venerdì 22 Novembre 2024

[Sondaggio] corroboranti del mercato ludico italiano – grande spazio pubblicità

Proprio quello che cantava il buon Vasco riferendosi alla Cola più famosa del mondo: un piccolo spazio pubblicitario può fare davvero la differenza.

Evidentemente che la pubblicità sia l'anima del commercio non è un mistero per i nostri lettori, basta vedere il netto 35% che ha riscosso tale voce nel nostro sondaggio. Non crediamo certamente che i protagonisti del mercato ludico italiano siano all'oscuro di questa massima commerciale, quello che possiamo presumere è che il bilancio di tale sorta d'attività non consenta investimenti funzionali nel campo pubblicitario.

Certo un'attività che nemmeno al top della propria classe possa permettersi della buona pubblicità insinua qualche dubbio sulla validità di un sacrificio quale quello del tenere in piedi un'azienda. Oppure la pubblicità di cui già gode il settore è ritenuta sufficiente dai relativi manager, e stiamo parlando dei banner sui vari (neanche tanti) siti di gioco non d'azzardo italiani, e gli articoli degli ancor minori siti d'informazione ludica, come il nostro; buono per loro, evidentemente no, secondo voi…

A seguire nelle vostre preferenze c'è un 22% per l'organizzazione di eventi in ambiti non ludici; effettivamente fino ad oggi il mondo ludico è apparso sempre come una scultura moderna: incomprensibilmente ripiegata su sé stessa e che ha finito per svilupparsi nel proprio stesso ventre.
Lo so, è un'immagine raccapricciante, nonché l'immagine che il più delle volte si ricava da una prospettiva totalmente esterna, il noto "quelle cose che fate voi" che ogni giocatore si è sentito rivolgere almeno una volta nella vita. E devo ammettere che al di là delle crescenti manifestazioni (in numero e qualità, almeno fino allo scorso anno), un buon successo in termini di propagazione dell'attività e del concetto ludici l'hanno avuto proprio quegli eventi realizzati in luoghi non convenzionali; come la GiocaTorino organizzata nel bel mezzo di un grande centro commerciale. Insomma se il pubblico non va al gioco il gioco va al pubblico, per citare un famoso sociologo, anche perché attendendo il contrario la crescita è tutt'altro che virale, come la nostra generazione ha potuto notare, e vivere.

Coinvolgimento dei personaggi pubblici, strano grado d'apprezzamento per una comunità, come quella ludica, che ha fatto della diversità, della distinzione dalla massa, uno dei propri fondamenti. Mi chiedo quanti di questo 13% di voi abbiano inteso, che so, Leonard Nimoy come "personaggio pubblico". Indubbiamente se in una puntata de i Cesaroni tutta la famiglia s'impegnasse in una sciacallante partita a Battlestar Galactica, questo avrebbe una certa risonanza. Una volta lessi da qualche parte che Jessica Alba è un'accanita giocatrice di Apple to Apple, chissà che questo abbia influenzato il mercato americano, certamente qualche giocatore deve averna acquistata una copia da abbracciare nelle solitarie notti buie e tempestose.

A seguire troviamo una voce piuttosto caratteristica delle nostre parti, una sorta di lamentela, ossia l'arrivo spesso considerato tardivo della versione italiana dei giochi prodotti all'estero, al quale si va ad aggiungere un crescente numero di errori delle stampe, da Puerto Rico arrivato con circa sette anni di rtardo alla plancia di Battlestar Galactica da coprire con un adesivo correttivo, fino alla nuova edizione internazionale si 7 Wonders che porta il gioco in Italia senza che sia completamente in lingua e con qualche errore di troppo. En plein.

Poi la grande richiesta di sempre, meno votata ma certamente non meno desiderata, le grandi offerte. E' più che comprensibile che i giocatori vorrebbero pagare meno i giochi, e non è difficile immaginare che non sarebbe per risparmiare quanto per comprarne di più. Io tendo a considerare questo tipo di scelta da parte degli editori, quei pochi che la eseguono almeno, come una forma pubblicitaria a due livelli, il primo è quello di farsi conoscere e riconoscere per tali iniziative, il secondo è quello di mettere in circolazione un maggior numero di copie dei prorpri giochi, aumentandone la familiarità per i gruppi di gioco, che sono e rimangono la principale formula di consiglio per gli acquisti. Queto ammesso che i giochi abbiano una qualità tale da beneficiare dalla propria esposizione al pubblico. Sarebbe comunque piacevole, almeno alle fiere nazionali, trovare qualche tipo di offerta promozionale importante, anche per alimentare il senso di vitalità del mercato stesso, animandosi della partecipazione attiva degli acquirenti anche occasionali, spesso intimiditi dai prezzi, quelli sì, spesso davvero importanti.

Tempo al tempo, pochi quelli che credono che in fondo la strada giusta sia stata imboccata, un 4% armato di santa pazienza che probabilmente crede che la minor diffusione della cultura ludica nel nostro paese rispetto ad altri di riferimento (Germania com Stati Uniti) giustifichi le scelte caute dell'editoria italiana. Un po' come dire che è tutto in mano al volontariato, all'associazionismo e al carisma che la cultura nerd ha sulla popolazione comune. Que sera, sera.

Fanalino di coda è la qualità delle produzioni nazionali, ritenute ovviamente dal nostro pubblico all'altezza, il che lascia ancor più l'amaro in bocca per una diffusione ancora sotto le proprie aspettative, ma forse in linea con le aspettative dell'editoria.

Di scorta un 1% che non saprebbe dove mettere le mani, sperando che questa percentuale non sia composta proprio dai nostri editori e distributori aspettiamo segnali decisi da parte del capitalismo ludico perché facciano la loro parte anche sulla diffusione della stessa cultura ludica, serbatoio fondamentale per il proprio sviluppo.

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