Alla presentazione del Dizionario dei Giochi presso la sala del Carroccio al Campidoglio quello che è emerso dalle parole di Andrea Angiolino è che a colpire i lettori non sarà soltanto quello che il Dizionario è, ma soprattutto quello che non è: non è solo un dizionario.
Si tratta infatti del risultato di una profonda ricerca non solo dei lemmi di gioco o del loro senso compiuto, ma di un tuffo a pie' pari nel mondo del gioco fatto da giocatori, con la curiosità tipica del giocatore e più, dell'autore di giochi, che ha trovato interesse nell'etimo come nel ludico, nello scritto come nel giocato.
E' nato così, dopo ben 10 anni di gestazione e più di cinque milioni di battute, un riferimento senza precedenti per tema e per stile…
Perché come detto questo lavoro vive non solo delle parole, ma anche e soprattutto dello spirito degli autori, che ne hanno fatto uno strumento alla pari dell'argomento trattato, ossia intelligente e idiota al contempo, arricchito di determinante ironia e di una mal celata vena enigmistica che sfoga in diversi giochi nascosti tra le definizioni.
Per comprendere la passionalità messa nello sviluppo di questo progetto Angiolino svela che l'idea di Sidoti aveva generato un contratto iniziale per un milione di battute, il fatto che questo lavoro si sia quintuplicato d'iniziativa propria degli autori se non è una garanzia di qualità di poco la manca.
Tornando a quel che il dizionario non è parliamo di letteratura, perché il tomo in questione non è mera terminologia tecnica, ma anche studio letterario. Percorrendo le vie del gioco infatti s'incontrano i versi di Campanile e Marinetti come le opere di Goldoni, che cede il passo con convinzione ed ampio margine addirittura al regolamento stesso del gioco più in voga del tempo; uno sguardo in un mondo che più spesso vede i testi entrare nelle scatole di giochi piuttosto che viceversa.
E ancora, questo Zanichelli non è un fiume di parole sul gioco visto oggi, ma un ruscello che scorre lungo le rive del tempo portando alla foce una quantità di piccole pepite, aneddoti storici che rappresentano non solo la presenza del gioco nella vita dell'umanità, ma che ne determinano l'importanza sempre meno accessoria quanto sempre più preziosa nello sviluppo della civiltà e nelle sue sfumature, essenziali quanto sofisticate.
Così nel ventre del campidoglio è stato possibile incontrare un libro che tra strumento e futilità promette di offrire a ciascun lettore quello che cerca ma soprattutto quel che non avrebbe cercato.