La Mantic, nota casa editrice ludica di Nottingham specializzata in miniature, ha da anni consolidato i suoi due setting principali: il fantasy classico, iniziato con il gioco di guerra Kings of War, e la fantascienza, che fa da ambientazione per Warpath. Ciascuno di questi titoli ne ha a sua volta generato altri che si focalizzavano su un aspetto particolare del background, come ad esempio il dungeon crawler Dungeon Saga (da Kings of War).
Per tutti i suoi prodotti, ormai la Mantic è solita sfruttare le opportunità date dalla piattaforma Kickstarter, quindi era facile che questi rimanessero esclusivamente in inglese; tuttavia, dall’anno scorso, MS Edizioni ha iniziato a localizzare le nuove uscite Mantic per il nostro mercato. Così, dopo Dungeon Saga (2015), nel 2016 è stata la volta di Deadzone, seconda edizione (che da qui in poi chiameremo semplicemente Deadzone ai fini di questa recensione), che sin dalla prima, ha conosciuto un notevole successo sia per il regolamento che per le miniature sempre piuttosto ben realizzate, che andavano a colmare un po’ di vuoti lasciati tra i fan con l’evoluzione di giochi di miniature più blasonati. Il gioco viene venduto come manuale singolo (perfetto per chi possiede già la prima edizione) o come scatola base, ed è quest’ultima che andremo ad esaminare.
- Titolo: Deadzone 2a Edizione
- Autore: Jake Thornton
- Editore: Mantic – MS Edizioni
- Genere: Skirmish con miniature
- Numero Giocatori: 2+
- Durata: 30-50 minuti
- Dipendenza dalla lingua: solo il manuale (gioco in italiano)
- Illustratori: Dave Allsop, Roberto Cirillo, Heath Foley, Scott Johnson, David Kidd, ShenFei, Luigi Terzi
Deadzone è un veloce skirmish tra piccole squadre di miniature (in genere 3-6 elementi per parte), per due giocatori. Ambientato nell’universo in guerra di Warpath, questo gioco narra dei conflitti senza quartiere generati su pianeti contagiati da un micidiale quanto incurabile virus chiamato Plague. Tali pianeti vengono cancellati da mappe e burocrazia e dichiarati appunto zone morte (deadzone); le Corporazioni vi inviano quindi i loro Enforcer per eradicare qualsiasi cosa vi si muova ancora. Ovviamente, posti di questo tipo diventano attrattori per ogni genere di avventurieri nella galassia, ma anche per le forze armate di altre civiltà che vi si recano a cercare nuove tecnologie o preziosi da rivendere.
Una partita a Deadzone, incluso il setup, supera raramente l’ora di gioco, in genere attestandosi intorno ai 30-40 minuti. Lo scopo della missione varia da scenario a scenario, ma restiamo comunque in un wargame di miniature dalle regole semplici (ma mai banali), in cui distruggere le forze nemiche è sempre almeno una parte della missione.
“Schieramento in 10 minuti. Preparare le armi” (Materiali e contenuto)
La scatola di Deadzone è grande e resistente e decorata con una scena di battaglia tra Enforcer e Forge Fathers (le due fazioni presenti nella scatola base). Va detto subito che la scatola è in inglese ma il manuale in essa contenuto è completamente in italiano, come ci avverte anche il bollino “Edizione Italiana” posto sul coperchio.
All’interno troviamo un bel po’ di materiale. Innanzi tutto c’è un corposo manuale (112 pagine) interamente a colori, che contiene tutte le regole necessarie a giocare, incluse quelle opzionali, le army list delle fazioni principali e diversi scenari. Il manuale è di facile consultazione, chiaro e con numerosi esempi. Le regole in sé occupano meno di 40 pagine, includendo anche le spiegazioni delle varie abilità e caratteristiche dei modelli, mentre il resto è dedicato alla costruzione degli Strike Team (le squadre che useremo durante gli scontri) e degli scenari. I nomi di quasi tutte le unità sono stati lasciati in inglese: una scelta che, a mio avviso, è ottima e permette di identificare le miniature immediatamente evitando nel contempo il ricorso a perifrasi talvolta davvero poco gradevoli, come sovente accade in altri titoli di editori differenti.
Deadzone richiede segnalini e dadi, inclusi nella scatola: 8 dadi bianchi a 8 facce, numerate da 1 a 8, e 6 dadi a 6 facce speciali, chiamati dadi comando, che in genere vengono utilizzati per eseguire azioni extra durante il turno di gioco. I segnalini invece sono in cartoncino, non particolarmente spessi ma resistenti, e coprono una vasta gamma di funzioni: obiettivi, punteggio, danni e oggetti da raccogliere durante gli scontri. Il gioco include anche una mappa in carta stampata da un solo lato e divisa in grandi settori quadrati, detti Cubi, che rappresenta una tipica zona urbana semidistrutta.
Per quanto riguarda le miniature, di cui parleremo in dettaglio più avanti, la scatola di Deadzone contiene tutte quelle di cui avremo bisogno per giocare le nostre prime partite: i combattenti e gli elementi scenici. I primi sono 20 miniature, divise in due fazioni (Enforcers e Forge Fathers), i secondi includono mura ed edifici componibili, cumuli di rovine, contenitori ed ostacoli. Va sottolineato che miniature ed elementi scenici vengono forniti in sprue, e sono da assemblare: questo significa che prima della nostra prima partita dovremo dedicare del tempo a costruire almeno due squadre e un minimo di tre o quattro elementi scenici. Inoltre, non viene fornita alcuna istruzione per il montaggio, anche se sul sito web della Mantic è possibile scaricare le indicazioni relative alle miniature meno semplici. Avere le istruzioni per tutte le miniature sarebbe stato effettivamente molto più comodo, ma questa è una scelta della Mantic (a mio avviso inspiegabile), non certo imputabile alla MS Edizioni.
Tutti i componenti sono di buon livello, anche se avrei preferito una mappa di materiale più resistente (la carta è di buona qualità, ma potrebbe rovinarsi, anche se durante i nostri playtest non ha subito alcun danno). A parte il manuale, nessun altro componente riporta testo, pertanto durante la partita non ci sarà molto da leggere una volta imparate le regole. In realtà un paio di schede riepilogative avrebbero davvero fatto comodo, in modo da avere tutte le informazioni necessarie immediatamente sotto mano senza dover andare a consultare il manuale per ogni situazione – cosa che accade naturalmente soprattutto nelle prime partite, ma per il resto possiamo tranquillamente essere soddisfatti del contenuto della scatola.
“Ricognizione dell’area completa. Trasporti in arrivo” (Miniature e montaggio)
In questo paragrafo darò un’occhiata più dettagliata alle miniature e al loro montaggio. Tutti gli elementi forniti in Deadzone sono da assemblare e hanno diversi livelli di difficoltà, ma nulla che un modellista o miniaturista dotato di media esperienza non possa fronteggiare. Per ungiocatore che invece si sia cimentato poco o nulla con la costruzione di miniature, alcuni modelli potrebbero risultare un tantino ostici, come vedremo.
Cominciamo dagli elementi scenici: la scatola include una ventina di pareti semidistrutte, contenitori, taniche, cumuli di rovine e barricate (persino un lampione stradale). Questi accessori vanno montati, ma in genere non incollati e possono essere connessi tra di loro grazie a speciali incastri che permettono di smontare e rimontare gli edifici come meglio preferiamo. Casse e taniche sono invece costituite da due metà che vanno incollate l'una all'altra. I cumuli di macerie sono in due diversi tipi: uno è composto da due metà da incollare, l’altro è costituito da una sola metà da combinare con alcune delle pareti in rovina.
Le pareti incluse permettono di costruire diversi edifici a uno o più piani, elemento questo importante dato che Deadzone include regole per le tre dimensioni. L’unico reale problema che ho riscontrato – come accennato prima – è la totale mancanza di indicazioni su come assemblare gli edifici, anche se si possono usare le foto sulla scatola e sul sito Mantic come guida, oppure lasciar libera la fantasia e costruire come meglio ci aggrada, a patto di prestare attenzione sin dall’inizio a come funzionano gli incastri. Infatti essi sono di due tipi: quelli ad angolo, che useremo molto spesso, e quelli lineari – di cui ho fatto un uso davvero limitato, almeno finora.
Dal punto di vista degli sculpt, la qualità va dalla media (contenitori, barricate, cumuli di rovine) all’alta (pareti e mura) e va detto che una volta sulla mappa gli edifici diroccati fanno la loro bella figura anche se non dipinti.
Veniamo ai combattenti. Come detto, le fazioni che troviamo in questa scatola iniziale sono due: i Forge Fathers (essenzialmente i Nani, versione sci-fi), e gli Enforcer (gli umani). Per costruire queste miniature ci sarà bisogno almeno di un taglierino, un paio di tronchesi da modellismo e della colla per plastica, meglio se di quelle con applicatore ad ago in modo da non sporcare i nostri modelli con eccessi di colla.
I Forge Fathers sono rappresentati da 10 miniature di Steel Warriors, che includono tutte le possibili armi pesanti (Stormrage Veteran) e anche un Huscarl (leader). Queste sono le miniature più difficili da assemblare dell’intera scatola: è infatti necessario seguire le istruzioni con attenzione e alcune parti molto piccole, come gli spallacci delle armature, potrebbero causare problemi a chi non fosse avvezzo a costruire miniature. Il risultato finale, una volta assemblate, è però notevole: al di là della mia personale passione per i Nani, gli sculpt di questi nuovi Forge Fathers sono davvero belli, ed a mio avviso si tratta dei pezzi migliori del gioco.
Gli Enforcer sono rappresentati da 11 miniature, divise in due diverse “specializzazioni”. Cominciamo dai 5 Enforcer – la fanteria pesante – che includono armi pesanti, un Capitano e un Assault Enforcer. Anche questi vanno assemblati con cura seguendo le istruzioni, ma gli sculpt risultanti sono molto belli e ben realizzati dinamicamente. Ci sono poi 5 Pathfinder, la fanteria leggera, con pose ancora più dinamiche e molto più semplici da assemblare (per questi non ci sono istruzioni). Magari sarà possibile avere un minimo di difficoltà con alcuni accessori opzionali come binocoli o mantelli, ma per il resto non c’è molto da scervellarsi. Insieme a queste 10 miniature, troviamo anche un drone armato D.O.G., essenzialmente un “cane-robot” dotato di cannone laser, semplice anche questo da montare e davvero bello una volta schierato.
Tutte le miniature vanno montate su basi tonde standard, su cui si incollano direttamente i piedi delle figure. Questo permette ai modellisti più esperti di personalizzare le basette senza dover tagliare via piedistalli o stand dai piedi dei propri soldati.
Per quanto riguarda la resa delle miniature sul campo di battaglia, le due fazioni si distinguono facilmente anche senza dipingerle; naturalmente, anche solo con colori base, l’aspetto del gioco cambia in meglio e come tutte le miniature Mantic, anche queste sembrano agevoli da dipingere. Per gli schemi di colori ci si può rifare alle illustrazioni e foto della scatola e del manuale, oppure lasciare che la nostra fantasia prenda il controllo dei pennelli.
Riepilogando: le miniature sono tutte di ottima qualità, e si incollano molto più facilmente e stabilmente di quelle della precedente versione di Deadzone (che sono in alcuni casi risultate invece ostiche sia alla colla per la plastica sia persino al cianoacrilato). I pezzi vanno a posto senza problemi, c’è poco flash (residui di fusione) e le pose sono dinamiche ed esteticamente molto belle. Però la mancanza di istruzioni di montaggio è una grossa pecca che potrebbe scoraggiare non poco chi è alle prime armi nel campo del wargame tridimensionale.
“Rendere sicuro il perimetro!” (Descrizione del gioco)
Specifichiamo subito che Deadzone non ha un setup standard, ma molto dipende dallo scenario che abbiamo scelto di giocare e dalla composizione del nostro Strike Team. Tuttavia il manuale include uno scenario introduttivo (intitolato “Pattugliamento”), con tanto di Strike Team già pronti, per poter giocare le nostre prime partite senza doverci spremere le meningi nella costruzione della squadra.
Innanzitutto, però, le statistiche: ogni miniatura è definita da una serie di queste e può avere una o più abilità speciali, che derivano dalla natura stessa del personaggio rappresentato e dal suo equipaggiamento. Le statistiche dei modelli sono molte, ma solo alcune di esse si useranno spesso in gioco, e cioè la Velocità (di quanti cubi si sposta la miniatura se si Muove o se Sprinta), l’Armatura (valore di assorbimento dei danni), la Dimensione (che indica quanti “Punti ferita” ha la miniatura), il Tiro (T, valore minimo da ottenere nei test di combattimento a distanza), la Mischia (M, stessa cosa, ma in mischia), e la Sopravvivenza (Sv, stessa cosa, per resistere ai danni). Altre indicheranno appunto l’equipaggiamento, le opzioni disponibili per il modello e gli avanzamenti durante una campagna, il costo in punti da usare quando si costruisce uno Strike Team e infine il valore in Punti Vittoria (PV) che l’avversario ottiene distruggendo questo modello.
Una volta assemblati gli Strike Team, si posiziona sul tavolo la mappa di gioco e su di essa si piazzano gli elementi scenici e i segnalini obiettivo, come da schema del manuale. Si disporranno inoltre segnalini oggetti, coperti, scelti e messi a caso. A questo punto, i giocatori schierano le proprie forze nelle rispettive aree di partenza, indicate sempre nello schema del manuale, e lo scontro può avere inizio.
Per decidere chi schiera per primo, e per gestire la maggior parte delle situazioni di gioco, Deadzone utilizza un meccanismo universale: il test. Ogni test viene indicato nelle regole e negli scenari con una semplice forma:
Test di [obiettivo] a [n] dadi (X)
Dove [obiettivo] è appunto la statistica o il valore per cui si effettua il test (p.es., Ricognizione, Mischia, etc.), e può anche essere un valore numerico (p.es., 4+); [n] rappresenta il numero base di dadi a 8 facce da tirare per il test, ed (X) è il numero minimo di successi da ottenere. In alcuni test non c’è un numero di successi ma appunto una X indicata: questo significa che entrambi i giocatori devono effettuarlo e chi ottiene più successi vince. Ogni dado tirato che ottenga come risultato un valore uguale o superiore alla caratteristica usata per il test (p.es. Mischia), è considerato un successo. Per esempio, un Test di Mischia a 4 dadi (X) verrà vinto dal giocatore che, tirando 4 dadi, otterrà più successi, mentre un Test 4+ a 3 dadi (2) viene passato solo se almeno due dei tre dadi da tirare ottengono un risultato pari o superiore a 4. Semplice ed efficace.
Il primo test che si effettua in partita è appunto un test di Ricognizione a 5 dadi (X): il vincitore potrà decidere chi avrà l’iniziativa nel primo round; il giocatore con l’iniziativa sceglierà quindi la sua zona di schieramento e vi posizionerà le proprie miniature, seguito dall’avversario. Fatto ciò, si inizia la partita. Uno scontro di Deadzone è diviso in round, ciascuno dei quali segue la struttura descritta qui di seguito.
1) Tiro dei dadi comando. All’inizio di ogni turno, entrambi i giocatori tirano 3 dadi comando ciascuno; possono poi ritirarne quanti ne vogliono (ma dovranno tenere il secondo tiro, in questo caso) e poi mettono i dadi tirati nella propria riserva. Tali dadi hanno 6 diverse facce, ciascuna delle quali permette di effettuare un’azione speciale durante il round. Quando un giocatore vuole usarne uno, effettua l’azione corrispondente al simbolo uscito e poi lo rimuove dalla riserva. Le azioni possibili vanno da attacchi extra, all’uso di poteri speciali di alcune miniature (per esempio quelli dei leader).
2) Turni dei giocatori. In questa fase, i giocatori si alternano ad attivare una delle proprie miniature, finché tutte hanno agito, o se entrambi i giocatori decidono di passare il turno. La miniatura scelta può compiere un’azione lunga o fino a due azioni brevi. Le azioni lunghe sono mischia e sprint. La prima permette di attaccare una miniatura avversaria che si trovi nello stesso cubo dell’attaccante. La seconda permette di muoversi del secondo valore Velocità indicato nelle statistiche della figura. Le azioni brevi, invece, sono: movimento, rialzarsi, tiro, e azione speciale. Il movimento permette alla miniatura di spostarsi del primo valore di Velocità del suo profilo. Rialzarsi si usa per rimettersi in piedi, in caso si venga atterrati da un qualsiasi effetto. Tiro serve a sparare contro miniature avversarie in altri cubi. Infine, l’azione speciale può essere usata per attivare abilità speciali di alcune miniature, o per eseguire azioni specifiche dello scenario (p.es., attivare un detonatore, chiamare un supporto aereo, etc.). Con l’eccezione del movimento (incluso rialzarsi) e di molte azioni speciali, tutte le altre vengono risolte, come dicevamo, con un test appropriato. Il movimento è invece consentito sia in orizzontale (spostandosi di un numero di cubi pari al valore Velocità della miniatura), sia in verticale (la miniatura può salire e scendere dai piani alti di un cubo che abbia edifici a più livelli).
Un attacco in mischia è risolto in questo modo: l’attaccante effettua un Test di Mischia 3 dadi (X), e il difensore può scegliere se contrattaccare (Test di Mischia 3 dadi (X)) o schivare (Test di Sopravvivenza a 3 dadi (X)). Se l’attaccante vince, ogni successo in più rispetto al difensore diventa un danno potenziale. Se c’è un pareggio o la vittoria del difensore, l’attacco è fallito.
In maniera simile, un attacco di tiro richiede che l’attaccante effettui un Test di Tiro 3 dadi (X), ma il difensore potrà solo effettuare un Test di Sopravvivenza a 3 dadi (X) per rispondere; i risultati sono analoghi all’attacco in mischia.
Gli attacchi possono subire modificatori (in genere vengono aggiunti o tolti dadi in base ad alcune specifiche condizioni). Infine, si calcolano i danni. Innanzitutto, il valore Armatura viene sottratto ai danni potenziali: se restano 0 o meno danni potenziali, l'attacco non ha sortito alcun effetto, se i danni potenziali restanti sono inferiori o uguali al valore Dimensione del bersaglio, questo diventa “Ferito” (e riceve un segnalino apposito), se invece questi sono superiori a tale numero, il bersaglio viene eliminato e l’attaccante riceve il suo valore in PV.
Molte armi hanno abilità speciali (per esempio possono gettare a terra il difensore, o ignorare alcuni punti Armatura) e quindi, quando si attacca, occorre tener presente anche l’arma che stiamo usando per il massimo effetto possibile.
3) Fine del Round. Alla fine del round, quando entrambi i giocatori hanno passato il turno (o esaurito le miniature da attivare), si attribuiscono i PV in base agli obiettivi controllati dalle proprie truppe e si verificano le condizioni di vittoria in base allo scenario. Se nessuno dei due ha vinto, si dà inizio ad un nuovo round e l’iniziativa passa all’altro giocatore.
Questo schema viene, come dicevamo, integrato da tutta una serie di regole aggiuntive e di abilità speciali che dettagliano il comportamento in battaglia di unità ed equipaggiamenti, informazioni di fondamentale importanza durante uno scontro. Le regole di base, comunque, sono poche e semplici e permettono di gestire con estrema facilità ogni aspetto di una battaglia.
Ma nei wargame tridimensionali una consistente parte del gioco risiede nella costruzione del proprio esercito e Deadzone non fa eccezione: ci sono ben otto fazioni tra cui scegliere, la Mantic ha recentemente condotto un playtest pubblico per una nona fazione (i Marines) e ne ha anche annunciato una decima, che verrà introdotta con l’uscita del DC Star Saga; ognuna ha i propri specialisti, veicoli ed equipaggiamenti. Infine, esiste un’interessante modalità campagna, in cui i sopravvissuti dei nostri Strike Team acquistano nuove abilità ed equipaggiamenti man mano che si procede nella storia. Le espansioni già uscite e previste sono davvero molte e alcune di queste includono ulteriori elementi scenici e regole – magari verrà reimplementata anche l’espansione sugli zombie che permetteva persino il gioco in solitario con tanto di campagna. C’è anche da dire che tutte le miniature finora pubblicate per la prima edizione sono assolutamente compatibili con questa seconda… insomma, in fatto di longevità, questo skirmish promette davvero bene.
“Vediamo quanto sono bravi questi Enforcer…” (Esperienza di gioco)
Le semplici regole di Deadzone non devono ingannare: probabilmente questo titolo è un ottimo esempio di come non sia necessario inventare pagine e pagine di regole e sottoregole per ottenere un gioco rapido, dinamico e mai banale. Già dalla prima partita si ha la sensazione di poter fare tutto quel che si vuole con il proprio Strike Team, senza però avere quel timore di “troppe cose da ricordare”. Certo, una scheda riepilogativa avrebbe fatto comodo, più che altro per le abilità speciali, però grazie anche a diversi siti che permettono di costruire il proprio Strike Team e stamparne una scheda già perfettamente compilata l’esperienza di gioco può essere vissuta al massimo.
Gestire il proprio Team è semplice, all’inizio: nelle prime partite per esempio i Forge Father hanno solo tre miniature in campo e le abilità speciali di ciascuna si imparano facilmente. Le due forze incluse nella scatola, peraltro, sono le più “elastiche” e a mio avviso le meno complicate da usare. Per completezza, ho provato a giocare anche con altre due fazioni (Veer-Myn e Plague), ma entrambe richiedono un po’ più impegno, quindi pur non conoscendo le ulteriori 4 (o 6 includendo quelle nuove) fazioni, direi che la scelta della Mantic è stata decisamente ottima.
La seconda cosa che si impara sin dal nostro primo scontro, è che la gestione delle proprie truppe in questo gioco è fondamentale: non puoi semplicemente sperare nel tiro dei dadi, ma devi conoscere e sfruttare al massimo tutte le capacità di ogni soldato.
Il sistema di gestione delle azioni tramite test “standard” è ottimo perché permette un rapido scorrimento del gioco: non hai bisogno di più meccanismi di gioco quando te ne basta uno solo, per di più assai intuitivo, per risolvere tutto: devi sparare? Test su mira. Devi resistere ai danni? Test su Sopravvivenza. Semplice ed efficace. Quello che invece all’inizio sembra più difficile da gestire in Deadzone è la totale tridimensionalità del gioco, che deve essere sfruttata al massimo per ottenere la vittoria. In genere, in un wargame di miniature, la tridimensionalità è poco sfruttata (fanno eccezione capolavori ingiustamente obliati del calibro di Necromunda o Mordheim), mentre in Deadzone l’idea di poter agire sempre su tre dimensioni è insita nel concetto stesso di gioco: il nome “cubi” dato alle celle di movimento, deriva proprio dal fatto che in qualsiasi momento esse hanno sempre un’altezza (anche se può essere zero in molte zone del campo).
Un altro fattore interessante è la rapidità del gioco stesso: il piccolo campo di battaglia (si gioca su superfici ridotte) permette azione immediata e la manovra delle proprie truppe diventa estremamente scacchistica, nel senso che bisogna ponderare ogni movimento e non si può mai essere sicuri di spostare le proprie miniature su terreno aperto, dato che quest’ultimo fornisce dei bonus a chi volesse attaccarci. Come ulteriore “bonus”, la piccola superficie di gioco permette di intavolare Deadzone veramente ovunque: un grandissimo vantaggio per chi non avesse molto spazio ma fosse nel contempo interessato ad un gioco skirmish, che può anche costituire un’ottima introduzione al wargame tridimensionale vero e proprio.
In ultimo, il meccanismo dei dadi comando (che verrà introdotto anche nell’imminente Warpath) è un’ottima idea che, sul campo, viene talvolta obliata nelle prime partite – quando invece deve far parte della tattica – e costituisce una bella simulazione della capacità di risposta delle truppe a situazioni che cambiano ogni istante: è quello che in pratica accade nelle schermaglie contemporanee (e, presumibilmente, anche nel futuro).
Deadzone è stato davvero un gioco sorprendente, ben congegnato e che fornisce un’ottima esperienza di gioco, rapida e furiosa (come si suol dire in questo tipo di giochi) ma nel contempo ben bilanciata, adatta sia per un giocatore che si avvicina per la prima volta al tridimensionale, sia a un esperto che cerca qualcosa di meno lungo e più incentrato su scontri fulminei e letali – oltre che giocabile in metà serata e in spazi ristretti, con poche miniature per parte – che nel contempo non tolga niente alla tattica ed alla strategia del campo di battaglia.
Infine, due parole sulla modalità campagna: purtroppo non ho potuto apprezzarla a pieno, per mancanza di un gruppo fisso, ma per quel poco che ho potuto vedere, rende il gioco ancora più longevo, anche se richiede una mole di lavoro non indifferente e soprattutto un game master. Sarà infatti compito del master organizzare, scrivere e gestire la campagna, mentre gli altri giocatori potranno occuparsi esclusivamente delle proprie unità e degli scontri. Un lavoro logistico non indifferente, ma che – a giudicare dalle regole – può offrire ancora più divertimento e livelli di sfida, rendendo Deadzone quasi come due giochi in uno.
“Missione terminata. Perdite nei parametri accettabili.” (Considerazioni finali)
Personalmente, da molti anni sono alla ricerca di un gioco skirmish rapido e facilmente gestibile e Deadzone è stato quasi “amore a prima vista”, perché mi è sembrato il titolo più rispondente ai miei requisiti sin dal primo turno della prima partita; in più, ha il vantaggio di includere elementi scenici nella scatola, quindi non ho dovuto passare al setaccio la casa e le scatole di miniature per inventarmi paesaggi surreali (spesso fatti di bicchieri e cumuli di libri). Per di più, si gioca con poche miniature per parte – e già quelle presenti nella scatola base permettono una grande varietà di partite. Aggiungiamo una modalità campagna interessante (che però, come ho già detto, richiede molto impegno ed un giocatore che faccia solo da master) e abbiamo davvero un titolo valido sotto ogni aspetto.
Non dico che Deadzone non abbia difetti, ma si tratta principalmente di aspetti di produzione e non di gameplay: due schede riepilogative sarebbero state un’ottima idea, le istruzioni sull’assemblaggio delle miniature – per quanto facilmente reperibili online – sarebbero state quantomeno necessarie, soprattutto per chi non ha mai costruito miniature, e magari un po’ più di cura nei materiali della plancia di gioco avrebbero potuto “alzare il voto” complessivo. Ma ecco, questi sono i soli difetti che riesco a trovare nel titolo della Mantic, mentre tutto il resto è assolutamente positivo.
Inoltre, sono stato piacevolmente sorpreso dalla gestione tattica dello scontro: lanciarsi a testa bassa contro l’avversario sperando nei dadi è un suicidio nel 100% dei casi; le truppe vanno usate al meglio possibile, e bisogna tener presente sempre l’obiettivo dello scenario, adattando a tal uopo le proprie tattiche: non basta, infatti, cercare di distruggere le truppe avversarie; spesso la vittoria sarà questione di differenze di un solo punto e quel punto in genere viene dal controllo degli obiettivi. Sparare “nel mucchio” può essere una tattica controproducente, perché molte armi ad area naturalmente non fanno differenza tra amici e nemici e in Deadzone, truppe amiche e nemiche possono “coesistere” nello stesso cubo (naturalmente generando mischie), pertanto ogni azione da intraprendere con i nostri soldati va ponderata attentamente, ma nel contempo bisogna essere pronti ad adattare la nostra strategia al cambiamento delle condizioni dell’ingaggio. Insomma, il titolo mi è parso un’ottima simulazione di schermaglie in territorio urbano, con i vantaggi già esposti prima, anche dal punto di vista logistico.
Lo consiglio a tutti? Si e no. Si, perché le regole sono semplici e tuttavia assolutamente intriganti e complete. No, perché non è un boardgame, ma un gioco di miniature, quindi si deve tener conto della necessità di avere un minimo di capacità e di pazienza per costruire fisicamente le forze presenti nella scatola base. D’altro canto, se avete un amico disposto a “lavorare per voi”, il problema è risolto.
Per chi, come me, ha invece dimestichezza con le miniature, Deadzone è un gioco eccellente da ogni punto di vista, che a mio giudizio rientra nei “nomi illustri” (e misconosciuti) del genere (Rogue Stars, Necromunda, Song of Blades and Heroes, Mordheim), molto più di una semplice introduzione al wargame 3D, ma un sistema di gioco completo ed espandibile che ha anche un funzionale e divertente regolamento di campagna e quindi una longevità praticamente infinita. Ancora una volta la Mantic mantiene i suoi standard e tira fuori dal cilindro un gioco veramente valido, che a buon diritto aspira a diventare uno standard per il genere skirmish di fantascienza.
PRO
– Skirmish rapido ma profondo
– Ottima qualità delle miniature
– Elevata longevità grazie anche al gioco campagna
– Si può giocare con pochissimi materiali e poco spazio
– La scatola base fornisce molta varietà
CONTRO
– Non ci sono schede riepilogative
– Mancano le istruzioni per costruire le miniature
– La plancia di gioco è in carta