giovedì 14 Novembre 2024

Pathfinder 2a Edizione

Nato nell’ormai lontano 2008 dalla mente di Jason Bulmahn e pubblicato per la prima volta dalla Paizo nell’agosto del 2009, il gioco di ruolo Pathfinder divenne, a tutti gli effetti, l’erede spirituale di Dungeons and Dragons 3.5. Capace di raccogliere sotto la sua ala i giocatori che non avevano gradito il profondo cambiamento generato dalla quarta edizione di D&D, Pathfinder si impose subito nel panorama ludico arrivando nel corso della sua carriera a superare le vendite dello stesso “mostro sacro”. Nell’agosto 2019, dopo dieci anni di espansioni, avventure e pubblicazioni, la Paizo ha pubblicato la seconda edizione, giunta in Italia grazie a Giochi Uniti, che ne ha curato la localizzazione. Vediamo assieme l’evoluzione di questo ormai iconico gioco di ruolo!

  • Titolo: Pathfinder Seconda Edizione
  • Autori: Logan Bonner, Jason Bulmahn, Stephen Radney-MacFarland, Mark Seifter
  • Editore: Giochi Uniti
  • Genere: Gioco di Ruolo fantasy
  • Numero Giocatori: 3+
  • Durata: …
  • Dipendenza dalla lingua: elevata (mauale completamente in italiano)
  • Illustratori: aa.vv.

Corda, acciarino e palo da 3 metri! (Materiali e confezioni)
Con le sue 640 pagine, il manuale di Pathfinder si presenta come un prodotto massiccio, decisamente poco comodo da leggere senza il supporto di un tavolo, meglio se rinforzato… Superato lo scoglio di riuscire a sollevarlo, sono stato premiato con una pletora di informazioni: il manuale, infatti, contiene tutte le regole necessarie sia per i Giocatori che per il Master, e presenta inoltre una descrizione dell’ambientazione, il mondo di Golarion. 
Si inizia con una tavola dei contenuti che fornisce una sintetica descrizione dei capitoli, molto utile per chi vuole dare una scorsa veloce a qualcosa che gli interessa particolarmente.
Come è facile immaginare, la primissima parte è un’introduzione, che spiega al lettore cos’è un gioco di ruolo. Al suo interno ci sono anche le regole per la creazione del personaggio e quelle per l’avanzamento di livello.
A seguire la descrizione delle Stirpi e dei Background, dove vengono descritte le specie giocabili, come i robusti Nani o i versatili Umani, e una descrizione dei tanti possibili mestieri o stili di vita, che il vostro personaggio poteva fare prima di divenire un avventuriero.
Il terzo capitolo, quello che con 166 pagine probabilmente è il più corposo, contiene la spiegazione delle dodici Classi a cui potrà appartenere il personaggio. Che sia un potente Guerriero, un allegro Bardo o un saggio Mago qui troverete tutto quello che serve per rappresentarlo.
Le Abilità sono le protagoniste del quarto capitolo, ci spiegano cosa può fare il nostro personaggio oltre a colpire ripetutamente i mostri.
Nei capitoli precedenti abbiamo spesso incontrato inoltre i talenti, legati alla stirpe o alla classe, che sono speciali capacità che rendono unico il nostro personaggio. Ecco quindi che nel quinto capitolo troviamo talenti generici, disponibili a chiunque.
Cosa sarebbe un mago senza un cappello a punta? Nella sezione dell’equipaggiamento troviamo tutti gli oggetti mondani che i nostri avventurieri possono desiderare.
Cappello a punta a parte, probabilmente i Maghi vorranno gli incantesimi, il settimo capitolo spiega dettagliatamente le quattro tradizioni di magia, e la descrizione di centinaia di questi.
L’ottavo capitolo, il Tempo dei Presagi perduti, presenta l’ambientazione di Golarion, il mondo fittizio che i nostri eroi andranno a esplorare, dettagliando i popoli, le nazioni e le culture che lo animano.
Arrivati a pagina 442 troviamo… le regole del gioco! Dopo aver letto oltre quattrocento pagine finalmente ci viene detto come sfruttare tutte le nozioni imparate fino a questo momento con le regole per esplorare il mondo, conoscere i suoi abitanti e, spesso e volentieri, affrontarli in combattimenti all’ultimo sangue.
Apprese le regole, il passo successivo è imparare come gestire l’avventura, ovvero il ruolo del Dungeon Master, l’arbitro che interpreta e rende vivo tutto il mondo attorno ai personaggi, che trova in questa sezione le informazioni utili per fare il suo mestiere.
Ultimo capitolo, ma di certo non il meno importante, i tesori da assegnare come ricompensa e le regole per creare oggetti, magici alchemici runici o mondani.
Una appendice che dettaglia, in appena sei pagine, tutte le condizioni che possono affliggere i personaggi, la scheda del personaggio e un glossario con l’indice analitico, chiudono infine il tomo.

Come forse avrete intuito dalla descrizione sopra, destreggiarsi all’interno del manuale non è facilissimo, anzi spesso è proprio difficile. I concetti vengono spiegati mano mano che emergono, e se questo può essere agevole per la prima lettura, diventa un incubo quando, in seguito, si va a ricercare una regola, dovendosi ricordare infatti dove è stata menzionata la prima volta. Ad esempio, l’avanzamento di livello è spiegato nell’introduzione. Allo stesso modo, ogni Stirpe e Classe ha i suoi talenti specifici, e questi vengono descritti all’interno delle regole per la Stirpe o la Classe… ma se non ricordo un talento a quale Classe appartiene, per esempio, e vado a cercarlo nel capitolo Talenti, non lo troverò. La sezione sul Mondo di Golarion è indubbiamente interessante, ma spezza letteralmente il manuale in due, aggiungendo tante nozioni poco prima di arrivare alla parte delle regole, una parte bella corposa che presume la conoscenza di quanto letto prima. Se si sta cercando, ad esempio, cosa fa un tratto specifico, nemmeno l’indice analitico alla fine del manuale è in grado di aiutare il lettore…

Nonostante questa problematica, la lettura del manuale è piacevole. Il testo, fitto nella maggior parte delle pagine, è comprensibile, coadiuvato da una iconografia molto chiara e abbondanti esempi. La parte visiva è eccellente, le immagini, evocative e scelte attentamente in base al contesto, riescono a rendere immersiva la lettura di un manuale che, a tutti gli effetti rischia spesso di essere pesante, non solo fisicamente ma anche intellettualmente.

  

“Sarebbe un buon guerriero se avesse più testa per la matematica!” – Roy (Descrizione del gioco)

Pur introducendo molte novità rispetto alla precedente edizione, questa nuova incarnazione di Pathfinder è abbastanza simile da risultare familiare, facendo sentire “a casa” il giocatore esperto. Spiegare nel dettaglio le 640 pagine di regole è impossibile, andrò quindi a descrivere solo le parti che mi hanno colpito maggiormente, dando per scontata una conoscenza, anche basilare della precedente edizione o di Dungeons & Dragons:

La Creazione del personaggio, momento importantissimo per il nostro eroe, ha una fluidità che mi ha piacevolmente stupito. Si inizia scegliendo la Stirpe a cui appartiene il personaggio, che conferisce subito un bonus alle caratteristiche. All’interno di questa si sceglie il retaggio (ad esempio Nano di Collina, piuttosto che Nano di Montagna), e si acquista un talento specifico per quella Stirpe. Si passa quindi al Background, ovvero la risposta alla domanda “Cosa ha fatto prima di diventare un avventuriero?”. Le opzioni sono tantissime, potresti aver perseguito una carriera criminale, o essere stato un marinaio, così come un contadino o un nobile. Il Background fornisce l’addestramento in abilità e nell’uso di oggetti specifici di un mestiere, come gli arnesi da scasso. Deciso il background si passa alla Classe, che indica l’addestramento in alcune abilità e/o tiri salvezza, e di nuovo si sceglie un talento specifico. Ogni personaggio, appena creato, ha quindi almeno tre talenti che lo rendono unico, e gli forniscono una solida base su cui sviluppare poi le sue peculiarità.

Altro aspetto molto interessante è la competenza: questo è un bonus che si applica a tutti i tiri in cui il personaggio è addestrato, ed è pari al livello del personaggio, più il bonus della caratteristica relativa e il grado di addestramento. L’aspetto interessante è che la competenza si applica praticamente a tutto, compreso ad esempio il calcolo della Classe Armatura del personaggio, che quindi sarà più difficile da colpire non solo per l’equipaggiamento o le abilità di classe, ma anche in base a quanto è addestrato in un tipo di armatura e al suo livello di classe. Applicare la competenza a tutto ha effetti a valanga su tante altre cose, ma in particolare su…

I Successi Critici! Per chi non lo sapesse, nella precedente edizione quando si ottiene un 20 naturale sul dado, il risultato si definisce un Successo Critico, spesso con conseguenze particolarmente buone, come il raddoppio dei danni, o il dimezzarsi del tempo necessario a eseguire un’azione… Allo stesso modo però, un uno naturale porta a conseguenze negative… Nella nuova edizione per ottenere un successo critico non è più necessario ottenere un 20 naturale, ma basta superare di dieci punti la soglia di difficoltà dell’azione (o la Classe Armatura nel caso di un attacco). Questo vuol dire che man mano che un personaggio sale di livello sarà in grado non solo di riuscire più spesso, ma di ottenere successi critici con consistenza quando affronta difficoltà che, per un personaggio della sua esperienza, sono triviali. Ovviamente vale anche il contrario, per cui fallire un tiro di dieci punti ha potenzialmente conseguenze catastrofiche… Non essendo più legata esclusivamente alla fortuna, ma all’abilità del personaggio, la meccanica dei critici viene utilizzata in maniera massiccia all’interno del regolamento, con incantesimi, abilità, talenti che descrivono o interagiscono con i critici.

Il cambiamento che forse mi ha colpito più di tutti in maniera favorevole è quello legato alle azioni: ogni personaggio, al suo turno, ha tre azioni da spendere. Vuole muovere tre volte? Prego. Attaccare come un forsennato? Ne ha tutto il diritto. Vuole muovere, attaccare e muovere? Certo, perché no. Questo cambiamento, apparentemente banale, semplifica in maniera incredibile una delle parti del gioco più macchinose, il combattimento. Non è più necessario sapere a quale tipologia di azione appartiene la mossa che si desidera compiere, basta spendere una delle tre azioni a disposizione. Non c’è più una tabella che riporta quanti attacchi e che bonus si possiedono in base alla classe, ma una penalità crescente per gli attacchi successivi, che può essere mitigata da vari fattori come talenti o simili. Le azioni diventano quindi il metodo principale con cui i personaggi interagiscono con il mondo esterno, e numero e la qualità delle stesse migliora con il progredire della carriera dell’avventuriero. Abbiamo quindi azioni disponibile da subito, come muoversi o attaccare, e altre effettuabili solo se si possiede un livello di addestramento sufficiente in una data abilità, o un talento specifico. Alcune sono invece proprio capacità di classe. Ci sono casi in cui fare qualcosa costa più azioni, ad esempio molti incantesimi possono essere lanciati con una, due o tre azioni, variando così gli effetti. L’utilizzo delle azioni evita così, in maniera molto elegante, la necessità di tante regole diverse, traducendo tutto in azioni.

Ovviamente non è tutto rose e fiori, ci sono anche cose che non mi hanno favorevolmente impressionato.
L’uso di tratti e condizioni ad esempio: in pathfinder seconda edizione qualsiasi cosa possiede uno o (più spesso) più tratti, questi possono essere solo delle “etichette” che servono a interagire con altre regole, oppure avere regole a loro volta. Anche se è una soluzione obiettivamente efficace, il numero di tratti presenti sul manuale è semplicemente eccessivo. Alcuni sono piuttosto comuni, per cui non serve conoscerli tutti a memoria, ma altri sono molto specifici, e può rivelarsi necessario controllare il manuale spesso, interrompendo il flusso di gioco. Un discorso simile va fatto per le condizioni, che da un lato aiutano a definire in maniera chiara cosa sta succedendo al personaggio, ma allo stesso tempo sono talmente tante che è facile, se non si hanno supporti appositi, dimenticarne gli effetti.

Proseguendo la disamina si osserva che, dopo aver introdotto una meccanica elegante come le tre azioni, questa viene appesantita da una quantità eccessiva di dettagli e varianti… voglio dire, è veramente necessario che le regole per il salto in alto siano diverse da quelle del salto in lungo? Quando il livello di dettaglio è così marcato viene spontaneo andare sempre a verificare la regola giusta per la situazione, rallentando o interrompendo eccessivamente il ritmo della narrazione.

Infine, trovo che sia una piccola mancanza che, dopo aver messo nel manuale così tanto materiale e una corposa descrizione dell’ambientazione, manchi una sezione anche piccola con degli avversari da mettere di fronte ai giocatori. Il Master ha tutto quello che gli serve per creare un’avventura, tranne i mostri. Dopo aver letto 640 pagine, e voler iniziare a giocare, bisogna cercare del materiale aggiuntivo per preparare la prima sessione. La Paizo mette a disposizione molte risorse online, ma se proprio non si è voluto ridurre il volume del manuale, il fatto che poi manchi qualcosa di così necessario per muovere i primi passi, mi ha fatto storcere un poco la bocca.

  

“Vi incontrate in una locanda… “ – L’inizio di migliaia di avventure (Esperienza di gioco)

E da quella locanda (l’Agnello allegro, nella mia avventura) il nostro gruppo di avventurieri è partito per la più classica delle avventure, il salvataggio di una principessa: come Master ho riscoperto il piacere di passare un pomeriggio a preparare l’avventura*, disegnando le mappe, calcolando il grado di sfida corretto per il gruppo di personaggi, cercando di alternare scene di azione a scene di dialogo, e di creare un’avventura divertente che potesse durare un pomeriggio. E, come nella migliore tradizione, gli eroici avventurieri hanno fallito tutti i tiri per scoprire indizi, rimanendo così all’oscuro di quanto avevo pensato di rivelare mano mano… certo, potevo forzare la mano e dare lo stesso le informazioni, ma a quel punto a cosa sarebbero servite le loro abilità?
I nostri baldi eroi non si sono certo fermati, arrivando presto allo scontro con gli Orchi responsabili della sparizione della principessa… il combattimento è stato da un lato interessante dal punto di vista tattico: le molte opzioni presenti (alzare lo scudo o fare un secondo attacco? Chinarsi per avere copertura o muoversi di nuovo?) hanno aiutato a creare uno scontro molto profondo ma, senza sorpresa, uno scontro che nella fiction è durato pochi, frenetici secondi, nella realtà si è mutato in decine di minuti passati ad accettare (letteralmente, con l’accetta!) i mostri fino a farli crollare.  D’altronde, a tutt’oggi, lo scontro si vince facendo finire i punti ferita ai nemici, lasciando molto poco spazio per eventuali soluzioni creative… a meno che il Master non ne abbia preparate per tempo. Ma cosa succede quando il giocatore propone qualcosa che esula dalle regole? Purtroppo il manuale in questo non porta innovazioni e tutto è lasciato nelle mani del Master, che avrà l’onere di accettare o rifiutare a seconda del suo buon senso le proposte dei giocatori. Così come, eventuali idee particolarmente brillanti, o divertenti, o anche utili alla qualità della narrazione, vengono semplicemente premiate con punti Eroe assegnati dal Master e “spendibili” dal giocatore per ripetere un tiro di dado. Di nuovo dunque, parliamo di qualcosa che è molto soggettivo, e differente da persona a persona… Personalmente avrei preferito delle indicazioni più chiare o soluzioni meno prone alla sindacabilità, ma lasciare al Master ampio spazio di manovra è, in fondo, una caratteristica iconica di Pathfinder e D&D.
Nella carriera di un personaggio questi avrà molti talenti, sbloccherà azioni speciali addestrando le abilità e acquisterà poteri speciali e/o incantesimi con l’aumento di livello… tenere traccia di tutto, può diventare impegnativo, e anche se la scheda del personaggio ha spazi dedicati, delle note con la descrizione completa possono essere comunque molto utili.
In definitiva, l’esperienza di gioco è stata esattamente quella che mi aspettavo: un piacevole pomeriggio passato a giocare a un grande classico, con alcuni abbellimenti che ne cambiano un poco l’aspetto ma non intaccano la struttura essenziale.
Per completezza, va detto che Paizo ha già pubblicato molte avventure pronte, in diversi formati di lunghezza (dalle campagne alle avventure da un pomeriggio), per cui la preparazione sarebbe potuta essere più breve, mi sono voluto però limitare al materiale oggetto della recensione.

  

Il Drago è sconfitto, eccovi i punti esperienza! (Considerazioni finali)

Dopo tanti anni passati a giocare alle diverse incarnazioni di D&D, compresa la prima edizione di Pathfinder, sedersi al tavolo è come incontrare un vecchio amico. Uno di quelli con cui passavi le nottate, con cui ti sei divertito tantissimo, e con cui a volte arrivavi a discutere animatamente. E scopri con piacere che, se questo amico è cambiato, è in meglio. Quello che ricordavi con piacere è rimasto, e tanti spigoli sono stati smussati dall’esperienza. Spesso però a cambiare siamo noi, e quell’amico, a cui vogliamo sempre bene, non è più così piacevole come compagnia.
Con Pathfinder seconda edizione ho avuto questo esatto problema: se avessi avuto vent’anni di meno, e molto più tempo a disposizione, e soprattutto la testa per stare appresso a tutto il micromanagement necessario a giocare, avrei adorato questa edizione. Oggi come oggi, non avendo più tutto l’agio necessario per preparare una sessione, anche la sola idea di differenziare i tipi di bonus per capire se posso sommarli o meno mi sembra esagerata, è decisamente troppo dettagliato, troppo complesso per i miei gusti.
Perché a questo punto è di gusti si parla, ovvero: non posso fare a meno di elogiare alcune soluzioni, come le azioni o i critici, che semplificano e rendono più interessante il gioco, ma allo stesso tempo sono perplesso dal fatto che tutte le possibili azioni sono regolamentate, per cui è necessario andare ogni volta a cercare quella giusta per l’occasione, o avere una memoria di adamantio. Se però siete già esperti di Pathfinder, sappiate che questa seconda edizione è un deciso miglioramento! Non solo il sistema è abbastanza simile da permettervi di entrare subito nel meccanismo, ma le differenze sono tutte mirate a migliorare ancora l’esperienza. La Paizo mette inoltre a disposizione un kit per convertire i propri personaggi della prima edizione alla seconda, per cui non ci sono scuse!

  

Affrontiamo il Drago nella stanza… (Un piccolo extra)

Siamo arrivati alla fine di questa lunga recensione, e molti di voi probabilmente si chiederanno: “Com’è rispetto a Dungeons and Dragons Quinta edizione?”. Una domanda lecita, a cui non è facilissimo rispondere: i due sistemi infatti sono due rami dello stesso albero, hanno talmente tanto in comune che le differenze, a una prima occhiata, sembrano marginali. In realtà la differenza importante è nel tipo di gioco che propongono: Pathfinder propone un’esperienza dettagliata, dove a Master e giocatori viene richiesto un impegno maggiore, anche fuori dal tavolo da gioco in termini di preparazione e pianificazione, ma si viene premiati “in game” quando il proprio personaggio ottiene risultati altrimenti impossibili. D&D, d’altro canto, propone uno stile più rilassato, meno complesso che, se può risultare tiepida per chi ama affinare il proprio personaggio sin nei minimi dettagli, è ideale per chi ha meno tempo da dedicare alla preparazione e tollera un maggior grado di astrazione per mettersi velocemente al tavolo a giocare.
Da quello che ho potuto vedere, quindi, i due sistemi hanno entrambi punti a loro favore e aspetti meno convincenti, ma entrambi permettono di ricreare le stesse atmosfere heroic fantasy, in cui un variegato gruppo di avventurieri inizia cacciando i topi dal sotterraneo della taverna e conclude la sua avventura eliminando la minaccia che incombe sul mondo intero… Che sia super dettagliatamente con Pathfinder o in maniera più rilassata con D&D, sfoderate le spade, preparate gli incantesimi e intonate il liuto, e buona avventura a tutti!

  

PRO

– Il sistema non ha stravolto i capisaldi di Pathfinder, rimanendo apprezzabile anche dai giocatori di vecchia data.
– La meccanica delle azioni rende il combattimento più interessante in maniere semplice ed elegante.
– Il processo di creazione del personaggio, dall’idea alla scheda, è fluido e intuitivo.

CONTRO

– I tempi di preparazione sono piuttosto lunghi, così come le scene di combattimento.
– Il manuale ha regole sparse in tutte le 640 pagine, rendendo difficile la consultazione in partita.
 – Pur essendo un miglioramento rispetto alla precedente edizione, si sente la mancanza di una vera innovazione, forse si poteva osare di più.

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