Prima carrellata per le nostre consueti impressioni di gioco, il format che applichiamo ormai da diversi anni per raccontarvi il nostro “primo contatto” con le novità presentate durante il festival del gioco. Le nuove uscite allestite sui tavoli di PLAY 2016 erano veramente moltissime, difficile (per non dire impossibile) provarle tutte in soli due giorni, senza contare le presentazioni riservate alla stampa, le interviste con gli autori dei suddetti giochi e le numerose iniziative che ci hanno visto partecipi tra i padiglioni. Fortunatamente l’incremento dei tavoli demo ci ha facilitato le cose rispetto all’anno scorso, anche se non sono mancate le code ai giochi più attesi.
Apriamo quindi le danze con le prime impressioni su:
– Ashes: La Rinascita dei Phoenixborn
– Celestia
– Diktat
– Dottor Eureka
– Orléans
Vi ricordiamo ancora una volta quali sono i 5 attributi identificati modellizzando le fasi dell’esperienza di chi prova un gioco per la prima volta in una fiera: Aspettative iniziali (cosa so del gioco e con quali speranze l’ho approcciato), Magnetismo del tavolo (quanto sono stato attratto dal suo allestimento sul tavolo), Rapidità di comprensione (quanto è stato semplice entrare nel gioco attraverso la spiegazione del dimostratore), All'atto pratico (come si è rivelata la reale esperienza di gioco), Retrogusto (ovvero, lo compro o non lo compro?).
Ciascun attributo lavora su una scala che va da 1 (poco) a 5 (moltissimo).
Ma ricordate: queste sono solo “impressioni a caldo”! Molti dei titoli qui descritti saranno successivamente trattati con anteprime e recensioni, dove il nostro parere originerà da analisi ben più complete e articolate.
Ashes: La Rinascita dei Phoenixborn (editore: Asterion/Asmodee)
Impressioni di gioco di: Enrico Procacci
Genere: Gioco da tavolo
Aspettative iniziali: 3 di 5 (giochi da due mi interessano sempre)
Magnetismo del tavolo: 2 di 5 (magari sono il solo, ma ho trovato la grafica fastidiosa)
Rapidità di comprensione: 3 di 5 (più complesso della media dei card game alla Magic)
All'atto pratico: 3 di 5 (partita squilibrata ma soddisfacente)
Retrogusto: 3 di 5 (non quello che cercavo)
Lo stile di Ashes è quello, ormai ben rodato, dei giochi di carte alla Magic o Hearthstone: creature, magie, personaggio principale con poteri speciali. Qui però si lavora aggiungendo complessità: ogni Phoenixborn (perché vivere in un mondo fantasy se non puoi avere nomi altisonanti?) ha due scuole di magia, ognuna dotata di cinque appositi dadi e poteri speciali. Ad ogni turno, il giocatore tira i dadi e li deve gestire all’interno di più fasi: in ogni fase potrà compiere un’azione principale ed una secondaria (eventualmente spendendo dadi) finché la fine del turno non sarà sancita dal “passare” in sequenza di entrambi i giocatori.
Questo motore di gioco rende il turno decisamente più tattico di quanto ci si possa aspettare: bisogna gestire diverse risorse (oltre ai dadi, anche le carte in mano non vengono rimpiazzate fino alla fine del turno) e le strategie possono essere molteplici. Ad esempio, puntare ad un atteggiamento attendista ed agire solo quando l’avversario termina le proprie risorse, oppure attaccare forsennatamente, o infine potenziarsi al prezzo di scartare carte dal proprio mazzo.
Pur con la classica lentezza delle prime partite ad un gioco di carte (quanto testo da leggere!), la partita è durata appena tre turni ed è stata a senso unico per il mazzo più aggressivo, che ha sgominato facilmente le illusioni dell’avversario. I Phoenixborn provati erano decisamente diversi come stile di gioco, la qual cosa non può che far piacere, e lasciavano la curiosità circa gli altri personaggi presenti nella scatola (sei in tutto).
Probabilmente non una rivoluzione, ma qualcosa che può far piacere a molti amanti del genere.
Celestia (editore: Ghenos)
Impressioni di gioco di: Marco Signore
Genere: Gioco da tavolo
Aspettative iniziali: 3 di 5 (non conoscevo il gioco)
Magnetismo del tavolo: 5 di 5 (la versione dimostrativa è bellissima, ma anche quella “normale” non è male)
Rapidità di comprensione: 4 di 5 (semplice e ben spiegato dal dimostratore)
All'atto pratico: 4 di 5 (intrigante e non troppo lungo)
Retrogusto: 4 di 5 (un bel gioco che potrebbe piacere a diversi target)
In Celestia ci caliamo nei panni di esploratori su una nave volante che affronta pericoli e pirati per raggiungere varie città in cui i giocatori potranno cercare tesori. La particolarità del gioco sta nel fatto che il capitano cambia ad ogni turno e sarà sua responsabilità affrontare i pericoli che si presenteranno durante il volo, mentre gli altri giocatori decideranno se affidarsi alle carte (in senso letterale e figurato) del comandante, o scendere alla prima città disponibile ed accontentarsi di tesori meno preziosi ma più sicuri. Si tratta, in breve, di un push-your-luck in cui però entra in gioco anche la capacità di convincere gli altri e l’intuito (oltre al fidarsi o meno di chi pilota la nave). Celestia è un gioco divertente, con bei materiali (la nave tridimensionale da costruire ad incastro è davvero bella), e giocabile in più o meno mezz’ora, quindi sembra anche adatto come “filler” tra un gioco ed un altro, e almeno nella dimostrazione qui in fiera, il downtime è stato praticamente inesistente. Un’altra bella sorpresa qui a Play 2016.
Diktat (editore: Dreamlord Press)
Impressioni di gioco di: Eugenio Lauro
Genere: Gioco di comitato
Aspettative iniziali: 2 di 5 (Poche le informazioni preliminari trapelate su questo gioco)
Magnetismo del tavolo: 4 di 5 (l’impatto è molto buono, i materiali comprensibili e bene illustrati)
Rapidità di comprensione: 5 di 5 (Il gioco è molto semplice e di rapido assorbimento)
All'atto pratico: 5 di 5 (Divertente e coinvolgente nella sua immediatezza)
Retrogusto: 4 di 5 (alcuni dettagli da affinare, ma già penso all’acquisto della versione definitiva)
Diktat è la prima evasione dal mondo del GDR, tipico dell’editore Bolognese, che ha colto l’occasione di PLAY per testare questa prima versione ancora in fase prototipale ma perfettamente giocabile.
Un gioco di comitato per 6-14 giocatori che vede contrapposti due partiti politici in una ipotetico paese est-europeo sulla soglia della rivoluzione civile ed in piena crisi economica. Ogni squadra rappresenta un partito politico che deve risolvere alcuni problemi ottenendo il consenso della parte avversa e spesso, cosa interessante, dei sui stessi membri interni. Il gioco offre di volta in volta una serie di problemi socio-politici come ad esempio energia e ambientalismo, terrorismo e ordine pubblico, rapporti con l’estero e bilancia commerciale (quelli che sono capitati nella nostra partita) a cui i due partiti devono trovare una soluzione attraverso la discussione interna ed esterna, disciplinata da specifiche regole. Quando un giocatore, che ha delle sue linee guida da seguire in base al tipo di parlamentare selezionato, decide di presentare una proposta, si alza in piedi e la espone. A questo punto la proposta viene votata dagli altri giocatori e se passa, fa guadagnare punti al proprio partito altrimenti il fallimento della risoluzione aumenta lo stato di agitazione della popolazione. Verosimilmente, il gioco può terminare con una dittature (vittoria schiacciante di un partito), la guerra civile (agitazione popolare al massimo) o il compromesso (nessun partito emergente ma popolo tenuto a bada). La partita che abbiamo giocato si è rivelata subito coinvolgente, i temi proposti sono attuali e spingono sempre alla discussione, tanto che le regole che disciplinano la discussione faticano un po’ ad essere rispettate ma senza diventare mai un problema (eravamo in 6, in 14 l’effetto potrebbe amplificarsi). Avrei preferito l’alimentazione dei contrasti con una più netta differenziazione delle linee guida assegnate ad ogni giocatore ma il gioco è ancora in sviluppo e sono confidente che gli autori faranno tesoro dei vari feedback ricevuti al festival. Da non sottovalutare infine, come i temi trattati, di grande attualità nonostante l’ambientazione fittizia, facciano emergere lati non scontati della personalità dei giocatori quando si ha a che vedere con la res publica, scoprirsi dittatori è più facile di quello che sembra.
Dottor Eureka (editore: Oliphante)
Impressioni di gioco di: Ivano Franzini
Genere: Gioco da tavolo
Aspettative iniziali: 4 di 5 (avevo sentito solo commenti entusiasti)
Magnetismo del tavolo: 5 di 5 (un trionfo di colori e oggetti originali)
Rapidità di comprensione: 5 di 5 (60 secondi di spiegazione)
All'atto pratico: 5 di 5 (divertimento dal primo attimo)
Retrogusto: 5 di 5 (acquistato subito)
Dopo averlo visto a Essen per la prima volta, ero seriamente intenzionato a non lasciarmelo sfuggire e passeggiando nei corridoi di una Play ancora non nel pieno delle attività, non ho saputo resistere al richiamo del tavolo appena imbandito dal gioco nella sua versione speciale gigante, allestita per l’occasione. Provette di plastica trasparente con palline colorate dentro, da sistemare prima di tutti nel preciso ordine indicato da una carta, anche questa presa da un mazzo centrale super colorato. Fin qui non sembrerebbe nulla di speciale, ma si da il caso che le palline non si possano toccare con le mani, ma solo travasare tra i contenitori e inoltre bisogna prestare attenzione a non farle cadere, pena (in entrambi i casi) l’eliminazione dal round in corso. Chi prima riesce a raggiungere la combinazione raffigurata, gridando “Eureka!”, si accaparra la carta dando inizio al round successivo che parte nel momento in cui si volta la seguente carta presa dal mazzo. Il primo che raggiunge i 5 punti (ovvero raccoglie 5 carte) è il vincitore.
Devo dire che il gioco praticamente si “spiega da sé” e, nella sua estrema intuitività, riesce a donare attimi di pieno divertimento, ma con quel pizzico di intelligenza da poterlo proporre praticamente a chiunque, dal bimbo oppure il novizio del boardgame, fino al giocatore più navigato alla ricerca di un po’ di leggerezza, senza però scadere nella banalità.
Orléans (editore: Cranio Creations)
Impressioni di gioco di: Enrico Procacci
Aspettative iniziali: 4 di 5 (nella classifica da noi gestita è stato da subito su posizioni altissime)
Magnetismo del tavolo: 2 di 5 (non una grandissima personalità)
Rapidità di comprensione: 4 di 5 (il regolamento è piuttosto semplice, se non pretendi di imparare subito a memoria tutti gli edifici)
All'atto pratico: 4 di 5 (il sistema di “lavoratori-building” è piuttosto interessante)
Retrogusto: 3 di 5 (lo vorrei riprovare)
Avvicinare i tavoli di Orléans era tutto tranne che facile: alla fine abbiamo dovuto coglierlo di sorpresa, aggredendolo a fiera appena iniziata.
In cinque minuti eravamo pronti ad inserire i primi lavoratori nel nostro sacchetto: stavolta gli stessi sono in più varianti (ben sei), e le azioni da fare si ottengono spendendoli in determinate combinazioni. Inoltre, quasi ogni azione fa inserire nel proprio sacchetto un corrispondente lavoratore, andando a costruire la propria “riserva” da cui ad ogni turno si pesca. C’è anche, ovviamente, la possibilità di eliminare lavoratori ormai indesiderati dalla propria mano; la cosa non avviene con l’applicazione di violenza, bensì destinando il lavoratore ad una carriera politica da cui non v’è più uscita.
Pesca e spendi, prendi e dai, attiva eventi casuali e viaggia per la mappa: il tutto si è ripetuto per una durata di circa due ore. E’ qui che l’entusiasmo iniziale si è un po’ raffreddato: i turni sono sembrati eccessivi, rendendo il tutto un po’ ripetitivo. La classica interazione indiretta non è altissima ma è presente, mentre invece manca un modo per chi è indietro di recuperare: le problematiche di una simile situazione sono state “cortesemente” esemplificate da uno dei miei compagni di gioco, che ormai tagliato fuori dalla vittoria dedicava la propria attenzione a tutt’altro.
Al di là della perfettibile compagnia, qualche dubbio sul gioco è rimasto. Una seconda partita sarà presto d’obbligo.
Potete dare un’occhiata più nel dettaglio ai componenti di gioco visionando le foto nella nostra galleria fotografica di PLAY o cliccando sul nome dell’editore per accedere all’album dedicato.