Questa edizione 2022 di Play ce la ricorderemo per un sacco di motivi. Si, sicuramente per il caldo anomalo, che ha reso le nostre prove ai tavoli particolarmente impegnative, ma anche e soprattutto perché è tornata a regalarci tantissime opportunità per provare giochi nuovi o addirittura di prossima uscita in anteprima assoluta.
Apriamo quindi le danze dei nostri racconti ai tavoli con la formula che tanto apprezzate quando vi raccontiamo i nostri primi incontri con le novità in fiera. Ecco a voi le nostre impressioni di gioco di
– Bitoku
– Evergreen
– One Small Step
– Shards of Infinity
– Temple of Horrors
Il format delle Impressioni di Gioco lo conoscete a menadito, ma preferiamo semore ribadire quelli che sono i 5 attributi che abbiamo identificato modellizzando le fasi dell’esperienza di chi prova un gioco per la prima volta in una fiera: Aspettative iniziali (cosa so del gioco e con quali speranze l’ho approcciato), Magnetismo del tavolo (quanto sono stato attratto dal suo allestimento sul tavolo), Rapidità di comprensione (quanto è stato semplice entrare nel gioco attraverso la spiegazione del dimostratore), All'atto pratico (come si è rivelata la reale esperienza di gioco), Retrogusto (ovvero, lo compro o non lo compro?).
Ciascun attributo lavora su una scala che va da 1 (poco) a 5 (moltissimo).
Ma ricordate: queste sono solo “impressioni a caldo”!
Molti dei titoli qui descritti saranno successivamente trattati con anteprime e recensioni, dove il nostro parere originerà da analisi ben più complete e articolate.
Bitoku(editore: Devir Italia)
Impressioni di gioco di: Enrico Procacci
Aspettative iniziali: 4 di 5 (ne avevo sentito parlar bene, anche se talvolta con timore)
Magnetismo del tavolo: 4 di 5 (bei colori su tutto il tavolo, ma anche una sensazione di confusione)
Rapidità di comprensione: 3 di 5 (la spiegazione è lunga…)
All'atto pratico: 4 di 5 (eppure, una volta ingranati, il turno diventa fluido)
Retrogusto: 4 di 5 (un buon gioco, ma non per chi soffre di paralisi da analisi)
I fantasmi delle passate Play mi hanno insegnato una cosa: le prove dei giochi più corposi vanno fatte quando si è ancora in condizioni mentali ottimali. Per questo motivo, come primo tavolo a cui sedermi ho scelto proprio il complesso Bitoku. Innanzitutto un plauso per chi spiegava, perché è riuscito a far funzionare il difficile approccio “vi spiego le regole mentre giocate”. Bitoku infatti abbonda di dettagli e opzioni: tra percorsi diversi (con regole di movimento proprie), dadi giocabili (direttamente o meno) in nove posizioni, diverse risorse e tanti modi di fare punti il rischio di essere spaesati è dietro l’angolo. Abbiamo notato con sorpresa, quindi, quanto i turni si siano invece rivelati ben più veloci delle aspettative. E’ vero che nel gruppo nessuno aveva intenzione di rallentare la demo con la ricerca a tutti i costi della mossa ottimale, temo che in una partita reale si possa andare facilmente oltre le due ore di scatola. La grafica e il tema sono piacevoli, ma l’ergonomia non è perfetta: alcune delle numerose icone sono davvero piccole e più di una volta ho avuto qualche difficoltà a vederle al tavolo.
La copia che abbiamo provato in fiera non era ancora quella ufficialmente localizzata in italiano, che verrà invece distribuita a partire dal prossimo settembre. I componenti comunque sono risultati indipendenti dalla lingua.
Evergreen(editore: Horrible Guild)
Impressioni di gioco di: Marco Signore
Aspettative iniziali: 3 di 5 (Mi incuriosiva il tema, ma non ne sapevo altro)
Magnetismo del tavolo: 4 di 5 (già a metà partita le plance sono molto belle da vedere)
Rapidità di comprensione: 4 di 5 (semplice e ben spiegato)
All'atto pratico: 4 di 5 (è un gioco ma anche una vera esperienza visiva)
Retrogusto: 4 di 5 (mi ha lasciato la voglia di rigiocarlo)
Non conoscevo Evergreen fino a quando non l’ho visto intavolato e pronto per la partita, anche perchè il gioco è una novità assoluta che Horrible ha svelato solo il giorno prima dell’apertura dei cancelli di PLAY. Inoltre va considerato il mio poco affetto verso i giochi in stile Euro; e tuttavia, sin dalla spiegazione delle regole ho capito che avevo davanti qualcosa di differente. Il gioco consiste nel popolare di piante un pianeta durante un anno solare, e far sì che i boschi risultanti crescano rigogliosi e in salute: in questo modo, la plancia di gioco letteralmente fiorisce turno dopo turno, perché i segnalini in legno partono da alberelli (sapling per chi è più orientato verso la botanica), crescono in alberi maturi, e poi diventano maestosi alberi secolari. Il pianeta è diviso in vari biomi (un bioma è una vasta regione del pianeta identificata da determinata vegetazione e clima), che sono uno dei tanti modi per fare punti. Il gioco ha la durata giusta, la fase iniziale di ogni round, caratterizzata da un draft, è rapida e tattica, e ci sono tantissimi modi per fare punti, tant’è vero che la nostra partita (sono arrivato ultimo) è stata decisa solo dopo il calcolo del punteggio finale. Ma la cosa più bella per me resta vedere la tua plancia che cresce e letteralmente fiorisce. Un gioco, ma anche un’esperienza, e forse un modo per spiegare concetti di ecologia con parole semplici e toccandoli letteralmente con mano. Ottimo!
One Small Step (editore: Fever Games)
Impressioni di gioco di: Daniele Silvi
Aspettative iniziali: 4 di 5 (Ero attratto dall’ambientazione più che altro)
Magnetismo del tavolo: 3 di 5 (Onesto. Nulla di appariscente)
Rapidità di comprensione: 3 di 5 (Gioco semplice ma molto articolato)
All'atto pratico: 4 di 5 (Lineare e piacevolmente giocabile)
Retrogusto: 4 di 5 (prima di comprarlo lo vorrei rigiocare)
In One Small Step si fronteggiano due schieramenti, russo e americano, per la conquista della Luna. Al tavolo possono sedere da 2 a 4 giocatori, dividendosi come meglio credono nei due fronti. Si gioca a turni, con un misto di meccaniche di piazzamento lavoratori e di set collection, e si dovranno raccogliere diversi materiali per far partire altrettante missioni di avvicinamento alla Luna (missioni rappresentate da carte, con costi e benefici). Il tabellone è chiaro, la plancia giocatore anche. Al tavolo eravamo in quattro e ci siamo divisi, nella singola fazione, i quattro meeple a disposizione (due ingegneri e due astronauti). L’interazione è stata buona e il downtime minimo. Ci siamo trovati subito coinvolti anche perchè ci è stato spiegato benissimo, con calma e con estrema precisione. Lo abbiamo giocato inoltre con degli esperti al tavolo, gli amici di Giochi sul Nostro Tavolo. Mi è sembrato davvero un bel titolo, dalle dimensioni non esagerate e dallo svolgimento lineare. Certamente va riprovato lontano dalla confusione del festival ma è un mio probabile futuro acquisto. Lo consiglio in particolare a chi non ha giochi con questa ambientazione in collezione perchè dal punto di vista storico è anche molto curato (i testi delle carte missioni spaziali).
Shards of Infinity(editore: Mancalamaro)
Impressioni di gioco di: Enrico Procacci
Aspettative iniziali: 4 di 5 (adoro i giochi di deckbuilding)
Magnetismo del tavolo: 3 di 5 (il mazzo di carte è appena aiutato dal grande segnavita personale)
Rapidità di comprensione: 5 di 5 (quasi non c’era bisogno di spiegare le regole…)
All'atto pratico: 3 di 5 (… ma questo vuol dire che non c’è una grande originalità)
Retrogusto: 3 di 5 (aumentare anche di un paio di voti se si gioca in due)
Le regole di Shards of Infinity sono quasi un copia-incolla da un ipotetico manuale del deckbuilding medio: peschi cinque carte, che ti forniscono le due risorse del gioco (una per comprare e una per picchiare), metti gli acquisti negli scarti e così via. L’obiettivo è portare a zero i punti vita di tutti gli altri giocatori. Per chi ne avesse timore, pronuncerò il nome di questa meccanica sottovoce: player elimination. Già, dopo aver calcolato i danni da infliggere è possibile suddividerli a volontà tra i giocatori. Avrei certamente preferito qualcosa come la divisione equa tra tutti, anche perché nel rispetto degli altri giocatori al tavolo si tendeva comunque a spalmarli tra tutti. In ogni caso, interessante che oltre i punti vita ci sia un indicatore di “potenza” che può crescere durante la partita e consente di sbloccare vantaggi aggiuntivi dalle carte, fino ad arrivare al massimo e attivare proprio le Shards of Infinity del titolo con la loro abilità di infliggere infiniti danni. Il gioco funziona, e in due deve essere particolarmente veloce e divertente, ma certo non fa molto per evitare una sensazione generale di già visto.
Temple of Horrors (GiochiX)
Impressioni di gioco di: Marco Signore
Aspettative iniziali: 2 di 5 (ne sapevo pochissimo e solo di sfuggita)
Magnetismo del tavolo: 4 di 5 (nonostante prototipato, i componenti sono già notevoli)
Rapidità di comprensione: 3 di 5 (le regole sono state ben esposte ma c’erano disturbi…)
All'atto pratico: 4 di 5 (un bel dungeon crawler con molte meccaniche, purtroppo diceless)
Retrogusto: 4 di 5 (attendo la campagna con trepidazione)
Scoperto quasi per caso girovagando tra gli stand (ne avevo letto ma solo di sfuggita), mi sono seduto incuriosito da un dungeon con pareti in plastica e belle miniature (non in scala 28mm ma più piccole). Si trattava di Temple of Horrors, un gioco di prossima uscita sulla piattaforma GiochiStarter. Vado dritto al punto: pur essendo un DC senza dadi, il che per me equivale quasi a un’eresia, le meccaniche non sono noiose o stantie pur essendo mutuate da Euro game. C’è una componente di gestione risorse che ricorda un po’ Conan della Monolith, e che copre movimento e azioni normali e magiche; mentre il combattimento è gestito con un mini-gioco di destrezza in cui bisogna piazzare i propri cubetti nelle giuste aree di una pista, quasi in stile curling o bocce (e sì, si possono “bocciare” i cubetti già in posizione). I personaggi sono tanti, le avventure incluse nella scatola oltre 100, e tanti altri piccoli dettagli lo rendono un gioco interessante. Purtroppo la demo è stata un po’ disturbata, ma alla fine quel che sono riuscito a giocare mi è piaciuto: seguirò con interesse la campagna di crowdfunding.