Terzo e ultimo appuntamento con le nostre impressioni di gioco da Essen 2014. La fiera si è conclusa ieri, con la consueta invasione dei padiglioni da parte delle famiglie e dei bambini, anche se ci è sembrato di notare un calo delle presenze (o se non altro, meno ressa del solito), probabilmente dovuto all’inatteso sciopero delle ferrovie proclamato proprio durante il weekend, che ha impattato anche sul nostro ritorno in patria.
Ci auguriamo che questo nuovo format vi sia piaciuto e vi ricordiamo che molti dei giochi di cui abbiamo parlato saranno approfonditi in occasione della loro localizzazione in italiano, magari proprio durante l’imminente Lucca Comics & Games.
Buona lettura e grazie per averci seguito come sempre in tantissimi in questa intensa trasferta tedesca.
Choson (editore: Moonster Games)
Impressioni di gioco di: Marco Signore
Aspettative iniziali: 1 di 5 (il mix di viaggi nel tempo e storia coreana non mi ha colpito)
Magnetismo del tavolo: 2 di 5 (un mazzo di carte e 5 gettoni….)
Rapidità di comprensione: 2 di 5 (il dimostratore non è stato chiaro, e il manuale nemmeno)
All'atto pratico: 1 di 5 (non ho gradito molto)
Retrogusto: 2 di 5 (sento che manca qualcosa)
Choson è un gioco astratto di carte, in cui i giocatori possono fare punti giocando carte in combinazione. La maggior parte delle carte ha un valore numerico associato ad un personaggio ed un colore (famiglia), ed ogni personaggio ha un’abilità particolare; inoltre ci sono carte evento che permettono di attaccare gli altri personaggi o guadagnare bonus di punteggio. Il gioco, tuttavia, risulta macchinoso (almeno da come ce lo hanno spiegato) e per nulla attraente. Inoltre, l’ambientazione è solo presa in prestito, ma non si sente nemmeno lontanamente: si ha l’impressione di giocare ad un gioco di carte astratto, e null’altro. L’artwork è bello, va detto, ed il concept del gioco (viaggiatori del tempo che si contendono il trono dell’antica Corea) è più che interessante, ma all’atto pratico mi è sembrata un’occasione persa più che un gioco che potesse attirare la mia attenzione.
Antike II (editore: Pd-Verlag)
Impressioni di gioco di: Francesco Maltoni
Aspettative iniziali: 4 di 5 (la sua fama lo precede)
Rapidità di comprensione: 3 di 5 (chi ha giocato alla prima edizione parte avvantaggiato)
Magnetismo del tavolo: 4 di 5 (se amate i giochi di Gerdts, difficilmente riuscirete a resistere)
All’atto pratico: 3 di 5 (da giocare con calma, lontani dal caos della fiera)
Retrogusto: 4 di 5 (la versione definitiva di una pietra miliare)
Dopo una lunga serie di annunci, finalmente una delle creature più care a Mac Gerdts è tornata sui tavoli dei giocatori. Nonostante l’ampio margine con cui Pd-Verlag ha fissato il ritorno del gioco per Essen 2014, alcuni imprevisti nella pubblicazione hanno fatto temere il peggio, ma poi Antike II ha finalmente occupato il suo spazio centrale nel padiglione 1. La novità più eclatante di questa rivisitazione è l’assenza del combattimento al termine della partita, a conferma di come l’autore tedesco non ami particolarmente questo aspetto ludico. Alcune regole sono state rivisitate per rendere il gioco più fluido, come i movimenti semplificati per spostarsi tra le varie città, o la scelta sulle risorse che ogni centro può produrre. La meccanica centrale della rotella invece rimane invariata a definire il raggio di azioni a disposizione dei giocatori, la durata base, si dicono convinti i produttori, dovrebbe esserci accorciata di qualche decina di minuti. Personalmente, mi attendevo che le copie andassero sold out, trattandosi di un titolo cult, ma evidentemente i giochi di Gerdts dimostrano di rivolgersi a un pubblico selezionato. Anche se qualche scatola non è stata venduta, nel weekend i tavoli di Antike II erano presi d’assalto da appassionati pronti a immergersi nuovamente in questo classico, oggi reso più abbordabile. Unico neo, peccato non si possa giocare in due, ma per quello c’è sempre Duellum.
Colt Expres(editore: Ludonaute)
Impressioni di gioco di: Massimiliano Calimera
Aspettative iniziali: 3 di 5 (Era tra i più attesi di Essen, ma quel trenino dava l’idea di un giocattolo)
Magnetismo del tavolo: 4 di 5 (Un treno di cartone! Ed è il tabellone!)
Rapidità di comprensione: 3 di 5 (E’ obbligatorio capire tutti i poteri speciali prima di poter giocare)
All'atto pratico: 4 di 5 (Veramente divertente, ma il treno non è sempre funzionale)
Retrogusto: 5 di 5 (Da prendere! )
Questa storia del trenino al posto del classico tabellone aveva destato più di un dubbio, ma una volta capito il meccanismo di Colt Express, il suo utilizzo risulta immediatamente chiaro. Nel gioco fino a 6 manigoldi competono nell’arraffare ricchezze picchiandosi, sparandosi e scappando su un treno in corsa. Il sistema è basato sulla programmazione di una sequenza di carte pescate dal proprio mazzo, ma ogni volta che veniamo colpiti da un proiettile, una carta inutile si va ad aggiungere alle proprie, rendendo il proprio mazzo sempre meno performante. Una volta che tutti i giocatori hanno formato il mazzo della sequenza (giocando una carta alla volta), questo viene risolto: i meeple armati di pistole eseguono le azioni indicate sulle carte e spostandosi di vagone (o sopra i vagoni!) sperando che il giocatore abbia programmato correttamente le sue mosse, ma ovviamente ci sono i poteri speciali di ciascun personaggio a scombinare qualsiasi previsione. Per quanto il gioco richieda un po’ di impegno, i connotati sono quelli di un party-game, o almeno noi ci siamo fatti delle gran risate ogni volta che i nostri piani criminali andavano a farsi friggere dando vita a situazioni ridicole. Il trenino è fichissimo, ma a volte è difficile far star dritti i meeple o raccogliere i segnalini bottino. Inutile dire che il gioco ha fatto sold-out.
Nations: the dice game (editore: Lautapelit.fi)
Impressioni di gioco di: Marco Signore
Aspettative iniziali: 5 di 5 (civilizzazione e dadi… combo irresistibile)
Magnetismo del tavolo: 4 di 5 (un bel po’ di materiali e tanti dadi colorati)
Rapidità di comprensione: 5 di 5 (regole semplicissime)
All'atto pratico: 4 di 5 (entusiasmante!)
Retrogusto: 5 di 5 (l’acquisto è stato rimandato solo a causa della mancanza di spazio in valigia)
Nations: the dice game è la versione “dadistica” del noto Nations (localizzato in italiano lo scorso anno). Rispetto al suo predecessore, che ha avuto pareri discordanti, questo gioco di dadi è un passo avanti enorme; potrei dire che si tratta di una versione molto più dinamica e divertente di Nations. L’idea del gioco è sempre la stessa: ciascun giocatore controlla una cultura dell’antichità, e deve attraversare 4 epoche sviluppandone ogni aspetto. La presenza dei dadi potrebbe far pensare ad un gioco basato solo sul caso, ed invece i meccanismi di gioco permettono di arginare non poco anche gli effetti di un tiro disastroso. In generale, i dadi servono a raccogliere risorse, e permettono di acquistare avanzamenti culturali, monumenti, leader e colonie, che ci daranno dadi più potenti. Il gioco scorre rapidissimo, e 4 epoche durano una mezz’ora, in cui le decisioni da prendere sono tante ed il gioco non annoia mai. Davvero notevole, non esito a dire che sia migliore del suo predecessore in ogni aspetto (eccetto l’artwork, che è lo stesso).
Wir sind das volk!(editore: Histogame)
Impressioni di gioco di: Francesco Maltoni
Aspettative iniziali: 3 di 5 (tema accattivante, ma rischio di ripetitività)
Rapidità di comprensione: 2 di 5 (la parte “gestionale” del gioco richiede attenzione)
Magnetismo del tavolo: 4 di 5 (tabellone e grafica da applausi)
All’atto pratico: 3 di 5 (qualche somiglianza di troppo…)
Retrogusto: 3 di 5 (da riprovare sicuramente)
Un card driven per due giocatori ambientato all’epoca della guerra fredda, in cui uno interpreta la Germania Ovest e l’altro la Germania Est. Cosa dire di questo Wir sind das volk! se non che pare avere tutto per trattarsi di uno spin-off di Twilight Struggle, in salsa esclusivamente tedesca, proprio lì dove la Cortina di ferro si faceva sentire più che in qualsiasi altra nazione? E invece, archiviarlo con troppa fretta, non renderebbe abbastanza onore a un titolo che merita attenzione, soprattutto per due ragioni. In primis, la grafica assolutamente indovinata, con illustrazioni non troppo meticolose e tonalità tenui, che ricordano gli scialbi manifesti di propaganda sovietica. Quindi, come contraltare alla parte dedicata alle carte, c’è un altro step del gioco che chiederà ai giocatori di distribuire alcune risorse in maniera intelligente per realizzare le infrastrutture sui propri territori e migliorare le condizioni della popolazione. A ben vedere, poi, la distribuzione delle carte presenta qualche differenza da Twilight Struggle, sebbene alcune caratteristiche – come la duplice valenza punti-evento, oppure la carta dei Tank russi che ricorda quella della Cina nel gioco di Gupta e Matthews – debbano molto al progenitore della GMT. Insomma, consigliatissimo agli appassionati di giochi storico-politici.
Onward to Venus(editore: Treefrog)
Impressioni di gioco di: Massimiliano Calimera
Aspettative iniziali: 2 di 5 (Il titolo di punta di Wallace era Mythotopia,non questo)
Magnetismo del tavolo: 3 di 5 (La qualità delle illustrazioni si nota da lontano)
Rapidità di comprensione: 2 di 5 (Nulla di troppo complesso, ma chi ce lo ha spiegato non lo conosceva bene)
All'atto pratico: 4 di 5 (Bello! Una volta capito il meccanismo scorre anche velocemente)
Retrogusto: 5 di 5 (Preso, ma ho preferito l’edizione standard alla deluxe)
Personalmente non sono un seguace del filone steampunk quindi non conoscevo Dr Grordbort’s Infallible Aether Oscillators, l’universo creato dal concept designer Greg Broadmore. Ma appena ho visto i materiali di giochi allestiti sul tavolo mi sono immediatamente innamorato delle bellissime illustrazioni. Come accade nella storia da cui è tratto, in questo gioco le potenze della terra alla fine del 1800, anziché competere per le colonie sono partite per lo spazio con fantastiche astronavi a vapore per ottenere il dominio dei pianeti del sistema solare. Una volta presa confidenza con la forza che mi è stata assegnata (gli americani) il nostro spiegatore ci ha chiarito come si fanno i punti vittoria, ma anche che se sulla terra scoppierà la rivolta dei robot o se i marziani dovessero avere la meglio, tutti perdono. Insomma un quasi cooperativo, ma nella nostra partita ce le siamo date di santa ragione appena ne abbiamo avuto occasione. Onward to Venus segue il filone dei giochi di conquista di Wallace: unità da costruire, territori da conquistare e dadi da tirare su cui applicare bonus e malus, il tutto perfettamente ambientato. Nella versione deluxe c’erano le pedine in legno, io ho preferito quelle in cartone cosi ben illustrate.
Conan: Hyborian Quests (editore: Monolith)
Impressioni di gioco di: Marco Signore
Aspettative iniziali: 5 di 5 (è Conan…)
Magnetismo del tavolo: 4 di 5 (pur essendo un prototipo, le miniature e i personaggi attiravano)
Rapidità di comprensione: 4 di 5 (regole abbastanza semplici)
All'atto pratico: 3 di 5 (idee davvero belle, ma spesso male implementate)
Retrogusto: 3 di 5 (un’occasione persa?)
Abbiamo potuto provare questo Conan: Hyborian Quests in anteprima, dato che il gioco verrà lanciato con l’ormai immancabile kickstarter a gennaio 2015. Si tratta di un semicooperativo d’avventura, alla HeroQuest, per intenderci, in cui 3 giocatori impersonano Conan e compagni, ed uno gestisce mostri ed incontri. Le miniature, per quanto belle, hanno evidenti difetti anatomici (soprattutto negli addominali…), ma nel complesso appaiono attraenti. Il gioco in sé ha idee interessanti, come la spesa di energia per le azioni, ed il fatto che più si è carichi di oggetti più è difficile (o impossibile) compiere determinate azioni. Tuttavia il giocatore “cattivo” si sente fuori posto, attivare i mostri non è facilissimo, e un po’ si fatica a “sentire” l’ambientazione. Insomma, mi è sembrata una buona idea come gioco rivolto ad un pubblico “soft gamer”, ma l’idea di venderlo ad un prezzo alto (oltre 150 dollari), con ben 100 miniature tutte da assemblare a mio parere è un ulteriore azzardo, e per questo temo che si tratti di un’altra occasione mal sfruttata.
Speakeasy (editore: Capsicum Games)
Impressioni di gioco di: Francesco Maltoni
Aspettative iniziali: 3 su 5 (filler con un’ambientazione interessante)
Rapidità di comprensione: 5 su 5 (in pochi minuti si ha una panoramica chiara)
Magnetismo del tavolo: 3 su 5 (tabellone ben illustrato, ricrea l’ambientazione)
All’atto pratico: 2 su 5 (bassa originalità)
Retrogusto: 2 su 5 (lo rigiocherei, ma senza troppa foga)
Ispirato al tradizionale cinese Lu Zhan Ju, Speakeasy si svolge nell’America degli anni ’20, dove imperversava il proibizionismo e le strade si dividevano tra pupe maltrattate e agenti dell’Fbi a caccia di gangster. Un tema interessante, anche se certo non troppo innovativo, che, però, non emerge con la forza sperata durante la partita. Il gioco, che a più di un appassionato ricorderà da vicino Stratego, rimane molto astratto nel suo svolgimento, con i movimenti legati alla griglia predisposta e le tessere in stile domino che rappresentano i vari personaggi sul tavolo. L’unico aspetto che scompiglia un po’ le regole, sono i luoghi di ritrovo, in cui i malavitosi si nascondono al sicuro dalle scorribande altrui. Scopo dei giocatori, sarà proprio quello di trovare le “basi” dell’avversario, utilizzando le particolari tessere che rimangono celate alla vista dell’avversario. Nonostante la grafica ben realizzata, il prezzo mi è sembrato leggermente elevato.
Apocalypse Universe: Galactic Arena (editore: Storyception Games)
Impressioni di gioco di: Marco Signore
Aspettative iniziali: 1 di 5 (non era sul mio radar)
Magnetismo del tavolo: 2 di 5 (belle immagini, ma poco altro)
Rapidità di comprensione: 2 di 5 (probabilmente dipendeva dal dimostratore)
All'atto pratico: 2 di 5 (idee implementate male, sistema punti azione sembra sballato)
Retrogusto: 2 di 5 (non è un acquisto, ma vale la pena provarlo)
Galactic Arena è uno scontro in un’arena tra personaggi di fantascienza completamente personalizzabili.I giocatori scelgono un personaggio, lo personalizzano scegliendo tra varie abilità (che costano 0,1, o 2 punti e che sono divise in attacco e difesa), scegliendo un'arma (che può cambiare ad ogni round), e poi inizia lo scontro. L'arena è divisa in esagoni, e ci sono aree difensive, trappole, e contenitori che forniscono bonus a chi li apre.
Ogni personaggio ha un determinato numero di punti azione, e li usa per attivare un max di un'abilità e/o per attaccare e difendersi. Il movimento include anche l'attacco, peraltro. Gli scontri si risolvono con 1d10, ed è possibile ottenere attacchi critici. Il problema principale, tuttavia, è che quando si viene attaccati si deve per forza spendere un punto azione per difendersi, altrimenti la difesa non funziona (resta solo l'armatura, in genere troppo scarsa), e quindi è facile coalizzarsi in un turno contro un avversario e renderlo incapace di agire con pochi attacchi. L'idea di fondo è interessante, specialmente la personalizzazione del combattente, ma le abilità sembrano squilibrate e il sistema della difesa che fa perdere punti azione è davvero poco funzionale. Probabilmente ci è stato anche spiegato male.
Assault on DoomRock (editore: Beautiful Disaster Games)
Impressioni di gioco di: Marco Signore
Aspettative iniziali: 5 di 5 (era nella mia wishlist: fantasy con dadi e carte…)
Magnetismo del tavolo: 4 di 5 (grafica simpaticissima, un sacco di dadi e carte e segnalini)
Rapidità di comprensione: 4 di 5 (regole non proprio semplici, ma ben spiegate)
All'atto pratico: 4 di 5 (la durata di due ore e mezza minimo lo penalizza non poco)
Retrogusto: 5 di 5 (acquistato subito)
In Assault on DoomRock ciascun giocatore impersona un classico eroe fantasy ma con qualche problema psicologico (paranoico, aggressivo, etc.). Il gruppo di improbabili eroi deve attraversare le terre selvagge fino a giungere a DoomRock e sconfiggere il malvagio mostro che vi si annida (il boss finale, insomma). Il turno di gioco è diviso in due fasi: avventura (in cui ci si deve potenziare) e combattimento (in cui si rischia di morire). Il combattimento è ben congegnato e piuttosto mortifero, tattico pur essendo privo di mappa, e coinvolgente. Il gioco in sé è davvero divertente se amate dadi e carte, ma statene alla larga se siete fanatici dei german. L’unico punto debole di Assault on DoomRock è la durata, che supera le tre ore; tuttavia ci sono regole opzionali (non incluse nella scatola ma rese disponibili online dagli autori) per ridurre la durata della partita. La grafica ed il tono del gioco, entrambi canzonatori (immaginate il paladino iracondo che incontra i temibili pomodori esplosivi…) sono davvero azzeccati, e l’ambientazione si sente piuttosto bene. Davvero un bel gioco, anche nei materiali, considerato che si tratta praticamente di un’autoproduzione.