Durante la scorsa Lucca Games 2012 il famoso autore di giochi indie Ron Edwards ha tenuto due workshop e una conferenza.
Gioconomicon vi ha riportato immantinente tutto ciò che c’era da sapere sulla conferenza, perché forniva interessanti info riguardo al suo nuovo gioco (Shahida) presentato in fiera.
Vi abbiamo poi con più calma offerto il resoconto del workshop in due parti (dico uno e dico due) riguardante l’inverno della "Forgia", perchè di interesse più generale e non specificamente legato agli eventi della kermesse lucchese.
Gioconomicon adesso, dopo aver ben digerito tutto ciò, sforna l’articolo sul secondo workshop, quello riguardante il game design che ha portato alla creazione di giochi come Spione, Shahida e ha di fatto creato un intero genere di gdr.
Signore e Signori… ecco a voi i segreti di “Story Now”.
AVVERTENZA!
Questo articolo è di natura molto tecnica, resoconto di un evento in cui si è parlato approfonditamente di game design per ben tre ore.
Cercheremo di essere quanto più chiaro possibile, di non usare terminologie oscure, e di riassumere a parole mie il succo di questo interessantissimo workshop.
Considerate dunque questo articolo come un riassunto molto semplificato e non prendetene il testo eccessivamente alla lettera, troppo si potrebbe (e dovrebbe) dire riguardo a ogni singolo argomento qui toccato en passant.
Partiamo col dire che “Story Now” è un obbiettivo di gioco.
Senza troppo addentrarsi nei menadri delle discussioni tecniche avvenute negli ultimi dodici anni, diciamo che ci sono tanti modi per divertirsi.
Un possibile modo per divertirsi con degli amici è usare un gioco di società.
Fra i tanti possibili giochi di società, una scelta interessante è quella di usare un gioco di ruolo.
Ora, di gdr ce ne sono tanti, e a seconda di come sono stati progettatti è anche possibile usare lo “strumento gdr” in tante maniere diverse, tutte divertenti.
Fra le tante possibilità ne esiste una in cui lo scopo principale e più importante di tutti, la ragione per cui ci si siede al tavolo qui e oggi e proprio con queste persone e proprio usando questo gioco e non un altro, è quello di essere protagonisti di vicende emozionanti.
Non per farsi raccontare una storia (come potrebbe essere leggere un romanzo o vedere un film o seguire un copione).
Non per prevalere sugli ostacoli posti da una sfida di abilità (come potrebbe essere una partita a scacchi o risiko o magari D&D4).
Non per passare una serata a birra, rutti e salatini, chiacchierando del più e del meno mentre si tirano dadi a caso e si ride forte per cavolate e battute.
Tutti questi elementi sono in realtà SEMPRE più o meno presenti in tutte le partite di gdr.
Si ride, si scherza, ci si esalta per essere riusciti a fare la tal cosa, ci si appassiona alle vicende che i personaggi (PG) man mano vivono, ci si emoziona, etc.
Limitiamoci a dire che fino a quando tutti sanno qual’è l’intento del gioco, è tutto buono.
Per fare qualche esempio: non è divertente giocare a scacchi con qualcuno che non gioca per vincere e fa mosse a cavolo, e non è divertente vedere un film drammatico con qualcuno che ogni cinque minuti spara battutine e cavolate, etc.
Allo stesso modo giocando a un gdr ci si diverte bene quando a tutti è chiaro qual’è lo scopo, l’intento, la priorità … altrimenti è facile che in qualche misura il divertimento di tutti ne risenta.
Dunque “Story Now” è uno specifico obbiettivo di gioco.
In soldoni, come già accennato, significa che lo scopo primario da tutti condiviso è essere protagonisti di vicende emozionanti.
Già prima del 2001 esistevano vari gdr che Edwards stesso cita come giochi che aiutavano, un pochino più rispetto ad altri titoli contemporanei, a rendere i PG dei protagonisti.
Per esempio The Fantasy Trip, e poi Over the Edge, Cyberpunk e Prince Valiant.
Però questi giochi erano, come tradizionale per i design di quel tempo, fatti in maniera tale da non essere per nulla chiari riguardo a “lo scopo del gioco”, e di conseguenza non offrivano strumenti particolarmente incisivi per raggiungere tale scopo.
Limitiamoci a dire che, con un certo grado di sforzo e lavoro da parte di tutti i partecipanti (e soprattutto di chi vestiva il ruolo di GM) si poteva raggiungere un implicito accordo sulle priorità dei vari giocatori, e in qualche modo far funzionare le cose in quella direzione.
Ma Edwards non ne era soddisfatto di giocare a questa maniera, al punto tale da sentire la necessità di creare da sè un gioco che invece facesse bene e senza ambiguità la cosa che a lui interessava di più, ovvero divertirsi con i suoi amici perseguendo nella maniera più facile ed efficace quello scopo che sarebbe poi stato battezzato “Story Now”.
Nasce così, nel 2001, il suo primo gioco: Sorcerer.
Quel gioco ha influenzato moltissimo il mondo del game design indipendente, portando poi alla nascita di tanti altri titoli, tutti completamente diversi, sia pensati per offrire un’esperienza Story Now che per battere tutte le altre possibili vie offerte dal gioco di ruolo.
In breve, lo schema base del gioco Story Now presenta tre elementi fondanti:
– Personaggi Protagonisti.
– Conflitti Rilevanti.
– Conseguenze.
Il primo elemento fondamentale qui è appunto l’idea che il proprio personaggio non sia un tizio qualsiasi, ma un Protagonista in senso “letterario”.
Forse non è il personaggio più bello, più forte o più furbo… ma è IL centro degli eventi: le SUE azioni, per un verso o per l’altro, hanno peso e vengono seguite dalla immaginaria telecamera del gioco.
Ciò significa che:
1) il Master (se c’è) deve dare spazio e rilievo ai PG, mettendo le loro scelte e azioni al primo posto rispetto a qualsiasi altra cosa.
2) i Giocatori devono essere messi in condizione di prendere decisioni difficili e importanti per conto dei propri PG, con conseguenze tangibili e rilevanti per il mondo fittizio che li circonda.
3) se tale è lo scopo del gioco, ha senso che le meccaniche di gioco innanzi tutto aiutino Master e Giocatori a svolgere queste attività.
Tutto questo non è affatto scontato, ed infatti in molti giochi capita che i personaggi manovrati dal GM siano più importanti dei PG stessi: LORO sono quelli che hanno un piano, uno scopo o un obbiettivo, e i Giocatori manovano le “semplici” pedine che li dovranno realizzare in pratica; LORO sono protetti “per ragioni di storia”, non i PG che invece potrebbero vivere o morire senza avere poi un grande impatto sullo schema generale delle cose; LORO sono manovrati da una persona motivata, con una visione d’insieme del gioco e che per ovvie necessità è sempre al centro dell’attenzione (il Master), mentre gli altri PG potrebbero essere facimente de-protagonizzati perché mossi da Giocatori magari poco attivi, poco esperti, timidi o che (giustamente) messi davanti a un foglio bianco e armati solo di esortazioni quali “fai quello che vuoi, interpreta!” non sanno bene che pesci pigliare.
Ribadiamo, e lo ha chiarito anche Edwards rispondendo a varie domande: non è sempre così. Nel mondo del design tradizionale ciò varia da gruppo a gruppo, da Master a Master, e persino da partita a partita… ma se si vuole produrre un gioco con un intento specifico queste cose non possono essere lasciate al caso, e se tale intento è Story Now allora il gioco non deve proprio permettere che esse avvengano al tavolo.
Il secondo elemento è che questi personaggi devono essere messi di fronte a conflitti rilevanti.
E anche questo non è affatto scontato.
Al di là delle specifiche tecniche usate per stabilire il successo o fallimento di qualcosa che un personaggio tenta di fare, gli eventi di gioco devono porre i PG di fronte a “conflitti”.
Ci deve essere qualcuno da qualche parte che ha interessi divergenti da quelli del PG e che quindi agisce in tal senso, opponendosi al protagonista di turno.
Ma non va bene un conflitto qualsiasi, magari su chi mangia l’ultima fetta di pizza nel piatto: serve che il conflitto sia “rilevante”.
E che cosa è “rilevante”?
Dipende dal singolo Giocatore e dalle circostanze del suo Protagonista; è un fatto di sentimento personale.
Non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace, e in Story Now i conflitti seguono lo stesso principio.
Magari in generale nessuno considererebbe “aggiudicarsi l’ultima fetta di pizza” un conflitto degno di nota, ma in questa partita, con questi personaggi, in questa situazione, potrebbe essere un momento importantissimo per te e il tuo PG.
Forse della pizza non gliene frega nulla a nessuno, ma dietro al conflitto per chi ne mangia l’ultima fetta si potrebbero nascondono emozioni, sentimenti, contrasti personali… Quella stupida pizza potrebbe rappresentare l’ultima goccia che fa traboccare il vaso nel rapporto fra due personaggi, o mettere un certo protagonista in cattiva/buona luce, etc.
Il gioco deve aiutare tutti a individuare cose come questa: cosa interessa ai Giocatori? cosa è importante per i PG? cosa causerà conseguenze rilevanti basate sulle scelte dei Giocatori e quindi sulle azioni dei loro PG?
E più il gioco si concentra su questo, mettendo il resto in secondo piano, più i PG saranno veri protagonisti, e i loro Giocatori saranno interessati e coinvolti e, possibilmente, emozionati.
Ultimo elemento… le conseguenze.
Se ciò che fai lo fai perchè ci tieni, perchè ti interessa… e se il modo in cui lo fai, e il fatto che tu abbia successo o meno, cambia il mondo fittizio di gioco… allora ciò che fai è importante e memorabile.
Magari per altri no; plausibilmente la “storia” di come il tuo personaggio ha conquistato l’ultima fetta di pizza è assolutamente banale e noiosa da raccontare a chi non c’era.
Ma per te che eri al tavolo a giocare, per te che hai vissuto quel momento, per te che sei arrivato fino a quel punto a causa di tue precedenti scelte importanti e sentite e difficili; per TE è memorabile.
Ed è unicamente questo che conta.
Nel gioco Story Now la “storia” che viene raccontata “nasce adesso” perchè è composta dalla somma delle conseguenze delle azioni dei Giocatori.
E questo, per la terza volta, non è affatto scontato.
In genere le consuetudini dei giochi più tradizionali prevedono che la “storia” sia un qualcosa di preparato prima dal GM e poi abilmente presentato ai Giocatori, con modalità da esperto intrattenitore che offre al suo pubblico una bella e avvincente trama.
C’è chi prepara ogni possibile aspetto delle vicende che accadranno in gioco, e chi improvvisa secondo il gusto del momento; c’è chi tesse una credibile illusione di spontaneità dietro alla quale si cela un percorso ben pre-definito, e chi si accorda a tavolino per collaborare col “regista/narratore”.
E ci sono le mille sfumature intermedie fra queste possibilità.
E tutto ciò è bello e può funzionare allo scopo di divertirsi assieme; in gergo tecnico si chiama giocare in modalità “Story Before”, perchè la storia è decisa prima da qualcuno; e questo vale anche per quei casi in cui la storia è improvvisata da un GM, perché comunque è lui a giudicare arbitrariamente molte cose importanti che non stiamo qui ad elencare.
Sempre per chiarire, si parla di modalità di gioco più che divertenti.
Il famosissimo gioco de Il Richiamo di Cthulhu è una pietra miliare nel mondo del gdr, ha fatto e fa ancora divertire tantissimi giocatori in tutto il mondo, ed è forse la più alta espressione di gioco Story Before.
Semplicemente, questo modo di giocare è del tutto incompatibile col perseguimento di un’esperienza Story Now.
Perchè avere una “storia” decisa (a tavolino o anche improvvisando) da una singola persona in base alla SUA visione di cosa sia bello o importante nega ogni forma di protagonismo di PG e Giocatori.
E poco importa che i Giocatori abbiano magari voce in capitolo su elementi secondari del gioco, se poi le cose importanti sono di fatto “scriptate”.
Al contrario è possibile fare perfetto Story Now lasciando decidere ad altri o comunque pre-determinare tantissimi elementi di poco conto, mentre restano ai Giocatori le vere decisioni chiave.
Un esempio per capire può essere rappresentato dal gdr svedese Montsegur 1244.
In quel gioco la “trama” è già decisa a priori e nota a tutti fin dall’inizio: gli eretici si rifugiano in un castello, vi rimangono bloccati per due anni di sofferto assedio, alla fine perdono e devono scegliere se vivere o morire di fronte al tribunale inquisitorio.
Ma questi sono dettagli.
Il gioco non è una ricostruzione storica accurata, il gioco non è una sfida per vincere l’assedio o sopravvivere all’inquisizione, il gioco non è nemmeno incentrato sul tema religioso o politico; lo scopo del gioco è essere protagonisti di vicende emozionanti, che in questo caso significa vivere (in quattro atti) le difficili situazioni e le dure scelte che i PG dovranno affrontare durante i due anni di assedio.
Amori, odii, rivalità, gioie, sofferenze, speranze, sacrifici, morte, sesso, miracoli, tradimenti.
NULLA di tutto questo è pre-determinato; TUTTO ciò dipende dalle scelte attimo per attimo dei Giocatori per i loro PG; la storia nasce, letteralmente, ADESSO.
E queste sono le basi.
Ron prosegue poi con una serie di esempi e spiegazioni, nel mentre rispondendo a svariate domande e dubbi, riguardo a tecniche particolari utili a produrre al tavolo un gioco Story Now.
Tanto per cominciare non serve produrre giochi bizzarri e strani per riuscire a giocare Story Now.
Basta capire che, per esempio, il ruolo del GM non è una monade inscindibile, ma un fascio di funzioni e autorità che possono tranquillamente essere divise per ottenere ogni sorta di risultato.
Per esempio, un GM tradizionalmente si occupa di funzioni quali:
– inquadratura delle scene.
– gestione di tutti i PNG.
– identificazione dei conflitti.
– etc.
E poi detiene una serie di autorità, fra le quali alcune sono:
– autorità sulla backstory (cosa è vero nel del mondo di gioco al di là della azione/percezione immediata dei PG? cosa c’è dietro quella porta? cosa accadde agli elfi nell’anno 1700? chi ha incastrato Roger Rabbit?).
– autorità sulla situazione (piove? c’è folla? si sente puzza di gas? arriva la polizia?).
– autorità sulle conseguenze dei conflitti (impressionerai la bella barista? umilierai il tuo avversario? salverai la pellaccia?).
– autorità sulla narrazione delle conseguenze (hai impressionato la barista, bravo, ma COME appare nella fiction il tuo risultato? sei stato eroico e carismatico? sei stato goffo e simpatico? hai sbaragliato dieci briganti? sei inciampato sui tuoi piedi?).
Ci sono svariate altre funzioni e autorità che si potrebbero individuare, ma queste sono un buon esempio.
Ecco… basterebbe che solo due di questi elementi non fossero arbitrariamente gestiti dal GM ma regolamentati in maniera mirata dalle meccaniche di gioco (nello specifico: l’identificazione dei conflitti e l’autorità sulle conseguenze dei conflitti) per dare una radicale svolta Story Now al gioco, senza di fatto cambiare nulla di tutto il resto della tradizionale struttura GM/Giocatori.
Sorcerer funziona appunto così.
Ovviamente questo rappresenta il minimo indispensabile.
Col tempo e l’esperienza sono state individuate e messe a punto molte altre tecniche e accorgimenti per rendere ancora più performanti (in termini di Story Now) i nuovi giochi che venivano progettati dagli appassionati.
In tal senso Edwards ha offerto una visione di cosa c’è sotto il cofano dei suoi due ultimi giochi che portano proprio stampato in copertina il marchio di “Giochi Story Now”: Spione e Shahida.
In ambo i giochi viene scardinata, tanto per cominciare, la struttura tipica per cui l’attività di gioco si svolge come una sorta di dialogo a turni fra GM e Giocatori, in favore di una srtuttura più aperta e conviviale, una costante circolazione di contributi da parte di tutti i partecipanti al gioco.
Questi contributi devono essere piccoli; singoli elementi, singoli pezzi, ai quali gli altri Giocatori possano ispirarsi e su cui possano edificare, aggiungendo altri contributi propri, in un circolo di idee che pezzetto a pezzetto costruisce la realtà di gioco condivisa da tutti.
Detta così sembra un caos di elementi scollegati, ma il risultato al tavolo è invece una semplicissima e fluidissima chiacchierata comune, che rende ricca e vivida la fiction del gioco.
Sempre in ambo i giochi è richiesto ai partecipanti di produrre e usare “documenti condivisi” che nascono ed evolvono durante il gioco.
Mappe, bigliettini, schemi, disegni, etc.
Anche questo serve a coinvolgere tutti, a dare valore ai contributi di tutti, e ad arricchire l’esperienza di gioco comune con elementi di gioco fisici sul tavolo.
Altro elemento fondamentale sono quelli che Edwards chiama “prompts”, ovvero degli elementi fissi di gioco, delle informazioni pre-definite che facciano da paletto e delimitazione.
Lo scopo è di aiutare a non cadere nel panico da foglio bianco, e ad aiutare tutti a produrre fiction coerente e appropriata al gioco.
Per esempio, in Spione si gioca nella Berlino della guerra fredda, durante uno specifico decennio selezionato a inizio partita fra quelli possibili, e che determina una serie di cose che (per quel decennio) sono vere o false.
Altro “prompt” sempre di Spione sono le varie mini-schede che, mescolate e spillate a coppie, formano la scheda base dei due personaggi-spia della partita.
Infine, entrambi i giochi sfruttano una tecnica per cui la proprietà dei personaggi in gioco è di fatto distribuita.
In Spione un giocatore avrà il ruolo di una prima spia, un altro giocatore quello di una seconda spia, e poi tutti gli altri giocatori gestiranno senza particolare vincolo tutti gli altri personaggi che potrebbero apparire nella storia.
In Shahida un giocatore sarà il Testimone, e tutti gli altri ruoli gireranno per il tavolo, liberamente e in base ad alcune regole.
Questa tecnica, in concerto col resto delle regole del gioco, genera un effetto che potremmo definire “Protagonisti Emergenti”.
Se di base un gioco Story Now deve preoccuparsi di cosa interessa davvero ai Giocatori per poi metterlo alla portata dei loro PG, in Spione e Shahida si fa un ulteriore passo avanti lasciando decidere ai partecipanti, man mano che il gioco si svolge, quali personaggi siano effettivamente così interessanti da essere Protagonisti, e chi invece lasciare sullo sfondo.
Per esempio il tavolo sà che Edward Creuc è una spia, ma giocando scena dopo scena il vero protagonista della partita potrebbe rivelarsi essere il suo amico barista Felipe Stirner, perchè nell’evolversi degli eventi lo abbiamo visto protagonista di tante scene, di tanti momenti difficili, ci siamo appassionati alla SUA storia, ci siamo arrabbiati quando il presunto amico lo ha tradito, ci siamo strappati i capelli quando ha deciso di perdonarlo, ci siamo commossi quando alla fine è persino morto per lui.
Magari la trama che si svolgeva sullo sfondo era incentrata sulle missioni della Spia, ma la STORIA, quella che è nata giocando al tavolo scena dopo scena: quella ha come unico protagonista il nostro buon barista e i suoi leggendari cocktail.
E questo lo potremo scoprire solo giocando, qui, adesso, con queste persone al tavolo, e la prossima partita sarà del tutto diversa.
Il “trucco” di questi giochi (e in generale del giocare in maniera Story Now) si trova nel fatto che l’elemento centrale di tutto l’ambaradan di tecniche, regole e opzioni è sempre uno solo: l’elemento umano.
E così in Sorcerer demoni e poteri occulti sono lo strumento che permette ai PG (e quindi ai Giocatori) di dare sfogo alle proprie passioni, gelosie, speranze e sogni: che prezzo sei disposto a pagare? Fino a che punto oserai spingerti?
In Trollbabe l’essere una creatura leggendaria e dal potere mitologico offre ai Giocatori più o meno la stessa prerogativa: cosa faresti se avessi il potere di un eroe mitologico?
It Was a Mutual Decision tratta di una coppia che si lascia (con bizzarri e oscuri risvolti).
S/Lay w/Me affronta il difficoltoso (e pericoloso) rapporto sentimentale (e carnale) tra un eroe umano e un seducente mostro fantasy.
E poi ovviamente Spione, che tratta del dramma umano della “spia nel freddo” (quando l’agente viene abbandonato a se stesso e non sa più di chi fidarsi, a cosa credere, per quale causa sacrificare i suoi principi morali), e Shahida, che segue la vicenda di una famiglia Libanese lungo le varie fasi della guerra civile.
Quando Edwards spiega il suo metodo di studio e ricerca sulle fonti letterarie e storiche per questi due giochi vi si ritrova l’essenza di questo concetto.
Tanto per cominciare Ron descrive ambientazioni come la Berlino del muro e la Beirut della guerra vicile come setting affascinanti ed esotici, al pari di un qualsivoglia mondo fantasy.
Lui parte dal forte e sbalorditivo contrasto tra la semplicistica (e generalmente falsata) visione mediatica che il grande pubblico ha di una certa ambientazione (intesa come incrocio fra luogo geografico, momento storico e nodo socio-politico) e la realtà documentata dalla storiografia politica, che lo porta poi a ricercare e studiare la letteratura che da essa deriva, che a sua volta si fonda su fondamentali e universali vicende umane.
Per Spione è significato scoprire come Berlino ai tempi del muro fosse un luogo variopinto in cui confluivano tutte le forze creative della gioventù occidentale degli anni ‘60, ‘70 e ‘80, con i loro colori e trasgressione e feste e musica e arte e droghe ed eccessi; e solo a trenta metri di distanza (letteralmente, contando il muro e poi i bunker di sabbia, la linea di filo spinato e le transenne che lo separavano, solo sul lato est, dai marciapiedi e le strade) c’era un mondo completamente opposto.
E su questo sfondo venivano narrate le storie dei romanzi di Le Carrè, che a loro volta denunciavano le iniquità che erano sotto gli occhi di tutti, ma che il mondo ignorava perchè i media raccontavano tutt’altro.
E allo stesso modo Shahida, come già abbiamo avuto modo di spiegare, parte dai documenti che dipingono un quandro ben diverso dall’arido deserto pieno di fanatici terroristi a cui la gente pensa di solito, per scoprire una fiorente letteratura composta da testimonianze, diari, resoconti; arrivando fino a distillare il tutto in un’esperienza di gioco che ha lo scopo di raccontare le storie semplici e comuni (perché umane) ma allo stesso tempo appassionanti e straordinarie (perché umane) dei personaggi che si avvicenderanno sul tavolo di gioco.
E dopo tre interessantissime ore che sono sembrate volare via in pochi attimi, con divagazioni in campo di politica, storia, letteratura, e mutue esperienze di gioco, il workshop ha avuto termine.
È stato bello vedere come, a colpi di domande ed esempi concreti di gioco, tutti i partecipanti si siano chiariti le idee su cosa fosse questa cosa dello Story Now, e al contempo assimilando una ridda di utilissimi ed interessantissimi concetti di game design.
Come nota a margine, un consiglio da Gioconomicon al suo pubblico: tenete d’occhio i futuri prodotti di Limana Umanita.
Vista l’assidua e interessatissima presenza ai workshop di Edwards (del tutto casuale ed imprevista) del loro portavoce Riccardo Ymir Giuliani siamo molto curiosi di vedere come tali nozioni influenzeranno la loro futura produzione di gdr.
E nel frattempo… Stay Gioconomicon!