Bruges (o Brugge nella lingua dei Paesi Bassi) fu uno dei centri commerciali più potenti e ricchi del XV secolo nel Nord Europa. Ancora oggi, è la più importante città delle Fiandre Occidentali, caratterizzata da una splendida architettura medievale risparmiata dalle devastazioni della seconda guerra mondiale e con i caratteristici canali che circondano il centro storico. In questa ambientazione, Stefan Feld, tra i più prolifici game designer degli ultimi tempi e autore di numerosi best seller ludici, ha deciso di ambientare uno dei suoi recenti giochi intitolato, ma guarda un po’, Bruges, uscito nel 2013 e localizzato in Italia dalla dV Giochi alla fine del 2014.
Confesso che, prima di Bruges, avevo sempre considerato Feld un autore “tosto”, forse un po’ troppo per i miei gusti. Mi sono dunque avvicinato a questo titolo con grande timore, sperando che il mio primo appuntamento con l’autore tedesco non si risolvesse subito in una totale incompatibilità … continuate a leggere il seguito, per sapere se il sottoscritto e Stefan ci siamo piaciuti o detestati!
- Titolo: Bruges
- Autori: Stefan Feld
- Editore: dV Giochi
- Genere: Gioco di carte, dadi, strategia
- Numero Giocatori: 2 – 4
- Durata: 60 minuti
- Dipendenza dalla lingua: elevata (gioco completamtente tradotto in italiano)
- Illustratori: Michael Menzel
I tesori della città anseatica
Come spesso accade, quando si incontra un potenziale partner o si prova un nuovo titolo, il primo approccio è di natura, per così dire, di pelle. Lo so: la bellezza è solo epidermica, mentre la bruttezza può arrivare fino all’osso; ma indubbiamente il fattore estetico gioca un ruolo importante all’inizio di un qualsiasi rapporto … sì, anche ludico.
E Bruges non è certo un gioco che ci lascia indifferenti, a partire dalla scatola compatta con una bella illustrazione di scene di vita nella città delle Fiandre che campeggia sul frontespizio, opera del famoso Michael Menzel, artista e designer di giochi famosi: da Stone Age a I Pilastri della Terra fino al pluripremiato e osannato Le Leggende di Andor.
Il materiale all’interno della scatola è ricco: legno, carta e cartone la fanno da padroni. Soprattutto le carte, che rappresentano il motore del gioco e sono 165, tutte diverse, tutte illustrate e coloratissime. La componentistica si completa con varie tessere minaccia in diversi colori (alluvioni, incendi, cospirazioni, saccheggi e altre amenità del genere), tessere per i tratti di “Canale” che andremo a costruire durante la partita e fiorini, la moneta del gioco, sempre troppo pochi per poter fare quello che si avrebbe in mente.
E il legno? Anche qui: tanto, tantissimo legno, rappresentato da una folla di lavoratori (anzi, di mini lavoratori) in cinque colori diversi, meeple per ogni giocatore da utilizzare come segna punti e nella piazza del prestigio sociale e cinque dadi degli stessi colori dei lavoratori e delle carte.
Il tabellone è bellissimo. Piccolo ma funzionale, splendidamente illustrato ma chiaro e splendido apparecchiato sul tavolo. Una nota di merito, infine, al regolamento: 12 pagine di una chiarezza raramente riscontrata in altri giochi (ho ancora gli incubi per la lettura del manuale di Arkham Horror o di Cuba) con esempi e illustrazioni che consentono di padroneggiare il gioco in tempi brevissimi e di spiegarlo in 10 minuti (scarsi).
Il primo appuntamento con Feld
Rotto il ghiaccio, l’esperienza di gioco a Bruges dimostra come le mie paure di trovarmi di fronte a un ostico cinghialone di ardua digestione erano totalmente infondate. Si tratta di un gioco profondo, anche molto difficile da padroneggiare, ma certamente in grado di essere proposto anche a chi ha poca dimestichezza con i boardgame, proprio in virtù della piacevolezza dei materiali e della rapidità di spiegazione delle regole … poi, come ho appena detto, riuscire a trarre il massimo è tutto un altro paio di maniche.
Ma andiamo con ordine e illustriamo molto sinteticamente le regole del gioco.
Dal mazzo di 165 carte, presenti in cinque colori diversi e che rappresentano ognuna un differente personaggio appartenente a categorie ben definite (i nobili, i burocrati, gli artisti, i difensori della città, ecc.) si ottengono cinque mazzi. Vengono poi presi tanti mazzetti, da mescolare insieme, quanti sono i giocatori, suddivisi successivamente in due pile di eguale dimensione e posizionati in altrettanti porta carte da cui saranno estratte durante la partita. Il mazzo extra si compone delle pile rimaste fuori ed entra in gioco solo quando una delle due pile iniziali si esaurisce, segnalando l’inizio dell’ultimo turno, prima del conteggio finale della partita.
Preso possesso di un punto di partenza tra due rami di canali che circondano la città di Bruges, ogni giocatore ottiene una squadra di lavoratori (uno per ognuno dei cinque colori) e una mano di cinque carte oltre a un tesoretto di fiorini. A questo punto inizia il gioco vero e proprio.
Brugessi gioca in diversi turni, composti da quattro fasi: pescare le carte, lanciare i dadi, giocare le carte ed eseguire le azioni, verificare le maggioranze e passaggio del segnalino primo giocatore.
La prima fase, ossia il pescaggio delle carte fino all’ottenimento della mano iniziale, si salta nel primo turno che inizia con il lancio dei dadi. Questi ultimi decidono in sostanza quanto costerà per quel turno avanzare sulla scala sociale e quali sventure si preparano. In pratica, la somma dei risultati “1” e “2” determina la somma da versare per salire nella classifica “vip” della città (ad ogni posizione è associato un determinato valore di punti vittoria che sarà conteggiato a fine partita); mentre i “5” e i “6” costringono tutti i giocatori a prendere dalla riserva un tassello sventura, collegato al colore del dado (per esempio, un tiro dei dadi che mostra un “5” sul dado blu e un “6” sul dado viola implica l’obbligo di prendere un tassello blu “alluvione” e uno viola “cospirazione”).
Fintanto che un giocatore possiede meno di tre tasselli di un colore non succede nulla, ma se dovesse collezionare il terzo, la sventura si abbatterebbe su di lui, implacabile come l’influenza a Natale o la diarrea prima del Pranzo pasquale.
La fase centrale del gioco è quella delle carte, che vengono giocate a turno finché ognuno non ne ha messe sul tavolo quattro. Ogni carta consente di eseguire un’azione particolare: scartando un lavoratore si può costruire una casa dello stesso colore, posizionando la carta sul dorso a mostrare una bella casetta in mattoni; pagando un certo numero di fiorini si può mettere in gioco un personaggio, che deve però essere posizionato in una casa vuota precedentemente costruita. Ogni personaggio, a sua volta, possiede delle abilità che possono essere una tantum, attivate una volta per turno (scartando un lavoratore di un certo colore), perenni oppure attivate solo a fine partita. Un pratico sistema di simboli spiega chiaramente che tipo di abilità ogni personaggio possiede e un testo descrittivo su ciascuna carta illustra quali vantaggi si ottengono da ciascuno di essi.
Altre azioni possibili sono quelle di acquistare fiorini, necessari come detto per accasare i personaggi nella propria area di gioco, acquistare lavoratori (si prendono due lavoratori del colore della carta personaggio scartata), costruire un tratto di canale (pagando un certo numero di fiorini e scartando un personaggio del colore corrispondente al canale costruito).
Infine, ma non meno importante, si può scartare un personaggio per eliminare un tassello minaccia. Anche in questo caso, la minaccia scartata deve corrispondere al colore del personaggio. Continuando nell’esempio di prima, se scarto un Principe viola, posso rimettere nella riserva una tessera minaccia Cospirazione viola, guadagnando nel contempo anche un prezioso punto vittoria.
Ognuna di queste azioni porta dei punti: immediati in alcuni casi o alla fine della partita in altri. I personaggi, per esempio, possono produrre punti con le loro azioni durante la partita, inoltre valgono un certo numero di punti a fine partita, pari a un terzo del costo in fiorini spesi per metterli in gioco. Le case stesse, ancora, valgono un punto a fine partita, sia che ospitino un personaggio o che rimangano sfitte.
Il turno termina con la verifica delle maggioranze sul numero di personaggi messi in gioco, sul numero di canali costruiti e sul livello raggiunto di prestigio sociale. Per ognuno di questi aspetti, i giocatori controllano chi possiede la maggioranza assoluta il che consente di girare sul lato attivo un apposita tessera maggioranza (numero di personaggi, numero di canali, posizione nella classifica del jet set) che varrà punti vittoria alla fine del gioco.
La pesca delle carte a inizio turno (dal secondo in avanti) consente di ripristinare la propria mano e viene effettuata scegliendo liberamente dalle due pile costituite a inizio partita. Il dorso delle carte, come detto, raffigura delle case che differiscono solo per il colore dello sfondo, corrispondente a quella del personaggio: avremo così carte marroni, viola, rosse, azzurre, gialle.
Anche se la pesca, dunque, è affidata al caso, esiste un minimo controllo, potendo scegliere di volta in volta quale colore prediligere tra i due disponibili a ogni pesca in base alla propria strategia (ma su questo punto torneremo nelle conclusioni).
Bruges termina nel momento in cui una delle due pile di carte iniziali si esaurisce. A quel punto si sostituisce con il mazzetto di riserva che, quando entra in gioco, segnala l’inizio dell’ultimo turno.
Ci scambiamo i numeri?
Lasciando il tavolo di Bruges sono sempre stato colto dalla voglia di ritornarci. Non che questo titolo sia esente da difetti, ma il giudizio complessivo è stato decisamente positivo.
Inizio da quello che non mi ha convinto pienamente. La quantità e la varietà delle carte e dei personaggi (165 e tutti diversi), se da un lato garantisce una longevità elevatissima al titolo, dall’altro rende veramente difficile imbastire una strategia a lungo termine. Anche dopo avere giocato parecchie partite, è difficile ricordarsi tutte le carte e i relativi poteri e, anche se esistono degli schemi per così dire ricorrenti tra le decine di personaggi diversi presenti nella scatola, rimane pur sempre molto aleatorio poter decidere a priori una condotta di gioco che deve, per forza di cose, essere corretta di volta in volta in base alle carte pescate.
In alcuni casi è possibile anche ottenere delle combo molto interessanti, ma, come detto, si tratta spesso di avvenimenti estemporanei e dettati dalla fortuna di avere pescato al momento giusto la corretta combinazione di carte. Probabilmente era nelle intenzione del designer dar vita a questo continuo cambiamento di condizioni utili, che ha sicuramente come conseguenza anche il tenere sempre alta l’attenzione dei giocatori, ma in un gioco del genere può risultare frustrante non veder realizzata la propria strategia solo perché non è arrivata la combinazione di carte o dadi desiderati.
Insomma, l’elemento casuale della pesca delle carte potrebbe fare storcere il naso a chi è abituato ad avere tutto sotto controllo. Inoltre l’interazione tra i giocatori è piuttosto bassa, poiché se è vero che esistono alcune carte della categoria “Bassifondi” che possono danneggiare gli avversari (il Vandalo, per esempio), spesso si preferisce mettere in gioco personaggi “positivi” piuttosto che perdere un turno a cercare di bloccare gli altri.
Il meccanismo delle sventure è interessante, anche se raramente si arriva al momento in cui qualcuno colleziona tre tessere uguali (a meno di non essere un amante del rischio). In primo luogo perché le conseguenze sono davvero nefaste (per esempio, il saccheggio priva di tutti i fiorini, l’alluvione fa strage dei propri lavoratori, la peste uccide un personaggio faticosamente accasato, ecc.) e, in seconda battuta perché eliminare tessere sventura porta comunque dei punti (un punto vittoria ogni tessera scartata).
Di contro, è praticamente impossibile rimanere tagliati fuori dal gioco se si sbaglia qualche mossa. In Bruges esistono parecchi modi di fare punti e al termine della partita, a meno di prendere continue cantonate o di una sfortuna fantozziana, la vittoria si gioca sul filo di pochi punti.
La scalabilità è ottima. Anche in due giocatori è un titolo fruibilissimo, così come in quattro. E la durata è sempre contenuta entro l’ora di gioco, o poco più con il numero massimo di partecipanti al tavolo. Le carte, inoltre, possiedono spiegazioni molto chiare e in tante partite si è verificato raramente qualche dubbio di interpretazione … tra l’altro alcune delle carte, i cui personaggi forniscono poteri particolari, sono descritte con cura in un foglio A4 allegato alle regole, in modo da evitare problemi di sorta.
Durante tutta la partita si ha sempre la sensazione di non poter fare tutto quello che si vorrebbe, soprattutto a causa della perenne scarsità di fiorini, risorsa fondamentale per mettere in gioco i vari personaggi. Ma la “coperta corta” non genera frustrazione, proprio perché in ogni caso c’è sempre qualcosa da poter fare per macinare punti o per incamerare risorse utili in una fase successiva.
Insomma, il mio primo appuntamento con Stefan Feld è stato decisamente un successo e ho già chiesto il suo “numero di telefono”, il che, fuori di metafora, significa che presto mi dedicherò agli altri titoli del prolifico autore tedesco. E complimenti a dV Giochi, che nel nuovo percorso della sua linea “maestro”, più vicina ai gusti dei gamer (ricordiamo che assieme a Bruges ha visto luce anche l’edizione italiana di Patch History) ha scelto proprio un ottimo titolo, articolato ma decisamente apprezzabile da un’ampia gamma di giocatori.
PRO
– Veloce da apprendere
– Apprezzabile dai gamer e funzionale anche per coinvolgere i giocatori occasionali
– Materiali e illustrazioni molto belli
– Partita aperta fino alla fine
CONTRO
– Strategia di lungo periodo di difficile perseguimento
– Scarsa interazione tra i giocatori