Stufi di sopportare i soprusi del loro sovrano, i goblin hanno deciso di allearsi e di cospirare segretamente allo scopo di detronizzarlo e poter così porre fine all’avarizia e agli sfruttamenti che quest’ultimo adoperava su di loro. Di buona lena, i verdi mostriciattoli, hanno dunque cominciato di nascosto a costruire armi per preparare l’attacco finale. Peccato che alcuni vorrebbero percuoterlo con delle mazze, altri invece preferirebbero minacciarlo con le lame affilate di alcune mannaie. Come è lecito aspettarsi da volubili creature come i goblin, un accordo non potrà mai arrivare e dunque, riusciranno questi fracassoni pelleverde a liberarsi dal giogo del tiranno, oppure le beghe interne vanificheranno il tutto?
Questo è quanto cercheremo di scoprire con Giù dal Trono, titolo dell’esordiente Gianluca Piacentini, edito da Red Glove e uscito ufficialmente la scorsa primavera. Lo avevamo già provato a suo tempo ma, avendolo finalmente giocato a dovere e approfittando di questi giorni di feste dove, si sa, si è sempre alla ricerca di passatempi per tutta la famiglia, ve ne parliamo ora in questa recensione.
- Titolo: Giù dal trono
- Autori: Gianluca Piacentini
- Editore: Red Glove
- Genere: Bluff e ruoli segreti
- Numero Giocatori: 4-8
- Durata: 45' minuti
- Dipendenza dalla lingua: alta (testo su tutte le carte, ma italiano)
- Illustratori: Guido Favaro
Si chiama acqua ossigenata e se smetti di berla è meglio
La scatola di Giù dal Trono è abbastanza minuta e leggera, e si cala perfettamente all’interno dello stile Red Glove, grazie soprattutto alle illustrazioni dell’immancabile Guido Favaro. Sollevando il coperchio vediamo subito il piccolo manuale (sostanzialmente 8 facciate di un foglio ripiegato), affiancato da una brevissima panoramica che spiega i principi cardine del gioco sinteticamente ma in maniera chiara. A questa scelta devo dare il mio plauso, soprattutto perché aiuta a immergersi da subito nel gioco nella giusta maniera e previene la sensazione di “giocare a caso” che spesso accompagna i giocatori nelle prime partite. Al di sotto dei regolamenti vi sono poi alcuni fogli di fustella contenenti segnalini di vario tipo. In particolare troviamo 24 mannaie, 24 mazze, 30 monete, una forgia e 8 tasselli goblin fronte-retro raffiguranti da un lato il viso del pelleverde nella versione sana e sorridente, dall’altro l’equivalente pesto e malridotto.
Al di sotto delle fustelle, adagiati negli scompartimenti della scatola troviamo poi un dado, uno stand-up di plastica per la forgia e 2 mazzi di carte suddivise in 8 carte personaggio, 58 carte azione, 24 carte clan (12 per il clan della mazza e 12 per quello della mannaia), 16 carte forgiatura (8 ricevere/sì e 8 distribuire/no), una carta produzione (fronte retro con un lato raffigurante la mannaia e uno la mazza) e 3 carte riepilogo.
Così come in altri titoli della casa del guanto rosso, anche il fondo della scatola è da menzionare nel novero dei componenti perché funge esso stesso da tabellone di gioco, presentando nelle sue aree interne le varie zone del castello che si potranno visitare in partita. Questa scelta produttiva, sebbene encomiabile dal punto di vista dell’ottimizzazione degli sprechi e già apprezzata per altri titoli, stavolta però mi ha lasciato un po’ perplesso, data la scomodità in alcune situazioni di dover avere sott’occhio le aree vicine ai bordi della scatola stessa. Per il resto, i materiali sono discreti, ma senza far gridare al miracolo: il cartone delle fustelle è sottile ma resistente e risulta perfetto per l’uso che se ne deve fare in partita, mentre le carte, a mio parere, sono un po’ troppo delicate.
Ragazzi, guardate come sfrigola questa miccia
In Giù dal Trono, da 4 a 8 giocatori vestiranno i panni di goblin cospiratori con l’obiettivo di spodestare il re tiranno, utilizzando l’arma preferita del proprio clan, ma anche quello di tentare di soddisfare una propria condizione di vittoria personale. Per far ciò dovrà, turno dopo turno, scegliere attentamente il luogo di forgiatura delle armi e a chi distribuire il frutto di tale lavoro.
Il clan di appartenenza è in realtà un’informazione segreta, cercare di intuire gli schieramenti è una componente dell’esperienza di gioco, ma, come stiamo per scoprire, non quella predominante. Anche quando è chiaro chi sta con la mazza e chi con la mannaia , rimane forte la tentazione di conseguire il proprio obiettivo personale piuttosto che quello di squadra, e in generale può far comodo mantenere il dubbio per i propri fini.
All’inizio della partita, a ogni partecipante viene data segretamente una carta personaggio, sulla quale è descritta la sua condizione di vittoria personale, e 2 carte forgiatura (una distribuisci/sì e una ricevi/no). Inoltre vengono distribuite a tutti 3 carte clan in maniera tale che ognuno ne avrà 2 di un tipo e una di quello rivale. Ciascun giocatore apparterrà al clan corrispondente a quello del quale possiede la coppia di carte uguali. Queste vengono poi poste coperte davanti a se nell’ordine prescelto dal proprietario, che dovrà rimanere quello per tutto il resto della partita. A tutti vengono date infine 2 carte azione pescate dal relativo mazzo e un segnalino personaggio da sistemare sul lato sano.
Fatto questo, siamo pronti a cominciare. Il turno di gioco è diviso in due fasi: forgiatura e congiura. Nella fase della forgiatura, il giocatore di turno dovrà innanzitutto scegliere quale sarà la stanza del castello dove si vorranno produrre le armi, piazzandovi il segnalino forgia (diversa da quella scelta in un eventuale turno precedente). Ognuna di queste stanze è caratterizzata da effetti unici che influiranno sull’andamento del turno in corso (ad esempio forgiare in infermeria permetterà di recuperare dalla condizione pesta, oppure farlo in armeria, permetterà di pescare carte azione extra). Successivamente questi dovrà comunicare a tutti quale sarà l’arma che vorrà produrre (disponendo al carta produzione davanti a se sulla faccia corrispondente) e se, una volta prodotte, le vorrà tenere per se oppure distribuire agli altri (posizionando davanti a se la corrispondente carta forgiatura). Prima di concludere la sua fase potrà infine, se lo desidera, aggiungere una carta azione coperta tra quelle della sua mano. Gli altri giocatori potranno ora decidere segretamente se partecipare alla forgiatura oppure no (utilizzando le carte forgiatura con il segnalino, rispettivamente, del pollice verde o rosso) ed, eventualmente, aggiungere anche loro una carta azione coperta. Quando ognuno ha effettuato le sue scelte, in senso antiorario a partire dal giocatore alla destra di quello di turno, ognuno svela la propria decisione e, se piazzata, risolve gli effetti della carta azione. Queste carte aggiungono pepe alle vicende in quanto permettono di interagire direttamente con gli altri al tavolo, ad esempio picchiandoli (e rendendoli pesti), rubandogli monete oppure obbligandoli a scoprire una delle loro carte clan e così via. Inoltre, alcune di esse contribuiscono ad aumentare il livello di rumore della forgiatura, che è un aspetto importantissimo per il seguito della partita e che ora andiamo a esaminare.
Sia sulle carte azione che su alcuni dei luoghi scelti della forgiatura, si potrebbero trovare dei possibili bonus o malus relativi al quantitativo di rumore prodotto durante le attività metallurgiche, la cui somma contribuirà a determinare il livello di allerta. Qualora questo sarà giallo o rosso verrà lanciato il dado e, se il colore risultante sarà corrispondente a quello dell’allerta, i cospiratori saranno stati scoperti dal re e tutti i partecipanti alla forgia vengono pestati. Chi invece ha deciso di rimanerne fuori, verrà premiato dal sovrano col doppio del salario e quindi riceverà due monete. Nel caso in cui invece, la forgiatura sia riuscita a procedere senza intoppi, verranno prodotte un numero di armi pari a quello degli aiutanti (senza dunque contare il giocatore di turno) e verranno date al giocatore attivo se questi aveva scelto di forgiare per se, oppure consegnate una ciascuna ai suoi aiutanti, nel caso abbia optato per distribuirle a questi ultimi. In ogni caso, tutti coloro che non hanno partecipato percepiranno la paga dal sovrano (una moneta) e il giocatore di turno prenderà un’arma per se del tipo a sua scelta. E’ importante notare che il quantitativo di armi e monete è limitato e, se si dovessero esaurire alcune risorse in partita, non potranno essere consegnate.
Finita questa fase, il giocatore di turno può scegliere di ordire la congiura ponendo di fronte a se, coperta, la carta forgiatura che preferisce (questa carta potrà essere anche quella col pollice rosso, in tal caso vuol dire che vorrà soltanto bluffare) e indicando con la carta produzione l’arma con la quale ha intenzione di agire. Sulle carte dovrà infine aggiungere un qualsiasi numero di segnalini di quell’arma (eventualmente arricchendo la puntata con delle monete secondo la proporzione 2 monete = un’arma). A partire ancora una volta dal giocatore alla destra di quello attivo, in senso antiorario, tutti pongono coperta davanti a loro la carta sì o no e puntano segnalini arma o monete (con l’accortezza che se si sceglie di partecipare, si dovrà obbligatoriamente offrire almeno un’arma giusta). Scoperte tutte le carte, innanzitutto coloro i quali hanno deciso di non partecipare, scartano un’arma tra quelle investite e riprendono il resto nella loro riserva. Successivamente si valuta il numero totale di armi (più monete) adoperate dai partecipanti alla congiura e, se risulta almeno pari a quanto riportato sulla carta riassuntiva (il quadruplo degli appartenenti al clan), questa ha avuto successo e il clan corrispondente vince la partita. Qualora invece non si raggiungesse il numero minimo di armi, tutti i partecipanti alla congiura perderanno due delle armi puntate e la partita continuerà, passando il turno al giocatore successivo.
In qualsiasi momento inoltre (anche fuori dal proprio turno) si può decidere di pagare due monete per pescare una carta azione.
Infine, la partita ha termine anche nel momento in cui un giocatore riesce a soddisfare il proprio obiettivo segreto.
Quel crak era la mazza o la testa?
Giù dal Trono è un titolo che onestamente mi lascia combattuto nel giudizio. A una prima occhiata, l’apparenza è quella di un giochino semplice e scanzonato, ma poi, giocandolo approfonditamente, ci si accorge di quanto sia ricco di possibili scelte da intraprendere e di come, quindi, possa portare a giocare diverse persone in modi a volte inaspettati. Sì perché l’aggiunta degli obiettivi personali al semplice “mantieni segreta la tua identità”, rende più difficile la lettura di una scelta fatta in partita. Dunque, alcune volte, anche se notate qualcuno che agisce cristallinamente a favore di una o l’altra fazione, non dovrete contare troppo sul fatto che vi appartenga, oppure dovrete cominciare a temere che sia pericolosamente vicino al suo obiettivo personale.
Nello spiegare le regole, dunque, vi consiglio caldamente di attenervi a quanto trovate riportato nella panoramica: è veramente efficace nello spiegare i principi base e, al di là delle meccaniche, aiuta veramente a giocare con criterio sin da subito.
Tuttavia, quelli che sono i principali pregi di questo titolo, trovo abbiano anche dei risvolti negativi. Innanzitutto, il fatto di avere tutti un obiettivo segreto, rende poco tangibile la contrapposizione tra le due fazioni. Specie a inizio partita si tenderà sempre a preferire un approccio mirato a perseguire quanto scritto sulla propria carta personaggio e, spesso, è successo che il tentativo di vincere come fazione venga relegato a scelta di ripiego. Gli obiettivi poi sono abbastanza articolati e, specie quando il numero di giocatori cresce, sono abbastanza complessi da ricordare e quindi da individuare tra i comportamenti in partita. Forse uno schemino che elenchi quali siano i personaggi in gioco avrebbe potuto aiutare.
Venendo poi alle meccaniche, queste non sono nulla di eccessivamente complesso, ma sono comunque ricche di varie micro-fasi e restituiscono una lieve sensazione di macchinosità che, soprattutto in partite oltre i 5 giocatori, frena un po’ la “caciara” che in teoria sarebbe lecito aspettarsi in un gioco di rivolte goblinesche. Resta comunque il fatto che l’interazione è sempre presente e ben marcata e, in qualunque numero di giocatori, l’esperienza di gioco risulta abbastanza costante, al netto della relativa scomodità di giocare in 8 all’interno della scatola del gioco.
In definitiva, Giù dal Trono è un titolo scanzonato ma non troppo, dall’apparenza semplice e simpatica ma con un cuore che va compreso a pieno per giocare nella maniera giusta. La commistione tra gruppi contrapposti e obiettivi segreti lo rende sorprendentemente vario in termini di situazioni di gioco, anche se la contrapposizione dei clan si sente decisamente poco. Nonostante una lieve macchinosità dell’impianto delle meccaniche renda la situazione meno caotica delle aspettative, lo potrei anche consigliare per passare qualche ora in compagnia di gruppi numerosi, chiudendo anche un occhio sulla troppo piccola area di gioco. Date però la giusta attenzione a farlo comprendere bene a eventuali neofiti che, altrimenti, potrebbero avere la sensazione di giocare a caso.
Pro
Tema simpatico e originale
Vario e strategico
La scelta di produrre il foglio della panoramica è ottima
Contro
Materiali così così
Meccaniche macchinose
La resa della contrapposizione dei clan è bassa