In epoca di crowdfunding, chi segue l’andamento del mercato ludico potrà dirsi tutt’altro che stupito dalla moltiplicazione delle vertenze legali su brevetti, licenze e diritti calpestati. In maniera direttamente proporzionale all’offerta, assistiamo sempre più spesso a contenziosi sull’utilizzo di nomi, autorizzazioni e facoltà mai acquisite, mentre autori, editori e società di varia grandezza talvolta si mettono d’accordo, talaltra fiiscono per trascinarsi in tribunale, mentre i poveri consumatori assistono inermi, sperando nella felice conclusione dello scontro a suon di citazioni. Con l’esplosione delle raccolte fondi online, oltretutto, lo sfruttamento di marchi, intestazioni e simboli registrati finisce spesso per scontrarsi con legislazioni assai differenti, che in uno Stato consentono l’applicazione di determinate regole e comportamenti, mentre, magari, in quello confinante vige il divieto opposto. E’ il caso, ad esempio, del famoso progetto “HeroQuest 25”, che ha suscitato tanti entusiasmi quante perplessità, mentre i promotori si affannavano a rassicurare i backers della regolarità del progetto e della sua prossima commercializzazione. Ma oggi, non vi vogliamo parlare del capostipite dei dungeon crawling, bensì di una vicenda simile, per un titolo non meno famoso, sia per l’edizione originale, considerata una pietra miliare nella storia dei giochi da tavolo, che per la tormentatissima – e non ancora compiuta – ristampa. Stiamo parlando, come i più attenti tra voi avranno intuito, di Up front, classico wargame opera di Courtney F. Allen, protagonista del caso più intricato e pieno di colpi di scena da quando l’universo Kickstarter ha invaso le piattaforme di realizzazione dell’industria ludica.
L’ultimo aggiornamento, datato a fine dello scorso mese di aprile, ha visto il gioco tornare disponibile nella sua edizione originale Avalon Hill in modalità Print on demand: uno sviluppo imprevisto che, comunque, non ha spostato di un millimetro il progetto finanziato da tanti entusiasti gamers nel lontano 2012 e, ancora, a distanza di anni, fermo su un apparente binario morto.
Cerchiamo di rimettere insieme i pezzi di questa storia, degna di un romanzo di John Grisham, ma che tutti gli appassionati ed editori ludici farebbero bene a conoscere, prima di lanciarsi a testa bassa in quell’universo allettante ma zeppo di insidie che va sotto il nome di “crowdfunding”.
L’utopia della guerra lampo
Nel 1983 la Avalon Hill passa agli annali per aver rivolzionato il mondo dei giochi di guerra con un titolo a dir poco anomalo: come sottolineato nella nostra recensione, infatti, “Up front”, pur trattando un argomento non certo innovativo come la Seconda guerra mondiale, presentava alcune caratteristiche del tutto inusuali per i titoli di genere: niente mappa, né pedine o unità, ma un corposo mazzo di carte divise in azione, personalità – con la raffigurazione di truppe o mezzi – e qualche segnalino. Fu indubbiamente questa una delle ragioni dell’enorme successo di questo titolo che, oltre trent’anni dopo la sua comparsa sugli scaffali, appartiene a pieno diritto alla schiera dei classici, un “must” assoluto per tutti gli appassionati. Una fama cresciuta nel corso del tempo di pari passo a una sempre più difficile reperibilità: “Up front” è progressivamente scomparso dal mercato, impedendo a nuove schiere di potenziali acquirenti di possedere a propria copia (e, alle case editrici, di garantirsi affari d’oro, ovviamente).
Così, nell’agosto 2012, sull’onda del fenomeno Kickstarter viene confermato l’atteso ritorno di questo gioco tramite un’apposita campagna su sito di crowdfunding. A dare l’annuncio, Rik Falch della Valley Games con un post su Boardgamgeek in cui si ipotizza la pubblicazione nella prima parte dell’anno successivo, a seguito della raccolta fondi in calendario per i mesi di novembre e dicembre 2012. La casa di produzione, insomma, ha ben chiara l’antifona: riproporre un classico introvabile è la via maestra per fare il pieno di finanziamenti.
A poche settimane dal “calcio d’inizio” alla raccolta, però, sulla Valley Games si addensano le prime nubi: gli autori Reiner Knizia – sì, proprio lui – e Phil Sauer rendono noto di aver intentato una causa all’editore per il mancato riconoscimento economico di prestazioni svolte in passato e delle royalties collegate alla vendita dei giochi di loro paternità. “Cosa fareste – si chiede Knizia su Twitter – se un editore continuasse a vendere un tuo gioco senza licenza, senza pagare alcuna royalty, ignorando le tue lettere…”. Insomma, un risvolto inatteso e a dir poco scomodo per la Valley Games, che rischia seriamente di compromettere anche la buona riuscita dell’operazione “Up front”. Il regolamento della piattaforma di crowdfunding, infatti, mette in chiaro che eventuali procedimenti legali debbano essere resi noti dagli stessi promotori del progetto, per garantire la massima trasparenza nei confronti dei clienti. Qui inizia l’infinita querelle, tra settembre e ottobre 2012, mentre nei forum online partono già accese discussioni e polemiche, che vedono partecipare anche i diretti interessati, fermi nelle proprie posizioni e pronti a battersi in ogni campo.
Alla Valley Games iniziano a vederla grigia, ma si ostenta fiducia. L’ottimo responso degli appassionati alla notizia del ritorno di uno tra i titoli più amati degli anni ’80 convince la casa editrice a giocare una carta a sorpresa: a pochi giorni dal via alla raccolta, la realizzazione di “Up front” viene “appaltata” a Radiant Gaming neonata società costola della stessa casa guidata da Falch. Il management di Valley Games giustifica la scelta spiegando come, in base ai requisiti imposti da Kickstarter, la mossa fosse largamente prevista, dal momento che, per il lancio di nuovi progetti, è necessario avere sede legale sul suolo americano, mentre Falch & Co. Sono domiciliati in Canada. Questa, dunque, la ragione ufficiale di creazione del nuovo marchio dai natali statunitensi, per esattezza texani (aspetto chiave per i successivi sviluppi). Ovviamente, a qualcuno rimane il sospetto che la vertenza in atto con Sauer e Knizia abbia inciso in maniera determinante sulla decisione di affidare la paternità del nuovo “Up front” a una nuova compagnia di fresca istituzione, nel timore di qualche impedimento legale. Nel frattempo, il progetto, come da attese, vola e raggiunge in un battibaleno il goal dei 30mila dollari: a dispetto dei dubbi e delle voci sulla Valley Games, il successo è a dir poco strepitoso. Sulle ali dell’entusiasmo, il board di Valley Games si spinge ad annunciare altri e importanti progetti, sempre sotto l’insegna Radiant, “controllata” a stelle e strisce della società canadese. Ci hanno preso gusto, insomma, e sparano in alto, molto in alto. Non sorprende, quindi, l’hype generato dall’annuncio dell’introvabile “Princes of Reinassance”, perla nella carriera di uno dei designer più universalmente apprezzati, Martin Wallace, in procinto di comparire su Kickstarter per un’edizione nuova di zecca. Euforia a mille in rete e tra i collezionisti, destinata, però, a scemare in fretta.
Già, perché, a Dallas la corte distrettuale, visti i fondi incamerati così rapidamente e le mire espansionistiche della Radiant Games, accoglie il ricorso presentato da Sauer e stabilisce che i proprietari della Valley Games – e dunque della Radiant – dovranno presentarsi in aula per difendersi dalle accuse sulle prestazioni non corrisposte. La mano del giudice texano è pesantissima: una vera e propria mazzata si abbatte sulla società americano-canadese, a cui vengono sequestrate proprietà fisiche e intellettuali per un valore complessivo di 253mila dollari, ivi inclusi anche i fiori all’occhiello “Up front” e “Princes of Reinassance”. L’ordinanza emessa dalla corte di Dallas reca la data del 22 febbraio 2013: è a questo punto che sulla realizzazione dei progetti annunciati – o già finanziati, proprio come “Up Front” – cala un enorme punto interrogativo destinato a rimanere anche negli anni seguenti.
In trincea
Quella definita in Texas è indubbiamente una decisione chiave, da scoraggiare anche i più ottimisti tra i backers della casa di produzione al centro di questo braccio di ferro ludico-legale. Ma ci pensa proprio la Radiant Games a rassicurare tutti, il 19 marzo 2014, con un post sulla pagina ufficiale del progetto “Up Front”, in replica alla notizia del sequestro subito a opera della corte americana.Nonostante il vento a dir poco avverso, la società conferma di aver mobilitato i propri avvocati per venire a capo della vicenda, specificando a chiare lettere che non verrà meno all’impegno di riportare sul mercato i titoli promessi. L’annuncio, ovviamente, viene accolto con speranza dagli appassionati per la caparbietà mostrata dalla Radiant, anche se permane un certo scetticismo di fondo sulle reali possibilità di pubblicazione viste le beghe legali.
E nonostante tutto, i produttori si mostrano così fiduciosi da pubblicare, nelle settimane seguenti, un nuovo aggiornamento che fissa “Up front” in arrivo nel mese di novembre 2013. La vicenda giudiziaria non sembra spaventare più di tanto gli editori, dal momento che i ritardi nella presentazione del gioco vengono essenzialmente imputati a intoppi tecnici nella realizzazione dei materiali, specie nelle carte Personality, cuore dello storico wargame.
Ancora una volta, Radiant è convinta di poter mantenere la promessa, tanto che, per mezzo dei suoi legali, avanza ufficialmente richiesta alla Corte di sbloccare parte della somma sequestrata e garantire, così, ai duemila sottoscrittori il prodotto tanto desiderato. Insomma, nonostante la causa in atto la società continua a dirsi certa di consegnare “Up front” a breve. Ma è qui che la matassa, da ingarbugliata, diventa pressoché inestricabile. Nei mesi successivi, il caso sembra vicino alla soluzione, quando la palla passa alla Corte Suprema dello Stato federale, sempre per iniziativa dello stesso Sauer. Lo scopo dell’autore è infatti quello di un avere in mano un atto definitivo che identifichi la Radiant nella Valley, così da potersi rivalere sulle somme pretese. Il 2013, intanto, si chiude senza che “Up front” abbia visto la luce.
Ma i colpi di scena non sono finiti. Proprio quando le parti sembrano riavvicinarsi, la doppia pronuncia della Corte Suprema rimanda i litiganti alla casella di partenza. Nell’arco di poche settimane vengono respinte entrambe le istanze: Sauer non vede l’ombra di un dollaro e i fondi su cui Radiant contava per accontentare i propri backers rimangono inaccessibili. Insomma, buio pesto.
Nulla, comunque, riesce a scalfire la tranquillità di facciata della Radiant, che continua con i suoi comunicati fin troppo rassicuranti: il lavoro su “Up front” – viene specificato – sta proseguendo nonostante l’inaudito trambusto legale. Che la situazione, però, sia sfuggita di mano, lo testimonia un aggiornamento della stessa casa editrice, secondo cui l’altro e più antico progetto, ma ugualmente congelato, “Airborne in your pocket”, sarebbe in ritardo poiché affidato a “un solo volontario”, mentre altri dieci sarebbero concentrati esclusivamente su “Up front”. A questo punto, però, in molti si chiedono, e anche noi su Gioconomicon non siamo da meno: è possibile che la conclusione di un progetto da 102010 dollari – “Airborne…” – e di uno da 339848 dollari – “Up Front” – dipendano essenzialmente dalla disponibilità di tempo di volontari?
A questo punto, come prevedibile, la tensione sale alle stelle. La compagnia finalmente arriva ad ammettere in aula che i ritardi dovuti alla controversia con Sauer stanno compromettendo la riuscita dell’operazione Kickstarter. Intanto, viene fissata la data di inizio del processo per il 16 febbraio 2015, a una settimana dallo stop alla licenza per l’esclusiva dell’agognato wargame. Immaginare “Up Front” regolarmente pubblicato richiede, ora, un enorme sforza di fantasia.
Sui forum le discussioni continuano a dilagare, la rabbia dei sottoscrittori monta sempre più forte, mentre da più parti piovono accuse – e difese – ai protagonisti di questa vera odissea, tanto che anche lo stesso BoardGameGeek viene convocato in aula come teste. L’invito a comparire per il portale di riferimento dei gamers di tutto il mondo è dovuto alla pubblicazione, il 24 luglio 2014, di uno screenshot da parte dello stesso Sauer, di alcuni messaggi tra Rik Falch e l’altro proprietario Torben Sherwood in cui si prenderebbero gioco del loro “nemico”, scherzando sul “suo” denaro che non intendono concedergli. L’immagine, qualche ora più tardi, viene rimossa dal sito dietro una non meglio precisata indicazione di un amministratore.
Trattato di pace
Il quadro rimane questo finché, il 13 gennaio 2015, viene improvvisamente annunciato l’accordo raggiunto tra Valley e Phil Sauer: all’autore vanno immediatamente 135mila dollari dalla somma sequestrata dai giudici, mentre la quota eccedente rimane in custodia alla Corte. A questo punto, appare evidente che il processo possa ritenersi scongiurato. L’ufficialità arriva lo scorso 22 aprile 2015, con la Radiant che firma un aggiornamento contrito – e senza firma – sulla pagina del progetto “Up front”: la società lamenta di non avere più fondi in cassa a sufficienza, ma confida nell’aiuto di “altri editori”. Insomma, pur tra mille difficoltà, la situazione pare vicina a una svolta.
Ma le sorprese non sono finite. A distanza di una settimana dall’annuncio della Radiant Games, sbuca su Wargame Vault – negozio online di stampe e prodotti digitali – la seconda edizione Avalon Hill di “Up front” in formato print-on-demand al costo totale di 46 dollari “chiavi in mano”. Il gioco, comunque, è ordinabile anche in parti separate. Com’è possibile tutto ciò? Apparentemente, riesumando una licenza detenuta nientemeno che da Hasbro, forse valida per la fine dell’esclusiva Valley Games. La notizia, ovviamente, passa tutt’altro che inosservata e suscita un nuovo vespaio, con l’artista Rodger MacGowan, ideatore delle illustrazioni sulla scatola e del logo originale, che diffida la casa di produzione da utilizzare il materiale a sua firma.
Insomma, “Up front” non s’ha da fare, verrebbe da dire. A ormai tre anni dalla campagna Kickstarter, sarà per una maledizione del dio del gioco, o per un enorme incrocio di interessi sistematicamente avversi al suo ritorno sugli scaffali, la “guerra di logoramento” sembra tutt’altro che prossima a un epilogo. Tutto ciò, mentre i sottoscrittori non sanno se potranno mai stringere in mano la loro copia, né se, ma questo pare molto più difficile, potranno mai contare su una qualche forma di rimborso, dovesse lo stallo rimanere ancora a lungo.
Nonostante questo progetto sia stato avviato da una società nota del settore ludico (e non da un editore improvvisato) e nonostante il titolo in questione fosse un grande classico (e non un gioco dal valore incompreso), insomma nonostante non si stia parlando di una “scommessa” come tante se ne son viste transitare su Kickstarter, ma di un banale preorder di un “successo garantito”, questa triste storia ci spinge a riflettere seriamente su quanto sia necessario valutare, indagare e conoscere prima di investire i propri soldi sul crowdfunding, siate voi editori o semplici, ma inguaribili appassionati.
QUI POTETE CONSULTARE LA “STORICA” PAGINA KICKSTARTER DI UP FRONT