Nell’ambito di Lucca Educational Kieran Yanner, Special Guest di Lucca Games 2010 e artista di riferimento per la Paizo Publishing, ha tenuto il suo seminario sul futuro delle creature nell’arte digitale. In sala era presente anche Sarah Robinson, suo art director. I partecipanti al workshop hanno potuto vedere un prima persona le tecniche utilizzate dall’artista australiano nella realizzazione di concept art professionali per l’industria dei giochi di ruolo e videogiochi, con attenzione al flusso di lavoro e al processo creativo delle immagini che vanno a definire i mondi fantastici di compagnie come Wizards of the Coast o Disney.
Kieran Yanner dedica la prima parte del seminario alla descrizione del tipo di lavoro che un artista digitale svolge in genere per una compagnia come Paizo, e il tipo di artista che questo tipo di compagnie a loro volta cercano. Nel campo dell’illustrazione professionale ci sono spesso discussioni sull’identità dell’artista, sul fatto che debba avere uno stile unico ed immediatamente identificabile, contrapposto alla versatilità (essere in grado di creare disegni ad esempio in stile disney, quadri come rembrandt e mostri gigeriani). Questo artista “jolly” è molto ricercato dalle compagnie, perché è possibile impiegarlo in più campi, e sicuramente per un “posto fisso” è il più appetibile, soprattutto se oltre alla versatilità stilistica è in grado di offrire la capacità di lavorare su diverse fasi del progetto (ad esempio nel campo di videogiochi una volta terminata la fase di concept art si può passare al disegno delle texture piuttosto che a un nuovo lavoro). D’altro canto un artista che non ha uno stile “proprio” è più difficile da utilizzare per caratterizzare un prodotto: le case di produzione infatti tengono conto anche della riconoscibilità dello stile e di una fanbase che lo apprezza.
Il processo di creazione delle immagini è assolutamente irrilevante, l’unica cosa che conta è la qualità del risultato e il rispetto della deadline di consegna. Ci sono artisti che utilizzano foto come riferimento per le proprie illustrazioni, altri che disegnano di getto, altri ancora che usano la carta velina per gestire tutti gli schizzi iniziali. Molto spesso gli artwork prodotti devono essere modificati e rimaneggiati in base ai desideri dei committenti, e non sempre questo è in linea con la visione dell’artista che li ha prodotti. Kieran Yanner in questo caso è molto pragmatico: si tratta di un lavoro, quindi fa quello che gli viene chiesto; l’estro artistico lo si può sfogare nei pezzi “personali” da pubblicare sul proprio sito. Tutti i committenti dell’industria comunque fanno firmare dei Non Disclosure Agreements per evitare fuoriuscite di informazioni sulle prossime uscite proprio da parte degli artisti che lavorano sui progetti, ed in genere gli illustratori devono comunque chiedere il permesso per inserire i lavori fatti all’interno di presentazioni al pubblico, visto che il copyright rimane all’azienda. Vivendi e Disney per esempio sono molto attente a questo tipo di trasgressione.
La raccolta di riferimenti fotografici, soprattutto nella produzione di illustrazioni realistiche, è fondamentale. Donato Giancola ad esempio fotografa differenti materiali nelle condizioni di luce più disparate per poter avere ispirazione per i tocchi finali di un’immagine. Spesso si organizzano le foto in raccolte chiamate pasteboards o moodboards, ed è un metodo di lavoro particolarmente importante nel caso di videogiochi o mondi complessi sui quali lavorano più artisti: si ottiene così una direzione generale che pone dei “limiti” entro i quali muoversi artisticamente. Film come TRON Legacy hanno una direzione molto decisa. D’altro canto, progetti a lungo termine come Dungeons & Dragons o Magic: the Gathering tendono ad essere un po’ più liberali in questo.
Gli elementi delle foto vengono ricombinati per la realizzazione dei dettagli dell’illustrazione. La questione è spesso dibattuta, in quanto molti pensano che sia un modo di “barare”. In un contesto professionale, dove spesso ci si trova a dover creare 50 varianti di uno stesso personaggio, qualsiasi mezzo che aiuti a mantenere una coerenza generale e una verta velocità di esecuzione è ben accetto. Spesso poi questi limiti sono utili per evitare di “andare per la tangente”. Nel design di creature e mostri si vuole fare in modo che queste siano immediatamente riconoscibili; questo è vero soprattutto per i videogiochi, in cui il giocatore è bombardato continuamente da informazioni e quindi la loro leggibilità immediata è importante. Uno dei motivi per cui si ricorre spesso agli archetipi (il mago, il ladro, il barbaro) è proprio quello di privilegiare l’immediatezza della comunicazione visiva. Gears of War ad esempio ha uno stile molto ben definito ma non è molto caratterizzato quando si arriva al dettaglio delle singole creature. L’esempio opposto è Team Fortress, in cui si è cercato di accentuare gli aspetti caricaturali dei personaggi inserendoli in un’ambientazione dallo stile inconfondibile. Il processo di creazione di una creatura parte in genere dalla definizione di una forma generale, chiamata silhouette o thumbnail. Da una serie di forme che somigliano molto alle macchie di Rorscharch si cerca di definire la forma caratteristica della creatura, in modo che sia interessante e riconoscibile, oltre che valida da un punto di vista di design. Si tratta di centinaia di schizzi realizzati con le tecniche più diverse, dalla china al digitale, anche se quest’ultimo metodo, per motivi di produzione, è in genere prediletto. Anche solo la replica di una stessa forma con brush differenti può portare a nuove idee e nuovi punti di vista. L’art director decide quali proposte meglio si addicono alla sua visione e al mood del prodotto e si procede così ad una fase di approfondimento.La definizione del set di brush da utilizzare è fondamentale, in quanto si può risparmiare molto tempo anche solo con l’utilizzo di brush che rispecchiano già il “look & feel” del prodotto. Questi poi vengono spesso condivisi tra artisti che lavorano allo stesso progetto per ottenere uniformità stilistica. Questa forma di lavorazione collaborativa (in cui spesso artisti diversi lavorano sulle stesse immagini) rende di difficile attribuzione le opere finali. La cruda realtà è che non molti giochi hanno veramente successo, e molti spesso non arrivano alla fase finale. Questo limita anche la visibilità degli artisti: non tutti sono conosciuti come ad esempio James Gurney.
A seguito della definizione della silhouette da sviluppare (un incrocio tra una lumaca e un gallo!) Kieran Yanner si è cimentato nella dimostrazione pratica di come si arriva, con un lavoro di successiva definizione dei volumi e delle superfici tramite l’uso sapiente di diversi brush, ad una creatura stilisticamente non dissimile dagli esempi presenti nel suo portfolio. A questo punto interviene anche l’art director, Sarah Robinson, ad indicare come ci si possa preparare a presentare le proprie opere ad una casa di produzione. Semplicemente si tratta di fare una ricerca sulla compagnia stessa per capire il tipo di “pezzi” che possano interessarla per i propri progetti e di valorizzare quel tipo di opere nella presentazione, eventualmente relegando in secondo piano gli artwork con stili differenti (a dimostrazione della propria versatilità).