Tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana…
… una grande corporazione del gioco decise di intraprendere un esperimento. Un coraggioso esperimento. Abbandonando i sicuri lidi del gioco per famiglie, sui quali essa deteneva un dominio pressoché incontrastato, chiese ad alcuni intraprendenti autori di tracciare una rotta verso gli strani, nuovi mondi del wargame.
Il risultato fu Battleship Galaxies, ossia (quasi letteralmente) battaglia navale tra le stelle.
Cos’era successo? Qualche tempo fa la Hasbro – produttrice di titoli dalla diffusione planetaria quali Monopoly, Cluedo e Trivial Pursuit – decise di provare a lanciare un proprio titolo nell’iperaffollato settore dei giochi strategici. L’obiettivo era proporsi con un wargame leggero adatto ad un pubblico di neofiti ma che risultasse interessante anche per i cosiddetti hard gamer, il tutto supportato dalla capillare rete di distribuzione della casa madre.
Detta così, pare la storia di cento altri titoli, che vogliono rastrellare un po’ tutte le tipologie di pubblico ma che spesso finiscono con lo scontentare sia gli esperti che i profani. Tuttavia, poiché il progetto fu affidato allo stesso team di creativi che ci aveva regalato a suo tempo un titolo come Heroscape, qualcosina di buono c’era pure da aspettarselo. E forse questa volta le aspettative non sono andate deluse…
- Titolo: Battleship Galaxies: The Saturn Offensive
- Autori: Colby Dauch, Jerry Hawthorne, Craig Van Ness
- Editore: Hasbros
- Genere: Wargame fantascientifico su mappa
- Numero Giocatori: 2-4
- Durata: 60-180 minuti
- Dipendenza dalla lingua: Estesa (presenza di carte tattica e schede delle unità con numerose caratteristiche speciali)
- Illustratori: John Ariosa
Per andare coraggiosamente là, dove nessun Monopoli è mai andato prima!
Battleship Galaxies sembra essere stato interamente costruito attorno ad un concetto di base: semplificare il semplificabile. A partire dall’elemento apparentemente più accessorio, quale è l’ambientazione.
Sì, i vostri timori erano fondati. Una razza di predoni alieni galattici vuole invaderci e solo la flotta internazionale della Terra potrà salvarci dall’annientamento. E hanno perfino sentito il bisogno di spiegare questa originalissima storyline attraverso un fumetto – peraltro ben realizzato – incluso nella scatola di gioco… e tanti saluti alla conservazione della Foresta Amazzonica! In pratica, i Terrestri con le loro astronavi (forse anche troppo simili a quelle di Star Trek… con tanto di razza aliena alleata, pacifica e intellettualmente evoluta) creano una prima ed unica linea difensiva nei pressi del pianeta Saturno per contrastare l’offensiva dei malvagi pirati Wretcheridians, che vogliono saccheggiare le nostre risorse naturali.
OK, fin qui nulla di nuovo. L’ambientazione non è altro che una scusa per schierare due flotte di navi, una blu e l’altra rossastra, che si prendono a colpi di laser, missili e testate nucleari sulla bella mappa spaziale, suddivisa negli stessi esagoni che fin dai primordi del wargame hanno infuocato le nostre serate. Le unità – ciascuna schierabile in più versioni, dalla nave appena uscita dai cantieri di costruzione a quella manovrata da un equipaggio veterano di cento battaglie – hanno ovviamente caratteristiche e ruoli tattici diversi, con abilità speciali, sistemi d’arma e di difesa, possibilità di trasportare altre unità nei propri hangar. I giocatori scelgono dunque quale dei cinque scenari giocare, selezionano la composizione della loro forza d’attacco e si gettano nella mischia.
Nello spazio, nessuno potrà sentirti urlare… B5, affondato!
Ma in tutto questo, dove sta la battaglia navale? Un attimo, procediamo con calma.
Avevamo detto che Battleship Galaxies vuole semplificare tutto il semplificabile, ma è anche vero che non vuole sacrificare troppo l’elemento strategico. Per far ciò inserisce due meccaniche, apparentemente banali ma che nell’equilibrio generale sono proprio le forze motrici del sistema di gioco.
La prima è la gestione dell’energia. In questo gioco, tutto costerà energia. Far comparire una nave sulla mappa, attivarla, lanciare dei caccia, attaccare con un’arma speciale, utilizzare una carta tattica… insomma, per qualsiasi cosa dovrete spendere qualche punticino dalle vostre preziose e tutt’altro che inesauribili riserve. Il che, per i più esperti, significa che questo è un gioco dove non potrete fare tutto ciò che vorrete. Dovrete dunque decidere il ritmo delle vostre manovre, ponderando i vantaggi di applicare la maggiore forza offensiva possibile nel minor tempo possibile con la necessità di risparmiare energia per un contrattacco successivo. La sensazione di “strangolamento” non è certo mai eccessiva (all’inizio di ogni turno ricevete 10 punti energia, sufficienti comunque per fare qualcosa), ma di certo il gioco premia chi riesce a pianificare le proprie mosse con un certo anticipo. Oltretutto, l’energia funge da fattore di bilanciamento poiché è paradossalmente più facile sfruttare al massimo un numero minore di unità piuttosto che dover attivare più navi nello stesso turno.
La seconda meccanica di base è la risoluzione del combattimento. Il classico tiro per colpire è gestito mediante il lancio di una coppia di dadi, uno numerato e uno con lettere scritte sopra le facce. Il risultato – eccole qui! – sono le classiche coordinate della battaglia navale, che andremo a verificare su di una griglia che riporta la sagoma del bersaglio: se il colpo arriva in un quadratino occupato da un pezzo della nave, è andato a segno, riducendo prima il quantitativo degli scudi e poi infliggendo dei danni. Detto così, può sembrare un sistema alquanto approssimativo ma, seppure l’elemento fortuna risulta molo presente, il tiro di questi due dadi simula molto bene la vulnerabilità dei bersagli lenti e imponenti come le corazzate, rispetto ai più fragili ma piccoli caccia che spesso sfuggono alle armi di grosso calibro.
E hanno un piano…
Tutto ciò viene accompagnato da un altro elemento fondamentale al quale avevamo accennato, ossia le carte tattica. Ogni giocatore ha a disposizione un certo numero di carte della propria fazione che rappresentano armamenti aggiuntivi da montare sulle proprie navi, manovre tattiche particolarmente efficaci, comandanti con abilità speciali, azioni di abbordaggio. I mazzi dunque aggiungono un forte elemento di caratterizzazione alle due flotte e l’interazione tra azioni su mappa e impiego di queste risorse è il vero elemento “fluidifcatore” di un sistema che, altrimenti, si ridurrebbe ad un semplice tiro di dadi contrapposto. Inoltre, proprio queste carte sono ciò che garantisce una qualche longevità al gioco stesso.
Questo perché gli scenari proposti sono, per l’appunto, solo cinque e se ci si dovesse limitare a giocarli con flotte precostituite ben presto il tutto risulterebbe troppo ripetitivo. Al contrario, il regolamento fornisce – oltre agli schieramenti fissi consigliati – anche indicazioni di punteggi con i quali selezionare da soli non solo le unità da impiegare ma anche le carte con le quali comporre il proprio mazzo. Ne risulta così un meta-gioco non troppo dissimile dal classico gioco collezionabile, con la ricerca delle combinazioni migliori tra unità e carte per adempiere a una determinata tipologia di missione. Ciò fornisce una ulteriore profondità al gioco, visto che già dopo le prime partite di prova appaiono evidenti le differenze tra le due flotte: molto legata all’interazione tra unità principali e unità di supporto quella terrestre, improntata all’offensiva spinta e all’impiego di tecnologie più avanzate quella aliena. Inoltre, la buona differenziazione tra gli scenari, che vanno dallo scontro frontale alla missione di salvataggio e alla fuga dall’altro lato della mappa, garantisce una buona longevità.
E cosa avremo tra le mani? Qualcosa di meraviglioso…
Bene, tutto molto bello, ma passiamo al vero motivo di interesse di ogni gioco di combattimento spaziale che si rispetti. I modelli dele astronavi e dei caccia stellari.
Sul lato della componentistica c’è da dire che l’apporto di Hasbro e dei suoi potenti mezzi di produzione si sente tutto. Nella scatola sono comprese in tutto venti miniature, dalle grandi corazzate ai piccoli caccia, tutte predipinte e ben dettagliate (peccato per le miniature più grandi, un po’ deformate… ma nulla di grave). La mappa riporta la classica porzione di galassia ma è montata su cartoncino piacevolmente rigido e può essere arricchita da asteroidi più o meno grandi, locazioni speciali o altri “terreni”. Le carte sono di discreta fattura – anche se consigliamo l’utilizzo di apposite bustine per proteggerle – e sono presenti due schermi dietro i quali nascondere le unità ancora non entrate in campo. Completano la dotazione i segnalini degli scudi e dei danni che vengono comodamente montati sui sostegni dei modelli e le due plance per la gestione dell’energia.
Una menzione d’onore la meritano i designer del packaging, che sono riusciti a infilare nella scatola tutto questo ben di Dio con contenitori ben organizzati e senza alcun problema di spazio.
Il crollo della galassia centrale
E pur tuttavia, qualche problemino in Battleship Galaxies c’è. Perchè se è vero che elementi come la gestione dell’energia, il combattimento diretto, lo schieramento dei caccia, le tattiche di squadriglia e quant’altro sono state semplificate in maniera efficace ed elegante, la scure dei designer si è abbattuta anche su fattori cruciali come gli archi di tiro delle diverse armi, il movimento inerziale e la direzionalità dei colpi subiti. In pratica, tutte le armi possono sparare in qualsiasi direzione, tutti gli scudi si degradano in maniera uniforme e del tutto indipendente dal punto di impatto del colpo nemico, tutti i sistemi delle navi rimangono pienamente operativi fino alla perdita dell’ultimo fatale punto scafo (a meno che non si riesca a colpire una o due caselle critiche che fanno esplodere l’intera nave qualora abbia perso gli scudi… un po’ come una certa luce di scarico termica, non più grande di due metri, che porta direttamente al reattore di una certa stazione spaziale corazzata grande quanto una piccola luna…).
Queste mancanze hanno un impatto notevole sull’andamento degli scontri, visto che ad un certo punto rendono poco utile manovrare per ricercare una posizione tatticamente migliore, dato che una posizione tatticamente migliore non c’è! Certo, elementi come determinate abilità speciali, la presenza di asteroidi e quant’altro sul campo di battaglia o le condizioni di vittoria di alcuni scenari, introducono elementi di variazione, ma la sensazione generale è che alla fine ogni scontro si riduca ad uno scambio di colpi (quindi di semplici tiri di dado) tra navi che se ne stanno ferme nel nulla a sparare con tutto quello che hanno contro bersagli altrettanto immobili.
Verso l’infinito… e oltre?
E proprio qui stanno sia i pregi che i difetti del sistema. Lo sforzo di creare un gioco introduttivo al mondo dei wargames è palese, e se magari siete già un gamer di una certa età che vuole trasmettere al figlioletto la propria insana passione questo gioco fa per voi, pur con le limitazioni dovute alla lingua (ma sarebbe anche la scusa perfetta per insegnare al vostro pargolo un po’ di inglese… sempre che non vi dispiaccia che i primi termini che apprenderà siano cose come “testata nucleare”, “squadra di abbordaggio” o “squadriglia di caccia”…).
Va poi considerato che ci troviamo senz’altro di fronte all’ennesimo set base che si presume sarà ben presto accompagnato da una serie di espansioni con nuove carte, nuove navi e chissà, anche nuove fazioni. Inoltre, il regolamento è abbastanza semplice ed “aperto” da poter essere arricchito con regole speciali sugli archi di tiro, la localizzazione dei colpi in base al punto della sagoma della nave che viene colpito e le altre mille sfaccettature alle quali ci hanno abituato regolamenti più complessi. Con un po’ di lavoro, infine, non è impossibile “adattare” le regole ad ambientazioni fantascientifiche più conosciute, con proprie caratteristiche e carte tattica.
Insomma, l’esperimento è andato in massima parte a buon fine. Il semplificabile è stato semplificato e i sacrifici, seppur consistenti, non ne hanno minato il valore ludico, non indifferente anche per un giocatore esperto che voglia dilettarsi con un gioco un po’ casual ma non banale.
Pro:
– Ottima componentistica, di grande effetto.
– Meccaniche intuitive ed eleganti, che simulano la maggior parte degli elementi tipici del genere.
– Buona caratterizzazione delle fazioni in un gioco dal notevole equilibrio generale.
– Vengono premiati approccio tattico e uso oculato delle risorse.
– Buona longevità, probabilmente ancora migliorabile da eventuali future espansioni.
Contro:
– Leggere deformazioni in alcuni modelli, soprattutto delle navi più grandi.
– Semplificazione talora eccessiva, che penalizza alcuni aspetti del gioco.
– Forte impatto dell’elemento casuale, non sempre influenzabile dai giocatori.
– L’uso delle carte e la gestione dell’energia non riescono sempre a fluidificare un gioco talvolta statico, specie nelle fasi finali delle partite.
– Scarsa originalità dell’ambientazione, davvero poco evocativa.