Il gioco di ruolo, nella sua storia più che quarantennale, ha vissuto molti momenti di aggregazione e nonostante il mezzo non si presti alla competizione, a contribuire a questa spinta congenita, inizialmente sono venuti i tornei, tanto che nelle manifestazioni più strutturate e longeve, pensiamo ad esempio alle Ruolimpiadi di Lucca C&G, si sono trasformati in piccole ma frequentate community. Già dal primo evento Epic di Lucca avevamo capito che qualcosa stava cambiando, anzi di più, che un nuovo fenomeno aggregativo stava aggiungendosi a quelli già consolidatisi negli anni, candidandosi seriamente a diventare l’Evento di riferimento nel panorama ludico ruolistico (e non solo), non stupisce quindi, che a caratterizzarne lo sviluppo sia stato il gioco più iconico di sempre, Dungeons & Dragons.
A Modena, il team di ventotto persone, venti master e otto coordinatori, del team di Need Games gestito da Nicola Degobbis, ha messo in scena la seconda edizione italiana dell’evento, portando la bellezza di centoventotto persone a giocare contemporaneamente l’epica avventura “Ark of the Mountains” finora mai messa in scena sul suolo europeo, ennesimo record raccolto dall’organizzatore dell’ evento. In questo nuovo capitolo della stagione della D&D Adventurers League in corso, Storm King’s Thunder, i convenuti, ripartiti in base al livello nei 3 tier di gioco, hanno affrontato una battaglia aerea tra un’arca nanica e un vascello di giganti delle nuvole, suddividendosi le aree di influenza e gli obiettivi secondo il modello di partecipazione comune già sperimentato a Lucca, ma migliorandolo con un livello di interazione più profondo tra i tavoli, che ha visto i giocatori dell’uno attivarsi per aiutare i giocatori di un altro, con PNG interpretati dalla vulcanica organizzazione che si spendevano tra i tavoli dove venivano chiamati.
Difficile descrivere il festoso caos che ha caratterizzato questo evento: grida di successo o stupore, discorsi motivazionali, squilli di tromba, report sull’andamento della battaglia annunciati a gran voce, applausi spontanei e l’inevitabile rollio dei dadi che ha fatto da colonna sonora di un’esperienza che difficilmente i partecipanti potranno dimenticare, come ci hanno confermato le numerose testimonianze che abbiamo raccolto dai “sopravvissuti”.
Sicuramente, parte del merito per il grande successo dell’iniziativa va anche attributo all’organizzazione di PLAY che non ha lesinato sforzi per mettere l’evento nelle migliori condizioni di realizzarsi. Con un sensibile sforzo logistico infatti, Andrea Ligabue e il suo staff hanno esteso l’orario di apertura del festival per giocare di sera, scelta che non ha scoraggiato la partecipazione, ma anzi, l’ha resa più coinvolgente per quanti si sono fermati entrambi i giorni. Inoltre, l’organizzazione ha fornito una location adeguata, tutto il materiale di supporto tra cui i due proiettori per l’enorme mappa di gioco (stavolta perfettamente visibile, a differenza di quanto avvenuto a Lucca) e non meno importante, un catering più che adeguato per ripristinare le energie dei partecipanti.
Tirando le somme, questa edizione dell’Epic ha bissato il successo di quella precedente, confermandosi come evento ludico molto desiderato dagli appassionati (desiderio che invece di scemare, aumenta con la partecipazione) e come esperienza unica nel panorama del gioco organizzato; una forma di aggregazione che sta diffondendosi sempre più in Italia e nel mondo, riuscendo a “portare fuori” i giocatori, creando un rapporto più diretto e riconoscibile con il gioco di ruolo. Un obiettivo già messo nel mirino delle case editrici più grandi, che si stanno dotando tutte di una struttura di gioco organizzato e che, a quanto pare, la Wizards sta perseguendo al meglio.