Con “Patchistory” l’Oriente conquista i boardgame di civilizzazione
Negli ultimi anni, il proliferare di titoli di civilizzazione di buona fattura non ha certo favorito la visibilità di titoli meno chiacchierati, magari a firma di autori non troppo blasonati e con caratteristiche sui generis. A sopraffare il destino dell’anonimato, è certamente riuscito “Patchistory”, titolo ormai molto noto nell’ambiente che è ormai un piccolo grande caso dell’editoria ludica degli ultimi anni.
Realizzato da un team interamente di stanza in Corea del Sud, questo titolo da 2 a 4 giocatori vede come autori Kim Jun Hyup e Jung Yeon Min, mentre le illustrazioni sono firmate da Ryu Du Yeol e Kim Jung Hyun. Dopo un debutto roboante nelle fiere di settore sotto le insegne di Deinko Games, è stata la nostrana dv Giochi a portare a furor di popolo “Patchistory” negli scaffali del belpaese. Ne sarà valsa la pena, o forse si tratta dell’ennesimo clone di una tipologia in cui ormai molti prodotti finiscono per assomigliarsi?
- Titolo: Patchistory
- Autori: Jun Hyup e Jung Yeon Min
- Editore: dv Giochi
- Genere: Gioco di civilizzazione
- Numero Giocatori: 2 – 4
- Durata: 3 ore
- Dipendenza dalla lingua: bassa (gioco in italiano)
- Illustratori: Ryu Du Yeol e Kim Jung Hyun
Dal caos all’ordine
L’impatto del primo unboxing è da mal di testa: di fronte al proprietario di “Patchistory” si rivela una moltitudine di segnalini, cubetti, carte, icone, tessere e plance. Il tutto, condito da una solida certezza: non c’è tabellone. Quelli che, però, a prima vista possono avere l’aria di difetti – un numero elevato di materiali e l’assenza di un’area in cui svolgere le azioni della partita – a poco a poco diventano i veri punti di forza del gioco. Come tutti i giochi di civilizzazione a complessità medio-alta, infatti, la confidenza con meccaniche, regole e componenti incrementa in maniera molto repentina il gusto dell’esperienza e l’immersione nel tema sicuramente dal forte richiamo.
Partiamo dalle tessere capitale, che poi sono i tasselli da cui cominceremo a costruire il nostro impero. Si presentano con sei caselle in formato double face, con lato A uguale per tutti – adatto ai match tra principianti – e un lato B random, con caratteristiche e abilità di partenza differenti su ciascuna tessera. Lo stato di avanzamento e di progresso della nostra civiltà sarà sintetizzato da una plancia, che sarà consegnata a ciascun giocatore, con tre sezioni numeriche ben definite: la prima, otto spazi su due colonne, raffigura le caselle su cui andremo a posizionare la nostra riserva lavoratori, mentre la seconda servirà a indicare lo stato di abilità e potenza raggiunto dal nostro impero: in particolare, controlleremo forza militare, trasporto, influenza politica e difesa. Infine, la parte finale della plancia, quella a destra del giocatore, serve a posizionare gli indicatori sulle risorse e in particolare cibo, monete, cultura – ossia punti vittoria – e minerali.
Il motore di “Patchistory” sono però le tessere territorio, ovvero delle carte quadrate, anch’esse a doppia faccia, che contengono edifici, porzioni di territorio, leader e meraviglie in grado di impreziosire e rafforzare la nostra civiltà. In aggiunta, a inizio partita verranno distribuite tre carte prosperità a ciascun giocatore, insieme ai lavoratori, a un certo numero di cubetti di legno – raffiguranti le varie risorse, in pieno stile german – le monete e le tessere edificio, sul dorso rappresentate come area incolta, che darà la possibilità di modificare una porzione di terreno, proprio in stile “Terra mystica”.
Concludendo la carrellata, poi, troviamo le rettangolari – e fondamentali, per lo svolgimento del gioco e per le chance di vittoria –rotte commerciali, generiche da un lato e “tra alleati” dal’altro.
Insomma, a un’occhiata superficiale – e un po’ frettolosa – dei materiali che imbottiscono la scatola, il lato debole di “Patchistory” sembra proprio una generale tendenza verso l’astratto che mal si addice alla categoria ludica della costruzione di imperi che resistano alle epoche storiche. Eppure, le sensazioni iniziali sono destinate a venire rapidamente smentite con la progressiva immersione nel sistema di gioco.
Sono tre le ere in cui si suddivide una partita, ciascuna scandita da cinque turni. Dunque, in tutto ogni giocatore avrà a disposizione quindici chance di ottenere il massimo dalle proprie risorse e portare il proprio dominio al massimo dello splendore e della gloria che, cinicamente, vuole significare punti vittoria.
Secoli di progresso in…pochissimi turni
All’interno di ciascun turno saranno giocate otto fasi, con il culmine delle azioni a disposizione, raffigurate nello schermo protettivo dietro cui i giocatori/ imperatori potranno nascondere agli avversari le risorse, i voti disponibili e, soprattutto, i punti vittoria. Nella prima era, incontreremo personaggi e monumenti tipici del mondo antico, da Mosè e Costantino passando per il Colosseo e Petra, mentre nella seconda parte del gioco il periodo storico sarà quello a cavallo tra il Medio Evo, il Rinascimento e l’epoca dei conquistadores, con Cristoforo Colombo e Vasco da Gama a farla da padroni e il Cremlino e Chichén Itzà tra le costruzioni più celebri. Infine, nell’epoca finale di “Patchistory” percorreremo la modernità in cinque turni, potendo arruolare nel nostro impero anche Che Guevara, Karl Marx o addirittura Giovanni Paolo II.
La prima fase di gioco è quella dell’asta e del piazzamento delle tessere territorio ed è l’unica parte che – insieme all’ultima fase del voto – differenzia le regole a due giocatori dalle partite più affollate. In generale, si distendono le tessere sul tavolo – a seconda del numero dei partecipanti – e ogni giocatore sarà chiamato a puntare su una sola delle carte in palio, con la possibilità di spostare le proprie monete qualora la sua offerta venga superata. Quando le tessere sono state assegnate, inizia il clou del round : il posizionamento a patchwork delle nuove risorse o personaggi da incasellare di fronte a sé per creare la propria civilità in espansione. La regola aurea è che almeno un riquadro della tessera in arrivo deve posizionarsi sopra o sotto una di quelle già in posizione. Ovviamente, leader e meraviglie che occupino più di uno spazio andranno coperti del tutto. IL mare è l’eccezione: può coprire un'altra porzione di territorio, ma non può essere coperto da una nuova tessera, a meno che il giocatore non usi l’azione riqualificare. Ogni impero non può superare la misura di 5X5 caselle nella prima era, 6X6 nella seconda e 7X7 nella terza. Proseguendo, si giocano le fasi di diplomazia e gestione, dove il giocatore deve fare leva sull’influenza politica al fine di poter ottenere benefici dalle relazioni con gli avversari. In proposito, sarà possibile offrire aiuto in cambio di punti vittoria, oppure minacciare in base alla propria forza militare o – alle strette – utilizzare tutti i propri punti politici per rompere un’alleanza. Chiusa la parte diplomatica, si svolgono le azioni di gestione, sempre in base a punti di influenza residui. Nell’ordine, i giocatori possono giocare azioni a ripetizione, con il solo limite dei punti simboleggiati dall’indicatore viola sulla plancia personale: commerciare (spostare un lavoratore dall’impero a una rotta commerciale) , scambiare risorse, far nascere un discendente, oppure celebrare leader e meraviglie, o ancora costruire una rotta commerciale, riqualificare o costruire un edificio da una delle tesserine quadrate che ci sono state consegnate a inizio partita. Da ultimo, ma molto importante, potremo scegliere di realizzare propaganda, ossia guadagnare cubetti bianchi – o voti – sulla base dei punti investiti nell’azione.
Conclusa anche la fase azioni, potremo svolgere i movimenti delle nostre pedine sull’impero o nelle rotte commerciali in base alla capacità di movimento attuale delle nostre forze in campo. Solitamente, la capacità di trasporto rappresenta il numero di spazi dove può muoversi un lavoratore.
E veniamo alla fase successiva, quella dei negoziati o della guerra, che si svolgeranno esclusivamente quando un lavoratore si trova nella casella della rotta commerciale “Guerra/Ritorno”: al primo turno in cui ciò accade, i due litiganti dovranno scoprire le proprie intenzioni scegliendo la via del compromesso o della guerra. Se anche uno solo dei due opta per la via militare, allora al turno successivo toccherà a lui prepararsi, investendo risorse e attaccando per primo. Se il computo totale di differenza dai valori di attacco e difesa in un conflitto è molto elevato, maggiore sarà il beneficio in punti vittoria per il vincitore. A volte, può essere preferibile arrivare a un compromesso prima di andare alla “conta”, soprattutto se si prevede un combattimento alquanto sbilanciato. Siamo così giunti a una fase obbligatoria , ossia quella di produzione e mantenimento, in cui i giocatori ottengono risorse in base alle proprie capacità e si trovano costretti a reinvestirne immediatamente una parte per sfamare i propri lavoratori. L’era si chiude con la fase del voto, in cui ogni giocatore pone sul piatto una carta prosperità, che rappresenta un aspetto dell’evoluzione dei vari imperi (solitamente quello in cui ritiene di primeggiare). Anche qui, in un meccanismo simile a quello dell’asta, si sceglierà una carta che conferirà al suo proprietario – in base al numero dei voti immessi – un certo numero di punti vittoria, con guadagni ridotti per gli altri.
Conclusioni: la guerra è vinta?
Come si evince dall’elevato numero di casi e di situazioni in grado di presentarsi al cospetto dei giocatori, “Patchistory” si colloca a pieno diritto nel recinto dei giochi di civilizzazione hard. In realtà, però, la familiarità che si acquista con il gioco è davvero una delle note più liete sin dai primi turni. Semmai, una partita – specie in due o tre giocatori – stenta un po’ a entrare nel vivo: affinché i giocatori abbiano punti influenza a sufficienza per svolgere un elevato numero di azioni, può passare qualche turno rendendo, di fatto, la prima metà della prima era un po’ freddina. Ma a poco a poco che gli imperi diventano grandi e prosperosi, anche i giocatori si lasciano conquistare da “Patchistory” e la miriade di situazioni che riesce a presentare in una partita.
Potrei quasi dire che il titolo del gioco non si riferisce solo al sistema di posizionamento tessere, ma anche alla miscela di meccaniche che vanno a comporre l’esperienza di una partita a Patchistory: c’è l’aspetto di civilizzazione che è sicuramente predominante, ma anche la gestione delle risorse ha un’importanza fondamentale, dovendo sempre operare scelte in economia di risorse. Nelle fasi di assegnazione delle tessere e di votazione, poi, troviamo il meccanismo delle aste, mentre con la diplomazia potremo svolgere vere e proprie macchinazioni politiche, e con l’opzione militare avremo la possibilità di gustare un accenno di wargame, sempre con il patchwork dei territori al centro di tutto, a fornire quel sapore di astratto a un gioco comunque dalla forte tematica.
L’artwork di questo gioco è sicuramente ammaliante, sulla scatola e sulle tessere i personaggi sono in generale molto espressivi, anche se in certi casi le illustrazioni rimangono un po’ troppo stilizzate. I materiali, in generale, non brillano ma sono accettabili eccezion fatta per le buste delle tessere territorio, davvero troppo sottili per contenere dei componenti così centrali nel sistema di gioco.
In generale, la scalabilità è ottima: anche in due giocatori le partite sono appassionanti e zeppe di colpi di scena. Il bilanciamento, a conti fatti, risulta ben calibrato: la possibilità di sostituire porzioni del proprio impero, consentirà di modificare in corso d’opera le strategie. Le strategie possibili sono molte e tutte potenzialmente vincenti: sarà possibile, oltretutto, specializzare la propria civilità sulle meraviglie, oppure ingaggiare i leader nell’era successiva, o magari progredire in cultura, seguendo così più strade diverse per la prosperità. E questa varietà di approcci è condensata, anzi verrebbe da dire suggerita, nell’incedersi di una singola partita. Se nella prima fase si cercherà, ad esempio, di rafforzare la propria influenza politica, verso la fine della partita la componente diplomatica – e bellica -prenderà sempre più il sopravvento, aumentando in maniera considerevole il livello di interazione. Se siete nuovi ai titoli di civilizzazione, forse il consiglio è di partire da qualcosa di più diretto alla “The Golden Ages” ma se, viceversa, il vostro passatempo preferito è costruire una civiltà e guidarne lo sviluppo attraverso secoli di storia, con “Patchistory” salirete a un nuovo livello di divertimento. L’originalità del patchwork nella costruzione, crescita e riedificazione dell’impero è certamente l’aspetto più innovativo del gioco, anche se l’incedere dei turni non evidenzia buchi particolari, segno che anche in fase di playtesting gli autori hanno riversato un’accuratezza degna di nota. Ovviamente, un titolo così pieno di sfaccettature, piccola “summa” ludica in una sola scatola, non potrà vantare la brevità tra le pur numerose virtù: e infatti, le partite si aggirano sulle 3 ore. Ma al termine, l’appagamento sarà garantito.
Pro:
– Ambientazione sentita nonostante il sistema di piazzamento a patch
– Realismo nell’evoluzione della civiltà
– Ottima scalabilità
– Downtime ridotto grazie alla possibilità di svolgere azioni simultaneamente
Contro:
– Grafica tra alti e bassi
– Primi turni troppo statici
– Rischio paralisi per i più riflessivi