Con questo prodotto, il ramo italiano della casa editrice Devir porta sul nostro tavolo la celebrazione della festa delle lanterne. Dalla mente di Christopher Chung (designer, tra l’altro, insieme a Eric M. Lang della recente espansione “Incubo del Cacciatore” del gioco di carte Bloodborne), nasce questo progetto kickstarter del 2014 promosso dalla Foxtrot Games, dove da due a quattro giocatori riprodurranno, mediante un meccanismo di piazzamento tessere, lo spettacolo di un lago pieno di lanterne colorate, le quali dovranno essere collezionate in diversi set per completare gli obiettivi e reclamare punti vittoria. Alla fine della partita, chi avrà più punti sarà il vincitore.
- Yangtze
- Autori: Christopher Chung
- Editore: Devir
- Genere: astratto, piazzamento tessere
- Numero Giocatori: 2
- Durata: 30-45 minuti
- Dipendenza dalla lingua: nessuna(gioco completamente in italiano)
- Illustratori: Jason D. Kingsley, Alexey Kot, Christina Major, Tyler Segel, Beth Sobel
“Un tenue lume scintillando nuota. Lì volteggia la lucciola con ali lievi fragili; nelle tenebre luccica perché ha paura di restare ignota” (Yu Che-Nan,Lucciola)
(Materiali e confezione)
Quando ho visto il gioco, ancora prima che sulla scatola e il suo contenuto, la mia attenzione è andata sul nome. Quello originale, infatti, è Lanterns: the Harvest Festival, che come dicevamo in premessa si riferisce alla tradizionale festività che la Foxtrot, per l’occasione, ha deciso di ambientare sulle sponde del lago di un palazzo senza nome. Il riferimento del titolo alle lanterne, disegnate comunque sul coperchio, viene mantenuto nelle diverse edizioni localizzate nel mondo, ma scompare in quella della Devir che decide di rinominarlo “Yangtze”.
Non si conoscono i motivi di tale scelta, ma a parte l’omonimia con il diverso gioco ideato da Reiner Knizia, ciò che fa specie è che non solo scompare il riferimento alle lanterne, elemento determinante dell’ambientazione e della meccanica del gioco, ma soprattutto Yangtze è uno dei nomi con cui è conosciuto il Fiume Azzurro, il noto corso d’acqua cinese, che nulla ha a che fare con il lago dove è stato ambientato il gioco. Il cambio, insomma, non pare giustificato, perché non si chiarisce la connessione tra il Fiume Azzurro e le lanterne e se poi, aperto il regolamento, troviamo scritto che l’ambientazione è un lago, i conti non riusciamo proprio a farceli tornare. Sia chiaro: il gioco fondamentalmente è un astratto, quindi il "flavour" certamente non è uno degli aspetti che la fa da padrone, tuttavia la scelta editoriale rimane comunque insolita.
Superata questa stranezza, dobbiamo poi rilevare un errore nella stampa del regolamento, che sulla prima pagina, in cima, indica il gioco come fosse solo per 2 giocatori, quando in realtà si può partecipare fino a 4.
Venendo ai materiali, devo invece riconoscere diversi pregi: la scatola non è ingombrante, è solida e si chiude perfettamente, tutte caratteristiche sempre apprezzate, il che mi ha consentito di trasportare in tutta sicurezza il gioco senza aperture o danni accidentali: ciò aiuta il prodotto a essere un perfetto gioco da viaggio. C’è da dire, però, che le dimensioni potevano essere ulteriormente ridotte, dato il contenuto essenziale, ma perfettamente funzionale, che abbiamo trovato all’interno.
Qui troviamo, innanzi tutto, le carte, di buona qualità di cui quattro rappresentano gli “aiuto giocatore”, dove sono illustrate le tre azioni eseguibili nel proprio turno. Purtroppo solo una è in italiano, essendo un’edizione multilingua: nulla di grave però, il turno di gioco è davvero molto semplice e nelle partite proposte ai vari gruppi sarà stata consultata al massimo un paio di volte.
Il secondo tipo sono le carte lanterna, divise in set di otto carte, ciascuno di un colore diverso (bianco, rosso, arancione, verde, blu, rosa e nero), per un totale di cinquantasei.
Vi sono poi le carte obiettivo, che costituiscono una particolarità dell’edizione Devir insieme a quella tedesca della Pegasus Spiele e polacca della Games Factory Publishing, perché nelle altre, ad esempio francese e olandese, compresa quella originale kickstarter, gli obiettivi sono stampati su tessere.
Nello specifico, vi sono tre mazzetti obiettivo diversi, dove sono indicati i requisiti per reclamarli e il valore in punti vittoria di ciascuna carta. Il primo tipo richiede di avere quattro carte lanterna dello stesso colore, il secondo di averne tre coppie diverse, l’ultimo di averne una per tipo, per un totale di sette. Nel caso in cui una delle tre pile finisca, ne entra in gioco una quarta, con tre carte bianche da quattro punti vittoria ciascuno, che andrà a sostituire in tutto e per tutto quella esaurita: per reclamare tali obiettivi aggiuntivi sarà necessario rispettare i requisiti del mazzetto sostituito. Vi è da dire, però, che nelle partite che abbiamo fatto non ci è mai capitato di farlo entrare in gioco.
La seconda componente sono le tessere lago, che utilizzeremo per comporre la scenografica ricostruzione della festa e ottenere le carte lanterna. La qualità è molto buona e lo spessore garantisce solidità e durevolezza. Su ciascuna sono riprodotte le lanterne nelle loro diverse forme e colori, disposte a formare figure geometriche rivolte verso i quattro punti cardinali. Sulla tessera inziale è disegnata una barca (consigliamo di tenerla separata dalla altre per un rapido setup iniziale) mentre su alcune sono raffigurati dei simboli tipicamente orientali (un drago, un panda, le carpe Koi e un fiore) che, come vedremo tra poco, permettono ai giocatori di acquisire l’ultimo componente, le barchette.
Anch’esse sono una particolarità dell’edizione Devir, oltre che tedesca e polacca, le altre infatti contengono dei semplici token. La scelta di innovare in tal senso, cambiando il tipo di segnalino, fa merito alle ricordate case editrici. Le barchette, infatti, riprodotte in legno sagomato, pur non memorabili quanto a finitura sono perfettamente funzionali e in linea con l’ambientazione: la loro essenzialità si sposa bene con la tematica del gioco, dovendo rappresentare le tipiche imbarcazioni orientali senza fronzoli da cui le persone lasciano partire le lanterne colorate.
Di contro, alle medesime edizioni Devir, Pegasus Spiele e GFP manca il token primo giocatore che era, guarda un po’, una barchetta, presente invece nelle altre produzioni. Tuttavia, nessuno di noi ha sentito il bisogno di averne uno, anche perché il gioco è un susseguirsi di turni senza suddivisione in round, pertanto una volta stabilito chi debba iniziare la partita si prosegue fino all’esaurimento delle tessere senza che il token debba passare a qualcun altro.
“M’illumino d’immenso” (G. Ungaretti, Mattina)
(Descrizione del gioco)
Il setup è semplice e rapido: prima di tutto, ciascun giocatore si deve sedere a uno dei quattro lati del tavolo, requisito essenziale, come vedremo, per la meccanica di gioco. Si mettono a portata di mano le barchette e si formano la pila delle tessere lago, coperta, e i mazzetti di carte lanterna e quelli obiettivo, scoperti, in base al numero di giocatori come indicato sul regolamento. Questi ultimi vanno disposti con le carte in ordine decrescente di punteggio, ossia con i valori più alti in cima. Si piazza coperta al centro del tavolo la tessera inziale, contraddistinta dall’immagine di una barca, in maniera tale che ogni lato sia rivolto inequivocabilmente verso un giocatore. Fatto questo, si gira e chi avrà davanti a sé il lato con le lanterne rosse sarà il primo giocatore. Ciascuno ottiene una carta lanterna del colore verso cui è rivolto e, infine, si distribuiscono casualmente tre tessere a ognuno, che costituiranno la loro mano iniziale.
Come anticipato, in ogni turno ci sono due azioni facoltative e una terza obbligatoria, che vanno sempre e comunque svolte nel rigoroso ordine prestabilito e massimo una volta ciascuna per turno.
La prima consiste nella possibilità di scartare due barchette (vedremo a breve come ottenerle) per scambiare una carta lanterna in nostro possesso con una presente nella riserva. Tale azione aiuta a ottenere le carte che più servono per completare gli obiettivi.
La seconda è quella di reclamare un obiettivo, rimettendo le corrispondenti lanterne in nostro possesso nella riserva.
La terza, l’unica obbligatoria, consiste nel piazzare una tessera adiacente a un’altra già in gioco, scegliendola a piacere dalle tre che abbiamo in mano. Questo ci permette di ottenere una o più carte lanterna, a patto di far combaciare i colori sui lati della nostra tessera con quelli delle altre già presenti sul tavolo. Ad esempio, se per terra c’è una tessera che riporta su un lato le lanterne arancioni e il giocatore di turno ha in mano un’altra tessera con le lanterne arancioni, piazzerà quest’ultima in maniera tale da far combaciare i colori, e ottenere così la corrispondente carta lanterna. Nel caso in cui si riescano ad abbinare più tonalità, ad esempio facendole corrispondere sia con la tessera a destra che con quella a sinistra, il giocatore otterrà una carta per ciascun abbinamento. Nella nostra esperienza, se ogni tanto qualcuno è riuscito a farlo, raramente abbiamo visto abbinare con successo tre lati.
Qualora una delle due tessere che combaciano, quella appena giocata o quella adiacente, abbia anche un simbolo, il giocatore ottiene una barchetta. Se è presente in entrambe, ne prenderà due.
Dopo aver acquisito una o più carte lanterna, tutti i giocatori ne pescheranno una, rigorosamente in senso orario a cominciare da chi ha appena terminato il turno, in base alla distribuzione dei colori sulla tessera piazzata e a dove sono seduti. Qui sta uno degli aspetti più originali e tattici del gioco: abbiamo detto prima, infatti, che ogni tessera contiene quattro colori, ognuno rivolto verso una direzione, avanti, dietro, destra o sinistra. A seconda di dove sono seduti i giocatori rispetto alla tessera, ciascuno riceverà una carta lanterna del colore verso cui è rivolto, a patto però che il relativo mazzetto non sia esaurito. Facendo un esempio, se si piazza una tessera che presenta i colori bianco dietro, nero davanti, blu a sinistra e rosa a destra, chi è di turno otterrà una carta lanterna bianca, l’avversario alla sua sinistra una blu, il successivo una nera, l’ultimo una rosa, ma se le carte rosa sono esaurite, quel giocatore non otterrà nulla. È importante notare che non è possibile avere più di 12 carte lanterna contemporaneamente. Qualora, pescando, si superasse questo limite, occorrerà rimettere nelle rispettive pile le carte in eccedenza, scegliendole a piacere tra quelle in nostro possesso. Terminata anche questa operazione, si pesca una nuova tessera per ripristinare la propria mano e il turno passa al giocatore successivo in senso orario.
Quando la pila di pesca delle tessere si esaurisce, si continua a giocare fino a che tutte quelle in mano non sono state piazzate. A quel punto ciascun giocatore effettua un ultimo turno in cui può eseguire le due azioni facoltative, scambiare una carta lanterna e reclamare un obiettivo, dopodiché si contano i punti vittoria e chi ne ha di più vince. In caso di pareggio, ha la meglio chi possiede più barchette e, se vi è ancora pareggio, trionfa chi detiene più carte lanterna inutilizzate, dopodiché in caso di ulteriore parità la vittoria è condivisa.
“Non sapendo quando l’alba possa venire lascio aperta ogni porta, che abbia ali come uccello oppure onde, come spiaggia” (E. Dickinson, Non sapendo quando l’alba possa venire)
(Esperienza di gioco)
Le regole semplici e l’immediatezza del turno, specie nei primi dove per forza di cose non si può far altro che giocare tessere e pescare, sono certamente due punti vincenti del gioco.
Il piazzamento di una tessera è la mossa più frequente che vedrete svolgere in una partita, sia perché è l’unica obbligatoria, sia perché è il vero motore del gioco, portando a ben tre effetti diversi: rappresenta infatti l’unico modo per ottenere barchette e carte lanterna, e in più offre potenzialmente agli avversari il colore di cui hanno bisogno per reclamare un obiettivo. Ciò costringe il giocatore di turno a ben ponderare quale piazzare delle tre che ha in mano e, soprattutto, con quale orientamento.
Nelle diverse partite che abbiamo fatto, ci è capitato ad esempio di dover scegliere tra il piazzare una tessera per ottenere una barchetta e una carta lanterna, regalando però agli avversari ciò di cui avevano bisogno per completare un obiettivo, oppure giocarne un’altra in una posizione meno favorevole, addirittura in un caso senza farla combaciare pur di non agevolare gli altri partecipanti. C’è da dire, tuttavia, che tale ultima strategia, alla lunga, non si è rivelata vincente, perché in tal modo si perde il vantaggio di poter conquistare più carte ed eventualmente le barchette, rimanendo indietro rispetto agli avversari.
Quest’ultima considerazione consente anche di esprimermi sugli obiettivi, che sono ben congegnati in relazione alle possibili combinazioni di carte che un giocatore si ritrova ad avere. Queste infatti sono fortemente dipendenti dalle scelte avversarie, ma i repentini cambi di strategia personale che ne conseguono non impediscono comunque di guadagnare punti vittoria abbastanza frequentemente. Ad esempio è capitato di trovarsi a puntare l’obiettivo di avere 3 set diversi che valeva 8 punti, ma al turno successivo avere già 4 colori uguali per reclamare quello da 6.
In situazioni del genere, tutt’altro che infrequenti, le mie “prove su strada” hanno evidenziato quanto valga il detto “ogni lasciata è persa”. Chi ha seguito la strategia di incaponirsi nel perseguire gli obiettivi di maggior valore a costo di perdere turni per reperire le carte necessarie, è finito in fondo alla classifica rispetto a chi li reclamava appena poteva, perché pur avendo a fine partita obiettivi più fruttuosi, ne possedeva comunque di meno rispetto agli altri, venendo immancabilmente superato nella conta finale.
“Alla fine scoprirai che le cose più leggere sono le uniche che il vento non è riuscito a portar via: un ritornello antico, una carezza al momento giusto, lo sfogliare un libro di poesie, l’odore stesso che aveva un giorno il vento” (M. de Miranda Quintana, Quel che il vento non ha portato via)
(Considerazioni finali)
Provato in due, in tre e in quattro, il gioco ha convinto tutti, dai giocatori occasionali a quelli assidui. Lanterns, o Yangtze che dir si voglia, ha dalla sua il pregio della semplicità, la trasportabilità (anche se una scatola più piccola sarebbe stata ancor più comoda) e la durata contenuta, avendo svolto partite a quattro giocatori nel limite dei 45 minuti circa, spiegazione compresa. Ciò è dovuto all’immediatezza delle regole che, nella loro semplicità, garantiscono anche quella certa profondità che dà buon sapore al gioco.
In particolare, il fatto di dover gestire il piazzamento della singola tessera lago, non solo in base a quelle già in gioco ma anche al suo orientamento, per evitare di far pescare agli avversari le carte lanterna che servono loro a completare gli obiettivi, è un elemento condizionante le scelte senza però imporre lunghe pause di riflessione. La paralisi d’analisi non viene quindi particolarmente avvertita, complice probabilmente il (relativamente) ridotto numero di scelte possibili, che abbiamo trovato nel “numero giusto”, invitando il giocatore al ragionamento senza eccedere.
L’interazione diretta tra i giocatori è un altro elemento che abbiamo apprezzato: quando piazziamo la tessera, abbiamo l’occasione di determinare direttamente la carta lanterna che andrà agli avversari (o che non andrà, se il relativo mazzetto è esaurito), e il reclamare obiettivi prima degli altri ci avvantaggia facendoci ottenere più punti.
Di contro, dobbiamo nuovamente rilevare l’insolita scelta del cambio del titolo, che allontana come detto dall’ambientazione per portarla in lidi che quasi nulla vi hanno a che fare, oltre alla presenza di una sola carta aiuto giocatore in italiano, che può far storcere il naso ma, come detto, non è quasi mai servita.
Per assurdo che possa sembrare, invece, lo stesso pregio della semplicità delle regole porta il gioco ad avere un altro difetto, che è quello della monotonia dei turni. Sia chiaro, non vogliamo essere fraintesi, la casualità della pesca, i possibili posizionamenti delle tessere e l’indeterminatezza data dalle scelte dei piazzamenti altrui garantiscono un’elevata rigiocabilità, rendendo davvero ogni partita diversa dall’altra, tuttavia i turni si somigliano molto tra loro: quasi sempre si tratta di un rapido “piazzo e pesco”, cui si aggiunge ogni tanto lo scambiare carte e il reclamare obiettivi, pertanto a qualcuno potrebbe non piacere questa ripetitività d’azione.
Insomma, Yangtze risulta un gioco adatto a tutti che riesce facilmente a conquistare e impegnare per mezz’ora e forse più, rendendosi adatto a partite occasionali, come anche a far da aperitivo o da dessert in sessioni più impegnative. Rimane piacevole tirarlo fuori una volta ogni tanto, garantendo a chi vi si accosta un’esperienza ludica contenuta nei tempi, ma comunque appagante e visivamente piacevole.
Pro
– Buona scalabilità
– Semplicità delle regole
– Obiettivi sempre a portata di mano
Contro
– Tentare strategie a lungo termine è poco conveniente
– Potenziale monotonia dei turni