Convincere per vincere.
Questo titolo è la chiave per comprendere un gioco che lascia attonito chiunque lo approcci nell'aspettativa di trovare un tipico gestionale modello eurogame.
Stiamo trattando infatti un gioco di "diplomazia", in cui risulta essenziale convincere i giocatori indecisi a fare quanto ci conviene, magari gettando le basi per un qualche accordo da disattendere non appena possibile: ogni punto può essere prezioso.
L'immagine è esattamente quella di un nativo indiano solitario alla caccia dell'ultimo bisonte che tenta di convincere uno dei tanti colonizzatori a lasciargli quel bisonte per andare al fiume, dove i suoi compagni gli portanno via ogni singola pepita d'oro, senza dubbio.
- Titolo: Dakota
- Autore: Piero Cioni
- Editore: NG International, Tenki Games
- Genere: Diplomatico
- Numero Giocatori: 3-5
- Durata: 90m
- Dipendenza dalla lingua: molto ridotta (testi di alcuni effetti sulle plance)
- Illustratore: Giorgio Albertini
Qui America, tutto "very big"
La dimensione standard della confezione di Dakota ha l'essenza di un vero falso magro, e il peso notevole trova presto la sua spiegazione nello sterminato tabellone di gioco (circa 85x60cm) e nell'imponente quantità di segnalini in legno e in cartone. Una volta terminato il mini-gioco dell'adagiare e suddividere il contenuto della scatola, a colpire è l'effetto dell'impostazione grafica: i colori sono distribuiti sulla grande plancia di gioco in uno stile quasi impressionista, "sporcato" tanto da immergere i giocatori nell'atmosfera dei primi polverosi spostamenti a cavallo nelle lande americane. D'altro canto però questo carattere così specifico può risultare quasi disturbante ad un occhio moderno, mentre l'avere esposto l'intero terriotorio con tutte le sue risorse sottrae molto del gusto della scoperta. Nella preparazione della prima partita di un gioco così curato a livello di componentistica da avere una serie di sostegni per tenere in verticale i segnalini delle costruzioni, delude non trovare una cordonatura per gli schermi dei giocatori, che vanno piegati a mano con un minimo di cura. Le plance personali sono invece molto chiare e agevoli all'uso, coadiuvate anch'esse dalle notevoli dimensioni. Il risultato è che tutta l'opera fisica risulta quasi dispersiva e, per quanto perfettamente in linea con il concetto del game design, eccessiva nelle proporzioni, considerando che l'equivalente si sarebbe potuto ottenere con un mazzetto di carte.
La forza del singolo
Il fulcro di Dakota trova sostanza nella geniale intuizione matematica di Cioni, che ha ideato il sistema per cui è possibile che gli schieramenti, nativo e colono, siano impari, ottenendo anche partite quattro contro uno; il tutto in un equilibrio quasi inaccettabile per il comune senso del pudore. Il gioco, che prevede una durata in turni diversa (e non lineare) a seconda del numero di partcipanti, intende che i giocatori ottengano punti realizzando costruzioni tipiche attraverso l'utilizzo delle risorse naturali, o ne comprino con i denari ricavati dal loro utilizzo; per farlo inviano i propri uomini a raccimolare le scarse risorse contendendole dapprima allo schieramento avversario, e poi ai propri stessi compagni di lotta. Per generare un equilibrio che non dipende solo dall'accanimento sulle medesime esauribilissime risorse da parte degli uomini dello stesso schieramento, al tabellone sono aggiunti due gruppi di uomini neutrali, nativi e coloni, in numero inversamente proporzionale a quello di giocatori di ciascuno schieramento, così che al fin dei conti anche i giocatori di uno schieramento siano costretti a piazzare quelli dello schieramento avversario, spesso aiutando la fazione meno numerosa contro i propri alleati/nemici. Nella fase di piazzamento degli uomini si svela la vera natura del gioco, ossia quella che vive di contrattazioni e minacce, quella nella quale si cerca di capire come gli altri piazzeranno i loro uomini e come trovare sostegno per i propri, quasi sempre insufficienti per garantire l'ottenimento delle risorse. E questo è il momento in cui possono generarsi notevoli differenze nello sviluppo della partita dei diversi giocatori.
Parlando di differenze c'è da valutare quella tra nativi e coloni, che non consiste solo nella diversa lista di possibili costruzioni e di valori mercantili delle risorse, ma anche nella diversa distribuzione delle principali risorse utili sul tabellone, che vede ogni locazione recare in prima istanza cinque materiali di maggiore utilità per i nativi che, una volta esauriti, lasciano spazio a cinque materie decisamente più ghiotte per i coloni, che così vedono svilupparsi gran parte dei propri profitti nella parte finale della partita.
A completare il tutto la possibilità di aumentare e fortificare i propri uomini e la presenza di un dipsendioso mercato in cui rimediare risorse spesso irreperibili.
La sensazione, per un giocatore strategico, può essere quella di uno squalo in un lavandino: i margini strategici di Dakota infatti sono inversamente proporzionali a quelli fisici del gioco, e spesso ci si trova ad arrovellarsi per compiere azioni che appaiono pressoché obbligate, ma per realizzare quel minimo di progettazione la difficoltà emerge nel riuscire a "regolare" le mosse degli altri giocatori fintanto che le proprie abbiano successo. In un gruppo di giocatori rigidi il gioco risulterà limitato in proporzione alla scarsa interattività dei giocatori stessi, mentre al contrario potrà offrire risultati sorprendenti nel momento in cui i partecipanti, aiutati anche dagli schermi che nascondono le risorse ottenute, dovessero essere più propensi alla contrattazione logica, al convincimento… o al lasciarsi convincere.
Rimane difficile l'idea di scostarsi dalla ricerca delle risorse fondamentali, poiché se è vero che puntare a dei materiali meno utili può aumentare la possibilità di ottenerli, altrettanto vero è che quelli siano palesemente meno utili, tanto da preferire quasi esclusivamente il rischio per ottenere le risorse più costose o necessarie per la costruzione delle strutture che concedono punti vittoria.
Pro
Grande equilibrio tra gli schieramenti, ricca componentistica, aderenza all'ambientazione.
Contro
Eccessive dimensioni fisiche, ridotti margini strategici.