandola sui propri gusti e non su un’esigenza pratico-creativa.
Intanto, distinguiamo subito l’interazione in-game, stabilita dalle regole, quella che sul Board Game Designers Forum viene chiamata “interaction”, e l’interazione basata su relazioni che prescindono dalle dinamiche sancite dalle meccaniche, come la diplomazia e la contrattazione extra-regole, ossia quel corpus di relazioni sociali legate al gioco che qualcuno chiama “interactivity”.
Sulla seconda c’è poco da dire, se non che personalmente preferisco i giochi che la sostituiscono con la prima (non me ne vogliano i fan di Diplomacy), dato che sostanzialmente il designer alza le mani e dice ai giocatori “vedetevela fra di voi”.
Parlando della sola interaction propriamente detta, invece, la si può definire come il modo, l’intensità e la frequenza con cui le azioni dei giocatori influenzano il gioco degli avversari; spesso deriva dalla scarsità di qualcosa, più precisamente di qualcosa di utile e vitale all’interno dell’economia del gioco (risorse, azioni esclusive, territori), ma non solo.
La scarsità di qualcosa è di per sé una source of tension interessante e usatissima, ed è il motore più naturale per scatenare interazione fra giocatori, se si eccettua ovviamente il conflitto diretto e brutale fra due o più giocatori (come in Magic o negli Scacchi). Altri modi di creare interazione sono meccanismi sociali, come il bluff, lo scambio di risorse e la cooperazione, sempre tramite regole precise.

Una prima distinzione che può aiutarci a qualificare l’interazione, spesso alla base di esilaranti battibecchi da forum, riguarda l’interazione diretta o indiretta. Per interazione diretta s’intende quella per cui le azioni di un giocatore influenzano direttamente le proprietà di uno o più giocatori, aggiungendo o sottraendo pezzi, alterando punteggi, rubando o scambiando risorse; quella indiretta invece influenza le altrui scelte senza però essere esplicitamente rivolta contro le proprietà di qualcuno, ossia togliendo dal tavolo un oggetto comune, piazzando una tessera, bloccando una strada.
Dunque non è diretta solo l’interazione data dal mio attacco dalla Jacuzia alla Kamchatka durante una partita di Risiko, ma anche quella che, mentre giochiamo a Puerto Rico, ti obbliga a caricare sulla nave quella preziosa partita di Caffè a seguito della mia scelta di utilizzare il Capitano.

La realtà ovviamente è sfumata, dato che ci sono diversi fattori da considerare, come la volontarietà dell’interazione (cioè quanto un’interazione è dipendente dalla volontà di chi compie l’azione), se l’interazione si risolve in maniera automatica o dinamica (cioè se si risolve “da sola”, senza altri interventi da parte dei giocatori o se implica azioni o scelte da parte degli “attori” dell’interazione), e la già menzionata frequenza, cioè quanto spesso l’interazione cambia il modo di giocare delle persone al tavolo.

Le variabili sono tante: per esempio in un interessante intervento a Play 2011, Andrea Chiarvesio delineò l’importante differenza fra interazione diretta mirata (il classico attacco di Risiko) e interazione diretta indistinta, ossia rivolta verso tutti (la Milizia di Dominion); diverse interazioni vengono percepite in modo diverso, e la scelta di come innescare e gestire le situazioni di “conflitto” è davvero molto importante durante lo sviluppo di un gioco.

Le opinioni sull’argomento sparse per la rete si sprecano, soprattutto da parte dei giocatori, tanto che spessissimo si assiste alla creazione di nuove “pseudo-tassonomie” che, purtroppo, di solito si adattano fantasiosamente solo al gioco di cui si sta parlando in quel momento e spariscono in uno sbuffo di aria fritta quando si torna sulla teoria generale.
Anche se un linguaggio condiviso che andasse oltre la definizione “base” di interazione sarebbe sicuramente utile, per adesso ci si accontenta delle distinzioni elencate poc’anzi, anche perché alla fine agli autori interessa di più che i giochi su cui stanno lavorando funzionino come dovrebbero, e che abbiano il tipo di interazioni desiderate, anziché battibeccare su “dirette” e “indirette”.

Uso il plurale perché di fatto è abbastanza inutile parlare di “interazione del gioco X”, come avrete capito sarebbe sempre meglio parlare delle singole meccaniche, perché spesso i giochi presentano diversi tipi d’interazione contemporaneamente, che si innescano con l’attivarsi di diverse meccaniche o regole, e per evitare fraintendimenti forse sarebbe meglio, quando se ne parla, spendere qualche riga per fornire dettagli anziché liquidare la questione con due parole.
Per fare un esempio, attaccare gli avversari in Kemet è chiaramente un confronto diretto e mirato. Ma, nello stesso gioco, acquistare una tessera (togliendo agli altri la possibilità di acquistarla) crea interazione in modo più indiretto, ma non per questo meno importante. In un gioco con scontri diretti frequenti come il gioco di Bariot e Montiage, la parte “indiretta” può passare apparentemente in secondo piano, ma dato che tutte le tessere, tranne un paio d’eccezioni, sono in copia singola, si capirà come l’acquisto di una di esse costituisca non solo un importante personalizzazione del proprio esercito, ma anche la sicurezza che nessuno degli avversari potrà avere lo stesso tipo di vantaggio.

Allo stesso modo, spesso si confonde “indiretto” con “poco intenso”, pensando che l’unica cosa in grado di generare davvero interazione sia l’attacco focalizzato, ma basta pensare a giochi come Alta Tensione per trovare smentite: sebbene non una singola meccanica di Alta Tensione sia ad personam, ogni azione che si fa nel gioco ha ripercussioni pesanti sulla partita e sulle scelte degli altri, sia nel caso dell’asta per le centrali, sia nel caso delle meccaniche più indirette, come il mercato e la costruzione delle cabine, visto che la prima spesso e volentieri diventa un’arma per ostacolare il reperimento di combustibile degli altri giocatori, e la seconda un modo per ostacolare lo sviluppo delle reti.
Ogni genere e target ha degli standard sul tipo di interazioni utilizzate, anche se ovviamente fossilizzarsi non serve! Ci sono prodotti che escono dal seminato con ottimi risultati, basti pensare all’interazione diretta e mirata ma assolutamente godibile in un gestionale come Olympus o il successo che ha avuto un adventure game fantasy con interazione prevalentemente indiretta come Mage Knight, per cui credo che sia importante ricordare che il tipo e il numero di interazioni (così come l’alea o l’aderenza al tema) non sono difetti ma tratti di un gioco (di solito legati al target), che come tali possono piacere ad alcuni e dispiacere ad altri.

Le interazioni, una volta afferrati i semplicissimi concetti di base, possono essere un bellissimo argomento di cui discutere. La teoria del design serve a fare giochi e non a cercare di dimostrare d’aver ragione su un gioco o su un altro! Quindi secondo me è meglio se se ne parla quando ci si accinge a creare qualcosa di proprio anziché utilizzarla per litigare parlando dell’ultima uscita di Essen…
Però stavolta cederò alla tentazione dell’interattività, e alzerò le mani: ognuno, con l’oggetto del dibattere, interagisca come vuole!

Marco “Iz” Valtriani è un pubblicitario e un game designer.
Nel 2011 esce il suo primo gioco, “011”, a marchio Scribabs. Nel 2013 Red Glove pubblica “Super Fantasy: Assalto dei Brutti Musi”.
Nel 2014 inizia a collaborare stabilmente con Red Glove come lead designer, firmando diversi titoli, e scrive alcuni interventi sul libro “Game Design – gioco e giocare fra teoria e progetto” di Maresa Bertolo e Ilaria Mariani, fra cui il capitolo sul boardgame design.
Dal 2008 collabora con molte fiere italiane coordinando attività relative agli autori di giochi; dal 2013 è il curatore di BGDItalia.it, la “filiale” italiana del Board Game Designers Forum.

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