"Gli italiani lo fanno meglio", ci sarà un motivo; per la produzione italiana di King of Tokyo da parte di Uplay il motivo è chiaro: qualità.
La natura di giocatori, prima che di mercanti ed editori, dei ragazzi di Uplay, ha portato all'evidenziarsi di certi difetti, errori e piccoli problemi del gioco in lingua originale; evidenze che l'editore ha deciso di eliminare nel trasporre il prodotto.
E' così che prima di ogni altra cosa, piuttosto che la traduzione delle sole carte, è la nuova stampa dei dadi, o meglio l'incisione dei dadi piuttosto che la stampa. Un guadagno in termini di qualità, per quei dadi come per i giocatori, senza paragone.
Solo a questo punto, già apprezzando il costoso sforzo applicato ai dadi, si possono notare le migliorie apportate alle carte: non solo quelle errate o poco chiare sono state corrette, ma un sistema iconografico è stato realizzato ad hoc rendendo, se possibile, i testi ancora più essenziali.
La semplicità del gioco infatti non necessita ma gode di una certa esplicità, il meccanismo del lanciare i dadi contro tutti gli avversari, o da avversario lanciarli contro l'attuale re di Tokyo, deve poter scorrere senza intoppi; la selezione delle carte per potenziare il proprio mostro non può essere da meno, lasciando ai giocatori la sola preoccupazione di prendersi un rischio e inveire sui dadi.
La serie di scelte della Uplay fanno parte di un vero stile editoriale che si ritrova finora in tutte le edizioni, godendocene i risultati auguriamo a loro, e a noi, di vedere presto i prossimi frutti di questo stile.