In questo episodio dello Spielraum, la rubrica curata dai membri della giuria dello Spiel des Jahres, l’esperto Bernhard Löhlein affronta una problematica spesso sottovalutata da chi sviluppa (e anche da chi giudica) i giochi: la fruibilità del gioco da parte dei portatori di handicap. E ci spiega anche quali siano le difficoltà nell’includere il fattore inclusione tra i parametri di giudizio del prestigioso premio…
Anche con l'handicap? Giocare con inclusione
di Bernhard Löhlein, portavoce dello Spiel des Jahres
Far appassionare sempre più persone al mondo del gioco, questo è uno dei grandi obiettivi dello "Spiel des Jahres", perché difficilmente un altro modo di trascorrere il tempo libero affascina le persone così tanto come il gioco. Nel gioco si ride, si rimugina, si scommette. Giocare è divertente, stimola la fantasia, sviluppa l'astuzia. Giocando le persone si avvicinano, imparano a conoscersi, scoprono la parte più genuina degli altri. Il gioco unisce le generazione e le mette in contatto persone di origini diverse. Il gioco non conosce confini.
Veramente nessun confine? Per quanto ci si possa esaltare per i vantaggi del gioco, non tutti i giochi sono ugualmente adatti a tutti. Per alcuni giochi serve una particolare destrezza o una speciale rapidità di comprensione. In altri giochi chi ha un udito o una vista migliore parte in vantaggio. I portatori di handicap raggiungono presto i loro limiti. Purtroppo in questo il gioco non fa eccezione rispetto alla vita di tutti i giorni.
Ultimamente l'inclusione, ovvero la partecipazione dei portatori di handicap alla vita pubblica e sociale, è un tema molto discusso. Vale anche per i giochi di società? La giuria dello "Spiel des Jahres" dovrebbe tenerne di conto come criterio di valutazione nelle proprie scelte?
Inclusione – più di un'etichetta
Al principio del 2009 la convenzione dell'ONU per i diritti dei portatori di handicap promulgò un accordo sui diritti dei disabili. Da allora il concetto di "inclusione" è entrato a far parte del dibattito pubblico anche in Germania. Inclusione significa, per farla breve, che ogni persona può partecipare alla vita pubblica con le sue idee, abilità e competenze. Compito della società è fare in modo che questo sia possibile anche per i portatori di handicap. E questo deve essere garantito in tutti gli aspetti della vita e non presentato come "grazioso accessorio", ma come naturale parte integrante. Solo allora i diritti civili dei portatori di handicap saranno veramente e completamente realizzati.
Poiché secondo l'ONU l'inclusione deve essere un diritto e non una richiesta, ci sono naturalmente anche delle conseguenze: sempre più genitori pretendono che i loro figli disabili frequentino una scuola normale; gli edifici pubblici devono essere senza barriere, in modo che i portatori di handicap fisici vi si possano muovere quanto più liberamente possibile. Lo stesso accade con i giochi: sempre più autori inventano "giochi inclusivi", che vengono sfruttati principalmente nelle strutture di pedagogia curativa. Perlopiù si tratta di giochi di movimento, nello spazio o all'aria aperta. I giochi di società inclusivi sembrano invece essere un prodotto di nicchia riservato ad alcuni editori specializzati. Potrebbe la giuria dello "Spiel des Jahres" andare controcorrente e fare attenzione a che i giochi consigliati non escludano nessuno?
I limiti della giuria
Arrivo subito alla conclusione: l'inclusione, così come richiesta dall'ONU, non è utilizzabile come criterio nelle nostre decisioni. Ci sono due ragioni per questo. Per prima cosa tutto ciò va oltre le nostre competenze. Non possiamo considerare tutte le componenti di un gioco senza barriere nelle nostre valutazioni. Nel giudicare quali giochi in che forma sono adatti ai disabili raggiungiamo i nostri limiti di critici ludici. Non può essere compito nostro testare i giochi che stiamo valutando anche con persone portatrici di gravi handicap. Ci manca il tempo per farlo e, come detto, ci mancano le competenze.
Punto secondo: uno dei tratti caratteristici di un gioco interessante e appassionante è che si focalizza su particolari capacità delle persone. Prendiamo ad esempio "Riff Raff", gioco di destrezza entrato nella lista dei giochi consigliati del 2013. In questo gioco servono sia una mano ferma che la capacità di reagire rapidamente. Nessun problema per persone con problemi di udito o di apprendimento, mentre per persone con handicap fisici il gioco è solitamente non giocabile. Altro esempio, „Wer war’s?“ (Kinderspiel des Jahres 2008): i non udenti non posso giocarci, sono messi ai margini (accusa che per l'appunto era stata rivolta alla giuria in quell'anno). Se all'epoca avessimo considerato anche questo aspetto, allora non avremmo mai premiato quel gioco. La lista potrebbe essere allungata a volontà. Non ogni gioco è giocabile da chiunque. Non solo i gusti sono differenti, ma anche le abilità delle persone.
Senza barriere, vale anche per la giuria
La giuria, proprio perché cosciente dei propri limiti, è grata a progetti come quello dell'associazione "Spiele-barrierefrei?" [Giochi – senza barriere?]. Gli abitanti del Benediktushof Maria Veen (un'istituzione nei pressi di Munster che fornisce una formazione professionale a persone con handicap fisici o psichici) hanno organizzato serate di gioco con gli scolari della scuola di Nostra Signora e con altri appassionati di giochi della regione in cui hanno provato nuovi giochi di società e li hanno valutati dal punto di vista dell'assenza di barriere. Infine hanno raccolto la loro esperienza in una brochure con tanto di descrizioni dettagliate e consigli. La cosa buona è che si tratta di giochi tutti concepiti per il mercato "normale".
Un'altra osservazione: come "esperto di giochi" vengo spesso invitato da enti che si occupano di disabili per presentare giochi, che potrebbero essere adatti a queste organizzazioni. Richiesti sono in particolare giochi non specificatamente sviluppati per il mercato dei portatori di handicap. Inoltre per gli adulti i giochi non debbono apparire come giochi per bambini già ad un primo sguardo. Per me è sempre una sfida trovare qualcosa di adatto. Posso dare suggerimenti, ma alla fine devono essere gli stessi terapeuti ed i pedagoghi a scoprire cosa è adatto ai loro pazienti.
Per me queste serate di gioco sono sempre una scoperta: giochi che pensavo adatti ad un certo gruppo vengono rifiutati e viceversa. Ad esempio, ho scoperto in questo modo che Hanabi, lo Spiel des Jahres 2013, è adattissimo ai non udenti: è infatti molto facile scambiarsi le poche informazioni con i gesti ed i giocatori sono concentratissimi a migliorare il loro punteggio.
Imparare dall'inclusione
Anche se noi giurati non siamo in grado di valutare i giochi dal punto di vista dell'inclusione, facciamo tuttavia attenzione a che alcuni aspetti vengano comunque considerati. Ad esempio verifichiamo che i colori delle carte o delle miniature siano chiaramente distinguibili l'uno dall'altro. Controlliamo, in particolare per i giochi per bambini, che i componenti siano facilmente maneggiabili dal target di riferimento. Diamo molta importanza al fatto che i regolamenti siano scritti in modo comprensibile. Peraltro questo è un aspetto in cui gli editori possono imparare ancora qualcosa dall'inclusione. Parola d'ordine: scrivere chiaro ovvero "plain language", un modo di scrivere inventato per persone con difficoltà di apprendimento. Ora, le regole di un gioco non possono essere certo redatte in "plain language", ma alcuni dei criteri dovrebbero essere seguiti anche dagli editori. "Plain language" significa usare frasi brevi, sfruttare immagini e grafici, spiegare tutti i concetti che potrebbero dar luogo a fraintendimenti e infine, una volta terminato il testo, farlo leggere a qualcuno che per capirlo ha bisogno del "plain language". Applicato ai giochi significherebbe: ogni regolamento dovrebbe essere controllato da qualcuno che, come consumatore, vorrebbe capire come funziona il gioco…
Nessuno è perfetto. Ciascuno ha delle abilità e degli handicap. I giochi non possono, non vogliono e non debbono compensare tutto questo. Sarebbe sbagliato valutare i giochi solo considerando che possibilmente tutti dovrebbero giocarci. Non funziona. Quello di cui però bisognerebbe prendere coscienza è che i disabili giocano volentieri e in particolare giocano a giochi che non sono stati sviluppati per risolvere le loro disabilità. I giochi educativi sono divertenti fino ad un certo punto. La cosa migliore è considerare che giochi sono disponibili nei negozi e vedere se quanto sono adatti ad un certo gruppo di persone. Questo è un compito di tutti quelli a cui sta a cuore la diffusione del gioco. In questo modo i giochi rendono possibile ai portatori di handicap quello di cui questi hanno urgente bisogno: la spontanea partecipazione alla vita di società.
Il detto "chi gioca vince, sempre" si dimostra così ancora una volta vero.
(Articolo originale – traduzione a cura di Fabrizio Paoli)