domenica 17 Novembre 2024

[Lucca Games 2007] Troy Denning – Espandere Universi

Espandere Universi: tecnica narrativa e prassi realizzativa del romanzo fantasy e di fantascienza.


Eccoci all’appuntamento fisso con il laboratorio di scrittura di Lucca Games 2007, condotto quest’anno dall’illustre Troy Denning, autore di molti libri dell’Expanded Universe di Star Wars come dei Forgotten Realms, e creatore dell’universo di Dark Sun.


L’autore ci ha illustrato il suo metodo di scrittura e di composizione di una trama accattivante, i meccanismi di base per mantenere vivo l’interesse del lettore, per finire con i suoi trucchi per studiare personaggi a tutto tondo.

Le opere migliori, secondo Troy Denning, sono sempre le prime, perché sono quelle che fermentano da sempre nel nostro cuore e nell’anima. E le seconde sono sempre le peggiori. Questo perché è il momento in cui si deve affrontare la scrittura con la mente, avendo esaurito il forte impulso del cuore. Si diventa veri scrittori in genere con il terzo libro, quando si impara a conciliare una pianificazione razionale ad un forte sentire. L’autore ci ha fornito delle indicazioni su come affrontare il processo di razionalizzazione.


Partendo da una fase preliminare in cui si vaga per boschi e montagne prendendo appunti su tutto quello che ci ispira, si arriva ad una idea di romanzo. Per illustrarci il suo processo creativo, Denning paragona la trama di un’opera ad una domanda. Una domanda posta all’inizio del racconto/romanzo (“Ce la farà il cavaliere a salvare la principessa?”) e alla quale dobbiamo tassativamente rispondere alla fine dello stesso (“sì, no, e qualsiasi cosa che può essere una risposta”).


Una trama, dice Troy, si articola in un inizio, una parte di mezzo e un finale. Abbastanza ovvio, certo. Quello che bisogna capire che l’inizio è determinato da una propria domanda (“Il cavaliere sa che la principessa è scomparsa?”), e appena si risponde a questa finisce l’inizio e comincia la parte di mezzo (“Dove è scomparsa la principessa?”), e così via fino alla domanda finale. All’interno di una simile struttura è assolutamente necessario che il lettore comunque percepisca un avanzamento, e tra i vari trucchi per mantenere alto l’interesse del lettore è quello di inserire verso la metà della storia una rivelazione che spiazzi il lettore. Questo perché il lettore in genere si fa un’idea di dove il romanzo vada a parare, quindi inserire un colpo di scena che ribalta la questione da una parte mantiene vivo l’interesse, e dall’altra permette allo scrittore di mantenere un certo controllo sulla propria opera.


Uno degli elementi fondamentali, che spesso nelle scuole di scrittura viene completamente tralasciato, è il concetto di scena. Una scena, nel suo piccolo, inizia anch’essa con una domanda e termina con una risposta, e in questo modo si arriva alla definizione di scene/capitoli suddivisi anch’essi in tre parti.


Come si concilia uno schema domanda risposta con la tendenza, spesso abusata, del cliffhanger, ovvero del non rispondere alle domande per mantenere? In realtà Troy ci spiega che un buon cliffhanger non lascia in sospeso la domanda iniziale. A quella bisogna comunque rispondere – altrimenti il libro rischia di volare dall’altra parte della stanza. Si tratta piuttosto di fare in modo che la risposta alla domanda iniziale porti alla formulazione di una ulteriore domanda.


La morte di un personaggio è un altro strumento estremamente importante (in risposta a una domanda sul ciclo Le Cronache Del Ghiaccio e Del Fuoco di George R. R. Martin, note per l’alto tasso di mortalità dei protagonisti), che in genere viene utilizzato per mantenere alto l’interesse del lettore, facendogli capire che nessuno è al sicuro. Essendo uno strumento estremamente potente, è ovvio che abbia anche delle controindicazioni, ovvero il rischio di alienarsi dei lettori che avevano iniziato ad amare un certo personaggio, nel quale auspicabilmente avevano investito le loro emozioni.


La costruzione dei dialoghi riveste un ruolo fondamentale nell’avanzamento della trama, specie in romanzi dal taglio fortemente cinematografico come quelli che scrive Denning. Per creare un dialogo convincente l’autore si appunta all’inizio del capitolo quali sono gli obiettivi dei personaggi, e ognuno dei personaggi cercherà di convincere l’altro a seguire i propri obiettivi. La chiave di un buon dialogo è il conflitto, e il modo di affrontarlo dei singoli personaggi, senza che questi dicano apertamente quali siano le loro vere intenzioni.


Ed è proprio il conflitto che sta alla base della domanda principe della storia. E spesso si tratta di un conflitto interiore del protagonista. Un conflitto che si evolve durante la storia. Inizia come un problema personale (“Devo trovare la principessa perché ne sono innamorato”), e nella parte centrale evolve in un tema sociale, con un aumento di scala (“Devo trovare la principessa perché altrimenti il regno cadrà”). Spesso questo aumento di scala, nel caso di Star Wars diventa un mettere a rischio l’intera galassia. E siccome si dovrebbe avere un crescendo, come si fa a superare in importanza una crisi del genere? In questi casi Denning sposta la questione su un livello in un certo senso più alto: quello spirituale. Il protagonista sacrificherà sé stesso e la sua anima per ottenere quello che vuole, scenderà a compromessi, o magari si tirerà indietro.


Ogni scrittore, alla fine, ha un suo personaggio preferito. Il trucco per farlo amare è quello di creare un complesso network di relazioni (siano di amore o di conflitto) con gli altri personaggi del libro. Per creare un personaggio convincente in genere Denning utilizza quella che definisce la “character cross”, una croce ai cui estremi abbiamo delle indicazioni. L’asse verticale è caratterizzato dagli estremi want (cosa vuole il personaggio) e what will do for it (cosa è disposto a fare per ottenerlo), mentre quello orizzontale da strong points (i punti di forza del personaggio) e weak points (i punti deboli). Spesso quando ci si rende conto che un personaggio non funziona è il caso di tornare indietro alla base, e rivedere i punti della character cross.


La scoperta del lato interiore del personaggio è comunque una questione di azioni. Non si può dire “questo personaggio è cattivo”, bisogna farlo capire tramite le sue azioni, altrimenti si rischia di annoiare il lettore. Lo stesso rischio c’è in un dialogo privo di conflitto. Due personaggi che sono d’accordo su tutto uccidono l’interesse del pubblico.


Il prossimo appuntamento con Troy Denning è fissato per domenica 4 alle 12.30 con l’incontro “Troy Denning – Professione demiurgo di meraviglie”, in cui l’autore ci illustrerà il viaggio che l’ha portato dai regni dimenticati ad una galassia lontana lontana.

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