lunedì 23 Dicembre 2024

Lucca Games 2015 – Serpentarium Press tra burattini e grandi antichi

Comodamente seduti nella Sala Ingellis di Lucca Games 2015, abbiamo assistito alla conferenza Solo cieca ferocia in “strani eoni”, che ha visto come relatori il duo Matteo Cortini e Leonardo Moretti (meglio noti come Leo&Curte), famosi per i prodotti della linea Sine Requie e di recente divenuti editori di giochi! A moderare l’immancabile Mario Pasqualotto…

Si parte, come è ovvio, dalla presentazione della neonata Serpentarium Press. Sine Requie è nato dodici anni fa ed è passato per le mani di Rose and Poison prima ed Asterion poi, per finire ora alla Serpentarium Press. Il motivo per cui Leo e Curte si sono separati da Asterion non è certo per problemi di convivenza, tant’è che Asterion rimane comunque distributore unico, ma gli autori avevano la volontà di confrontarsi con un tipo di lavoro totalmente autonomo. E poi, ci confidano, a quarant’anni hai tre opzioni: farti un’amante, una moto, o una casa editrice. Il tempo di segnarsi la pillola di saggezza ad uso futuro e subito si parte con la presentazione dei giochi di lancio della neonata casa editrice.

Il primo ad essere presentato è il Paese dei balocchi, un particolare gioco di ruolo, del tutto autonomo, che ha anche la duplice funzione di un modulo di espansione per Sine Requie. L’ambientazione, infatti, parte da quella di Sine Requie.

Se ci perdonate qualche semplificazione, la storia è la seguente: esiste in questo astruso e folle mondo una setta di burattinai che, in maniera forse prevedibile, passa il tempo a creare burattini. Questi burattini sono immoti di giorno, come ci si aspetterebbe da loro normalmente, ma hanno vita propria durante la notte, come invece si confà a Sine Requie. Di giorno, però, nessuno sa con certezza cosa accada loro. O meglio, nessuno sapeva fino ad ora. Infatti il duo di autori ci rivela che, di giorno, i burattini vivono nel Paese dei balocchi. Si tratta di un mondo simile a quello che possiamo scorgere in tante storie del nostro immaginario collettivo, come Pinocchio, il soldatino di piombo, e così via. Si tratta comunque di un paese idilliaco, in cui però è cominciata a filtrare la perversione e l’orrore del mondo reale a cui è collegato.

I burattini non sono consci dei loro creatori, per loro anzi il mondo “reale” è qualcosa di lontano e fantastico. Essi rimangono comunque collegati alle emozioni con cui sono stati creati: per esempio, se una volta i soldatini erano lucidi e spavaldi, dopo l’avvento degli zombi (e le ulteriori, simili spiacevolezze), hanno iniziato ad essere creati come soldati feriti, o disperati, il che si riflette nelle loro personalità e persino nella fisicità del loro mondo. In effetti, il Paese dei Balocchi è una proiezione delle idee e dei sentimenti dei propri abitanti: quando i soldatini si radunano insieme, lo spazio intorno a loro si adatta e genera spontaneamente un mondo a loro conforme: per esempio, formando delle caserme a loro uso e consumo. Come dicevamo prima, ora che la follia sta iniziando a filtrare in questo mondo, anche la sua geografia ha cominciato a cambiare. Così nascono nuove Verelande (dove la presenza di qualche abitante ha portato ad una coerenza interna) sempre più malsane, comunque sempre migliori dell’alternativa alle Verelande, ovvero la Nullaterra che, anche se dal nome farebbe pensare al Molise, è in realtà un luogo di pericolosità assoluta dove puoi essere divorato dal Nulla o dai suoi strani signori.

Il volume può essere quindi usato come espansione di Sine Requie, per comprenderne meglio l’ambientazione, ma è in realtà pensato per essere un gioco separato. I giocatori dovranno interpretare esclusivamente la vita diurna dei burattini, quella appunto nel Paese dei balocchi, e non la vita notturna nel mondo reale.
I burattini potranno essere profondamente differenti in base ai loro creatori, ma in certi casi anche la loro nazionalità può influire (le matrioske dei russi e i meccanismi di trasformazione dei burattini giapponesi sono gli esempi più semplici).

Si passa ora all’Alba di Cthulhu, stavolta un gioco con un’ambientazione del tutto nuova (anche se mantiene in parte lo stesso flavour “mai una gioia” di Sine Requie). Gli autori sono stati piuttosto chiari: con i diritti dei Miti Lovecraftiani scaduti, cani e porci ci fanno giochi sopra, e potevano loro esimersi? Però hanno capovolto del tutto la prospettiva: il Richiamo di Cthulhu è stato un gioco storico, di tutto rispetto, è ora di pensare ad altro. Non più investigatori che scoprono le orribili realtà che si celano dietro le normali, quotidiane apparenze, e che lottano per impedire il ritorno dei Grandi Antichi sulla Terra. Invece, in l’Alba di Cthulhu, il ritorno dei Grandi Antichi c’è già stato, nel 1937. Cthulhu si è svegliato nella sua perduta R’lyeh e, insieme ad altri suoi colleghi di eguale potenza, ha di fatto conquistato il mondo. Come ha reagito la razza umana? Con la sua incredibile capacità di adattamento, una costante della sua storia, insieme alla sua enorme capacità di servilismo, una cosa di cui essere un po’ meno orgogliosi ma pur sempre una costante della sua storia. In breve, la razza umana ha trovato modo addirittura di prosperare (pur con tutto il rischio che ne consegue) in questo nuovo ordine. Per dire, i poveri abitanti del profondo non hanno trovato la società perfetta che si attendevano dopo la loro vittoria, ed anzi se la vedono sfilare dagli umani, che sono intanto occupati ad aprire delle rosticcerie di carne umana per i ghoul.
La convivenza effettiva con Cthulhu certo non è facile. Avvicinarsi troppo al centro di R’lyeh, dove Egli vive la sua tentacolata vita, significa entrare in un mondo dove sempre più la geometria guarda Euclide e lo deride come un poveraccio. I pensieri stessi di Cthulhu non sono cose a cui tutti abbiano accesso, sono invece i sacerdoti a comunicare quello che è il suo volere. Forse.

In tutto questo marasma, i personaggi hanno avuto la brillante idea di aprire un’agenzia di investigazione, che è tecnicamente la vera protagonista della campagna; il tutto fornisce al gioco un taglio più noir che orrorifico.
Con tocchi di gestionale inattesi; infatti, l’obiettivo dei giocatori è far prosperare la propria Agenzia, tagliando costi e ottenendo maggiori introiti, magari riuscendo anche a restare vivi durante il processo. Che un personaggio muoia non è un problema per il giocatore, che può costruirne subito un altro. La chiusura dell’Agenzia, invece, corrisponde alla chiusura della campagna.
Di base, ogni giocatore crea due personaggi: un investigatore e un agente esterno, un alleato che potrà essere utile alla causa dell’agenzia… dopo, però, lauto pagamento! Neanche in un mondo non-euclideo un avvocato lavora gratis.
Il sistema di gioco usa delle carte da poker e, di base, la meccanica principale è piuttosto semplice: estrai una carta e sommi il suo valore con quello della tua abilità, più il risultato è alto e meglio è. Jolly e figure introducono effetti aggiuntivi, mentre la specializzazione ti consente di pescare due carte e scegliere la migliore.
Come i più attenti ormai si saranno resi conto, l’orrore in questo mondo non è più ignoto, ma fin troppo noto. Per questo motivo, non esiste la sanità mentale. Vi sono creature del tutto insane, certamente, ma vedere un mi-go vestito da gangster di fronte ad un piatto di spaghetti (che non potrà mangiare, neanche volendo) non è più una visione che potrà realmente fare impazzire un personaggio (non più dell’usuale, quantomeno).

La conferenza, durata appena quarantacinque minuti, termina così, con gli autori che avrebbero ancora parecchio da dire, e con gli spettatori che avrebbero ancora domande. E’ evidente come Cortini e Moretti abbiano un loro seguito più che interessato, cosa che promette bene per il successo della neonata Serpentarium Press. In bocca a Cthulhu a loro! Posto che abbia una bocca.

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