Anche questa Lucca Comics & Games è andata, in un’edizione particolarissima che ha visto incrociarsi gli obblighi delle norme anticovid con un’organizzazione diffusa sul territorio del tutto diversa da quella cui siamo abituati. Un’esperienza sicuramente unica (e che speriamo rimanga tale!) che vogliamo provare a raccontarvi semplicemente dal punto di vista di un giocatore visitatore…
L’arrivo lungo il Campo Balilla (l’area prospicente le mura del Baluardo Santa Maria) ci procura il primo shock: possibile che “sotto” il Padiglione Carducci ci sia questa enorme stesa di prato verde? Possibile che i tre tronchi che normalmente ci troviamo sempre tra i piedi mentre corriamo verso la Sala Ingellis o l’ingresso posteriore del padiglione, siano tre altissimi e maestosi pini? Sembra incredibile, ma è così.
E questa è solo la prima delle “stranezze” che Lucca ci ha riservato in questo festival distribuito tra edifici pubblici e padiglioni sparsi un po’ in tutta la città.
Il cuore pulsante dell’area Games era rappresentato dalla ex Cavallerizza (edificio storico presso la Porta San Donato) la cui superfice disponibile è stata ampliata erigendo un padiglione accanto, il padiglione San Donato, dello stesso tipo del Carducci ma molto più piccolo. In queste due strutture si è dislocata la maggior parte degli espositori, in stand organizzati per lasciare delle vie di passaggio decisamente più ampie del solito, che hanno reso il movimento al loro interno assai agevole.
Movimento che si è sostanzialmente rivelato simile a quello dei cavalli che originariamente giravano per le esercitazioni nella primeva funzione di maneggio della Cavallerizza Ducale!
Nell’edificio si girava in circolo per gli stand che erano praticamente privi di qualsiasi spazio dimostrativo, svolgendo quindi esclusiva funzione di vendita, mentre nel capannone adiacente gli editori, che avevano potuto acquisire superfici più ampie e con esse la possibilità di offrire punti demo, si erano organizzati in vari modi. C’era chi i propri punti demo li aveva creati a guisa di tavolini rialzati, dove la presentazione del gioco si svolgeva in piedi garantendo un rapido avvicendamento degli astanti e permettendo la dimostrazione di un maggior numero di giochi. Mentre c’erano stand dove era invece possibile sedersi e addirittura prenotarsi per un turno che in alcuni casi poteva durare anche una sessantina di minuti, se le esperienze di gioco richiedevano maggiore profondità di tempo.
L’accesso a tutta quest’area è stato spesso caratterizzato da file assai lunghe, ma che talvolta procedevano con notevole celerità, se si considera che al primo ingresso era (giustamente) necessario superare il controllo del green pass e del possesso del titolo di ingresso.
I primi tre giorni sono stati graziati da Giove Pluvio, che invece si è presentato (poteva mancare?) il quarto giorno mandando in crisi la capienza delle due strutture, utilizzate come riparo dalla maggior parte dei visitatori. La situazione è diventata anche più incresciosa se si considera che la pavimentazione della Cavallerizza, realizzata con un bel piastrellato lucido, è divenuta immediatamente scivolosa costringendo l’organizzazione a cercare di porre rimedio con tappeti di fortuna posti all’ingresso, in scarsi tentativi di raccogliere un po’ dell’acqua piovana ormai già penetrata all’interno.
Per contro l’Area Demo dei giochi, nella vicina Casermetta San Donato, con i suoi tavoli organizzati per benino da vari editori e corredati con opportuni “spiegatori” a disposizione del pubblico risultava negletta e poco considerata; probabilmente perché la sua funzione risultava scarsamente comprensibile e la distanza, seppur minima dalla Cavallerizza, ne riduceva di molto la sinergia con gli stand.
Il vero male di questa Lucca è stato proprio questo, la distanza. Una disarticolazione degli spazi purtroppo necessaria ma che non è stata corredata da alcun sistema di rimandi e di collegamenti tra quegli edifici che potevano rappresentare specifici punti di interesse per definiti profili di utenti.
È quello che abbiamo potuto provare in qualità di giocatori visitatori: l’assenza di percorsi studiati e forniti per invogliare il pubblico a seguire una “passeggiata” per la città che fosse funzionale ai propri scopi.
Ciò ha finito per far stazionare molti nelle zone ritenute più interessanti, senza stimolarli a raggiungere luoghi, spesso anche assai distanti in verità, dove si sarebbe potuto ampliare la propria visione dell’offerta ludica e culturale del festival. E così, per esempio, la Chiesa dei Servi, con la bella mostra dei 20 anni di CMON e la tradizionale Miniature Island era lontana tanto dalla Cavallerizza quanto dal Real Collegio, dove insieme al bazar dei tipici stand che in gran parte normalmente popolano le Mura (questa volta completamente vuote) si potevano trovare realtà di sicuro interesse come il Game Science Research Center, il punto di vendita dei giochi usati e soprattutto la ludoteca gestita dalla Associazioni ludiche. Qualcosa era presente anche al Padiglione San Martino (i sontuosi giochi di Hun In The Sun) mentre la Sala Ingellis, ovvero l’ambiente storicamente dedicato agli incontri e alle conferenze, ospitata in un hotel su via San Paolino, veniva indicata solo da un pannello col nome della sala ma privo di qualsiasi indicazione del programma incontri predisposto per i quattro giorni (come invece accade sempre all’esterno del padiglione della Sala Ingellis quando eretto sul Campo Balilla).
Insomma, come visitatore è stato necessario camminare molto, e a passo anche sostenuto, per cercare di vedere qualcosa, ma la motivazione a tornare nei luoghi lontani si è rivelata molto bassa! Di contro, complice anche il contingentamento degli ingressi, il giocatore più motivato e organizzato che riusciva a giungere all’agognata meta, non trovava mai ambienti eccessivamente affollati (come poteva capitare nelle ore di punta del Carducci) e sicuramente, quale che fosse la sua destinazione, se la sarà sicuramente goduta anche se al costo di non poca fatica.
Si è trattato di un anno indubbiamente particolare, di una condizione che ha costretto a fare delle scelte difficili, gestite in modo poco funzionale e che speriamo non si debbano mai più adottare.
Ma un punto a favore di tutto ciò lo abbiamo riscontrato: siamo riusciti a vedere Lucca in tutta la sua bellezza, scoprendo scorci e angoli che durante la tradizionale kermesse spariscono sopraffatti dai suoni, i colori e l’agitazione del brulichio delle “normali” edizioni di Lucca Comics&Games.