lunedì 25 Novembre 2024

Imagine

Dalla sua prima apparizione, Imagine ha attratto per la sua caratteristica principe: carte trasparenti da usare per rappresentare “cose” che altri dovranno indovinare.
Elegante, semplice e divertente , questo è un gioco che capace di stimolare il pensiero creativo e laterale dei giocatori, in una sfida che non è tanto nella competizione, quanto con sé stessi. Un concept che, associato alla firma di cinque autori giapponesi, finisce per emanare un fascino tutto orientale. Ma davanti a un’impostazione del genere non si può non pensare a un grande del design italiano, Bruno Munari e ai suoi libri didattici, in particolare a quel Più e meno, gioco visivo del 1970 che, guarda caso, è composto da carte in gran parte trasparenti con elementi figurativi o geometrici da usare per costruire immagini complesse sovrapponendole a piacimento, un gioco che fu specificamente progettato per stimolare la creatività dei bambini.
E allora ci chiediamo: gli autori di Imagine si riveleranno degni di tanto precursore?

  • Titolo: Imagine
  • Autori: Shintaro Ono, Shingo Fujita, Motoyuki Ohki, Hiromi Oikawa, Shotaro Nakashima
  • Editore: Oliphante
  • Genere: Party game
  • Numero Giocatori: 3-8
  • Durata: 30 – 45 minuti
  • Dipendenza dalla lingua: elevata (gioco completamente in italiano)
  • Illustratori: Laura Michaud, Shintaro Ono

Perché non facciamo una fantasia sull'alfabeto… [B. Munari 1987] (Materiali e confezione)
La scatola di Imagine è piccola e ha un’impostazione visiva molto minimal, con un look più da prodotto di design che da gioco per il grande pubblico. Il fondo bianco, la fascetta azzurra con il titolo sfondato e dal font particolare, le foto di alcune carte che mostrano l’evidente rappresentazione della Statua della Libertà ci fanno chiaramente intuire lo scopo che questa copertina persegue: essere funzionale all’immediata comprensione del concept del gioco. Niente suggestioni da proporre, o scenette umoristiche o citazioni di altra natura per attirare l’attenzione: la scatola mostra null’altro che il contenuto e come lo si deve usare. Interessante approccio, soprattutto se si pensa che la Cocktail Games (l’editore originale) solitamente fa uso di ben altro genere di illustrazioni per i propri giochi, usando colori e disegni accattivanti e divertenti.

  

L’interno è ben organizzato con un apposito termoformato che raccoglie intelligentemente tutti i materiali, il cui elenco è presto fatto.
Cominciamo con il pezzo forte, le 60 carte trasparenti che riportano ognuna un simbolo (es. il segno di dollaro), o un pittogramma (es. un omino stilizzato in corsa), o una forma geometrica (es. un triangolo) o un segno (es. due accenti circonflessi affiancati), rappresentati sempre con un unico colore tra i quattro usati (nero, blu, verde e rosso). La stampa sul materiale trasparente è perfettamente nitida e dà la sensazione di essere anche molto stabile, visto che all’atto pratico dopo una decina di partite non presenta alcun segno o graffio. L’unica cosa registrata sono le impronte digitali che rimangono sul supporto trasparente, per le quali possiamo dare solo un consiglio: con Imagine più che con qualsiasi altro gioco vale il dicktat “non si mangia mentre si gioca”!
L’altro mazzo nella scatola è composto da 65 carte double face che su ogni lato presentano 8 enigmi articolati in un Tema (es. Modi di dire) e nell’indicazione di cosa rappresentare con le carte trasparenti (es.: Saltare con i piedi nel piatto).
35 gettoni da uno e tre punti, forniti su cartoncino fustellato, permettono di tenere i conti durante la partita.
Il regolamento di gioco è perfettamente coordinato con il progetto grafico di scatola e materiali, e risulta molto chiaro grazie anche a un ricco repertorio di esempi fotografici.

  

Complicare è facile, semplificare è difficile [B. Munari 1982] (Descrizione del gioco)
Le regole di Imagine sono talmente ridotte che sarebbe impossibile semplificarle ulteriormente. Si dispongono le 60 carte trasparenti in due grandi cerchi concentrici, in modo che tutti i simboli siamo visibili e a portata di mano.
Ogni giocatore, a turno, pesca una carta enigma, mentre un altro gli indica un numero da 1 a 8. Il giocatore con la carte sceglie quindi un enigma compreso tra quel numero e i due adiacenti (per esempio, se il numero è 4, si può scegliere l’enigma 3, 4 o 5) . Quindi legge l’indicazione dell’enigma (per esempio è una canzone, è un lavoro, ecc.) e prova a rappresentare quanto indicato usando le carte trasparenti. Può usarne quante ne vuole, può affiancarle, ruotarle, sovrapporle, animarle, coprirne una parte con la mano, muoverle in modo da creare animazioni, usarle anche per fare costruzioni tridimensionali.
Le sole azioni vietate sono parlare, mimare, fare rumori o effetti sonori e ogni altra attività che fornisca indicazioni al di fuori dell’uso delle carte stesse.
Appena si posa la prima carta trasparente sul tavolo, gli altri giocatori possono iniziare a fare tentativi e non ci sono limiti sul numero che se ne possono fare. Se un giocatore indovina, lui e il giocatore che lo ha rappresentato prendono un punto a testa. Se nessuno indovina dopo un po’ di tempo, i giocatori devono decidere di terminare il turno senza che qualcuno abbia preso punti.
Dopo che tutti hanno fatto due turni di rappresentazione, si calcolano i punti e si sancisce il vincitore della partita. 

  

Struttura montabile e smontabile in varie combinazioni [B. Munari, 1971] (Esperienza di gioco)
Imagine
è molto divertente e funziona con grandi e piccini, ed è strano che venga dato a partire dai 12 anni. Il meccanismo di rappresentare qualcosa in qualche modo affinché qualcun altro lo possa capire è semplice, quasi banale. Lo si fa da sempre disegnando su carta o mimando o usando materiali di varia natura, ma il fascino delle carte trasparenti è magnetico. A ogni giro di turno, non si vede l’ora di potersi cimentare nel ruolo del protagonista, di chi deve rappresentare l’enigma usando i simboli sparsi sul tavolo.
Ma la verità è che nelle prime partite risulta molto difficile sfruttare al meglio le opportunità offerte dalle 60 carte. Nei primi tentativi, ci si rende conto che l’occhio indugia soprattutto sulle icone che hanno una forte valenza figurativa (omini, oggetti distintamente rappresentati, animali, piante), tralasciando le carte con i segni più semplici e astratti, in quanto più difficili da usare. Però la soddisfazione di costruire una rappresentazione che ben definisca l’oggetto dell’enigma utilizzando segni e forme astratte è appagante, e il suo essere facilmente riconosciuta dagli altri giocatori rappresenterà il successo di un pensiero creativo portato a buon fine!
Quello che forse non funziona perfettamente è il regolamento, troppo lasco nel definire il perimetro entro cui si sviluppa il turno di gioco. La possibilità offerta a tutti i giocatori di cominciare a tentare la soluzione fin da quando si cala la prima carta sul tavolo, coniugata all’infinito numero di tentativi concessi, sono condizioni che finiscono per avvantaggiare i “giocatori mitraglietta” che cominciano subito a sparare raffiche di risposte basate sul tema dell’enigma, senza nemmeno tener conto delle carte che vengono messe a tavola. La mancanza di un limite di tempo per ogni turno rischia poi talvolta di renderne la durata estenuante. Si tratta comunque di sciocchezze facilmente risolvibili con un accordo pre-partita tra giocatori.
Un discorso a parte meritano gli enigmi. La loro difficoltà è spesso assai difforme, ce ne sono di semplici e di difficilissimi, ma tutti danno sempre un solo punto. E poiché le regole permettono al giocatore di turno di sceglierne uno su tre, potete stare certi che quelli difficilissimi non li sceglie nessuno. Anche qui, la questione si risolve facilmente: basta decidere che la scelta si può fare solo tra due enigmi o addirittura che si è costretti a usare proprio quello del numero assegnato.
Va anche detto che la difficoltà in alcuni casi è insita nella relazione tra tema e soluzione dell’enigma; alcuni infatti sono dei veri e propri indovinelli che traggono in inganno piuttosto che fornire una chiave di interpretazione di ciò che viene composto con le carte trasparenti; per esempio, se il titolo dell’enigma è Intense Vibrazioni è improbabile che uno dei concetti/oggetti che venga in mente di associarvi nell’interpretare il lavoro con le carte trasparenti appena concluso sul tavolo possa essere Un martello pneumatico! Personalmente quella forma lunga e vagamente cilindrica l’avevo interpretata in chiave decisamente più psichedelica, appunto!

Ma a parte questi dettagli, il gioco è divertente, coinvolgente e in grado di attirare un pubblico assai ampio. Tutte le partite giocate si sono concluse con un riscontro positivo da parte dei partecipanti.

  

L'uovo ha una forma perfetta benché sia fatto col culo [B. Munari 1982] (Considerazioni finali)
Di primo acchito Imagine risulta essere il tipico gioco che si inserisce nella politica editoriale dell’editore italiano che lo distribuisce: da sempre Oliphante  privilegia titoli che stimolano la fantasia e la creatività, che si rivolgono a un pubblico variegato e che permettono di riunire intorno al tavolo da gioco un ampio numero di persone. Ma Imagine è anche un prodotto che si presenta con uno standing tutt’altro che popolare: non ha una scatola accattivante e colorata, non usa materiali arricchiti da illustrazioni belle e ruffiane, e anche se ha regole semplicissime non è immediato da padroneggiare.
In effetti Imagine è un gioco popular, ma al contempo è anche un po’ snob: scordatevi l’immediatezza delle rappresentazioni disegnate o mimate dal giocatore di turno davanti al divertito pubblico degli altri partecipanti; in questi casi anche se non si è un Caravaggio o un Marcel Marceau comunque qualcosa si riesce a fare. Ma in Imagine può capitare che se non si identifica una combinazione di carte in grado di rappresentare quanto richiesto, si rischi di fare scena muta!
Iniziando a giocare ci si accorge ben presto che l’insieme dei segni offerto dalle carte trasparenti costituisce un vero e proprio linguaggio, che necessita di pratica, esperienza e creatività per poter essere dominato. Un linguaggio visivo che ben presto ci appare più complesso dei 60 segni rappresentati: ogni carta può essere ruotata  per 360° e può anche essere ribaltata, e se per i simboli simmetrici la cosa risulta ovviamente inutile, per altri si rivela presto estremamente pratica e significativa.
Imagine si impara giocando, familiarizzando con i simboli e le forme, ma soprattutto imparando a destrutturare mentalmente quanto è necessario rappresentare per poi ricomporlo usando le carte trasparenti, cogliendo nei segni e nei simboli non quello che rappresentano, ma una componente elementare del processo di destrutturazione che si è appena compiuto. Una specie di analisi cubista o se preferite, futurista di ciò che va rappresentato! E la citazione del Futurismo qui ci sta benissimo, visto che molto spesso si dovrà far ricorso a soluzioni cinetiche per dar vita a vere e proprio scenette animate nel “disperato” tentativo di far arrivare il messaggio corretto che si vuole comunicare.
Il fatto che esista un percorso di apprendimento dell’uso delle carte sembrerebbe simboleggiato anche dalle immagini sulla scatola. Infatti, se si fa attenzione si nota che in copertina l’esempio della Statua della Libertà è costruito quasi completamente con pittogrammi (uomo col braccio alzato, libro, fiamma) mentre sul retro della scatola c’è uno Struzzo interamente creato con segni astratti a animazione di una delle carte.
Insomma, a noi questa doppia chiave di lettura di Imagine è piaciuta tantissimo. È un gioco che si può approcciare in modo semplice e intellettualistico, che può divertire il bambino e il designer, il giocatore occasionale e l’appassionato ma che è in grado di far scoprire a tutti, indifferentemente, il piacere della creatività.

Pro
– Semplice e immediato, è alla portata di chiunque
– Le carte trasparenti sono un elemento di attrazione
– Stimola fantasia, creatività e pensiero laterale

Contro
– Qualche limitazione in più nelle regole non avrebbe guastato (ma è semplice definirla)
– Talvolta le indicazioni degli enigmi sono fuorvianti

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