lunedì 23 Dicembre 2024

Ron Edwards in cattedra: riscopriamo il gioco di ruolo

"Have FUN!"

Si può riassumere così uno dei concetti fondamentali che ha voluto trasmetterci Ron Edwards, fra i principali guru nel mondo dei giochi Indie, attraverso le sue chiacchierate a Bertinoro durante la InterNosCon 2011.

"Have fun" come concetto che deve essere sempre valido nel gioco e che va interpretato e stratificato a livello personale. Ma vi assicuriamo che i concetti che Ron ha espresso durante la manifestazione "Bacchanalia" sono tanti, articolati, innovativi e ricchi di spessore ludico e non solo!

Ci hanno convinto a tal punto che abbiamo deciso di provare a sintetizzarli e comunicarli anche a voi…

Presentazioni di rito

Per sapere chi è Ron Edwards si può fare riferimento a questa breve biografia . Ma vi basta sapere che l’autore di Sorcerer, Trollbabe, Spione ed altri lavori, è co-fondatore della comunità on-line The Forge, orientata da tempo a diffondere il filone Indie. A INC2011 ha presentato l’edizione Ashcan di Shahida che segue il filone di pubblicazioni che ha denominato "Story now"…la storia che supera la fantasia.
Per dirla alla Ron, lui somiglia ai Velvet Underground: hanno venduto solo 100 copie dei loro dischi, ma ogni persona che ne ha comprata una ha creato a sua volta una Band.

Ma veniamo al cuore e alla sostanza. Di seguito vi riportiamo quelli che sono i concetti fondamentali che sono emersi dalle conferenze di Ron o dalle chiacchiere fatte a pranzo: consideratele però ampliate da quelle che sono state le nostre sensazioni e impressioni emerse giocando ai vari tavoli "Narrativi".

Ecco dunque i vari concept rigorosamente in ordine sparso:

Bacchanal

Il tema di INC2011 è Bacchanalia nel mondo del gioco. Omaggio al gioco di Paul Czege.

Come va interpretato Bacchanalia nel mondo ludico? Parliamo forse di pornografia verbale, di avances malposte a qualche ragazza o di allusioni con i vostri compagni di gioco?
Niente di tutto ciò, il concetto è ben più ampio e profondo.
Il giusto modo di interpretare l’argomento è porre a fuoco l’elemento di contrasto fra il quotidiano e l’intimo che si trova al di fuori di questo spazio. Nel gioco l’elemento quotidiano è presente, ma il punto focale deve essere l’intimità che ne fa da contraltare. Occorre oltrepassare la soglia del quotidiano e cercare di arrivare all’intimità e all’espressione della creatività nella sua forma più interiore, mettersi a nudo. Se non si supera la soglia e non si mette in gioco qualcosa di sé, dalle emozioni ai pudori, dai credi alle convinzioni, non si può godere dell’esperienza ludica. L’appagamento non sarà intenso ma solo freddo esercizio tecnico.

Contratto

I giochi di carte nella loro forma più tradizionale (sì, avete capito bene, si fa riferimento a Poker, Briscola e ai classici giochi di carte) vengono giocati con gli altri ed hanno delle regole chiare e ben definite. In queste regole però esiste un altro livello formale del Contratto fra i giocatori: si mette in gioco la relazione, lo status sociale cambia di conseguenza e si hanno impatti sociali del gioco; quando ad esempio esiste anche una posta o quando si è in un torneo o quando i presenti nel locale osservano la partita o se i parenti assistono. In una implicita decisione ci si sposta dal piano delle regole del gioco ad un altro livello spostando il focus sul piano sociale, ed è qui che il gioco assume un livello di tensione e conseguentemente di appagamento maggiore. Non parliamo più di un gioco in cui l’unica cosa in discussione è la bravura, ma ci spostiamo a livello di sfera personale e sociale. È proprio questo ambito che viene messo in discussione con il Contratto, le regole formalizzate e quelle implicite sono note a tutti: non ci si alza dal tavolo, non si gettano le carte, si saldano i debiti, si mette in gioco la propria capacità intuitiva e la reputazione.

È un Contratto fra i giocatori e tutti sarebbero indignati se non fosse rispettato! Non è forse vero che anche i Giochi di Ruolo e di Narrazione prevedono al loro interno il Contratto? La loro natura è più complessa e difficile da delineare ed individuare rispetto ad un gioco di carte, ma è rilevante anche in questo tipo di giochi. Anzi, spesso pur essendo predisposti per la relazione sociale, in realtà tale accordo è meno esplicito ed evidente di quanto non avvenga nell’esempio precedente del gioco di carte. Lo scopo essenziale di un Contratto in un gioco di questo tipo è quello di stabilire e formalizzare gli accordi, soprattutto dal punto di vista sociale. Nessuno giocherebbe un gioco di carte il cui Contratto non sia formalizzato in maniera chiara: il rischio sociale sarebbe troppo elevato, non mi siedo al tavolo da poker se le puntate sono fuori dalla mia portata. Lo stesso si può dire per i giochi di ruolo e di narrazione. Anche in questo tipo di giochi il Contratto va definito in maniera chiara prima di iniziare una sessione, e i giocatori debbono prenderne atto e essere pronti ad affrontare le conseguenza del tipo di contratto proposto.

Quando formalizzate il Contratto non vi dimenticate l’obbiettivo: have fun.

L’Onestà Emotiva

Cosa è che spinge i giocatori a rispettare il Contratto? È lo stesso meccanismo che emerge nei giochi di carte che fa e deve far breccia anche nei Giochi di Ruolo?
La risposta è semplice: l’onestà emotiva.

L’onestà emotiva è un concetto fondamentale a cui spesso facciamo inconsciamente riferimento nella vita pratica. Ogni partecipante ad un gioco è tenuto a seguire e a rispettare l’onestà emotiva: in primo luogo per il rispetto di se stesso, ma anche nel rispetto degli altri giocatori e, andando ancora più in profondità, nei confronti degli autori stessi del gioco.
Ognuno deve quindi rispettare le procedure e gli accordi presi in un gioco, sia di carte che di ruolo/narrazione. Se non mi dedico alla partita ma partecipo annoiato, pensando ad altro, giocando con l’iPhone, non mi immergo e danneggio non solo me stesso ma tutti i partecipanti. Piuttosto chiarisco cosa non sta funzionando, ma l’assentarsi implica la mancanza di rispetto dovuta al tavolo e ai partecipanti. In più il mio disinteresse emotivo allo stesso modo è indice della mia non partecipazione: non basta ‘recitare’ o ‘raccontare’, occorre ‘immergersi’.

Procedure

Per circa venti anni ci si è sentiti ripetere: "non importa che sistema di gioco si usi: un gioco è valido se lo sono giocatori e GM, qualsiasi sia il sistema!". Niente di più sbagliato. Le procedure di gioco devono facilitare l’interazione e gli scopi stessi del gioco. Un sistema è un metodo per risolvere le situazioni durante una sessione, e debbono funzionare sia in termini di persone che giocano, sia in termini di personaggi che sperimentano gli eventi.
Le procedure non sono solamente le regole relative al lancio di dadi o ad altre meccaniche di gioco (propriamente quelle si definiscono come "rules"). Le procedure di un gioco ("Procedures") impattano su un piano emotivo e stabiliscono cosa siamo disposti a mettere in gioco dal punto di vista emozionale. Devono aiutare in questa direzione: non servono se non aiutano a risolvere le situazioni nella maniera scelta attraverso il Contratto. Le procedure devono prima di tutto essere funzionali al gioco.

Nella dissertazione "System Does Matter" Ron Edwards scardina quella che era definita la regola zero del Role Playing: "se una regola non piace a master e giocatori, Cambiala!".
La sfida è maggiore rispetto ad altri giochi, visto che le procedure nei Giochi di Ruolo / Narrazione sono implicite mentre. ad esempio nei giochi di carte, sono tipicamente esplicitate.
Per fare un esempio concreto, in Grey Ranks ogni personaggio si cala nei panni di baby soldati della resistenza polacca durante la seconda guerra mondiale. Mano a mano che il gioco prosegue i giocatori vengono posti davanti a scelte difficili: per raggiungere gli obbiettivi dovranno distruggere qualcosa che gli sta a cuore, siano persone o oggetti particolarmente cari.
Gli altri giocatori si troveranno a dover insidiare e distruggere questi "affetti" solamente in base alla soddisfazione del tema di Grey Ranks. Se i giocatori fallissero a tener fede all’Onestà Emotiva avremmo una degenerazione della situazione con distruzione degli "affetti"di un altro giocatore effettuata solamente su base del vantaggio personale o della vendetta. In qualsiasi avventura è sbagliato uccidere un personaggio caro ad un altro giocatore solo per motivi non "tematici": si rompe il Contratto sociale.

Good Playing

"Theatre Drama Blowjob", o per parafrasare un concetto caro ad uno dei manifesti più innovativi del gioco di ruolo in Italia "basta pompini".
Un esempio tipico di come i giocatori falliscano le aspettative di Onestà Emotiva e il Contratto fra di loro è proprio interpretando il proprio show personale senza interagire con gli altri giocatori o in maniera scollegata rispetto al tema e alle aspettative del gioco.
La domanda giusta che ogni giocatore dovrebbe porsi è: "quale scelta soddisferà di più me e gli altri?" e il focus principale dovrebbe essere proprio sull’emozione da dare agli altri!
Narrare e danzare sono due specchi: puoi fare una bellissima evoluzione e piroettare ma se non comunichi con gli altri, siano essi partner o spettatori o creatori dell’Opera, il risultato sarà freddo, privo di pathos.

Narrare è esercizio di comunicazione.

Immersione

Sintetizzando, i passaggi che avvengono durante il gioco si potrebbero ricondurre alle seguenti fasi:

Sociale

Immaginazione

Procedure

Il passaggio viene spesso pensato come dall’alto in basso: dal piano sociale, si passa all’immaginazione e si arriva alle procedure per costruire la narrazione.
Molti giochi spiegano quanto sia importante lasciarsi andare ed immergersi per ottenere dei buoni risultati: conviene farlo ma non spiegano mai come. Successivamente passano a spiegare le regole procedurali che risultano avulse rispetto all’obbiettivo.
La domanda da porsi è se sia corretto chiedere di provare emozioni e di vivere determinate situazioni. La risposta di Ron è altrettanto diretta: NO. Devono essere le procedure di gioco stesse ad aiutare e a portare a questo obbiettivo. Non è una buona indicazione dire "immergetevi"… è un buon gioco invece quello le cui meccaniche ti portano a farlo.
Ed è per questo che il percorso corretto da pensare è esattamente l’inverso di quanto abbiamo visto sopra: risalite la china dalle procedure al sociale e l’immersione verrà veramente facilitata e resa naturale.

Sociale

Immaginazione

Procedure

Oltre agli autori di giochi, che devono rispettare questa lealtà intellettuale, anche i giocatori sono tenuti a seguirla e ad aiutare gli altri. In analogia a quanto appena detto sull’immersione nelle regole, infatti, l’obbiettivo del giocatore non deve essere a priori l’immersione, ma piuttosto i giocatori devono concentrarsi sull’emozionare gli altri. L’immersione dei giocatori sarà quindi una conseguenza. Un buon esempio in tal senso è La mia vita col Padrone: e’ il meccanismo di gioco a portare a galla l’impatto sociale ed emotivo.

Criticare le regole

Altro aspetto importante e altro punto: nei giochi di carte nessuno tollererebbe le critiche alle regole, perché allora deve tollerarle il master? Questo meccanismo ha come secondaria conseguenza che il master implicitamente viene definito inetto, o si dà degli inetti a coloro i quali hanno lavorato alla produzione del gioco, magari mettendoci anche loro "Onestà Emotiva", e questo non è tollerabile. Occorre applicare le regole e dedicarsi a seguirne le conseguenze per cogliere il game design effettuato. Se iniziassimo a sostenere che il 2 di briscola non può valere più di un asso di un altro seme che partita avremmo? Se durante una partita a Polaris progressivamente fossero stravolte tutte le regole l’ineluttabile conseguenza sarebbe un gioco pessimo (un esempio lampante lo trovate sul forum gente che gioca).

Nessuno si fa male – Non ti lascerò solo

Il gioco deve quindi coinvolgere, emozionare e stimolare gli altri: è questo il compito di ciascuno, ma senza oltrepassare il limite che ognuno si è posto.
Ma cosa esprimono i due concetti "Nessuno si fa male" e "non ti lascerò solo"?

Sono concetti ben noti a chi segue The Forge, che esprime due differenti approcci al gioco Narrativo.
Esistono design di gioco basati sul concetto "nessuno si fa male": esempio classico in tal senso citato da Ron è Avventure in prima serata e giochi che funzionano sul concetto "ti porto ad ottrepassare il limite ma "non ti lascio solo", come il suo Sorcerer.

In Avventure in prima serata il tema e l’approccio consentono un coinvolgimento emotivo lieve, basato su tema e su riferimenti che risultano esterni ai giocatori sebbene siano in ogni caso frutto delle loro esperienze (televisive o meno): il gioco ci accompagna in un coinvolgimento nella sceneggiatura.
In Sorcerer la regola è espressa come "non ti abbandonerò", ovvero: cerchiamo di oltrepassare la linea e di spingere gli altri giocatori oltre (il quanto "is up to you", per dirla alla Ron, nella stessa maniera in cui in un gioco di carte si decide di giocare con i soldi o meno). Nel gioco l’obiettivo chiaro è destrutturare il personaggio dell’altro giocatore e smuoverlo nel vivo: l’aspetto emozionale si sviluppa per contrasto, proprio per questa rincorsa ad oltrepassare il limite. Un esempio forse più semplice per i giocatori italiani è legato a Un penny per i miei pensieri: quanto più ci si avvicina a situazioni di tensione, e magari ad alcune componenti autobiografiche, tanto più sentirò mio il ricordo o il coinvolgimento nel personaggio che si sta delineando. Un esempio ancora più banale: un nano che ha appena perso moglie e figli, assegnato in un torneo di gioco di ruolo ad una persona sposata e con figli, ha più effetto rispetto allo stesso nano assegnato a chi vede come alieni questi sentimenti,: per quanto l’immaginario fantasy si distacchi dal reale è chiaro che in una situazione simile sia decisamente più vivido figurarsi il dolore del distacco per un genitore di quanto non lo possa essere per uno degli altri giocatori al tavolo.

Va aggiunto che così come è disonesto giocare un boardgame senza avere l’obiettivo di vincere, allo stesso modo in Cani nella vigna bisogna dire ai giocatori che si oltrepasserà la linea, ma non verranno lasciati soli. In questo modo l’onestà emotiva è espressa anche verso l’autore stesso del gioco. Sempre in Cani nella vigna c’è interazione fra i gruppi che partecipano a una sessione e l’autore D. Vincent Baker, che ci ha messo onestà emotiva nella creazione del gioco: è proprio grazie alle sue esperienze personali che è riuscito a creare un gioco con tema così preciso (n.d.Ron: Vincent è cresciuto in una comunità pastorale evangelica).

Il punto sta evidentemente molto a cuore a Ron che compie una interessante digressione sui giochi che collocano le avventure in ambiti dibattuti o storicamente sentiti, facilitando il coinvolgimento emozionale dei giocatori e la rincorsa al limite e ad andare oltre questo limite.

Alcuni esempi di questi giochi?

• STEAL AWAY JORDAN (sugli schiavi di America)

• CARRY (sulla guerra in Vietnam)

• SPIONE (sulla guerra fredda a Berlino)

• SHAHIDA (sulla guerra civile in Libano)

Gli ultimi due sono giochi di Ron che rientrano nel filone di Story Now.

Il punto di vista di Ron è chiaro: in Spione se farete mettere un paio di elementi personali ai giocatori, il gioco cambierà completamente spessore, e in Shahida l’elemento personale è chiaramente introdotto nelle meccaniche per poter riprodurre questo effetto.
Occorre naturalmente una certa sensibilità nel gestire il limite e il modo per accompagnare il compagno di gioco. Ron citava un'esperienza in cui un gioco parlava di tematiche legate alla separazione e alla relazione di coppia. Una giocatrice trasmetteva fortemente il suo coinvolgimento emotivo al punto che è nato il dubbio se interrompere il gioco: era sotto il riflettore e a disagio. I compagni l’hanno aiutata a non interrompere la partita e l’hanno accompagnata a riprendere ed andare avanti. Il risultato è che, alla fine della sessione, è emerso che le sue remore erano legate alla partecipazione emotiva alla scena e non ad un effettivo disagio nell'affrontare l'argomento.
Vivere emozioni reali è quindi una milestone per Ron, ed è proprio questo elemento che è in comune con alcuni Jeep Form: alcuni concetti del Jeep Form sono molto simili da questo punto di vista.

It’s Fantastic

È stato già accennato precedentemente: l’elemento fantastico utilizzato nei giochi può essere utile, eccome! Al contrario di giochi basati su fatti storici e esperienze reali o realistiche, l’elemento Fantasy serve per dare sicurezza e per distorcere la realtà in maniera estrema (rendendola aliena da noi).
Esiste in ogni caso una relazione fra fantastico e provocazione sociale: il concetto di demone (o se preferite dei Pokemon!) è da sempre un veicolo per alienare le nostre paure più profonde, per parlare di cose che non affronteremmo mai direttamente.
Secondo Ron non tutto il Fantastico è volto a questo: una cosa è parlare di demoni e renderli impattanti a livello sociale e personale, una cosa è parlare di Shadowrun: Shadowrun è goulash (è un grosso guazzabuglio che prende parti scollegate e le mischia in malo modo). Deadlands è visto dall’autore statunitense in maniera ancor più terrificante: non solo ha vari elementi mal conditi ma è stato creato con l’esplicito scopo di mirare a vendere diritti dell‘ambientazione. Questa è Onestà emotiva? O forse un gioco dovrebbe mirare ad essere valido per i giocatori?
La fantascienza anni '70 indagava l’individuo, spingeva al ragionamento e alle emozioni, ed ha avuto una sua funzione in quel determinato contesto storico e sociale. Certo il "Reale" è più diretto per confrontarsi, ma da sempre ci sono riflessioni che non possono essere affrontate se non per via laterale.

Adattamenti e contaminazioni

Ma veniamo anche all’Italia. Sì, perché i giochi sono spesso tradotti da noi… o ancor meglio andrebbero adattati!
Una traduzione spesso rischia di farci perdere la godibilità di un gioco.
Perché? Semplicemente perché il nostro background culturale è diverso da quello per cui era stato pensato originariamente.
I giochi non vanno tradotti, vanno adattati, calati nella nostra realtà e personalizzati.
Debbono essere delle vere e proprie localizzazioni e portare valore aggiunto: ad esempio è molto valido lo scenario di adattamento de La mia vita col padrone trasformato in "la mia vita con Angelica" … eh, sì, avete capito bene: Angelica del Grande Fratello 11.

N.d.R: ci piacerebbe portare esempi più rappresentativi dello spaccato italiano . Se vi vengono in mente fatecelo sapere!

Descrivere le Emozioni

Fra una piadina con squacquarone e una birra ecco un altro concetto fondamentale che ci ha espresso Ron.

È sbagliato indicare cosa provano i giocatori: dire "il personaggio è affranto", è sbagliato perché non aiuta a sentire quell’emozione. Bisognerebbe piuttosto giocare in maniera onesta e portare i giocatori a provare le emozioni che si desiderano. Sarebbe corretto ogni tanto fermarsi e chiedere ai giocatori che cosa stanno provando in quel momento. Se il risultato atteso non è aderente alle aspettative, sarà chi gestisce la partita a dover cercare di ritarare meglio il target. Anche questo, aiutato dalla localizzazione, è un metodo per approfondire molto le sensazioni. È un critica forte al modo in cui conducono il gioco molti master. Ma forse se si vuole crescere nel modo di giocare, vale la pena provare a seguirla.

About Mainstream

Parlare di Mainstream non è affatto facile. Ciò che può essere considerato mainstream in un contesto, non è detto che lo sia in un altro. Basta pensare ai fumetti: nel mondo dei comics, praticamente da sempre, i supereroi americani vengono considerati mainstream, lungi dall’esserlo sul piano letterario o cinematografico. Ma se nei comics il mainstream letterario fa oramai capolino da tempo (basta leggere le "war stories" di Garth Ennies), cosa ne è nel mondo dei giochi di ruolo?
Se prima si poteva parlare principalmente di Fantasy, molti autori di giochi Indie mirano a tematiche mainstream del cinema, della fiction e della letteratura, poiché il filone narrativo coglie aspetti emotivi molto vicini alle problematiche espresse in quei generi: da qui uno spostamento del concetto di Mainstream nel mondo del gioco di narrazione.

Sinceramente non sappiamo se siamo riusciti a comunicarvi chiaramente tutti i concetti che Ron e l’esperienza ludica in questione ci ha trasmesso. Per focalizzare quelli più latenti ne abbiamo parlato direttamente con lui. Abbiamo illuminato con lucidità cosa andava e cosa non andava nel mondo dei Giochi di Ruolo.

Il risultato è che il contenuto di questo articolo è contaminato anche da riflessioni fatte dal redattore (humano) e dal compagno del viaggio di ritorno (Vigiak) che sperano di essere riusciti a contagiarvi con la frizzantezza di quest’esperienza.

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