Lo Spiel 2018 di Essen è in pieno svolgimento, e come avrete notato anche dagli aggiornamenti che stiamo condividendo sui nostri canali social, possiamo vantare una spedizione gioconomica che si aggira tra i tavoli della fiera teutonica, intenta a provare e fotografare le novità più interessanti.
Cominciamo quindi a pubblicare le nostre immancabili Impressioni di Gioco, il tradizionale format che ormai conoscete benissimo, con cui vi raccontiamo i nostri “primi approcci” alle novità della fiera.
Le scelte dei giochi che stiamo testando quest’anno sono particolarmente ricercate: vista la scarsissima distanza temporale tra lo Spiel e Lucca Comics & Games, preferiamo concentrarci sui quei giochi che, con meno probabilità, avremo modo di provare in versione italiana la settimana prossima nella cittadina toscana.
Cominciamo quindi a parlare di:
– Air Flix
– Assassin's Creed: Brotherhood of Venice
– Dragoon
– Edge of Humanity
– Way of the Fighter
Il format delle Impressioni di Gioco lo conoscete a menadito, ma sempre meglio ribadire quelli che sono i 5 attributi che abbiamo identificato modellizzando le fasi dell’esperienza di chi prova un gioco per la prima volta in una fiera: Aspettative iniziali(cosa so del gioco e con quali speranze l’ho approcciato), Magnetismo del tavolo(quanto sono stato attratto dal suo allestimento sul tavolo), Rapidità di comprensione(quanto è stato semplice entrare nel gioco attraverso la spiegazione del dimostratore), All'atto pratico (come si è rivelata la reale esperienza di gioco), Retrogusto (ovvero, lo compro o non lo compro?).
Ciascun attributo lavora su una scala che va da 1 (poco) a 5 (moltissimo).
Ma ricordate: queste sono solo “impressioni a caldo”! Molti dei titoli qui descritti saranno successivamente trattati con anteprime e recensioni, dove il nostro parere originerà da analisi ben più complete e articolate.
Air Flix (editore: Dice Sports)
Impressioni di gioco di: Marco Signore
Aspettative iniziali: 1 di 5 (neppure lo conoscevo)
Magnetismo del tavolo: 3 di 5 (mappa esagonata ma i dischi con gli aerei colorati contano)
Rapidità di comprensione: 4 di 5 (regole semplici, anche se non dimostrato al top)
All'atto pratico: 3 di 5 (gioco misto di destrezza e combattimento)
Retrogusto: 3 di 5 (ammetto di essere tentato, ma per ora non è in vendita)
Quasi per caso, in un angolo di un padiglione, ho trovato questo Air Flix: una mappa a grandi esagoni, poche carte al lato, ciascuna corredata di un indicatore a ruota, e dischetti di plastica trasparente, ciascuno dei quali porta in rilievo un caccia della Battaglia d’Inghilterra (Bf109, Spitfire, e un Heinkel 111). Incuriosito, ho deciso di provare, e in pochi secondi ero al comando di tre Spit pronti a intercettare una pattuglia di Bf109 in volo sulla Manica. Spostare i caccia in punta di dito non è semplice, e gli errori di "schicchera" in questo gioco si pagano con danni all’aereo (devi spostarti di almeno due esagoni, o l’aereo subisce danni), ma permette anche di fare manovre spettacolari degne quasi degli scout della prima guerra mondiale. Posizionare i velivoli è fondamentale, perché poi si può aprire il fuoco tirando dadi speciali. Il gioco è risultato estremamente semplice da capire (anche se alcune regole fondamentali, come quella dei due esagoni, non mi sono state spiegate se non dopo aver commesso errori), ma può dare luogo a diverse strategie, essendo il movimento dipendente dall’abilità del giocatore. Però questo è anche il limite, a mio avviso, di Air Flix: giocato tra persone di abilità differente, si può trasformare facilmente in un massacro, come è accaduto a me contro il dimostratore, decisamente più bravo a schiccherare (spero non sia un neologismo). Gli aerei a rilievo sono belli, come anche la mappa, ed è prevista pure la missione di bombardamento per i tedeschi, ma il gioco ha terminato con successo la sua campagna su Kickstarter a giugno, passando inosservato sul mio radar, quindi anche se il titolo tutto sommato mi interessa, non ho avuto la possibilità di reperirlo; peccato perché probabilmente è un buon modo per introdurre giocatori più giovani ai wargame, e poi l’ambientazione resta tra le mie preferite in assoluto.
Assassin's Creed: Brotherhood of Venice(editore: Triton Noir)
Impressioni di gioco di: Marco Signore
Aspettative iniziali: 2 di 5 (non sono un fan della serie videoludica)
Magnetismo del tavolo: 3di 5 (belle miniature, ma si tratta di un prototipo)
Rapidità di comprensione: 4di 5 (mi ha aiutato conoscere V-Commandos)
All'atto pratico: 4di 5 (un gioco cooperativo piacevole e interessante)
Retrogusto: 4di 5 (potrei vacillare nella mia decisione di evitare Kickstarter)
Non sono certo un fanboydi Assassins Creed, avendo giocato il primo titolo (dal quale non ho ricavato grande divertimento) e solo di recente qualche ora al capitolo Origins, per cui mi sono seduto al tavolo di questo Assassin's Creed: Brotherhood of Venice, che andrà su Kickstarter il 13 novembre, senza particolari aspettative, e invece mi sono ritrovato a giocare un cooperativo divertente; va specificato subito che questo gioco prende moltissimo dal suo predecessore della stessa casa editrice, V-Commandos, ed avendo giocato spesso quest'ultimo, mi sono trovato avvantaggiato nel comprendere le meccaniche di questo derivato di casa Triton Noir. Mi è capitato peraltro un personaggio abbastanza interessante da giocare, dato che ogni assassino tra quelli disponibili in gioco ha una caratteristica peculiare (il mio poteva fornire azioni bonus agli altri). Nel boardgame ritroviamo molti aspetti del videogioco, inclusa la sincronizzazione (importante perché scopre carte speciali contenute in buste diverse per ogni missione) e il Salto della Fede. Il team di assassini deve conquistare obiettivi, come in V-Commandos, e fuggire dall’area; restare invisibili è importantissimo, e si possono pure nascondere i corpi delle guardie che abbiamo eliminato. Completare gli obiettivi permette di ricevere bonus a missione conclusa: ne basta uno per vincere (a patto che gli assassini riescano a uscire dall’area), ma ogni traguardo aggiuntivo fornisce ricompense diverse. È anche possibile attirare le guardie in altre aree, o colpire a distanza con i pugnali da lancio, e durante la partita si possono acquisire equipaggiamenti nuovi; il gioco è, infine, strutturato con una campagna, per cui è anche importante far sopravvivere i personaggi del nostro team, perché acquisiscono abilità e aumentano di livello. Avendo apprezzato V-Commandos, mi sono trovato a mio agio a giocare Assassins Creed, e ammetto che non mi sarà facile resistere alla partenza della campagna, anche contro la mia avversità a Kickstarter, perché si tratta di un titolo divertente e giocabile anche in solitario, che si apre a molte possibilità tattiche: una sorta di evoluzione di V-Commandos, insomma, con ambientazione diversa, regole migliorate, e naturalmente le immancabili miniature (molto curate). Davvero difficile resistere, quindi…
Dragoon (editore: Lay Waste Games)
Impressioni di gioco di: Francesco "Il Folletto" Biglia
Aspettative iniziali: 2 di 5 (Intravisto a Gencon, mi puzzava già di fesseria)
Magnetismo del tavolo: 5 di 5 (mappa di tela, draghi e tesori di metallo, come dire di no…)
Rapidità di comprensione: 4 di 5 (spiegato in un minuto e siamo entrati subito in partita)
All’atto pratico: 3 di 5 (meno peggio di quello che pensavo, e visivamente stupendo)
Retrogusto: 3 di 5 (sentissi la necessità di qualcosa di veramente vistoso lo comprerei di sicuro)
Siamo nel padiglione 1, a due passi da Asmodée, lo stand è quello di Ludocreations, che ospita alcuni dei più grossi Kickstarter indipendenti dell'ultimo anno: Fireball Island, i giochi minimali della serie di Tokyo Metro di Jordan Draper, e questo apparescentissimo Dragoon. Troppo vistoso per negargli una partita di prova. Una simpatica ragazza americana ci snocciola le poche regole ad una velocità fotonica e subito ci gettiamo nel gioco: ognuno di noi controlla un drago che deve vagare per la mappa a sottomettere o incenerire i villaggi che trova sul suo cammino, giocando carte dall'effetto molto scenico ma forse non troppo bilanciate (almeno alla prima impressione).
Ma non è la bontà del sistema di regole a farla da padrona, bensì la componentistica assolutamente folle: nella versione "Deluxe"che abbiamo provato, draghi, tesori, dadi e castelli sono di metallo, la mappa di stoffa ed il resto in cartone spesso e resistente. Nella versione "Standard"il metallo è stato sostituito da un materiale plastico che comunque fa invidia alle migliori produzioni della fiera.
Lo comprerò? Non sento lo stimolo di rigiocarlo, se non per provarlo in 4 e vedere quanto caotico può diventare, ma la tentazione è veramente forte, e solo il prezzo mi sta trattenendo. Contribuisce ad alimentare la mia incertezza il fatto che nello stesso stand, a pochi cm di distanza, viene venduto un piccolo gioellino giapponese (Tokyo Washi) altrettanto attraente ma estremamente più abbordabile.
Edge of Humanity(editore: Golden Egg Games)
Impressioni di gioco di: Marco Signore
Aspettative iniziali: 4 di 5 (adoro l’ambientazione post-apocalittica)
Magnetismo del tavolo: 3di 5 (gioco di sole carte, ma con buone illustrazioni)
Rapidità di comprensione: 2di 5 (ci è stato spiegato male e con molte lunghissime pause)
All'atto pratico: 3di 5 (un deckbuilder con un discreto tema)
Retrogusto: 2di 5 (probabilmente a causa del dimostratore assente, ma non mi ha colpito molto)
Adoro i giochi post-apocalittici, e l’idea di fondo di Edge of Humanity è in effetti bella: si tratta di un deckbuilder in cui si deve ricostruire una parvenza di comunità dopo la caduta dell’umanità; ogni partita però ha una premessa differente, perché nel gioco sono inclusi diversi scenari che iniziano sempre con la fine della civiltà come la conosciamo, ma ogni causa si porta appresso eventi speciali che influenzano il gioco in maniera diversa. Abbiamo un mazzo di carte iniziali, con le quali possiamo acquistare altre carte che ci servono per costruire il nostro nuovo avamposto, e magari possiamo anche convincere i sopravvissuti a stare con noi; le meccaniche base del gioco sono abbastanza lineari, ma il dimostratore ce l’ha spiegato davvero male, e soprattutto è stato assente per molto tempo durante la partita, quindi alcuni aspetti delle regole ci sono sfuggiti. In generale, le idee sembrano anche buone, ma la realizzazione non mi ha particolarmente impressionato, e l’aggiunta di alcuni particolari come i punti ferita (se moriamo perdiamo un turno), la presenza degli eventi diversi a seconda dello scenario, e la possibilità di reclutare i sopravvissuti solo in alcune circostanze, non sono bastati a rendere per me appetibile il gioco. Insomma, ho provato più qualcosa simile a un’occasione perduta che a un bel gioco, ma come ho già detto, è possibile che il problema sia dovuto alla pessima spiegazione più che alle regole e all’implementazione in sé del titolo. Da riprovare, forse, ma di certo non mi ha spinto all’acquisto.
Way of the Fighter(editore: Ninja Division)
Impressioni di gioco di: Marco Signore
Aspettative iniziali: 3 di 5 (sospetto sempre dei giochi che simulano i picchiaduro)
Magnetismo del tavolo: 3 di 5 (bello dal punto di vista grafico, ma non particolarmente visibile)
Rapidità di comprensione: 3 di 5 (qualche problema di comunicazione, poi il gioco è filato liscio)
All'atto pratico: 3 di 5 (forse un po’ lungo, ma può dipendere dal fatto che era la prima partita)
Retrogusto: 3 di 5 (divertente, ma non mi ha convinto particolarmente)
Essendo amante dei videogiochi, non disdegno mai una partita a qualche “picchiaduro”, ma il carattere di rapidità e contemporaneità delle azioni rendono questo genere videoludico non semplice da simulare nei giochi da tavolo; pertanto quando ho adocchiato questo Way of the Fighter, che peraltro viene venduto in due diverse scatole, ciascuna con personaggi differenti (ed è possibile acquistare espansioni con nuovi combattenti), ho esitato un momento. Il gioco si presentava comunque piacevole, con tanti dadi di piccole dimensioni, standup dei guerrieri in cartoncino, e una plancia non particolarmente grande su cui i nostri due combattenti si sposteranno, solo in avanti o dietro. In ciascun turno bisogna gestire la risorsa dadi, che si usano per tentare di portare a segno le azioni, e decidere il comportamento del nostro alter ego, che può accovacciarsi, saltare o restare in piedi, come nei classici beat’em up. In termini di gioco, posso compiere una sola azione (stance, attacco o difesa) in un turno, e ciascuna di esse ha un valore di iniziativa; capiterà, pertanto, che un lottatore non porterà a termine un attacco perché l’avversario è più veloce. Questo sistema di gestione del tempo, che dovrebbe giustamente simulare la rapidità del videogioco, mi è sembrato anche il punto debole di Way of the Fighter: ho vinto la mia partita solo negli ultimi turni di gioco, riuscendo a portare a segno appena tre dei miei attacchi (in 9 turni) perché il personaggio del mio avversario era costantemente più veloce di me. L’altro punto debole per me è che si tratta di un titolo per due giocatori, quindi non sempre facile da portare sul tavolo in un gruppo che conta quasi costantemente 3 o 4 persone. Probabilmente Way of the Fighter meriterebbe di essere rigiocato, ma non mi ha particolarmente convinto, per cui ho desistito dall’acquisto: resto ancora della mia idea che simulare un picchiaduro su un tavolo da gioco non è una cosa facile.