Lo Spiel 2019 è iniziato, la rete trabocca di foto, annunci e gioia condivisa per gli agognati acquisiti. Non mancano anche le delusioni però: non sono pochi i giochi che, contrariamente alle aspettative, hanno mancato la consegna nella fiera. Il nostro inviato a Essen, Daniele, si sta dando da fare tra i tavoli, sfruttando queste prime giornate ancora abbastanza vivibili tra i padiglioni. Diamo dunque il via alle nostra consueta rubrica delle Impressioni di Gioco, il format con cui vi raccontiamo, ormai da parecchi anni, le nostre prime esperienze ai tavoli. Apriamo le danze con:
– Bruxelles 1897
– Florenza Dice Game
– Humbolt’s Great Voyage
– Marco Polo II
– Terramara
Il format delle Impressioni di Gioco è quello di sempre, ma non fa male ricordarvi quelli che sono i 5 attributi che abbiamo identificato modellizzando le fasi dell’esperienza di chi prova un gioco per la prima volta in una fiera: Aspettative iniziali(cosa so del gioco e con quali speranze l’ho approcciato), Magnetismo del tavolo(quanto sono stato attratto dal suo allestimento sul tavolo), Rapidità di comprensione (quanto è stato semplice entrare nel gioco attraverso la spiegazione del dimostratore), All'atto pratico (come si è rivelata la reale esperienza di gioco), Retrogusto (ovvero, lo compro o non lo compro?).
Ciascun attributo lavora su una scala che va da 1 (poco) a 5 (moltissimo).
Ma ricordate: queste sono solo “impressioni a caldo”!
Molti dei titoli qui descritti saranno successivamente trattati con anteprime e recensioni, dove il nostro parere originerà da analisi ben più complete e articolate.
BRUXELLES 1897 (editore: Geek Attitude Games)
Impressioni di gioco di: Daniele Silvi
Aspettative iniziali: 4 di 5 (Bruxelles 1893 è un gioco pulito e scorrevole, del 2013)
Magnetismo del tavolo: 2 di 5 (Un gioco di carte dalla grafica scarna, appoggiato su una playmat ancora più scarna)
Rapidità di comprensione: 3 di 5 (Astratto con poco collegamento tra azioni e ciò che le carte vorrebbero rappresentare)
All’atto pratico: 3 di 5 (Mi è sembrato arido)
Retrogusto: 2 di 5 (Non si capisce bene cosa si è fatto nel giocare le carte, tranne raccogliere punti)
Questo gioco mi ha deluso già dalla prima occhiata: una scatolina piccola, contenente un mazzo di carte e una piccola plancia di gioco con una serie di pedine di legno nel colore dei diversi giocatori (2-4). La grafica delle carte è minimalista e rischia di non incontrare il gusto di molti. Il gioco consiste nel giocare su una griglia di carte 4×4 (composta da edifici, materie, personaggi e denaro) le proprie carte influenza (che hanno valori non meglio precisati che vanno dall’1 al 5) per acquisire appunto quelle sopra elencate, sostituendovele. Nel fare questo si creano una serie di maggioranze sulle colonne e in settori che accoppiano le carte in gruppi di quattro. Il tutto finalizzato a fare punti su tre principali indicatori di influenza del singolo giocatore, che poi sono moltiplicatori di punti. Nel complesso la mia esperienza al tavolo si è rivelata arida, meccanica e per niente motivata: il piazzare carte per prenderne altre non faceva trapelare la benchè minima ambientazione e non creava nessun effetto di consequenzialità. Il basso costo basterebbe a perdonare molti difetti (20€) ma la playmat (altri 30€, opzionali) è davvero inutile. Fare un gioco di carte dalle dimensioni (e anche dalle pretese) modeste, per poi trasformarlo in un gioco di “tabellone” dall’ingombro sovradimensionato, ad un prezzo altrettanto sovradimensionato, è – secondo me – una scelta discutibile.
FLORENZA DICE GAME (editore: Placentia Games)
Impressioni di gioco di: Daniele Silvi
Aspettative iniziali: 3 di 5 (Buone speranze dopo la delusione del card game)
Magnetismo del tavolo: 3 di 5 (E’ un roll&write, niente di più, niente di meno)
Rapidità di comprensione: 3 di 5 (E’ un roll&write col regolamento di un gioco di tabellone complesso)
All’atto pratico: 3 di 5 (Ha bisogno di qualche partita di rodaggio. Non immediato)
Retrogusto: 2 di 5 (Rimane un’esperienza completa, come nel gioco di tabellone da cui trae origine. Ma forse troppo completa)
Dopo la personale delusione (ma sono gusti) derivante dal card game, mi aspettavo finalmente una riduzione e semplificazione di FLORENZA. Non è così, poichè questo dice game ripropone quasi interamente il gioco da tavolo originale, senza rinunciare praticamente a nessun aspetto di quello. Da un certo punto di vista potremmo considerarlo un merito: sono riusciti a conservare interamente FLORENZA, in una scatolina contenente 6 dadi colorati e un blocchetto. D’altro canto potremmo invece considerarlo un demerito, se da un Roll&Write ci aspettiamo una effettiva riduzione, semplificazione e snellimento in funzione della brevità delle partite e della più compatta esperienza di gioco. Qui si ha l’impressione (come pure era stato con il card game) di giocare ancora a FLORENZA nella sua completezza. La gestione degli edifici, del capitano del popolo, del vescovo, degli artisti anonimi e famosi, ecc… affollano un gioco che non ha a mio parare bisogno di tutti questi elementi. Un po’ meno di tutto avrebbe garantito ugualmente il gusto di FLORENZA, togliendo quegli arzigogoli che non ci si aspettano da un gioco di questo segmento.
HUMBOLT’S GREAT VOYAGE (editore: HUCK)
Impressioni di gioco di: Daniele Silvi
Aspettative iniziali: 3 di 5 (Uno degli autori è Nestore Mangone, coature di Newton)
Magnetismo del tavolo: 4 di 5 (Tabellone colorato e disseminato di Segnalini di legno. Attraente)
Rapidità di comprensione: 4 di 5 (Meccanica semplice ma generante molteplici combinazioni)
All’atto pratico: 2 di 5 (Bisogna calcolare molti abbinamenti ed il rischio di paralisi da analisi è alto)
Retrogusto: 2 di 5 (Si è dimostrato astratto e poco stimolante)
Il gioco simula i viaggi di Von Humbolt attraverso l’America, per collezionare oggetti da inviare a diverse personalità del mondo per ampliare le loro conoscenze del nuovo continente. I giocatori sono queste personalità, che cercheranno (accumulando il maggior numero di conoscenze) di essere ammessi come membri dell’Accademia delle Scienze. Purtroppo questa bella ambientazione (diversamente da un Newton, per dirne uno) traspare ben poco. Il gioco si dipana con la meccanica del mancala, disseminando segnalini colorati, rappresentanti le varie scoperte, coi quali si cerca di creare delle accoppiate nei vari cerchi (a loro volta colorati) presenti sul tabellone. Il risultato è che il giocatore deve necessariamente calcolare una serie di mosse e le rispettive conseguenze, se vuole evitare di agire casualmente o di favorire un avversario più accorto. Alla fine il meccanismo tende a diventare faticoso e si rischia di rinunciare al calcolo in favore della mossa meno dispendiosa pur di acquisire il gettone di cui si ha bisogno in quel momento. L’idea e l’ambientazione sono davvero interessanti, tuttavia a mio parere questo gioco finisce per rivelarsi un po’ troppo ripetitivo…almeno alla prima impressione.
MARCO POLO II (editore: Hans Im Gluk)
Impressioni di gioco di: Daniele Silvi
Aspettative iniziali: 4 di 5 (Il predecessore l’ho adorato, forse temevo una copia ma ero affascinato dall’idea di un prodotto del tutto nuovo)
Magnetismo del tavolo: 3 di 5 (Troppo simile al primo, forse più confuso)
Rapidità di comprensione: 3 di 5 (Per chi conosce il primo è semplicissimo, diversamente va giocato alcune volte. Regolamento ben scritto)
All’atto pratico: 3 di 5 (strategia complessa da impostare dovuta al concatenarsi delle azioni)
Retrogusto: 4 di 5 (Avete il primo? Pensate che vi servirà il secondo?)
Non posso prescindere dal confronto con Marco Polo, cioè il primo titolo di questa miniserie. Del resto già il suo nome è curioso, il fatto che venga aggiunto un “II” al titolo potremmo considerarlo un caso più unico che raro. Si tratta sostanzialmente dello stesso gioco con alcune modifiche alle azioni (che potremmo definire di minor conto per quanto riguarda l’esperienza complessiva di gioco), l’aggiunta di una nuova risorsa (la giada) e la gestione dei contratti. Tutte le azioni sono state concentrate sul viaggio, che prima si poteva considerare come una strategia alternativa. Prescindendo invece dal confronto con Marco Polo, devo dire che si tratta di un eurogame davvero godibile: impegnativo e competitivo al punto giusto e con la presenza di dadi che aggiungono una componente giocosa senza introdurre casualità. Bella la componentistica e buona la rigiocabilità, grazie al posizionamento sempre diverso delle tessere città e delle carte azione sul tabellone. Forse questo reimplement è stato motivato dalla necessità di un bilanciamento?
TERRAMARA (editore: Quined Games)
Impressioni di gioco di: Daniele Silvi
Aspettative iniziali: 5 di 5 (L’ultimo triennio degli autori ha sfornato giochi di alto livello)
Magnetismo del tavolo: 4 di 5 (Grafica di Mentzel e tabellone componibile hanno acceso i desideri del bambino che c’è in me)
Rapidità di comprensione: 3 di 5 (Non semplice da spiegare anche perchè il tabellone si evolve)
All’atto pratico: 4 di 5 (Strategia comprensibile anche se ci sono diverse cose da tenere sotto controllo)
Retrogusto: 4 di 5 (Se piacciono i german impegnativi e competitivi assolutamente da avere)
Le aspettative inizali, dovute al curriculum degli autori, non sono state affatto disattese. Il gioco è quello che mi aspettavo: piazzamento lavoratori, selezione azioni, gestione risorse. La grafica è accattivante e si riconosce subito la mano di Mentzel (anche se qualcuno potrebbe pensare che sono tutti uguali, ma se piace…), inoltre una caratteristica del tabellone è che esso è componibile con una serie di “strisce” che contengono le azioni dei livelli in cui si divide l’intera partita. La presenza di numerose di queste tra cui scegliere al momento del Setup, e altri elementi parimenti variabili, lo rendono estremamente vario e rigiocabile, con la prospettiva di strategie sempre nuove. Inoltre la possibilità che alcune delle risorse siano estremamente rare a causa di questo setup variabile, costringe il giocatore a rivedere continuamente le sue passate esperienze di gioco e a reimpostare ogni volta l’approccio al gioco stesso. Titolo da avere senza ripensamenti. Probabilmente in arrivo anche una localizzazione, sebbene il gioco sia totalmente indipendente dalla lingua.