giovedì 26 Dicembre 2024

[Lucca Games 2008] Dubbio – un actual play

Ne avevamo già parlato in precedenza, ma ora abbiamo un reportage (quasi) esclusivo!

Un intrepido redattore di Gioconomicon ha partecipato alla partita dimostrativa di Dubbio, il nuovo gioco live jeep” di Narrattiva, tenutasi a Lucca Games 2008 nella giornata di sabato 1 novembre.

Il nostro prode è sopravvissuto e ci ha riportato un “actual play”, ovvero un resoconto molto personale della sua esperienza di gioco.
Lo riproponiamo qui in forma integrale e privo di censure!

Ecco i partecipanti:
Giuseppe = Tom, attore e compagno di Julia.
Giuseppe = Lewis, tentazione di Nicole.

Francesca = Julia, attrice e compagna di Tom.
Francesca = Maude, tentazione di Peter.
 
Alessandro = Peter, carattere della commedia e marito di Nicole.
Alessandro = Max, tentazione di Julia.

Deborah = Nicole, carattere della commedia e moglie di Peter.
Deborah = Cora, tentazione di Tom.


Avviso: la lettura sarà lunga, e dolorosa.

— — — — — —

Nota


“Scrivimi un Actual Play!” 
Quando imparerà, la gente, a non chiedermi cose di cui potrebbe pentirsi?
Allo stand Narrattiva ripetevo a Claudia, come un disco rotto, che ero rimasto impressionato da Dubbio in modi che non riuscivo ad esprimere a parole, e lei diceva “ma davvero?”… beh… si davvero.

Ho cominciato a scrivere ieri (Martedì) alle 3:00am perchè prima non avevo tempo/non ero in vena. Mi sono fermato alle 6:27am.
Ed ancora non avevo finito.
Stasera mi ci sono rimesso ed ho finalizzato.
Ecco, Claudia, cosa non mi riusciva di esprimere a parole sul momento.

Davvero non so da dove cominciare
Per me questo live è stato molto più che un divertimento, è stata un’esperienza “forte”, e vorrei riuscire a comunicarlo come si deve… il che è difficile.

Intanto potrei presentare le mie credenziali, per far vedere da dove sono partito quando ho messo piede nell’aula in cui abbiamo poi messo in scena Dubbio.

Io gioco di ruolo da una vita, a tanti giochi diversi (99% dei quali tutti tradizionali, si, non andiamo OT).
Ho fatto live di battaglie campali.
Ho fatto live al chiuso, anche molto coinvolgenti; ne ricordo sempre uno con fittissimo gioco di relazioni politiche (Leoni d’Inverno, bellissima esperienza).
Ho fatto serate in taverna a “ruolare” (termine che odio, ma rende bene l’idea).
Al liceo ho perfino fatto un pò di teatro andando a finire in una rappresentazione o tre.

Sono arrivato all’inizio della sessione di Dubbio desideroso di sperimentare una cosa nuova, ma sostanzialmente preparato.
Ne avevo letto.
Mi ero documentato.
Sapevo cosa aspettarmi.



Tutto inutile.
Come si suol dire, ero preparato, ma non ero pronto.
Nonostante tutto Dubbio mi ha colto totalmente di sorpresa.



Sebbene io sia di mio logorroico e prolisso nell’esposizione, generando i titanici post per cui sono oramai temuto “all over the interwebs“, la mia mente è quantomeno labile nel reparto della memoria e generalmente quando riporto una mia esperienza tendo a fare un sunto molto succinto delle cose.
Per questo mi è ora difficile scrivere.
Quella mattina ho vissuto quattro ore abbondanti che mi sono sembrate 4 minuti. Non trovo spazio di riduzione, non riesco a riassumere: sono talmente tante le cose che mi saltano in testa quando penso “che è successo quel giorno” che trovo difficile farne un elenco ed alla fine mi trovo davanti ad un blocco di 4 ore di eventi che vorrei raccontare tutto.

Meh.
Facciamo così: io comincio a scrivere… e poi vediamo se e quando finisco.
(e se scrivo più di quanto pare lecito, date pure la colpa a Giuseppe che si è adoperato per farmi arrivare il copione che abbiamo usato, senza il quale la mia ordinaria confusione mentale avrebbe prevalso sulla voglia/facoltà di ricordare e quindi scrivere).



Non riesco a pensare dritto dalla voglia che ho di parlare subito delle cose che ho sentito con più forza, ma poi verrebbe un blocchetto di testo incomprensibile.
Mi costringo invece ad andare avanti con (dis)ordine e fare un passo alla volta.



Preparazione e le Sorti del Mondo
Ricordo che la prima impressione è stata positiva, di interesse.
Claudia ci spiegava il gioco ed io pensavo:
mmm, meta-teatro, fico, mmm, tecniche da palcoscenico, ma che bello, mmm, ruoli multipli ed intrecciati, interessante.

Pochi elementi in realtà.
Semplici, essenziali, facili da assumere e digerire, cosa confermata poi in gioco, quando tutti si sono ritrovati ad usarli con estrema naturalezza.

E poi arrivano gli esercizi preliminari.
No, dimenticavo che prima abbiamo scelto quali comprimari usare (sia per il lato vita reale, che per quello palcoscenico) ed in base a quelli abbiamo deciso le scene di vita da inframmezzare a quelle della commedia.
Niente di che, tutto molto innocente: si cercava di far apparire tutti in egual misura.
Ma già verso metà del copione si potevano vedere linee di storia, e sono cominciati suggerimenti più mirati, facciamo incontrare Tom e Julia in ristorante che magari ci scappa la scenata plateale, mandiamo Tom e Cora in un lussuoso appartamento e vediamo che succede, chiudiamo con Tom e Julia a casa loro così faranno un confronto finale…

E poi arrivano gli esercizi preliminari.
Un pò di “conoscenza” fra i partecipanti, con sguardi e strette di mano. Aveva senso. L’abbraccio (visto che lo citate) non mi sarebbe dispiaciuto, ma a me piace il contatto con la gente, alla fine è l’essenza del mio lavoro, quindi nessuna sorpresa in questo ambito.

Scene preliminari… e qui invece arrivano le prime sorprese.

La scena del caffè è stata la prima di una mini-serie di scene che francamente ho trovato impagabili.
Giuseppe e Francesca erano una coppia che prende il caffè, ed improvvisamente uno dei due realizza di non conoscere davvero l’altro.
Francesca ha tirato fuori, girandoci un pò attorno, l’argomento delle foreste amazzoniche… e da li è cominciato il puro genio.
E’ stato come vedere una leggenda urbana che prende vita, o essere testimoni di uno scatch classico che per caso ti accade davvero davanti agli occhi.
Lei era la ragazza che vuole cominciare un discorso serio, avvicinandocisi di soppiatto per non spaventare la “preda”.
“Ma tu che ne pensi delle foreste… no così per parlare… non ti fai mai domande… “
E lui inizialmente è tranquillo, un pò indeciso su come rispondere, ma giuro che non avrei saputo dire se questo dipendeva da Giuseppe che doveva entrare nello spirito del gioco o perchè quella è la reazione universale del maschio italiano che combatte per non distogliere l’attenzione da giornale e caffè mattutini senza però offendere la sua dolce metà.
E la scena proseguiva in un crescendo fantastico, con lei che insisteva, lentamente escalando il discorso verso gli ideali, il mondo, i massimi sistemi, la responsablità globale… e lui che prima rispondeva con poca convinzione cercando di risultare neutro, poi tatticamente prendeva le distanze dall’argomento (ma in finale non sono problemi nostri, no?) ed alla fine si trovava a difendersi da un assalto su larga scala.

Non ricordo su cosa è arrivato il cut, ma io avevo un sorriso divertito che andava da un orecchio all’altro.



Malcom il Grande
La scena mia e di Deborah (con l’acca? ma sul serio? wow! ) è stata secondo me un pò più piatta come trama e pathos, ma ha fatto uscire immediatamente due elementi che poi ho visto riproporsi per tutta la giocata.

Insomma si suppone che io mi svegli dopo una festa-devastazione a casa di ignoti (poi identificati nella persona di un certo Malcom) e con altrettanto ignota presenza femminile al mio fianco.
Mentre mi piazzavo a “letto” ed assumevo la consona posizione da sbrago post-alcolico ho avuto un flash: cravatta in testa alla Rambo, stile impiegato sconvolto.
Lo cito perchè la cosa ha generato istantanee risate, ed a me invece era parso solo un microscopico dettaglio che poteva stare bene nella scena.
(e perchè a ben pensarci la sciarpa, almeno per me, è diventata un terzo elemento ricorrente: in testa da ubriaco, annodata-trendy da Samson, avvolta al collo da Peter, slegata sulle spalle da Max).

Insomma i due si svegliano e parte il generale imbarazzo, con lui (io) stupito ma tendenzialmente divertito, e lei (Deborah) che a stento trattiene lo sdegno per la situazione incresciosa, ed anzi sul finale lancia improperi contro il maniaco che si è trovata di fianco.
Lasciamo sospeso questo pensiero..

Ma chi è Malcom?
Malcom è frutto della mia cronica incapacità di ricordare i nomi delle persone, unito alla mia insensata capacità di ricordare i non-nomi delle persone (come nick, nomignoli e nomi Americani, che siccome stanno nei film mi suonano sempre finti)…
Malcom è, a quanto dicono i censimenti, il nome più diffuso al mondo in tutti i GDR che io metto in piedi.
Come la sciarpa/cravatta mi è semplicemente balzato alla mente, ed in un istante è diventato un personaggio reale, vitale, con una storia personale ed un ruolo che si è poi rivelato ricorrente in tutta la giocata.

Mi ha stupito (e divertito) il fatto che quello che per anni era stato sostanzialmente il mio equivalente di un anonimo John Doe, in un istante fosse diventato una persona vera, il tutto senza che nessuno dicesse nulla di specifico o ci riflettesse su.
Prima non c’era, ora c’era sempre stato.
Taglio.



You!
Sono rimasto colpito immediatamente dal fatto che un istante dopo il cut della seconda scena Claudia abbia assegnato i ruoli senza un briciolo di esitazione o dialogo.
Tu tu tu e tu, Tom Julia Max e Nicole.
Ricordo di aver pensato: eh? che ho fatto di strano? cosa ho potuto rivelare per beccarmi un ruolo così di getto? siamo stati tutti e 4 così trasparenti?

Going Backwards
Mi è piaciuta molto la struttura della commedia… circolare, ma anche no.
Si parte con una scena in cui Nicole sta per entrare in casa, dove Peter l’attende.
Lei ha subito un monologo, poi la scena chiude e si gioca tutto ciò che è avvenuto prima di essa, i giorni e le settimane che hanno condotto a quel momento.
E l’ultima scena è di nuovo alla porta, quando finalmente Nicole entra e si scopre cosa ne sarà di lei e Peter.
Bella struttura, interessante: un pò Memento ma senza ucciderti il cervello.

Dividi et…Rivela
Altro bell’elemento: l’alternanza di scene sul palco e scene di vita.
Come già menzionato da Giuseppe, aiuta molto a riprendere fiato ed a non sentirsi costantemente sotto pressione.
Ma ancora di più aiuta a dare un certo ritmo alla vicenda ed a spingerla verso il dramma… la storia di Peter e Nicole è disfunzionale e, bene o male, segue un percorso pre-determinato, sebbene in ogni scena possa succedere di tutto ed il risultato non sia MAI scontato.
Questo, di riflesso, influenza le scene di vita reale.
E vice versa.

Io personalmente mi sono sentito, come Peter, attratto dalle lusinghe di Maude (con cui ho interagito quasi zero) solo dopo essermi trovato molto coinvolto nella storia fra Julia e Max.
Di contro, più Peter si sentiva insoddisfatto della relazione con Nicole, più sentivo di non vedere l’ora di ritrovarmi nel piccolo idillio di Max e Julia.

Parimenti mi è parso di notare che così come Tom si sentiva a disagio nella situazione di sedotto dalle aggressivissime avance di Cora, allo stesso modo nei panni di Lewis gli risultava scomodo andare ad instigare Nicole al tradimento.

E qui ho notato un’altra cosa interessante, ovvero la consistenza con cui Deborah respingeva tutti nonostante tutto.
Come tizia risvegliatasi in una situazione imbarazzante, ma anche come Nicole che mette il lavoro prima del marito, e come Nicole che resiste alle lusinghe di Lewis nonostante l’incipit del copione, nonostante il suggerimento di Claudia, nonostante il tifo del pubblico che la spingeva verso il suo uomo dei sogni.
Solo avendo l’iniziativa, come Cora, faceva diversamente… ma lo faceva davvero? In finale Cora era così aggressiva da intimidire.

Insomma la struttura di gioco mi sembra fatta in modo da creare una specie di rinforzo interno: se ci metti qualcosa, quel qualcosa “monterà” evidenziandosi.
E’ stato proprio il caso di Deborah, con la sua piccola discrepanza rispetto a come si supponeva che le cose dovessero andare, a farmi notare quanto di “suo” uscisse fuori da ciò che faceva, e che tale fenomeno accadeva anche a tutti noi altri nelle altre scene, e nemmeno ce n’eravamo accorti, almeno non io… non così tanto!



Ombre
Delle scene successive ricordo solo un paio di dettagli sfumati.
Ricordo il personaggio [ok, commento estemporaneo, ho una fortissima sensazione di dejavu] il personaggio di Julia che si delinea inizialmente come la tipica attrice snob.
Figlia d’arte, donna di successo, primadonna sul palco quanto in casa, abbondantemente arrogante, piena di se, ottima cuoca perchè tutto ciò che fa lei è ottimo a prescindere.
E nemmeno mi ero accorto di una battuta si un arrosto: avevo fatto caso solo all’alterco generale riguardo all’essere brava in cucina.

Ricordo un pranzo agghiacciante che vedeva a tavola Tom e Julia assieme ai genitori di lei.
Degno di una delle scene classiche da disfunctional-family americana, che mangia in relativo silenzio, col gelo sulla tavola che aumenta man mano che i conviviali cercano di rifugiarsi nella conversazione casuale.
Nota a margine, il ritorno della sciarpa che, annodata al collo secondo la maniera “elegante” (a cappio floscio, come la chiamo io) mi faceva sentire un sacco vecchio, più vicino al padre che si supponeva io fossi.

Ricordo Deborah che nelle vesti di Cora alla festa (alcuni vociferano che la casa fosse di Malcom) non si mette a flirtare con Tom, come mi immaginavo, ma letteralmente gli si lancia addosso: nel senso di avance spudorate ed atteggiamento aggressivo.
Impagabile quando, tornando con due bevande in mano, le appoggia sul tavolo in mezzo a Tom e Julia, dividendoli fisicamente.
Per fortuna non c’erano coltelli nella stanza (anche se sono state suggerite forbici con la punta arrotondata).



E questa qui, chi è?
Nei panni di Max incappo in una Julia praticamente mai conosciuta prima… in tutti i sensi.
Max la conosceva si e no di vista, e va beh.
Ma io mi aspettavo l’altéra star del palco, ed invece mi trovo a fare amabili chiacchiere con una ragazza triste, che mi sembrava soffrire di un profondo vuoto interiore.
Click.
Io (Alessandro) sono passato dalla più viscerale antipatia per Julia ad un… non so come chiamarlo: percepivo la tristezza di lei e di rimando desideravo alleviarla in qualche modo.
Non come strategia per rimorchiarla (Max esiste per essere la tentazione di Julia, no?) ma proprio per un genuino desiderio di confortarla.



Nel Nome del Padre
Bella la scena di Julia e suo padre, che mi ha spiazzato un sacco.
Io ero li, padre affabile che pranza in ristorante con la figlia, e senza che me ne accorgessi viene fuori che, volente o nolente, ho segnato in modo quasi obbligato la vita della mia principessina… tanto che ultimamente sta avendo un pò una crisi personale riguardo a lavoro, famiglia e la sua vita in generale.

Ricordo che pensavo “ma no, io non sono così, non posso averle fatto questo, non posso non essermi accorto” mentre a voce balbettavo fiacche parole.
Ricordo anche quando ho cercato di “metterci una pezza” provando a darle un buon consiglio: tua madre era la mia àncora di salvezza fuori dal palcoscenico, prova anche tu a staccare un pò e passare del tempo con Tom.
La cosa terrificante è che, alla fine di tutto, pare abbia funzionato…



Cora, Regina delle Amazzoni
La scena di Cora che praticamente costringe Tom in una situazione spinosissima per il suo matrimonio, a suon di minigonne da scolaretta e contratti di successo, è stato un altro dei momenti di genio.
C’era Tom nel panico…
C’era Giuseppe nel panico…
Ed il “maschio italiano del caffè mattutino” torna in scena, regalando al pubblico un fallitissimo tentativo di depistaggio (devo prima parlarne col mio agente!) poi abbandonato per manifesta inesistenza del suddetto agente.



Cannoli Blues
Una delle scene più intense per me è stata quella del Martire: Peter va a trovare Nicole sul lavoro, sperando di incrociare Maude, ma ci trova solo la moglie che lo liquida senza troppe cerimonie.
Francamente non avevo inquadrato un gran che bene la scena, per cui mi ero immaginato di fare una scenetta leggera: “ciao tesoro come va, ah devi scappare, che peccato, ciao.”

Come scusa per restare a vedere Maude avevo poi un piano “infallibile”.
Avrei portato dei dolci fingendo di dimenticare che Nicole era a dieta (cosa decisa al volo mentre preparavamo la scena) e così al suo rifiuto di mangiarli li avrei consegnati a Maude per non sprecarli.

Invece mi sono trovato nel mezzo di una lite coniugale bella e buona, ma roba forte!
Alla fine stavo (io, davvero) quasi urlando in faccia a Nicole per l’esasperazione; e per evitarlo (spesso parlo con tono forte, ma non mi piace urlare) mi sono trovato con le mani in faccia (la mia) a prendere un lungo respiro, a piantare il vassoio dei dolci sul tavolo ed a mollare Nicole là sul posto, sbattendomi la porta alle spalle.



La Città di Notte
Nelle scene seguenti bene o male si sviluppano tutti i rapporti.
La situazione di Tom e Julia si logora a causa del contratto da lui firmato e dalle restrittive condizioni di esso.

Julia quindi trova un pò di conforto in Max, prendendo un amichevole caffè nel bar della pista da jogging.
Qui più che altro mi sono ritrovato davanti ad una Julia che condivideva un mio (Alessandro) reale sentimento, cioè il desiderio di scoprire come sarebbe mollare tutto ed andare lontano, magari per mare… infatti mi sono messo a raccontare di quando ho letto Moby Dick.

E poi succede una cosa strana a Peter.
Peter e Nicole sono in taxi di ritorno da una festa, lei dorme, lui riflette.
Non lo so.
Sarà che mi sono immaginato un viaggio in taxi di notte, ed a me piace l’atmosfera dei viaggi di notte.
Boh.
O sarà stato avere un alterco forte con Nicole e poi ritrovarmela addormentata su una spalla.
Stà di fatto che è stato allora che ho deciso che aveva un senso almeno provare a stare con lei.

Certo se poi dopo non si fosse svegliata, facendo l’acida come al solito, sarebbe stato meglio.
Ma comunque le ho strappato un accordo in modo da passare più tempo con lei nei giorni a venire.



A Guilty Concience
Altro momento impagabile regalato da Giuseppe è quando Tom e Julia discutono al ristorante, anzi… due momenti impagabili… anzi tre.
Il primo è quando lei parla di problemi di comunicazione nella coppia, e lui risponde che non c’è nessun’altra.
BUUUM!
Il secondo è quando, in disperata arrampicata sugli specchi, Tom cerca di sdrammatizzare dicendo che si, ha un’altra, e poi ride canzonando Julia per averci creduto.
In fine ho trovato fantastico, proprio come nella scena del caffè mattutino, lo svolgersi di atti archetipici che però avvenivano in modo dannatamente spontaneo e non premeditato: in pratica la coppia dopo simili discussioni non esplode in una scenata… peggio: si ricompone, con ognuno che guarda il suo piatto e mangia in silenzio.
Ricordo la gestualità sia di Francesca che di Giuseppe che, nel silenzio generale, improvvisamente pongono attenzione nel simulare un accurato taglio ed inforchettamento del loro cibo, prima solo vagamente accennato.



Lacuna
Più ci rifletto e meno so cosa scrivere qui.
Questa è una delle scene che mi sono piaciute di più; questa volta non per la sua forza, ma perchè la sento particolarmente mia.
Uff, proviamo un pò.

Questa scena l’ho chiamata io come Istantanea.
Volevo conquistare Julia, ed il momento era perfetto perchè aveva appena litigato con Tom a cena.

L’ho riportata al parco della pista da jogging, ma di notte.
Siamo entrati grazie ad un mio amico (Malcom) che conosceva il custode… o era il custode egli stesso, non ricordo.
Passeggiando discorriamo di questo e quello (in scena sono stati 3 passi e 2 parole, allora perchè quando li ricordo mi viene in mente una lunga camminata ed una chiacchierata fitta fitta?) fino a quando, in prossimità del laghetto del parco, riporto il discorso sul fuggire per mare…

Non posso darti il mare intero, ma posso regalarti una piccola fuga nel tuo oceano privato.

Legata a riva del lago c’era una barchetta a remi.
Mi piego, accendo una batteria nascosta sotto uno dei sedili, e la barchetta si illumina di luci, catenarie di lumini bianchi intrecciati lungo tutto il bordo di legno.
Montiamo, remiamo, parliamo: Julia è indecisa su come comportarsi, io le metto la mia giacca (vera, in scena) sulle spalle per proteggerla dal freddo, lei mi dice che sarebbe meglio tornare a riva, io vado ai remi… lei mi prende le mani: “Aspetta”.
Cut.

Mi accorgo rileggendo che è da un pezzo che ho smesso di scrivere “Max vuole, Max dice”.



Abbastanza!
Nelle scene successive si radica in Peter la realizzazione del fallimento del rapporto con Nicole.
Tutti gli sforzi vani, tutte le iniziative fallite, ogni incontro è una battaglia.
Quella sera credo di essermene andato a dormire sul divano.

La cosa si è manifestata con più chiarezza nella scena “muta” di un dopo festa (da Malcom?) durante la quale faccio, come Peter, un monologo davvero amaro.
E qui ho specificato “come Peter” unicamente perchè poche righe addietro ho notato di aver identificato me stesso e Max… Ma in realtà anche qui il monologo suggerito dal copione era una perfetta espressione di come mi sentivo davvero.
Riparlerò di questo…

Alla fine arriva il colpo di grazia in una scena in cui Peter e Nicole erano a letto assieme, ed accanto a loro c’erano anche i loro “sogni” Lewis e Maude.
Insoddisfatto, amareggiato, stufo, irritato… eppure ancora li con Nicole… fino a quando Maude non lo dice in chiaro “ma perchè non la lasci?”.
E’ stato come un fulmine a ciel sereno: nemmeno ci avevo pensato, ed ora era lampante e giusto, ideale.
La lascio, basta!



Altrove
Mentre sul palco la guerra era costante, nella vita di Tom e Julia si arriva ad una specie di tregua, forzata da un duplice allontanamento.

Tom finisce a Parigi con Cora.
E qui Cora porta l’affondo finale: In realtà la situazione è piuttosto in sospeso; lei dorme da lui, ma lui ha resistito tutto il tempo, anche se sul finale stava cedendo; ma il Cut ha lasciato tutto in sospeso.

Ma anche no, perchè in una scena successiva, a teatro, tutti danno per scontato “quello che è successo a Parigi”.
Ma Parigi, da regole, ha la memoria corta e Tom sceglie di troncare con Cora: non vuole tradire (ancora?) sua moglie.

Parallelamente Julia ha una fuga tutta sua.
Invita Max a casa.
Li mi trovo davanti a tutte le catene che legano Julia: carriera, immagine, fotografie in cui non figurano mai “semplicemente amici” nè tantomeno “semplicemente lei”.
Addirittura lei scherza sul fatto di non saper cucinare…
E così le propongo una fuga.
Quel deficiente di Malcom vuole trascinarmi a fare bungee-jumping, cosa che non mi attira granché.
Se a Julia non sarà di troppo shock sentirmi urlare come una ragazzina terrorizzata, magari potrebbe venire anche lei: un salto di fede, in tutti i sensi.
E lei accetta.



L’ultima resistenza
Di ritorno dai rispettivi viaggi, Tom e Julia finalmente si ritrovano da soli a casa.
E sostanzialmente si riappacificano.
Non ho potuto fare a meno di pensare che il loro percorso sia stato inverso a quello di Peter e Nicole: gli uni così vicini ed a contatto da arrivare a detestarsi, gli altri così lontani e presi da altro da arrivare a mancarsi.
Dannazione!

E qui si svolge l’altra scena che, come quella del lago, sento più… vicina.
Ultimo incontro fra Max e Julia, la bar del parco.
Ricordo che entrando in scena ho tirato un profondo sospiro: Sapevo già la decisione che lei aveva preso.
E questo mi ha dato una sensazione… da eroe romantico, in senso letterario del termine. La sfida impossibile, l’atto finale che ha valore anche fine a se stesso perchè è iconico di una sfida contro il destino stesso.
E’ impressionante il numero di parole necessarie a descrivere, vagamente e goffamente, un’emozione di un istante.
Magari un supporto audio potrebbe essere di aiuto, ma sono indeciso fra due canzoni… mmm… vabè, le posto tutte e due: Dream On (unplugged) oppure Ich Verlasse Heut Dein Herz (live).

Contemplavo quella che sapevo essere la fine, ma continuavo a cercare la vittoria.
(che brutto “vittoria”, pare una gara… ma ci siamo capiti no?)

Riflettevo su cosa avrei mai potuto fare, mentre il pubblico suggeriva fiori ed altri regali di circostanza.
E poi ho trovato (e qui, a posteriori, mi fa un pò strano pensare di conoscere abbastanza bene la Julia del gioco da poterle fare il “regalo giusto”, quando poi nella realtà non avrei la più pallida idea di che regalo fare a gran parte delle persone che “conosco” davvero… è una riflessione alienante).

Mi presento al bar del parco con un pacco di carta semplice, marrone naturale.
Lei lo scarta, e ci trova un album forografico, di quelli formato “book”.
Lo apre, e ci trova le foto che non aveva mai avuto: lei con amici… lei che ride… lei struccata… lei al naturale.
Per una volta, la vera lei.

Non ricordo le esatte parole che ci siamo scambiati.
Ricordo però che eravamo vicini, mani nelle mani, occhi negli occhi… ad un certo punto abbiamo anche poggiato la fronte dell’uno su quella dell’altra.
Ci siamo detti un addio che non era un addio.
E la scena si è chiusa.




The Moment my Heart Fell
E si torna alla porta.
All’inizio.
Alla fine.
Se mi avessero detto cosa sarebbe successo, non ci avrei creduto.

Mi sentivo più deciso che mai a lasciare Nicole.
Nicole la strega che avevo tentato di addolcire durante l’intero spettacolo.
Nicole il mostro con cui riuscivo solo a litigare.
Nicole a cui dentro di me, e poi anche in un monologo, avevo già detto addio e tante grazie.

E dopo la scena con Julia se c’era una cosa che non mi andava era di farmi un’altra strillata con Nicole.
Entro, la mollo, ed esco… avevo pensato.

L’ultimo monologo era mio, ed avevo tenuto il più amaro, quello in cui ad inizio giocata non mi riconoscevo e che ora, quattro ore dopo, trovavo rappresentasse bene come mi sentivo: Il vero amore non esiste. Non puoi votarti a qualcuno fino a che morte non vi separi. Ogni giorno potresti incontrare la donna a cui sei destinato.

Lei entra, mi dice qualcosa. Io rispondo cortese ma freddo, laconico.
Sto per parlare e lasciarla quando lei mi interrompe: mi si avvicina… si inginocchia (io ero seduto alla scrivania e lavoravo al computer) e mi dice che ha lasciato il lavoro, ha preso una pausa di due mesi, ha lasciato tutto in mano a Maude (alla quale prima non lasciava fare nulla, e si arrabbiava se solo la si nominava).
Lascia tutto e vuole fuggire via con me… dove voglio io… subito, adesso! Mi prega.

Io ci sono rimasto.
Sentivo ad un certo punto sia il pubblico sia Deborah che cercavano di incalzarmi: evidentemente sembravo a corto di parole… lo ero.
Avevo la testa vuota. E mi sono trovato a pensare “perchè no?”.

Di tutte le scene, questa, in quell’istante, è la cosa che mi ha colpito con maggiore forza.
Perchè no?
E le ho detto si.
Cut.







Alla fine di tutto ricordo grasse risate e sinceri applausi.
E’ stato divertente.
E ricordo alcune scene come se le avessi vissute davvero.
E’ stato intenso.

Concordo che pochi è meglio.
Pochi comprimari.
Pochi esercizi di riscaldamento.
Contatemi per la messa in scena di Dubbio fatta da tutti ex-giocatori.

End of Line.

(ho il raffreddore, vero, ma sono al crollo psicofisico: Questo post mi ha spremuto come un limone).

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