Nella rubrica di approfondimento Spielarum, curata dai giurati del famoso premio tedesco Spiel des Jahres, continuano ad essere affrontati nuovi interessanti temi che ruotano attorno alla competizione, e che ci permettono di comprendere meglio l'operato della giuria.
Come abbiamo già letto, a volte queste riflessioni riguardano le modalità di approccio all'opera di giudizio, altre volte spaziano sul concetto e l'importanza del gioco in senso più generico.
L'articolo che abbiamo scelto di tradurre in questa occasione è ad opera di Udo Bartsch e riguarda il cambio di prospettiva di un giornalista quando diventa giurato…
Essere giurato di Udo Bartsch
E' cominciato così: nel giugno 2007 ho ricevuto una telefonata da Stefan Ducksch, all'epoca presidente dello Spiel des Jahres. Voleva incontrarmi per valutare assieme se avessi potuto entrare a far parte della giuria di critici o meno.
A me era chiaro che la carica onoraria di giurato avrebbe significato un impegno gravoso in termini di tempo. D'altra parte mi era altrettanto chiaro che avrei trovato questo lavoro altamente attraente: ero entrato nel mondo del gioco come recensore, che saltava da un gioco all'altro, ma nel frattempo avevo espanso i miei orizzonti giornalistici e cercavo anche tematiche che andassero al di là della scatola. Il passo seguente sembrava logicamente essere quello di aiutare la crescita e la diffusione della mia passione: il gioco.
E poi… ok… ero ovviamente anche curioso di come sarebbe stato essere parte della giuria.
E come è?
Finché uno non comincia a distribuire il suo biglietto da visita per strada, nella vita normale non cambia proprio nulla. Si, alcuni corrieri conoscono benissimo il mio indirizzo, ma era già così prima che entrassi a far parte della giuria. I miei vicini probabilmente non sanno bene quello che faccio. Nessuno mi ha ancora chiesto qualcosa in merito.
Poiché vivo al piano terra, dalla strada si vedono i miei giochi. Probabilmente è per questo che un giorno la mia vicina mi ha piazzato una pila di puzzle usati fuori dalla porta. Io avrei dovuto esserne felice (anziché inciamparci).
Di tanto in tanto dei gruppi di gioco mi chiedono se posso raccontargli del lavoro in giuria o se voglio giocare con loro. Dopo che un reporter locale si era accorto di me e mi aveva intervistato, sono finito per un breve momento sotto i riflettori: mi hanno chiamato per una presentazione ed il canale TV della metro di Hannover voleva fare un servizio sulla mia collezione di giochi.
E cosa cambia nell'ambiente ludico?
Più editori di prima mi mandano gli auguri di Natale, alcuni amministratori delegati improvvisamente conoscono il mio nome. E quindi? Fa parte del business, no? Io credo tuttavia che autori e redattori continuino a parlarmi come facevano prima, semplicemente da giocatore a giocatore.
Quando ricevo la revisione di un regolamento senza averlo richiesto, non lo considero un bonus legato al far parte della giuria. Si tratta semplicemente di informazioni di cui ho bisogno per il mio lavoro come giornalista. In ogni modo mi meraviglio che anche gli altri giornalisti del settore non le ricevono. Servono anche a loro per il lavoro, no?
Chi lo desidera può, in qualità di giurato, ritagliarsi sicuramente dei piccoli e superflui privilegi, tuttavia io questo lo considererei un “abuso di posizione” e mi applico in modo scrupoloso affinché non mi succeda qualcosa del genere. Inizialmente ho provato a discernere se il comportamento amichevole di certi editori fosse effettivamente diretto alla mia persona o fosse una pura cortesia professionale. Fatica sprecata. Finché resterò nella giuria non sarò certamente in grado di distinguere le due cose. Quindi in caso di dubbio mi sono abituato a considerare l'amicizia come cortesia professionale e mantengo consapevolmente le distanze. Per quanto alcuni autori ed editori mi possano stare simpatici, stiamo su sponde diverse e non possiamo diventare amici.
Da quando sono entrato a far parte dello Spiel des Jahres analizzo in modo più critico ciò che scrivo e ciò che dico. Tutto viene filtrato. Innanzitutto non voglio spiattellare nessuna notizia riservata. In secondo luogo come giurato non voglio distinguermi negativamente. Mettiamo che usi il tono sbagliato o che da una recensione venga fuori che il mio giudizio è stato causato da un errore di gioco. Questo sarebbe imbarazzante. Ancora più di quanto lo sarebbe stato prima. Perché prima avrebbe colpito solo me, il critico Udo Bartsch, ora invece sarebbe un passo falso del giurato Udo Bartsch.
Quando ho il timore che un passo falso di un singolo possa essere addossato all'intera istituzione, allora mi comporto con ancora più cautela. Per sicurezza alcuni testi mi escono meno pepati, alcuni argomenti non li affronto proprio, anche cose apparentemente innocue.
Ad esempio avevo pensato di mettere sulla mia homepage brevi resoconti delle miei serate di gioco con le prime impressioni sui giochi. Ho abbandonato l'idea, perché le prime partite sono sempre caotiche e piene di errori. Come giocatore potrei permettermi di pubblicare delle prime impressioni incomplete. Come giurato no.
Chi pensa che come giurato si abbia tutta la libertà del mondo si sbaglia. E' vero il contrario: alcune libertà vengono ridotte. Naturalmente ci sono anche gli aspetti positivi: prendo parte a discorsi specialistici all'interno dell'associazione, sia sullo Spiel des Jahres in particolare, sia su temi più generali riguardo il gioco, sia naturalmente sui giochi stessi. Lo scambio di vedute coi colleghi è d'aiuto e ispirazione per la mia attività di critico.
Inoltre posso prendere parte a progetti all'interno della giuria e aiutare a portare avanti le cose. Sono orgoglioso ad esempio del programma di promozione avviato nel 2012. L'attività in giuria permette al critico l'impegno più profondo e professionale che si possa immaginare con il tema “Gioco”. Tuttavia bisogna anche voler lavorare a questo livello. Immaginarsi la giuria come un banale circolo di votanti sarebbe sbagliato.
E poi c'è il giocare in sé. Prima di entrare a far parte della giuria pensavo che non avrei potuto giocare più di così. Invece no, è possibile!
Prima giocavo principalmente con giocatori esperti, il giudizio dei quali è per me importante, perché conoscono tanti giochi e possono paragonarli tra loro e trovare in modo mirato le debolezze di un sistema. Tuttavia, a causa della loro esperienza, questi giocatori sono anche prevenuti e incasellano subito in giochi in categorie.
Quindi per i miei test avevo bisogno di neofiti. Poiché non volevo abbandonare i miei gruppi esistenti, ho dovuto aggiungerne di nuovi. Oltre ai mie gruppi regolari durante la settimana, ora gioco anche ogni secondo venerdì. Una volta al mese anche il sabato. E la domenica. E volentieri fuori dalla routine nella parrocchia X o dal sindacato Y. Se prima i test terminavano non appena avevo finito di stendere la recensione, ora non finiscono praticamente mai.
Quello che potrebbe degenerare in stress da gioco invece è divertente. Alla fine gioco anche per curiosità: come è il gioco, come reagiscono i giocatori? Più giocatori e modi di giocare incontro, più intensamente viene pacata la mia curiosità. Grazie all'attività della giuria il mio orizzonte si è allargato, il mio sguardo al gioco e il mio gusto sono cambiati.
Benché il lavoro di giurato comporti effettivamente parecchio lavoro (ancor di più di quanto avessi immaginato), benché come giurato non sempre si sia osannati dal pubblico e dagli addetti ai lavori e benché in giuria a volte si litighi pure e il mio punto di vista non sia sempre in maggioranza, io nella giuria dello Spiel des Jahres mi sento nel posto giusto.
La mia intera vita sinora ha seguito una fondamentale nozione: sono pazzo per i giochi! Dove altro potrei stare meglio che non in un'associazione con altri infatuati?
(Articolo originale – traduzione a cura di Fabrizio Paoli)