Argomento sempre attuale, e assurto alle cronache del nostro settore per le recenti polemiche sorte nell’ambito dell’editoria ludica tedesca, la figura dell’autore ed il riconoscimento del suo ruolo sono stati i temi trattati durante il secondo appuntamento dei Gioconomicon Talks di Lucca Games 2013. La nostra redazione ha invitato quattro affermati operatori, con l’esplicita intenzione di far incontrare i punti di vista dei diversi ruoli che intervengono nella produzione editoriale di un gioco.
Qual è l’effettivo peso della figura autoriale rispetto alle altre professionalità che trasformano un’idea in un prodotto finito?
Ne abbiamo parlato con Emiliano Sciarra (pluripremiato autore di BANG!), Marco Valtriani (autore di giochi e fondatore di Bordgame Designers Italia), Alfredo Genovese (fondatore della casa editrice Ghenos Games) e Lorenzo Silva (nella duplice veste di autore ed editore di Cranio Creations).
Chi è l’autore di Risiko? O di Monopoli? Probabilmente la maggior parte dei nostri lettori deve ricorrere a Wikipedia per rispondere, questo perché all’epoca delle prime pubblicazioni ludiche era consuetudine per i giochi uscire senza il nome dell’autore. Ma ancora oggi non sono poche le case editrici (anche italiane) che pubblicano titoli senza riportare sulla confezione il nome del loro autore.
Negli anni ottanta un gruppo di designer, riuniti in una birreria tedesca, decise che la situazione non era sostenibile e, in perfetto stile german, firmarono un patto su un sottobicchiere da birra, decidendo che non avrebbero più concesso agli editori di lasciarli nell’anonimato. L’evento portò alla definizione di una sorta di contratto standard, in seguito adottato dagli editori tedeschi, che garantiva (tra i vari diritti) agli autori di avere il loro nome in bella mostra sulla scatola del gioco.
Questo fino a oggi, ma da qualche tempo alcune case editrici tedesche hanno manifestato la volontà di non voler più utilizzare quel contratto, mettendo in discussione il riconoscimento dell’autore come originator dell’opera editoriale, considerandolo a tutti gli effetti come qualsiasi altro prestatore d’opera coinvolto nella produzione del gioco. Ovviamente la comunità degli autori non è rimasta in silenzio e, lo scorso maggio, un nuovo sottobicchiere è stato firmato! Nell’attesa di scoprire come evolverà la vicenda, siamo partiti da questo spunto per chiedere ai nostri ospiti la loro valutazione del ruolo dell’autore.
La risposta emersa non è ne semplice ne lineare. Sicuramente tutti riconoscono che l’autore è il primo anello di una catena molto lunga che porta alla pubblicazione del gioco. La sua importanza non è certo stata messa in discussione, ma chi conosce il mondo ludico sa bene che il progetto nato dalla mente dell’autore spesso è solo vagamente identificabile nel risultato finale che, frutto dell’editing e degli interventi di altre figure creative, arriva sugli scaffali dei negozi di giochi. In questo senso sembrerebbe ovvia la diversità di vedute tra gli autori, che vogliono vedere riconosciuta la loro opera d’ingegno, e gli editori che ritengono che in una catena così complessa di sviluppo, che grava integralmente sulle loro spalle, il ruolo predominante spetti a loro. In realtà nel corso della conferenza sono emerse posizioni diverse anche tra gli autori stessi. E se da un lato Emiliano Sciarra (noto anche per il suo libro “L’arte del gioco”) difende la specificità artistica del lavoro dell’autore, e con essa i diritti morali e materiali che ne conseguono, dall’altro Marco Valtriani e lo stesso Lorenzo Silva considerano quello dell’autore un ruolo a geometria variabile, in funzione dell’innesco progettuale che talvolta può essere originato dall’autore stesso, ma che in molti altri casi può essere attivato da altri attori (tipicamente editori) che definiscono caratteristiche e peculiarità del progetto editoriale da portare a termine.
Il discorso è stato piuttosto articolato, e sono emersi molti spunti interessanti, legati anche allo spessore professionale del singolo autore. E’ facile “immaginarsi” autore, ma è stato fatto notare che tale figura non ha alcun riconoscimento formale, o può vantare percorsi di formazione che ne sanciscano le competenze. Insomma, se è vero che ci sono autori di indiscussa esperienza, non esiste un’oggettiva figura di autore “professionista”. Un editore quindi, come apertamente manifestato da Alfredo Genovese, si trova spesso a interagire con persone che, non avendo alcuna esperienza nel settore, presentano idee e soluzioni che possono richiedere livelli di realizzabilità semplicemente impossibili da soddisfare oppure che risultano essere la riproposizione di concetti, meccaniche e impainti abusati e desueti. In questo senso l’editore rivendica un ruolo fondamentale nell’economia complessiva della produzione di un gioco, sia attraverso la creazione di rapporti professionali con autori di provata esperienza, sia attraverso l’assistenza e il supporto offerto a quegli autori neofiti che presentano comunque caratteristiche e capacità inventive tali da meritare un’attenzione particolare.
Altra “annosa” questione nel rapporto tra autori ed editori è quella legata agli interventi compiuti in corso di editing e che spesso impattano sullo stravolgimento dell’ambientazione di un gioco. Nel corso della conferenza sono stati gli editori a rivendicare questo intervento come un fattore di loro competenza, essendo elemento determinante del successo di vendita del prodotto finale, mentre gli autori (in particolare Emiliano Sciarra) spesso ritengono che l’ambientazione sia spesso cosi intimamente collegata ai meccanismi e alle regole di un gioco, da non poter essere cambiata senza il rischio di snaturare del tutto il senso dell’opera. Chi vi scrive non può fare a meno di tornare con la memoria agli interventi del passato in cui su questo argomento Reiner Knizia e Bruno Faidutti, guest of honor storici di Lucca Games, esposero posizioni molto diverse sull’importanza dell’ambientazione in un gioco: dove per Knizia il cambio di ambientazione imposto dall’editore è una nota a margine della giornata lavorativa, per Faidutti vuol dire riscrivere da capo il gioco stesso…
Quindi, al termine della conferenza la risposta alla domanda iniziale è sostanzialmente rimasta aperta: le diverse opinioni sono il frutto di posizioni diverse che non possono che attribuire valori dissimili all’importanza percepita dei diversi ruoli. Questo però non vuol dire che debba esistere un conflitto tra autori ed editori: il risultato più interessante di tutta la conferenza infatti è stato l’emergere, dietro alle diverse opinioni, di una chiara disponibilità a un dialogo sempre più franco e disponibile.
Gli editori coinvolti gradirebbero sicuramente la formazione di una sorta di “sindacato” di autori di giochi, in grado di fornire le garanzie minime per la creazione di un contesto lavorativo di tipo professionale, ma nell’attesa rimangono comunque disponibili a offrire occasioni di confronto con qualsiasi tipo di proposta autoriale nel duplice intento di individuare i prossimi titoli di successo o, quantomeno, di contribuire alla crescita del livello di professionalità dei game designer.
Al termine dell’incontro era chiaro, anche dalla forte partecipazione del pubblico, che l’argomento meriterebbe ulteriori approfondimenti e che non è stata questa l’occasione per uscire dalle visioni personali degli attori coinvolti, ma sicuramente questo Gioconomicon Talks può essere considerato un ulteriore tassello alla costruzione di un disegno che si renderà sempre più chiaro col maturare del mercato.